Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14127 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14127 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 123-2017 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliate in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato AVV_NOTAIO, rappresentate e difese dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 291/2016 RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/08/2016 R.G.N. 616/2013;
Oggetto
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE Contratti di somministrazione illegittima.
R.G.N. 123/2017
CC 18/04/2024
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 18/04/2024 dal AVV_NOTAIO.
RITENUTO CHE
La Corte di appello di Venezia riformava in parte la sentenza del Tribunale RAGIONE_SOCIALE medesima città che aveva parzialmente accolto i ricorsi proposti dalle controricorrenti indicate in epigrafe, che avevano lavorato presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE Veneto in forza di successivi contratti di somministrazione a termine dal 2004-2005 al 2010, dichiarando l’illegittimità dei contratti di somministrazione impugnati; condannando l’utilizzatore al risarcimento del danno, quantificato in venti mensilità RAGIONE_SOCIALE retribuzione globale di fatto, oltre interessi e rivalutazione, ed inoltre al pagamento – sempre a titolo risarcitorio ex art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 – degli importi corrispondenti ai premi percepiti nei medesimi periodi dai dipendenti RAGIONE_SOCIALE‘ente addetti alle loro stesse mansione, come specificamente riportati nella sentenza di appello (cfr. pag. 3), rigettata la domanda di ricostituzione del rapporto di lavoro.
1.1. Nel dettaglio, per quanto qui rileva, la riforma RAGIONE_SOCIALE sentenza di prime cure concerne unicamente la determinazione RAGIONE_SOCIALE posta risarcitoria per l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE reiterazione RAGIONE_SOCIALE somministrazione a termine liquidata da giudice del gravame, ex art. 32, comma 5, l. n. 183 del 2010, nella minor somma di sei mensilità RAGIONE_SOCIALE‘ultima retribuzione globale di fatto.
Avverso detta pronunzia propone ricorso, articolato in cinque motivi, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, quale successore ex lege, RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEP .
Resistono con controricorso le lavoratrici, depositando altresì memorie ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 380bis .1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 27 del d.lgs. n. 276 del 2003 in relazione all’art. 360 n. 3
c.p.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
1.1. Si argomenta nel mezzo che la Corte territoriale non avrebbe considerato che l’istituto RAGIONE_SOCIALE somministrazione di lavoro a tempo determinato di cui al d.lgs. n. 276 del 2003 – al contrario del lavoro interinale, in precedenza disciplinato dalla l. n. 196 del 1997 – non sarebbe affatto condizionato dall’esistenza di situazioni di carattere temporaneo, straordinario o addirittura eccezionale. Si sostiene, in sintesi, che con il d.lgs. n. 276 del 2003 il legislatore ha di fatto determinato un ampliamento RAGIONE_SOCIALEe ipotesi in cui era possibile ricorrere al lavoro temporaneo e che sussiste la possibilità di ricorrere all’istituto de quo anche per lo svolgimento RAGIONE_SOCIALEe attività ordinarie RAGIONE_SOCIALE‘utilizzatore. Conclusivamente si assume che ex art. 20 comma 4, del d.lgs. n. 276 del 2003 è sufficiente – ai fini RAGIONE_SOCIALE legittimità dei contratti di somministrazione – che sussista una ragione di carattere oggettivo, effettiva e comprovabile, pur se riferibile all’ordinaria attività RAGIONE_SOCIALE‘utilizzatore, senza che occorra, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di merito, che la situazione da cui sia scaturita la necessità del ricorso al lavoro in somministrazione sia anche temporanea.
1.2. Si rappresenta, inoltre, che la Corte territoriale non avrebbe correttamente applicato gli artt. 20 e 21 del d.lgs. n. 267 del 2003, avendo ritenuto i contratti di somministrazione qui all’attenzione privi di causale, laddove, invece, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (oggi I.N.P .RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.), fin dalla memoria di costituzione in primo grado, aveva dedotto e provato che i rapporti di lavoro de quibus trovavano giustificazione causale nella cd. seconda operazione di cartolarizzazione degli immobili pubblici, disposta in virtù RAGIONE_SOCIALEe disposizioni di cui al d.lgs. n. 104 del 1996 e del d.l. n. 351 del 2001 convertito con modif. in l. n. 410 del 2001, cui avevano successivamente dato attuazione i decreti del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE degli anni 2001 e 2002.
Con la seconda doglianza è denunziata la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001; RAGIONE_SOCIALE‘art. 22, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003; degli artt. 1, comma 1-bis, 5, comma 4-bis e 10 del d.lgs. n. 368 del 2001; RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, commi 40 e 42, RAGIONE_SOCIALE l. n. 247 del 2007, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c.
