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Somministrazione di lavoro: il ruolo del DVR

Un lavoratore ha richiesto la conversione del suo contratto di somministrazione di lavoro in un rapporto a tempo indeterminato, sostenendo irregolarità nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR). Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la richiesta principale, pur riconoscendo differenze retributive. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni precedenti, rigettando il ricorso del lavoratore. La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione della completezza e adeguatezza del DVR è un accertamento di fatto che spetta ai giudici di merito e non può essere riesaminato in sede di legittimità, soprattutto in caso di ‘doppia conforme’. Ha inoltre dichiarato inammissibili i motivi di ricorso che mescolavano vizi di violazione di legge e di motivazione.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Somministrazione di Lavoro e DVR: la Cassazione Stabilisce i Limiti del Giudizio

La somministrazione di lavoro è uno strumento flessibile e ampiamente utilizzato, ma la sua legittimità è strettamente legata al rispetto di precise normative, in particolare quelle sulla sicurezza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, chiarendo i limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) e ribadendo principi fondamentali del processo del lavoro.

Il caso: una richiesta di conversione del contratto

Un lavoratore, assunto da un’agenzia di somministrazione e impiegato presso un’impresa utilizzatrice per 29 mesi tramite tre contratti e undici proroghe, ha adito il Tribunale. La sua richiesta era ambiziosa: accertare l’illegittimità dei contratti per presunte carenze nel DVR, ottenere la conversione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato con l’azienda utilizzatrice, la riammissione in servizio e il risarcimento dei danni.

Il giudizio di merito e la regolarità della somministrazione di lavoro

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le domande principali del lavoratore. I giudici di merito hanno considerato legittima la successione di contratti, ritenendo il DVR prodotto dall’azienda utilizzatrice completo ed esaustivo, anche per quanto riguarda la tutela dei lavoratori precari. La Corte d’Appello, pur confermando il rigetto sulla questione della conversione, ha condannato le società al pagamento di alcune differenze retributive e TFR, ma questo non ha scalfito l’impianto principale della decisione: la somministrazione era regolare.

I motivi del ricorso e il giudizio sulla somministrazione di lavoro

Insoddisfatto, il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione basato su cinque motivi. Tra le censure principali vi erano:
1. La violazione delle norme sulla redazione del DVR, che a suo dire avrebbe dovuto portare alla conversione del rapporto.
2. La presunta mancanza della firma del datore di lavoro sul DVR, considerata essenziale.
3. Errori procedurali (error in procedendo) legati all’acquisizione del documento in giudizio.
4. Una motivazione carente sulla parte del DVR relativa alla protezione dei lavoratori precari.
5. Un’errata applicazione delle regole sull’onere della prova riguardo a una richiesta di risarcimento per lavoro usurante.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la validità dell’operato dei giudici di merito.

Il potere del giudice di merito nella valutazione delle prove

La Corte ha sottolineato un principio cardine: la valutazione delle prove, come la completezza e l’adeguatezza del DVR, è un compito esclusivo del giudice di merito. Il giudizio di Cassazione non è un “terzo grado” dove si possono ridiscutere i fatti, ma una sede dove si controlla la corretta applicazione della legge. Essendoci stata una “doppia conforme” (entrambe le sentenze di merito erano giunte alla stessa conclusione), la possibilità di contestare l’accertamento dei fatti era ulteriormente limitata.

L’inammissibilità di motivi di ricorso “misti”

Il secondo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile perché mescolava due censure distinte e incompatibili: la violazione di legge (che presuppone i fatti come accertati) e il vizio di motivazione (che mira a rimettere in discussione proprio l’accertamento dei fatti). La Cassazione ha ribadito che non è consentita questa sovrapposizione, che genera confusione e rende il motivo non scrutinabile.

L’onere della prova

Infine, riguardo al presunto danno da lavoro usurante, la Corte ha stabilito che non vi è stata alcuna inversione dell’onere della prova. Semplicemente, il lavoratore non aveva fornito prove sufficienti a sostegno della sua richiesta, e la valutazione del giudice di merito su questo punto era incensurabile.

Le motivazioni

Le motivazioni della Cassazione si fondano sul principio della separazione tra giudizio di fatto e giudizio di diritto. I giudici di merito hanno il potere sovrano di selezionare e valutare le prove, e la loro decisione può essere contestata in Cassazione solo per violazione del “minimo costituzionale” della motivazione (cioè una motivazione inesistente, puramente apparente o contraddittoria), non per una diversa interpretazione delle risultanze processuali. Nel caso di specie, i giudici d’appello avevano ritenuto il DVR completo, e questa valutazione di fatto non poteva essere messa in discussione.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma che il giudizio di Cassazione non serve a riesaminare i fatti di una causa. La valutazione sulla completezza di un documento cruciale come il DVR, una volta effettuata correttamente dai giudici di merito, diventa difficilmente attaccabile. Per i lavoratori, ciò significa che le contestazioni sulla regolarità formale e sostanziale della somministrazione di lavoro devono essere supportate da prove solide fin dal primo grado di giudizio. Per le aziende, conferma l’importanza di redigere un DVR accurato e completo, che includa specificamente la valutazione dei rischi per tutte le tipologie di lavoratori, inclusi quelli somministrati.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione di un documento, come il DVR, già ritenuto completo e regolare dai giudici di primo grado e d’appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la selezione e la valutazione delle prove, inclusa la completezza del DVR, spettano al giudice di merito. Il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito per ridiscutere gli esiti istruttori, specialmente in presenza di una ‘doppia conforme’ (due sentenze di merito con la stessa decisione).

Perché il secondo motivo di ricorso, che lamentava sia una violazione di legge sia un vizio di motivazione sul DVR, è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché non è permessa la mescolanza e sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei. Non si può, nello stesso motivo, contestare una violazione di legge (che presuppone che i fatti siano stati accertati correttamente) e un vizio di motivazione (che mira a rimettere in discussione proprio l’accertamento di quei fatti).

A chi spetta l’onere di provare il danno da ‘lavoro usurante’?
Secondo la decisione, l’onere della prova spetta alla parte che deduce il danno. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che non ci fosse stata un’inversione dell’onere della prova, ma una semplice valutazione di merito sulla mancanza di prove, da parte del lavoratore, circa l’abnormità del lavoro straordinario e le conseguenti richieste risarcitorie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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