Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12069 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12069 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 5945-2024 proposto da:
COGNOME (già COGNOME NOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO NOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 362/2023 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 11/12/2023 R.G.N. 271/2023;
Oggetto
Somministrazione
di lavoro
R.G.N.5945/2024
COGNOME
Rep.
Ud.04/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Considerato che:
La Corte d’appello di Ancona, giudicando in sede di rinvio dalla Corte di cassazione (ordinanza n. 20336/2023), ha respinto il ricorso proposto da NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE ed ha confermato la decisione di primo grado con cui era stata rigettata la domanda della lavoratrice volta a far accertare l’illegittimità dei contratti di somministrazione (n. 22) a tempo determinato e dei contratti a termine (n. 3) conclusi nel periodo compreso tra il 3.7.2006 e il 5.5.2014 e l’esistenza di un rap porto di lavoro subordinato, a tempo indeterminato, alle dipendenze della società utilizzatrice RAGIONE_SOCIALE con condanna di quest’ultima al risarcimento del danno; il tribunale aveva anche respinto la domanda subordinata diretta ad ottenere la costituzione giudiziale di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, con decorrenza dal 7.5.2023, in base all’accordo aziendale del 13.5.2014.
La Corte di rinvio, richiamati i principi di diritto enunciati dalla ordinanza rescindente e per quanto ancora rileva, ha escluso che il rapporto di lavoro in esame potesse considerarsi unitario sia perché i contratti di somministrazione erano stati stipulati con diverse agenzie interinali e sia perché vi era stata discontinuità tra i singoli rapporti, intervallati da periodi di non lavoro. In ragione della accertata discontinuità, ha ritenuto maturata la decadenza, ex art. 32 della legge 183 del 2010, per i contratti più risalenti ed ha escluso il superamento dei limiti di ‘durata ragionevolmente temporanea’ del rapporto. Concentrato l’esame sugli ultimi due contratti di
somministrazione a termine, per i quali non era maturata la decadenza, la Corte di merito ne ha escluso l’illegittimità rilevando come la normativa all’epoca in vigore non imponesse limiti massimi di durata e neppure l’obbligo di indicazione delle causali giustificative. Ha interpretato l’art. 44 del c.c.n.l. Industria metalmeccanica nel senso della previsione di una stabilizzazione dopo 44 mesi limitata a coloro che, all’atto di superamento della soglia, fossero impiegati con contratti di lavoro a tempo determinato (e non anche con contratti di somministrazione a tempo determinato). Ha infine rilevato come la società avesse adempiuto agli obblighi previsti dall’accordo aziendale del 13.5.2014, attraverso l’assunzione di altri lavoratori senza che la Ndokaj avesse dedotto la violazione dei canoni di correttezza e buona fede nella scelta dei dipendenti da stabilizzare.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Rilevato che:
Con il primo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità del procedimento e della sentenza per violazione degli artt. 384, comma 2, 394, 112113 c.p.c. e dell’art. 143 disp. att. c.p.c., per avere la Corte d’a ppello disatteso il decisum di cui alla sentenza rescindente.
Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per motivazione contraddittoria, illogica, perplessa, inadeguata,
apparente e/o insufficiente, con violazione degli artt. 132, comma 1 n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., dell’art. 111 Cost., in relazione all’accertamento della abusività e illegittimità dei contratti di somministrazione nonché (con riferimento alla doman da subordinata) del diritto di prelazione all’assunzione. 7. Con il terzo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. e in via subordinata rispetto alle precedenti censure, la violazione o falsa applicazione della direttiva 104/2008/CE in relazione all’art. 1344 c.c. nonché del D.lgs. 276/2003, artt. 20, comma 4 (nelle versioni ex L. 92/2012 e post D.L. 34/2014, anche in relazione agli artt. 23-47 CCNL Agenzie Interinali 27/02/2014, artt. 5 ACCR Agenzie Interinali 10/09/2013 e artt. 42-43 CCNL Agenzie Interinali 24/07/2008; art. 4, sez. IV, tit. I CCNL Metalmeccanica Industria 05/12/2012), 21, 22, comma 2 (anche in relazione agli artt. 1, 4 e 5 co D.lgs. 368/2001), 27 e 28 con riferimento al lavoro svolto in somministrazione dal 2006 al 2014 ed ai relativi contratti precari.