2.1. Con il secondo motivo parte ricorrente nega che sussista una violazione RAGIONE_SOCIALE normativa vigente ratione temporis in relazione alla durata RAGIONE_SOCIALE prestazione RAGIONE_SOCIALEe lavoratrici somministrate. Nel dettaglio, contesta che l’attività lavorativa RAGIONE_SOCIALEe controricorrenti sarebbe stata prestata senza soluzione di continuità ed in modo continuativo, sempre nello stesso settore di dismissione del patrimonio immobiliare, con mansioni sempre identiche e nella stessa sede di lavoro. Sostiene che l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui i contratti di somministrazione conclusi dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE non avevano rispettato i limiti temporali previsti all’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 è erronea. Insiste che le lavoratrici hanno stipulato vari contratti di somministrazione a tempo determinato con differenti agenzie, nello specifico, stipulando un primo contratto di tre mesi, successivamente prorogato, di volta in volta, di altri tre mesi, senza mai superare il periodo continuativo con la singola agenzia di ventiquattro mesi. La mancata valorizzazione di detta circostanza, aggiunge, ha comportato l’erronea affermazione nella sentenza di seconde cure che i rapporti in questione sarebbero unitari e continuativi, con conseguente illegittimità. Esclude, in ogni caso, la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, in relazione alle diverse formulazioni succedutesi ed applicabili tempo per tempo e ribadisce, inoltre, che il divieto di superamento del limite dei trentasei mesi, previsto dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 368 del 2001 per i contratti a termine nel settore privato non è applicabile alla fattispecie qui all’attenzione.
Con il terzo mezzo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 21, 27 e 86 del d.lgs. n. 276 del 2003; RAGIONE_SOCIALE‘art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001; RAGIONE_SOCIALE‘art. 2043 e RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c.
3.1. Legittimi i contratti di somministrazione, presente una valida causale e non superati i limiti temporali alla luce degli argomenti spesi nei primi due motivi di ricorso, andrà conseguentemente elisa – si sostiene – anche la statuizione relativa al risarcimento del danno ex art. 32 RAGIONE_SOCIALE l. n. 183 del 2010. Detta statuizione andrà cassata, si aggiunge, anche per il caso di mancato accoglimento dei primi due motivi, in quanto non può essere riconosciuta una tutela risarcitoria che prescinda da una stretta prova del danno patito. A tanto si aggiunge
altresì che il risarcimento del danno va qui escluso anche perché manca il diritto leso, in quanto – non sussistendo alcun diritto ad ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato – non si comprende il risarcimento quale diritto dovrebbe compensare.
3.2. Conclusivamente si evidenzia che l’impossibilità di ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l’ente pubblico, così come non può fondare un diritto al risarcimento del danno in re ipsa derivante dalla mancata conversione, non può nemmeno consentire il riconoscimento – neanche sotto forma di risarcimento del danno – del medesimo trattamento economico goduto da coloro che siano dipendenti di ruolo nell’IRAGIONE_RAGIONE_SOCIALE . Si sostiene che la parificazione in termini economici dei lavoratori somministrati ai dipendenti RAGIONE_SOCIALE‘utilizzatore, anche quanto alla percezione di incentivi e premi obiettivo, eluderebbe il divieto imposto dall’art. 86 del d.lgs. n. 276 del 2003 e dall’art. 97 RAGIONE_SOCIALE Costituzione, di trasformazione del lavoro in somministrazione in lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
Con il quarto motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 45 del d.lgs. n. 165 del 2001; RAGIONE_SOCIALE‘art. 23, comma 4, del d.lgs. n. 276 del 2003 e RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c.
4.1. In relazione al diritto RAGIONE_SOCIALEe dipendenti indicate in epigrafe di percepire i premi di produttività previsti dal personale RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE appartenente alla qualifica C1, in virtù RAGIONE_SOCIALE‘invocato principio di parità di trattamento tra lavoratori somministrati e dipendenti RAGIONE_SOCIALE‘utilizzatore, si evidenzia che in applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 23 del d.lgs. n. 267 del 2003 al lavoratore somministrato sono destinate le erogazioni economiche correlate al raggiungimento dei risultati sempre che tanto sia previsto dai contratti collettivi applicati dall’ente utilizzatore. Al riguardo l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE . eccepisce che le lavoratrici non hanno depositato né il c.c.n.l. né il c.c.n.i. nei quali troverebbe fondamento il diritto alla percezione dei premi di produttività e si sostiene che la contrattazione di ente prevede l’accesso al fondo per la realizzazione di specifici progetti soltanto al personale dipendente RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (a tempo determinato, indeterminato o comandato). Si esclude, conseguentemente, che il riconoscimento avanzato dalle lavoratrici somministrate possa avvenire sia in via risarcitoria che a titolo di
differenze retributive, esclusa altresì l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE‘art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001 che garantisce la parità di trattamento con esclusivo riguardo ai dipendenti RAGIONE_SOCIALE P .A. e non ai lavoratori somministrati. L’equiparazione economica dei lavoratori somministrati con il personale dipendente potrà esservi soltanto in relazione al trattamento economico fondamentale riservato ai dipendenti stessi, ma non anche per le erogazioni economiche collegate ai risultati, che competeranno solo se previsti dalla contrattazione collettiva nazionale, ivi compresa quella integrativa, in armonia con le previsioni RAGIONE_SOCIALE‘art. 23, comma 4, del d.lgs. n. 276 del 2003. Insiste che le lavoratrici non abbiano versato in atti il contratto collettivo nazionale e quello integrativo in tal modo omettendo di fornire la necessaria prova del diritto vantato; lamenta altresì che esse hanno omesso di dar prova di aver partecipato alla realizzazione di tali progetti e di aver pertanto diritto a concorrere alla ripartizione RAGIONE_SOCIALEe somme secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva.
