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Sopraelevazione antisismica: il permesso non basta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27018/2024, ha stabilito che la legittimità amministrativa di un’opera edilizia, come una sopraelevazione, non esclude la sua illegittimità sotto il profilo civilistico se viola le norme a tutela della sicurezza e della stabilità dell’edificio. Nel caso di specie, un proprietario aveva realizzato una nuova superficie all’ultimo piano, ma la Corte ha confermato la condanna al risarcimento del danno in favore dei vicini, ritenendo prevalenti le norme sulla sicurezza strutturale e la normativa antisismica rispetto al mero possesso del titolo edilizio.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sopraelevazione antisismica: La Cassazione chiarisce i limiti del permesso di costruire

Quando si decide di ampliare la propria abitazione, specialmente se si tratta dell’ultimo piano di un condominio, ottenere il permesso di costruire dal Comune sembra il passo più importante. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che il via libera amministrativo non è una garanzia assoluta di legittimità. Se l’intervento, come una sopraelevazione antisismica, compromette la stabilità dell’edificio e viola le norme civilistiche, il titolo edilizio perde di valore. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il caso: una ristrutturazione che diventa nuova costruzione

I proprietari di un immobile avviavano una causa contro il vicino, proprietario dell’ultimo piano, accusandolo di aver realizzato opere edilizie abusive e pericolose. Nello specifico, il vicino aveva sopraelevato il tetto e abbassato il solaio, creando una nuova superficie di circa 90 mq senza le necessarie autorizzazioni e, soprattutto, senza rispettare la normativa antisismica. Questi lavori, che includevano la demolizione di muri portanti, avevano causato un concreto rischio di collasso per l’intero edificio e danni alla proprietà dei vicini.

Il Tribunale di primo grado aveva concesso solo un risarcimento minimo per i danni diretti, rigettando la richiesta di demolizione. La Corte d’Appello, invece, dopo una nuova perizia tecnica (CTU), ha aumentato l’importo del risarcimento, riconoscendo la serietà della situazione. Il proprietario dell’ultimo piano ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua opera era legittima in quanto coperta da una concessione edilizia e da una sanatoria, confermate anche da una sentenza del TAR.

Il rispetto della normativa sulla sopraelevazione antisismica

Il cuore della questione ruota attorno a un conflitto apparente: da un lato, un provvedimento amministrativo che autorizza i lavori; dall’altro, le norme del codice civile e le leggi speciali che tutelano la sicurezza statica degli edifici. La difesa del ricorrente si basava sull’idea che il giudicato amministrativo del TAR, avendo confermato la legittimità dei permessi, dovesse prevalere anche in sede civile.

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa tesi. I giudici hanno chiarito che il processo civile e quello amministrativo viaggiano su binari paralleli e rispondono a finalità diverse. Il giudice amministrativo valuta la legittimità dell’atto (il permesso di costruire) in base alle norme urbanistiche. Il giudice civile, invece, valuta se l’opera lede i diritti di terzi (come i vicini) e se rispetta le norme civilistiche sulla proprietà e, in particolare, sulla sicurezza delle costruzioni.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha affermato un principio fondamentale: l’esistenza di un titolo abilitativo non rileva se l’opera realizzata si dimostra non conforme alle norme tecniche sulle costruzioni, soprattutto in materia di diritti di terzi e di norme antisismiche. La sentenza del TAR, quindi, non costituisce una prova vincolante per il giudice civile, che deve basare la sua decisione sull’effettivo stato dei luoghi e sui rischi concreti, come accertato dalla CTU.

L’intervento in questione è stato qualificato non come una semplice ristrutturazione, ma come una “nuova fabbrica”. Questo perché ha comportato un aumento di superficie, volume e carichi, compromettendo l’equilibrio statico dell’intero fabbricato. L’articolo 1127 del codice civile, che regola le sopraelevazioni, impone il rispetto delle condizioni statiche dell’edificio. La violazione delle leggi antisismiche, sottolinea la Corte, crea una presunzione di pericolosità. Spetta a chi ha costruito dimostrare, con prove rigorose, che non solo la sopraelevazione, ma l’intera struttura sottostante, è idonea a fronteggiare il rischio sismico. In questo caso, tale prova non è stata fornita.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza offre una lezione cruciale per chiunque intenda intraprendere lavori edili importanti. Non è sufficiente ottenere il permesso dal Comune. È indispensabile assicurarsi che il progetto rispetti scrupolosamente tutte le normative tecniche, in particolare quelle antisismiche, e non leda i diritti dei vicini. La tutela della proprietà e della sicurezza è un valore che l’ordinamento civilistico pone al di sopra della mera regolarità amministrativa. In caso di controversia, sarà l’effettiva pericolosità dell’opera, accertata da un perito tecnico, a determinare l’esito del giudizio, con conseguenze che possono andare dal risarcimento del danno fino all’obbligo di demolizione.

Un permesso di costruire o una sanatoria rendono legittima un’opera che viola le norme antisismiche?
No, la legittimità del provvedimento amministrativo non è rilevante nel giudizio civile se l’opera si dimostra non conforme alle norme tecniche a tutela dei diritti di terzi e della sicurezza statica, in particolare quelle antisismiche.

Chi deve provare che una sopraelevazione è sicura dal punto di vista sismico?
L’onere della prova incombe su chi realizza la sopraelevazione. L’inosservanza delle leggi antisismiche determina una presunzione di pericolosità che può essere superata solo dimostrando che la nuova costruzione e la struttura sottostante sono idonee a fronteggiare il rischio sismico.

Una sentenza del TAR che conferma la legittimità di una concessione edilizia vincola il giudice civile?
No, la sentenza amministrativa non costituisce una prova vincolante nel processo civile. Il giudice civile valuta autonomamente se l’opera viola le norme del codice civile e le leggi speciali a tutela della proprietà e della sicurezza, indipendentemente dalla legittimità del titolo edilizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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