Con il quarto motivo, anch’esso formulato in via subordinata, si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c., l’omesso esame di fatti decisivi, oggetto di contraddittorio tra le parti, in relazione al giudizio di accertamento sulla potenzialità abusiva del ricorso al lavoro somministrato (art. 360, co 1 n. 5 c.p.c.), da valere anche quale vizio di nullità del procedimento per aver deciso disattendendo gli obblighi ex artt. 115-116 c.p.c.
Deve preliminarmente respingersi, perché infondata, l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla società controricorrente per inosservanza dell’art. 366, comma 1, n. 3 e n. 4 c.p.c. perché il ricorso in esame, anche attraverso la puntuale ricostruzione dello svolgimento del processo,
contiene la chiara esposizione dei fatti di causa e dei motivi di censura proposti come si ricava dalla lettura delle pagine dalla terza alla diciottesima.
Il primo motivo di ricorso è fondato e ciò determina l’assorbimento dei restanti motivi.
L’ordinanza rescindente ha accolto i motivi dal terzo al sesto del precedente ricorso per cassazione ed ha rilevato che la Corte territoriale aveva ‘proceduto ad un esame atomistico della vicenda, non adeguandosi ai principi statuiti da questa Corte (Cass. n. 22861/2022), cui si intende dare seguito, in virtù dei quali, in tema di successione di contratti di lavoro in somministrazione a termine, ove l’impugnazione stragiudiziale venga rivolta solo nei confronti dell’ultimo contratto della serie, il giudicato sull’intervenuta decadenza dall’impugnativa dei contratti precedenti non preclude l’accertamento dell’abusiva reiterazione, atteso che la vicenda contrattuale, pur insuscettibile di poter costituire fonte di azione diretta nei confronti dell’utilizzatore per la intervenuta decadenza, può rilevare come antecedente storico che entra a far parte di una sequenza di rapporti, valutabile, in via incidentale, dal giudice, al fine di verificare se la reiterazione delle missioni del lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice abbia oltrepassato il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione degli obiettivi della Direttiva 2008/104, come interpretata dalla Corte di Giustizia con sentenze del 14 ottobre 2020 in causa C-681/18 e del 17 marzo 2022 in causa C232/20’. La SRAGIONE_SOCIALE ha demandato al giudice del rinvio di riesaminare la ‘questione della abusiva reiterazione dei contratti, non effettuata dai giudici di seconde cure’.
12. Nel precedente di legittimità n. 22861 del 2022, posto a base della cassazione con rinvio, si è evidenziato come la Corte di Giustizia (sentenza del 14 ottobre 2020, JH c. KG, C681/2018 ; sentenza del 17 marzo 2022, Daimler AG, Mercedes-Benz Werk Berlin, C-232/20) ha interpretato la Direttiva 2008/104 mettendo in risalto, quale requisito immanente e strutturale del lavoro tramite agenzia interinale, il carattere di temporaneità e segnalando il rischio di un ricorso abusivo a tale forma di lavoro in presenza di missioni successive che si protraggano per una durata che non possa, secondo canoni di ragionevolezza, considerarsi temporanea, avuto riguardo alla specificità del settore e alla esistenza di spiegazioni obiettive del ricorso reiterato a questa forma di lavoro. Si è quindi affermato che la circostanza che il d.lgs. n. 81 del 2015, e prima ancora il d.lgs. n. 276 del 2003, non contenga alcuna previsione esplicita sulla durata temporanea del lavoro tramite agenzia interinale non impedisce di considerare tale requisito come implicito ed immanente del lavoro tramite agenzia interinale, in conformità agli obblighi imposti dal diritto dell’Unione, non comportando una simile lettura una interpretazione contra legem .