Con il quinto mezzo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2947 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. ed inoltre l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
5.1. Si deduce l’erroneità RAGIONE_SOCIALE sentenza per non aver ritenuto la maturazione RAGIONE_SOCIALE prescrizione, pur tempestivamente eccepita in primo grado e reiterata in appello, sia con riguardo al richiesto risarcimento del danno che alle richieste di condanna al pagamento dei premi di produzione. Si evidenzia nuovamente che la prescrizione è stata fatta erroneamente decorrere al termine dei rapporti di lavoro, sulla base RAGIONE_SOCIALE‘erroneo presupposto che il rapporto instaurato dalle lavoratrici sia unitario e continuativo, così errando nella individuazione del termine di prescrizione quinquennale, che avrebbe dovuto essere individuato, invece, alla scadenza di ciascuno dei rapporti in somministrazione con le singole agenzie di riferimento (come specificamente indicati a pag. 34 del ricorso). Si evidenzia che le lettere di costituzione in mora RAGIONE_SOCIALEe lavoratrici, primo atto interruttivo RAGIONE_SOCIALE prescrizione, sono risalenti in alcuni casi al dicembre del 2010 ed in altri al 2011.
I primi due motivi, in quanto intimamente connessi, possono esaminarsi congiuntamente essendo entrambi rivolti a contestare l’erroneità RAGIONE_SOCIALE sentenza di appello in ordine alla ritenuta illegittimità RAGIONE_SOCIALE somministrazione con riguardo: a) alla carenza RAGIONE_SOCIALE indicazione RAGIONE_SOCIALE causale; b) al superamento dei limiti temporali previsti dalla normativa; c) all’inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE‘istituto per le esigenze non temporanee RAGIONE_SOCIALE‘utilizzatore.
6.1. Va innanzi tutto rilevata l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALEe doglianze laddove esse sono articolate ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., senza il rispetto dei limiti imposti dall’art. 348 ter c.p.c. ratione temporis vigente, come precisati dalla Cassazione a Sezioni Unite con Cass. n. 23021 del 2014 al cui percorso argomentativo interamente il Collegio si riporta, in presenza – in parte qua di cd. doppia conforme.
6.2. Quanto alle doglianze articolate ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. presentano profili di infondatezza e profili di inammissibilità.
6.3. Va infatti brevemente rilevato che la Corte territoriale ha affermato l’illegittimità del ricorso alla somministrazione per una pluralità di ragioni: mancata indicazione RAGIONE_SOCIALE causale; mancato rispetto dei limiti temporali; carenza RAGIONE_SOCIALEe esigenze temporanee ed eccezionali; conclusione dei contratti in frode alla legge.
6.3.1. Quanto a detto ultimo aspetto la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di Appello ha evidenziato che l’istruttoria compiuta (acquisizioni documentali ed assunzioni RAGIONE_SOCIALEe prove testimoniali) ha fatto emergere come la stipula dei contratti in somministrazione de quibus sia avvenuta in frode alla legge, in quanto lo strumento è stato utilizzato dall’RAGIONE_SOCIALE per avere alle proprie dipendenze, per anni e con le stesse mansioni, le medesime lavoratrici somministrate che non avrebbe potuto assumere in altro modo ( cfr. pag. da 9 a 14 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata e specificamente pag. 14, quanto a quest’ultima affermazione).
6.4. Alla luce di quanto innanzi, emerge con evidenza, allora, che i primi due motivi di ricorso, per come formulati, sono inammissibili in quanto inidonei ad aggredire tutte le rationes decidendi poste a base RAGIONE_SOCIALE decisione, non essendo in alcun modo oggetto di doglianza la ritenuta conclusione dei contratti di somministrazione in frode alla legge.
