Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11947 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 11947 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17520/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME presso il cui studio, sito in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliato
-ricorrente/intimato- contro
M inistero dell’ambiente e della sicurezza energetica , in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici, siti in Roma, INDIRIZZO domicilia -controricorrente/ricorrente incidentale- avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Roma n. 333/2024 depositata il 06/03/2024.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, con assorbimento del ricorso incidentale;
uditi l’Avv. NOME COGNOME per il ricorrente , e l’Avv. NOME COGNOME per il ricorrente incidentale.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma ha accolto il gravame proposto dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica , in tal modo respingendo la domanda proposta da NOME COGNOME assunto, come esterno ai ruoli della P.A., quale dirigente di ufficio non generale del Ministero della transizione ecologica (già Ministero dell’ambiente e della tutela del mare) con contratto a termine del 22 dicembre 2020 per una durata quinquennale, per ottenere l’accertamento dell’illegittimità del recesso ante tempus intimato il 31 marzo 2022 per riorganizzazione dell’amministrazione.
Per quel che qui rileva, la Corte territoriale ha ritenuto che « la ristrutturazione della Divisione V , sul piano strettamente funzionale, dovuta a nuove esigenze organizzative legate pure ai piani di attuazione del PNRR, ha determinato un fatto sopravvenuto oggettivo, costituito dal processo di riorganizzazione sopra richiamato, che ha fatto venir meno lo stesso incarico dirigenziale, integrando tale situazione di fatto una giusta causa di risoluzione del sottostante rapporto di lavoro» , aggiungendo, quanto al lamentato diverso trattamento usato dall’amministrazione nei confronti di altri dirigenti di seconda fascia, che, in ogni caso, la ricollocazione del dott. COGNOME « in altro incarico per la copertura di posti di dirigente di seconda fascia resisi vacanti e quindi disponibili, non poteva non passare attraverso apposite procedure di selezione pubblica, alle quali comunque il COGNOME aveva partecipato, non risultando tuttavia vincitore », assorbita ogni altra questione.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando quattro motivi, illustrati da memoria.
Il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica resiste con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato.
Il rappresentante del Pubblico Ministero ha depositato memoria scritta concludendo per l’infondatezza del secondo motivo del ricorso principale e per l’ inammissibilità delle ulteriori censure, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
La causa giunge in decisione all’esito della trattazione in pubblica udienza, nella quale sono intervenuti i difensori delle parti ed il rappresentante del Pubblico Ministero, che si è richiamato alle conclusioni già rassegnate nella memoria depositata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 345 e 437 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. Si censura la sentenza impugnata per aver erroneamente reputato ammissibili, da un lato, l’eccezione con cui l’ amministrazione resistente ha per la prima volta eccepito solo in grado di appello di aver vanamente esperito il tentativo di repêchage del ricorrente, a fronte della cessazione dell’incarico dirigenziale, e, dall’altro, i documenti prodotti sempre per la prima volta in sede di impugnazione, con cui l’amministrazione ha potuto dare prova dell’esperimento di tale tentativo.
1.1. La doglianza è inammissibile, perché nella sentenza impugnata è sostanzialmente prospettata sul punto una duplice ratio decidendi , in primo luogo nell’affermare che l’assegnazione di un nuovo incarico al dott. COGNOME richiedeva necessariamente il previo interpello, per poi aggiungere che il ricorrente aveva partecipato all’interpello senza esito positivo. Il primo profilo, di valenza assorbente, in ordine alla prospettata questione del repechage , non è stato oggetto di censura, con conseguente inammissibilità del motivo (in tal senso già Cass. Sez. U, 29/03/2013, n. 7931; in senso conforme, fra molte, Cass. Sez. L, 04/03/2016, n. 4293).
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1265 e 1463 cod. civ. nonché degli artt. 20 e 41 del vigente CCNL relativo al personale dirigente dell’area per il quadriennio normativo 2002 -2005 e biennio economico 2002-2003, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. Si censura la sentenza impugnata per aver erroneamente ritenuto che la riorganizzazione del Ministero, ai sensi del d.l. n. 22 del 2021, convertito in legge 55 del 2021, e la conseguente soppressione della direzione cui era preposto il dott. COGNOME quale dirigente assunto ex art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, configuri, ipso
facto , un’ipotesi di sopravvenuta impossibilità della prestazione, senza escludere l’onere per il M inistero medesimo di dimostrare l’impossibilità di ogni proficuo riutilizzo del medesimo prima di procedere al suo licenziamento.
