Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27018 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27018 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7148/2022 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (EMAIL) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (EMAIL)
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 1464/2021 depositata il 30/09/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 18 marzo 2022 COGNOME NOME ricorre per la cassazione della sentenza n. 1461/2021, pubblicata il 30/9/2021 in un giudizio instaurato da NOME e NOME RAGIONE_SOCIALE per ottenere la demolizione di opere edilizie abusive e non rispettose della normativa antisismica effettuate dal ricorrente sulla sua proprietà, nonché il risarcimento del danno. Resistono gli intimati con controricorso.
La società odierna resistente, quale proprietaria di un immobile urbano sito in Ortona (CH) alla INDIRIZZO, nel 2011 conveniva in giudizio il sig. COGNOME dinanzi al Tribunale di Chieti -Sez. distaccata di Ortona, ivi allegando che questi, proprietario dell’ultimo piano e del sovrastante ‘palco morto’ confinante con la proprietà esclusiva attorea, aveva sopraelevato il tetto ed abbassato il solaio posto fra il piano primo ed il ‘palco morto’, realizzando una nuova superficie di circa mq. 90 in assenza di qualsivoglia permesso di costruire e, attesa la demolizione di muri portanti, determinando un concreto rischio di collasso dell’intero edificio; inoltre, stante l’infissione di una trave in legno nella orditura del tetto, la società odierna appellante lamentava altresì lo sfondamento della parete delimitante la proprietà esclusiva; per le predette
ragioni la società attrice concludeva, in via principale, per la condanna del convenuto alla demolizione delle opere realizzate in spregio alla normativa antisismica, alla riduzione in pristino della situazione quo ante ed al risarcimento dei danni. Si costituiva in giudizio COGNOME NOME e il Tribunale, previa acquisizione di una CTU, in parziale accoglimento della domanda attrice, condannava convenuto al pagamento in favore della società attrice della somma di € 500,00 oltre accessori, a titolo di risarcimento del solo danno causato dallo sfondamento della parete delimitante la proprietà esclusiva della società attrice, verificatosi durante i lavori di ristrutturazione, per il resto rigettando la domanda principale di parte attrice.
A seguito di appello di RAGIONE_SOCIALE , la Corte di Appello de L’Aquila, disposta la rinnovazione della CTU, condannava l’appellato a corrispondere all’appellante a titolo risarcitorio la somma di € 8.530,00, con rivalutazione dal 20/12/2010 alla data di pubblicazione della sentenza, oltre interessi al tasso legale dalla data della sentenza all’effettivo pagamento, rigettando ogni altra domanda.
Il ricorso è affidato a tre motivi,
Motivi della decisione
Il primo motivo denuncia ‘Violazione dell’art. 360 comma 1 cpc in relazione al conflitto tra il giudicato amministrativo e quello civile’, posto che la sentenza del TAR che ha accertato la legittimità del provvedimento di concessione edilizia e di sanatoria è passata in giudicato.
Il secondo motivo denuncia ‘Violazione ex art. 360 comma 5 cpc -Falsa applicazione dell’art 1127 c.c. 3, in quanto la sentenza riconosce tutela civilistica a una vicenda che sotto il profilo delle concessioni edilizie e amministrativo è regolare’.
6.1. I motivi primo e secondo vanno trattati congiuntamente in quanto si dimostrano connessi alle medesime questioni di
nullità della sentenza e, in ogni caso, sono entrambi manifestamente infondati.
6.2. Le censure non sono in grado di intaccare il fulcro della sentenza impugnata, là dove, lungi dal mettersi in conflitto con un giudicato amministrativo, ha stabilito l’ erroneità dei presupposti giuridici che valorizzano l’esistenza di un giudicato amministrativo sulla legittimità dei titoli abilitativi, considerando che, invece, l’attività posta in essere dal convenuto era rappresentata come lesiva sotto il diverso punto di vista della violazione delle norme civilistiche poste dal codice civile e dalle leggi speciali a tutela della proprietà in tema di sicurezza antisismica.