6.5. A tanto va altresì brevemente aggiunto che le doglianze svolte sono altresì infondate, basti al riguardo ricordare che la Suprema Corte ha già avuto modo di evidenziare che in tema di pubblico impiego privatizzato, la successione di contratti di somministrazione a tempo determinato è legittima, ai sensi del combinato disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 e RAGIONE_SOCIALE disciplina di cui al d.lgs. n. 81 del 2015 (già d.lgs. n. 273 del 2006), solo quando non sia tale da eludere la natura necessariamente temporanea del lavoro tramite agenzia, dovendo attribuirsi alla normativa in materia un significato conforme alla direttiva 2008/104/CE sulla somministrazione, come interpretata dalla Corte di Giustizia con sentenza del 14 ottobre 2020 in causa C-681/18 ( cfr. al riguardo Cass. n. 13982/2022, ove è contenuto anche l’espresso esame RAGIONE_SOCIALEe disposizioni tempo per tempo applicabili, pronunzia al cui percorso motivazionale integralmente il Collegio si riporta anche ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 118 disp. att. c.p.c. non essendo emerse ragioni per discostarsene; del pari sul tema, del ricorso illegittimo alla somministrazione vanno ricordate, fra le altre, anche Cass. n. 13982/2022; Cass. n. 9310/2023; Cass. n. 25673/2023).
6.6. Nello specifico, per quanto qui rileva, in fattispecie complessivamente sovrapponibile alla presente, nel cassare la sentenza impugnata, Cass. n. 13982/2022 ha ritenuto l’illegittimità di plurimi contratti di somministrazione a temine, in forza dei quali il lavoratore era stato assunto da varie agenzie di somministrazione per essere destinato a svolgere sempre le medesime mansioni in favore RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, come ente utilizzatore, in un arco temporale pressocché ininterrotto di sei anni.
6.7. Ebbene, nel caso in esame, non più rivedibile in sede di legittimità la ricostruzione fattuale operata dal giudice di merito, che ha accertato lo svolgimento di un unico rapporto di lavoro in favore RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE da parte RAGIONE_SOCIALEe lavoratrici senza interruzioni, con lo svolgimento RAGIONE_SOCIALEe stesse mansioni e nella stessa sede, per un numero di anni variabile in relazione alle singole posizioni e specificamente indicato in sentenza alle pagine 9 e 10, ma in ogni caso superiore a quattro/cinque anni, non vi è dubbio alcuno debba trovare applicazione il medesimo principio.
6.8. La RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, del resto, aveva già in parte affrontato la questione statuendo che in materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di illegittima o abusiva successione di contratti di somministrazione di lavoro a termine, pur essendo esclusa, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del
2001 e RAGIONE_SOCIALE‘art. 86, comma 9, del d. lgs. n. 276 del 2003, la trasformazione in un rapporto a tempo indeterminato, si verifica in ogni caso la sostituzione RAGIONE_SOCIALE pubblica amministrazione-utilizzatrice nel rapporto di lavoro a termine e il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno parametrato alla fattispecie di portata generale di cui all’art. 32, comma 5, RAGIONE_SOCIALE l. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”, determinato tra un minimo e un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto. Tale disciplina, si è soggiunto, appare conforme allo scopo RAGIONE_SOCIALE direttiva 2008/104/CE, la quale, secondo l’interpretazione datane dalla Corte di Giustizia (sentenza del 14 ottobre 2020 in causa C-681/18), è finalizzata a far sì che gli Stati membri si adoperino affinché il lavoro tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice non diventi una situazione permanente per uno stesso lavoratore. Il principio è stato affermato in una fattispecie in cui, essendosi concluso il rapporto dopo l’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE direttiva n. 2008/104/CE, ma prima RAGIONE_SOCIALE scadenza del termine fissato per la sua trasposizione nell’ordinamento interno. La S.C. ha quindi statuito che il giudice nazionale era tenuto ad applicare il diritto interno, ma senza poterne dare un’interpretazione difforme dagli obiettivi RAGIONE_SOCIALE direttiva ed ha evidenziato come la necessaria temporaneità del rapporto di somministrazione, ancor prima RAGIONE_SOCIALE‘entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE direttiva, costituisca comunque elemento imprescindibile per la legittimità del ricorso all’istituto ( cfr. Cass. n. 446 del 2021, tra le massimate).
6.8.1. Tale ultima notazione vale altresì ad escludere che la temporaneità del ricorso alla somministrazione sia divenuto tratto caratterizzante l’istituto solo dopo l’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE direttiva di cui innanzi.
6.9. Conseguentemente tutte le doglianze articolate nei primi due mezzi non sono accoglibili.
Il terzo motivo è infondato, in primis in ragione del rigetto dei primi due mezzi e RAGIONE_SOCIALE confermata illegittimità nel caso de quo del ricorso alla somministrazione, in secundis alla luce degli insegnamenti, ormai consolidati del giudice di legittimità.