2.1. Il motivo, nei termini proposti, non può trovare accoglimento.
Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio per cui la soppressione dell’incarico dirigenziale per ragioni di riorganizzazione, realizzata per atto della stessa amministrazione ovvero in forza di una disposizione normativa, configura un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta della prestazione e giustifica la risoluzione del contratto per il conseguente comporta il venir meno della causa dello stesso (in tal senso già Cass. Sez. L, 07/02/2004, n. 2365; in senso conforme, più di recente, Cass. Sez. L, 07/09/2021, n. 24079; Cass. Sez. L, 24/09/2024, n. 25517; Cass. Sez. L, 20/11/2024, n. 29983). Il medesimo principio è stato espressamente richiamato anche in riferimento ad incarichi dirigenziali affidati a soggetto esterno ex art. 19, comma 6, d.lgs. n. 165 del 2001 (in particolare, Cass. Sez. L, 09/02/2023, n. 3983, citata anche nella sentenza impugnata), con la precisazione che, in siffatta evenienza, con la revoca dell ‘ incarico si risolve anche il rapporto di lavoro, a differenza di quanto accade nell ‘ ipotesi ordinaria, in cui l ‘ incarico dirigenziale è affidato a un dirigente di ruolo della amministrazione, nel qual caso la cessazione dell ‘ incarico -e del contratto che ad esso accede -non incide sul rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato del dirigente.
Nella specie, con puntuale accertamento in fatto, non sindacabile nella presente sede di legittimità, la Corte territoriale ha verificato che, anche per effetto del trasferimento di alcune competenze del Ministero dello sviluppo economico, disposto con d.l. n. 22 del 2021, convertito nella legge n. 55 del 2021, le attribuzioni facenti capo alla Divisione V, diretta dall’odierno ricorrente, erano state ‘smembrate’ per essere allocate presso differenti Direzioni Generali, così dando luogo ad un effettivo processo di riorganizzazione, con la soppressione di alcune strutture e la creazione di altre strutture. Tale accertamento si salda con l’affermazione per cui, in
esito al processo di riorganizzazione, il Ministero ha dato avvio alla procedura di interpello per l’affidamento degli incarichi dirigenziali resisi vacanti.
L’accertamento in fatto in ordine alla soppressione dell’incarico dirigenziale già affidato all’odierno ricorrente ed alla conseguente impossibilità di una sua ricollocazione se non attraverso una previa partecipazione alla procedura selettiva (rilievo non oggetto di idonea censura, come osservato in relazione al primo mezzo), precludono nella specie ogni ulteriore sindacato in ordine alla questione della possibilità di residuo proficuo utilizzo del dott. COGNOME segnando anche la differenza (e l’inapplic abilità) del precedente invocato nel ricorso.
Con il terzo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. Si censura la sentenza impugnata per omessa pronuncia sulla domanda subordinata con cui si chiedeva il pagamento dell’indennità di mancato preavviso prevista dal CCNL, riproposta in sede di appello.
Infine, con il quarto motivo del ricorso principale si denuncia la n ullità della sentenza per inesistenza della motivazione in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. Si lamenta l’inesistenza anche solo grafica della motivazione in relazione all’ipotetico rigetto della domanda subordinata relativa alla richiesta di condanna al pagamento dell’indennità di mancato preavviso.
Le censure, da valutare congiuntamente in quanto complessivamente intese a denunciare l ‘ omessa pronuncia e l’inesistente motivazione sulla domanda subordinata, sono infondate in quanto la Corte d’appello, in esito ad ampia motivazione sulla sussistenza di una giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro, affermata la necessità di procedere a selezione pubblica per la copertura di posti di dirigente di seconda fascia, ha espressamente dichiarato « assorbita ogni altra questione », in tal modo implicitamente respingendo anche la domanda in questione, perché incompatibile rispetto alla ratio decidendi adotta.
Il ricorso principale va, pertanto, rigettato.
Il rigetto del ricorso principale determina l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato, relativo alla questione di giurisdizione.
Le spese di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della