6.3. Trattandosi di violazione di norme civilistiche, la Corte territoriale ha ritenuto che la legittimità del provvedimento abilitativo ( e in sanatoria) dei lavori di ristrutturazione dell’organismo edilizio non rilevi qualora il manufatto si dimostri non conforme alle norme tecniche sulle costruzioni in tema di diritti di terzi e di norme anti sismiche: pertanto l’eventuale esistenza di sentenza amministrativa non costituisce alcuna prova -e quindi, tantomeno giudicato vincolante nel processo -in punto di esclusione del pregiudizio statico ed inosservanza delle norme antisismiche, e ciò sulla base dell’esito della rinnovata CTU che ha ritenuto che le opere abbiano comportato una trasformazione dei locali preesistenti con incremento di superfici volumetriche e carichi che, alla luce delle richiamata giurisprudenza, costituisce nei fatti una delle nuove fabbriche che ai condomini è inibito realizzare sull’ultimo piano dell’edificio, quando compromettano l’equilibrio statico dell’intero fabbricato.
6.4. La impugnata sentenza si pone in linea con sedimentata giurisprudenza della Suprema Corte, che ammette la tutela
del diritto di proprietà -ad esempio ai sensi degli articoli 872 e seguenti del codice civile – a prescindere dai risvolti pubblicistici ed amministrativi della vicenda (citando Cass. n. 9318/2009, con riferimento, in particolare, alla riconducibilità della violazione della normativa antisismica al complesso normativo di tutela della proprietà sul piano civilistico). Ed invero, nell’ambito delle opere edilizie, la semplice “ristrutturazione” si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio di cui sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre è ravvisabile la “ricostruzione” allorché tali componenti siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria, in presenza dei quali, si verte, invece, in ipotesi di “nuova costruzione”, come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della medesima (Cass. Sez. 2 – , Ordinanza n. 12535 del 08/05/2024; Sez. 2, Sentenza n. 23189 del 17/12/2012).
6.5. La sentenza si fonda, quindi, sul principio secondo cui ‘ qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art. 1127, comma 2, c.c., e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio
sismico’ ( cfr. Cass. Sez. 2 – , Ordinanza n. 2000 del 29/01/2020;Cass, Sez. 2, Sentenza n. 3196 del 11/02/2008).
6.6. Alla luce dei profili di fatto emersi, pertanto, la Corte territoriale, con giudizio in questa sede insindacabile, ha correttamente ritenuto che non può dubitarsi che l’opera realizzata dal convenuto sull’ultimo piano e sul tetto dell’edificio di comproprietà abbia realizzato una nuova fabbrica che, in considerazione delle sue caratteristiche di intervento strutturale che ha modificato l’organismo edilizio, appesantendone i carichi in violazione della normativa antisismica vigente, costituisca un’opera che può essere ricondotta alla fattispecie normativa di cui all’articolo 1127 cc secondo comma, anche in assenza di quelle caratteristiche tecniche che consentono di qualificarla, in raffronto alla normativa regolamentare vigente all’epoca della dei lavori, come una sopraelevazione in senso tecnico. Tale convincimento viene supportato dalla considerazione, da parte della medesima Corte territoriale, che le opere realizzate, come valutate dal CTU, hanno effettivamente comportato una trasformazione dei locali preesistenti con incremento di superfici, volumetrie e carichi, che, alla luce della giurisprudenza della Suprema Corte sopracitata costituisce una delle estrinsecazioni delle nuove fabbriche che ai condomini ai comproprietari è inibito realizzare sull’ultimo piano dell’edificio, quando compromettano l’equilibrio statico dell’intero fabbricato. L’esistenza di tale situazione, in questa circostanza, è stata desunta dagli elementi tecnici raccolti dal consulente, il quale -sebbene con cautela ha sostenuto che non possa scientificamente prevedersi la risposta dell’edificio a sollecitazioni derivanti da un terremoto -ha comunque fornito elementi di natura
tecnica che consentono di ritenere sufficiente la prova dell’aggravamento statico dell’intera struttura e quindi della specifica lesione lamentata dall’attore alla integrità il suo diritto di proprietà vantato sul bene per cui è causa.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ex articolo 360 numero 5 cod.proc.civ., la erroneità e contraddittorietà della motivazione sul mancato richiamo del CTU a chiarimenti. Il motivo è inammissibile in quanto manca del requisito di autosufficienza, non riportando né l’atto da cui risulta la suddetta richiesta istruttoria, né il provvedimento di diniego del giudice (cfr. Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019).
Conclusivamente il ricorso va dichiaro inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese , che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 a favore della parte resistente.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente alle spese , liquidate in € 1.700,00, oltre € 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento all’ufficio di merito competente, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 09/09/2024.