7.1. Con riguardo al danno cd. comunitario, va premesso, breviter, che esso risarcisce la precarizzazione dei rapporti lavorativi generata dall’abusivo ricorso all’istituto. Basti ricordare – tra le tante – Cass. n. 16095/2016 in cui si evidenzia che nel lavoro pubblico contrattualizzato,
in caso di abuso del contratto a tempo determinato (ma qui si aggiunge tanto vale evidentemente anche per i rapporti di somministrazione a termine) da parte di una RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, il dipendente, che abbia subito l’illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato di cui all’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione, con esonero dall’onere probatorio, nella misura e nei limiti di cui all’art. 32, comma 5, RAGIONE_SOCIALE l. n. 183 del 2010 e, quindi, nella misura pari ad un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità RAGIONE_SOCIALE‘ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri di cui all’art. 8 RAGIONE_SOCIALE l. n. 604 del 1966.
7.2. Detto danno, peraltro, come più volte evidenziato, a differenza di quanto argomentato nel motivo, è sottratto alle normali regole RAGIONE_SOCIALE‘onere probatorio.
7.3. Sul tema la giurisprudenza di legittimità ha reiteratamente affermato che in materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di illegittima o abusiva successione di contratti di somministrazione di lavoro a termine, il lavoratore ha diritto – in conformità con il canone di effettività RAGIONE_SOCIALE tutela giurisdizionale affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13) e con i principi enunciati dalle Sezioni Unite RAGIONE_SOCIALE S.C. nella sentenza n. 5072 del 2016 a proposito RAGIONE_SOCIALE abusiva reiterazione di contratti di lavoro a tempo determinato – al risarcimento del danno parametrato alla fattispecie di portata generale di cui all’art. 32, comma 5, RAGIONE_SOCIALE l. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”, determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, che non può farsi comunque derivare dalla “perdita del posto”, in assenza di un’assunzione tramite concorso ex art. 97 Cost.
7.4. La qualificazione del danno comunitario come danno presunto con valenza sanzionatoria è stata successivamente ribadita dalla S.C. in numerosissime pronunzie tra le quali possono qui ricordarsi le massimate Cass. n. 992 del 2019, nonché Cass. n. 446 del 2021 e ancora Cass. n. 3815 del 2021.
Con il quarto motivo con cui l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE lamenta che la sentenza sia erronea nella parte in cui ha riconosciuto alle dipendenti i premi di produttività, si deve osservare quanto segue.
8.1. Dalla lettura RAGIONE_SOCIALE pronunzia RAGIONE_SOCIALE Corte territoriale emerge che la contrattazione collettiva di riferimento è stata acquisita in esecuzione di un ordine di esibizione pronunziato in primo grado, ordine di esibizione sulla correttezza del quale non vi è stata alcuna doglianza in appello.
8.1.1. Ne consegue che le doglianze svolte nel mezzo avuto riguardo alla mancata produzione RAGIONE_SOCIALE contrattazione collettiva non possono essere accolte. A tanto altresì aggiunto che, secondo il costante insegnamento del giudice di legittimità, i c.c.n.l. relativi al pubblico impiego contrattualizzato sono conoscibili dal giudice anche in via officiosa ( cfr. , tra le tante, Cass. n. 19507 del 2014, Cass. n. 6394 del 2019, ma anche Cass. n. 7642 del 2022).
8.2. Tanto premesso vanno scrutinati gli altri profili di doglianza contenuti nel mezzo. In primo luogo, parte ricorrente nega che le lavoratrici somministrate abbiano offerto prova di aver partecipato alla realizzazione dei progetti e di aver pertanto diritto a concorrere alla ripartizione RAGIONE_SOCIALEe somme secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva.
8.3. Tale doglianza, tuttavia, contrasta con la ricostruzione fattuale compiuta dal giudice di appello ( cfr. sentenza di appello pagg. 20-21 et ss.) che, riprendendo anche parte del percorso motivazionale del giudice di primo grado, ha accertato che ‘ l’apporto dei lavoratori somministrati al raggiungimento RAGIONE_SOCIALE‘obiettivo era certo, tenuto conto che si trattava di personale effettivamente adibito integralmente ed in via esclusiva a tale attività e risultava altresì confermato dalla lettera 12.10.2016 (doc. 13 ricorso Rignanese) RAGIONE_SOCIALE dirigente Servile al Direttore Generale del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, laddove era scritto che l’ufficio risultava composto per oltre il 70% da personale con rapporto di lavoro somministrato e che gli obiettivi gestionali erano stati ottenuti con il fondamentale apporto di tale personale (…) ha quindi aggiunto che era pacifico che le lavoratrici somministrate, pur stabilmente inserite nell’RAGIONE_SOCIALE patrimonio e pur avendo svolto attività indispensabili al raggiungimento degli obiettivi di tale ufficio erano state escluse dalla ripartizione dei premi locale e collettivo previsti dalla contrattazione collettiva’.
8.4. E’ evidente che nel giudizio di legittimità è inammissibile ogni censura volta, come quella in esame, semplicemente a contrastare (invero senza
nemmeno offrire, elementi di segno contrario) la ricostruzione compiuta dal giudice di merito.
8.5. Rilevato che in alcun modo nel mezzo è contestato che la contrattazione collettiva e di ente escluda il diritto dei lavoratori somministrati alla percezione degli emolumenti qui in discussione, visti gli artt. 23, commi 1 e 4, del d.lgs. n. 276 del 2003, si osserva che il motivo, per come formulato, non tocca la ratio decidendi RAGIONE_SOCIALE pronunzia impugnata e dunque non è accoglibile.
8.6. Tanto premesso, ritiene tuttavia il Collegio necessario precisare, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 384, ultimo comma c.p.c., correggendo in parte qua la motivazione RAGIONE_SOCIALE Corte di Appello, il titolo in virtù del quale compete alle lavoratrici il riconoscimento degli importi pretesi a titolo di premi di produzione.
8.6.1. Nella fattispecie qui all’attenzione, infatti, stante l’illegittimità dei rapporti di somministrazione in essere, gli importi in discussione competono ai lavoratori in somministrazione non ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 23, commi 1 e 4, del d.lgs. n. 276 del 2003 e RAGIONE_SOCIALE normativa contrattuale di riferimento, quanto piuttosto in applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2126 c.c.
8.7. Il prestatore di fatto, anche nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato, ha diritto, infatti, oltre alla retribuzione mensile convenuta e ad ogni altro emolumento previsto dalla contrattazione collettiva (per l’affermazione del principio, in termini generali e senza il riferimento – per ragioni storiche – al pubblico impiego contrattualizzato si veda Cass. n. 3052 del 1988, nonché Cass. n. 5540 del 1985).
8.8. Del resto, avuto riguardo al lavoro straordinario il giudice di legittimità ha già avuto modo di affermare che in tema di pubblico impiego privatizzato, il riconoscimento del diritto a prestazioni cd. “aggiuntive” – ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 d.l. n. 402 del 2001, conv. con mod. dalla l. n. 1 del 2002, richiamato “ratione temporis” dalla contrattazione collettiva del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE -è subordinato al ricorrere dei presupposti RAGIONE_SOCIALE‘autorizzazione regionale, RAGIONE_SOCIALE presenza in capo ai lavoratori di requisiti cc.dd. soggettivi e RAGIONE_SOCIALE determinazione tariffaria; tuttavia, pur in mancanza dei menzionati presupposti, l’attività lavorativa oltre il debito orario comporta il diritto al compenso per lavoro straordinario nella misura prevista dalla contrattazione collettiva, purché sussista il consenso datoriale che, comunque espresso, è il solo elemento che condiziona
l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE‘art. 2126 c.c., in relazione all’art. 2108 c.c., a nulla rilevando il superamento dei limiti e RAGIONE_SOCIALEe regole riguardanti la spesa pubblica che determina, però, la responsabilità dei funzionari verso la P.A. ( si veda in tal senso Cass. n. 18063 del 2023, ma anche le precedenti Cass. n. 15364 del 2023 e Cass. n. 23506 del 2022).
8.8.1. Le affermazioni che precedono sono del resto in linea con la funzione che l’art. 2126 c.c. ha nel nostro ordinamento: risolvere il problema pratico di assicurare – comunque – la retribuzione al lavoratore che abbia prestato la propria attività, pur in presenza di un contratto invalido. In deroga ai principi generali del codice civile in materia contrattuale, l’esecuzione in fatto RAGIONE_SOCIALE prestazione lavorativa comporta, infatti, in ragione RAGIONE_SOCIALE necessaria tutela del prestatore ed in armonia con i principi costituzionali (artt.1, 4, 36), che al prestatore competa comunque il pagamento RAGIONE_SOCIALE retribuzione. Né vi sono ragioni di sorta, come già anticipato, per ritenere l’inapplicabilità del disposto normativo citato al pubblico impiego contrattualizzato.
8.9. Conclusivamente, ritiene pertanto il Collegio di affermare il seguente principio di diritto: in presenza di rapporti di somministrazione illegittimi, se il personale somministrato ha partecipato alla realizzazione dei progetti previsti dall’utilizzatore non può essere negata la percezione degli ulteriori elementi aggiuntivi RAGIONE_SOCIALE retribuzione spettanti – a parità di condizioni -al personale dipendente RAGIONE_SOCIALE‘utilizzatore in virtù RAGIONE_SOCIALEe previsioni RAGIONE_SOCIALE contrattazione collettiva, non in applicazione di quest’ultima, stante l’abusività del ricorso alla somministrazione, tuttavia, ma RAGIONE_SOCIALE‘art. 2126 c.c.
8.9.1. Va quindi affermato che in caso di illegittimità dei rapporti di somministrazione, ai lavoratori somministrati, competono anche gli ulteriori emolumenti retributivi previsti dalla contrattazione collettiva in favore dei dipendenti RAGIONE_SOCIALE‘utilizzatore (a parità di svolgimento di mansioni e di raggiungimento degli obiettivi), non ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 23, commi 1 e 4, del d.lgs. n. 276 del 2003 e RAGIONE_SOCIALE normativa contrattuale di riferimento, quanto piuttosto in applicazione RAGIONE_SOCIALE norma di chiusura di cui all’art. 2126 c.c.
8.10. Conclusivamente anche il quarto motivo va rigettato.
Resta da esaminare il quinto motivo in cui viene sollevata l’eccezione di (parziale) prescrizione articolata, sia con riguardo al risarcimento del danno comunitario che a quello per mancato pagamento dei premi.
9.1. La doglianza è infondata quanto al risarcimento del danno comunitario, sebbene la motivazione RAGIONE_SOCIALE Corte di Appello vada parzialmente corretta ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 384, ultimo comma, c.p.c., con esclusivo riguardo a detta voce di danno.
9.2. Va a tal proposito ricordato che il giudice di legittimità ha di recente evidenziato – con riguardo ai rapporti a tempo determinato – che, in caso di illegittima reiterazione degli stessi, il termine decennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno cd. comunitario spettante al lavoratore decorre dall’ultimo di tali contratti, in considerazione RAGIONE_SOCIALE natura unitaria del predetto diritto, sicché il numero dei contratti in questione rileva solo ai fini RAGIONE_SOCIALE liquidazione del danno, potendo anche quelli stipulati oltre dieci anni prima RAGIONE_SOCIALE richiesta di risarcimento avere incidenza sulla quantificazione del pregiudizio patito dal dipendente ( cfr . Cass. n. 34741 del 2023).
9.3. Tale principio va evidentemente esteso all’ipotesi qui in esame in cui vengono in rilievo contratti di somministrazione a termine, perché la ratio RAGIONE_SOCIALE decisione è la medesima.
9.4. Conseguentemente, a differenza di quanto dedotto dalla parte ricorrente – l’individuazione del decorso del termine di prescrizione del danno comunitario a far tempo RAGIONE_SOCIALE‘ultimo dei contratti di somministrazione operata dalla Corte territoriale è corretta.
9.5. La Corte territoriale aveva ritenuto, però, di fare applicazione del termine di prescrizione quinquennale (tipico RAGIONE_SOCIALE responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.), anche con riguardo al risarcimento del danno cd. comunitario, laddove, invece, la connessione RAGIONE_SOCIALE vicenda alla responsabilità contrattuale in senso lato, impone che trovi applicazione come evidenziato nella pronunzia innanzi richiamata – il termine di prescrizione decennale.
9.6. Quindi, corretta l’individuazione del termine iniziale del decorso RAGIONE_SOCIALE prescrizione, fissato il decorso del termine utile a tal fine nel decennio, quanto al risarcimento del danno cd. comunitario, alcuna prescrizione è maturata.
9.7. A diverse conclusioni deve giungersi invece, con riguardo ai premi.
9.7.1. Nel recente arresto RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite – Cass. n. 36197 del 2023 si afferma che la prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato -sia nei rapporti a tempo indeterminato, sia in quelli a tempo determinato, e anche in caso successione di contratti a termine – decorre, per i crediti che nascono nel corso del rapporto lavorativo, dal giorno RAGIONE_SOCIALE loro insorgenza e, per quelli che maturano alla cessazione, a partire da tale data, perché non è configurabile un ” metus ” del cittadino verso la pubblica amministrazione e poiché, nei rapporti a tempo determinato, il mancato rinnovo del contratto integra un’apprensione che costituisce una mera aspettativa di fatto, non giustiziabile per la sua irrilevanza giuridica.
9.7.2. A tale insegnamento il Collegio intende dar seguito non discostandosene – richiamato, anche ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 118 disp. att. c.p.c., l’intero percorso motivazionale RAGIONE_SOCIALE sentenza innanzi ricordata.
9.7.3. Quanto all’applicabilità nella fattispecie qui all’esame del principio richiamato dalle Sezioni Unite va brevemente rimarcato che le domande RAGIONE_SOCIALEe lavoratrici sono rivolte all’utilizzatore, ovvero all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ente la cui natura pubblica non è dubitabile. Tale notazione sufficiente a rispondere alle sollecitazioni contenute nella memoria ex art. 380. bis . 1 c.p.c. in ordine all’applicabilità al caso in esame dei principi in materia di prescrizione relativi ai rapporti di impiego privato.
9.7.4. Quanto poi alla sollevata questione RAGIONE_SOCIALE‘ingiustificata disparità di trattamento tra settore pubblico e privato -con richiesta di sottoposizione RAGIONE_SOCIALE tema alla Corte di Giustizia RAGIONE_SOCIALE questione – basta far richiamo al percorso argomentativo RAGIONE_SOCIALE‘innanzi ricordata sentenza RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite n. 36197 del 2023 ( cfr. punti da 8 ad 8.3.) anche ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 118 disp. att. c.p.c. Al riguardo basta qui ricordare che il giudice RAGIONE_SOCIALE nomofilachia nella sua massima composizione ha ribadito che la privatizzazione non ha comportato una totale identificazione tra lavoro pubblico privatizzato e lavoro privato, perché permangono nel lavoro pubblico privatizzato quelle peculiarità individuate dalla Corte Costituzionale, in relazione al previgente regime RAGIONE_SOCIALE‘impiego pubblico, giustificative di un differente regime RAGIONE_SOCIALE prescrizione: sia in punto di stabilità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato (articolo 51, secondo comma d.lgs. 165/2001 e, all’attualità, articolo 63, secondo comma d.lgs. cit.), che, in punto di eccezionalità del lavoro a termine,
sicché la prescrizione dei crediti retributivi decorre in costanza di rapporto, attesa la mancanza di ogni aspettativa del lavoratore alla stabilità RAGIONE_SOCIALE‘impiego e la conseguente inconfigurabilità di un metus in ordine alla mancata continuazione del rapporto suscettibile di tutela. Scrive sul punto la S.C.: ‘ È indubbiamente vero che la privatizzazione del pubblico impiego abbia comportato una scissione fra l’organizzazione amministrativa e i rapporti di lavoro. Sicché, in conseguenza del processo di privatizzazione e di contrattualizzazione, la prima resta affidata alla legge e coperta dalla riserva di cui all’art. 97 RAGIONE_SOCIALE Costituzione, mentre, per converso, è ad essa sottratta la disciplina dei rapporti di lavoro, invece regolati dalla contrattazione collettiva. Tuttavia, seppure sia venuta meno la concezione dogmatica RAGIONE_SOCIALE‘esercizio di pubbliche funzioni mediante il rapporto di immedesimazione organica dei cittadini, cui esse siano affidate, alla stregua di una promanazione RAGIONE_SOCIALEo Stato stesso, a loro presidio restano indiscutibilmente: il citato art. 97 Cost. – che continua a disciplinare gli obiettivi RAGIONE_SOCIALE‘azione amministrativa secondo la regola generale di accesso ai ruoli del pubblico concorso (salvi i casi stabiliti dalla legge); l’art. 28 Cost., di diretta responsabilità dei funzionari e dipendenti RAGIONE_SOCIALEo Stato, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti (con estensione, in tali casi, RAGIONE_SOCIALE responsabilità civile allo Stato e agli enti pubblici); l’art. 98 Cost., secondo cui i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo RAGIONE_SOCIALE Nazione, per un principio di neutralità, cui è funzionale anche la regola del pubblico concorso (oltre che il principio affermato dall’art. 51 Cost., di garanzia RAGIONE_SOCIALE‘accesso ai pubblici uffici a tutti i cittadini in condizioni di uguaglianza). Ma se il rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato è regolato dalla disciplina di diritto comune – che ne traccia le regole, rinviando alla peculiare contrattazione collettiva, per un verso e, per altro verso, alla disciplina del codice civile – esso trova comunque limiti conformativi nelle norme costituzionali richiamate. Inoltre, le pubbliche amministrazioni devono – anche in coerenza con l’ordinamento RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico in un armonico assetto che miri alla sostenibilità del complessivo debito RAGIONE_SOCIALEo Stato, così coordinandosi come parti di un unico complesso organizzativo’.
10. Conclusivamente, in accoglimento, in parte qua, del quinto motivo la sentenza di appello deve essere cassata con rinvio alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione che nella decisione RAGIONE_SOCIALE controversia si atterrà -quanto alla individuazione del termine di decorso RAGIONE_SOCIALE
prescrizione quinquennale per i premi riconosciuti alle lavoratrici ex art. 2126 c.c. – ai principi sanciti da Sezioni Unite n. 36197 del 2023.
Il giudice di appello provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis , RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13.
P.Q.M.
accoglie il quinto motivo nei limiti segnati dalla motivazione, rigetta gli altri, cassa e rinvia alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18.04.2024
La Presidente (NOME COGNOME)