13. Si è sottolineato il carattere di norme precettive delle disposizioni della Direttiva come interpretate dalla Corte di Giustizia con le citate sentenze e la conseguente necessità di una interpretazione conforme delle disposizioni nazionali, in grado di garantire l’effetto utile alle disposizioni del diritto dell’Unione, anche facendo leva sulle norme interne che disciplinano gli effetti di condotte elusive di norme imperative, e tra queste l’art. 1344 cod. civ., in combinato disposto con l’art. 1418 c od. civ.
14. Si è precisato come spetti al giudice del merito stabilire caso per caso, alla luce di tutte le circostanze pertinenti, se la reiterazione delle missioni del lavoratore presso l’impresa utilizzatrice abbia oltrepassato il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione delle norme imperative ai sensi dell’art. 1344 cod. civ. e, specificamente, degli obblighi e delle finalità imposti dalla Direttiva, da cui discende, secondo l’ordinamento interno, la nullità dei contratti. Si è aggiunto che in tale compito il giudice nazionale può avvalersi delle indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia che ha individuato alcuni indici rivelatori di un abusivo ricorso al lavoro tramite agenzia interinale volto ad eludere la finalità della Direttiva di circoscriverne la portata in termini di temporaneità. Tra questi, la circostanza che non sia fornita alcuna spiegazione oggettiva al fatto che l’impresa utilizzatrice interessata ricorra ad una successione di contratti di lavoro tramite agenzia interinale, a maggior ragione là dove ad essere assegnato all’impresa utilizzatrice in forza dei contratti successivi sia sempre lo stesso lavoratore tramite agenzia interinale.
15. Come si ricava dagli stralci della sentenza 22861 del 2022 appena riportati, la temporaneità del lavoro tramite agenzia interinale deve essere valutata avendo riguardo alla durata complessiva delle missioni, senza che assuma rilievo l’intervallo, più o meno ampio, tra l’una e l’altra missione, vale a dire quella discontinuità che la Corte di rinvio ha invece giudicato dirimente al fine di escludere il superamento di un limite di ‘durata ragionevolmente temporanea’ (‘non siamo in presenza di un rapporto di lavoro unitariamente sviluppatosi senza soluzione di continuità, non potendosi
tener conto dei numerosi periodi intermedi non lavorati, con conseguente discontinuità del rapporto stesso e con le correlate conseguenze con riguardo alla disamina del dedotto superamento dei limiti temporali della durata ragionevolmente temporanea de l rapporto’, p. 8).
16. Sul punto è significativo osservare come, secondo la lettura data dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 14 ottobre 2020, JH c. KG, C-681/2018 (punto 61) e nella successiva sentenza del 17 marzo 2022, Daimler AG, Mercedes-Benz Werk Berlin, C-232/20 (punti 31, 34), dalla formulazione della Direttiva risulta che il termine ‘temporaneamente’ caratterizza non il posto di lavoro che deve essere occupato all’interno dell’impresa utilizzatrice, bensì le modalità della messa a disposizione di un lavoratore presso tale impresa. È il rapporto di lavoro con un’impresa utilizzatrice ad avere, per sua natura, carattere temporaneo. Da ciò discende che la violazione o l’elusione del requisito di temporaneità non è di per sé esclusa dalla esistenza di intervalli tr a una missione e l’altra qualora la durata complessiva, l’insieme cioè delle missioni presso la stessa impresa utilizzatrice, superi un tetto che possa rientrare in una dimensione di ragionevole temporaneità, verificandosi altrimenti una elusione delle finalità della Direttiva che, al considerando 15 nonché all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, ribadisce come i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentino la forma comune di rapporti di lavoro.
Questa Corte ha chiarito che, ove la sentenza di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il giudice di rinvio è tenuto soltanto ad uniformarsi, ai sensi dell’art. 384, comma 1, c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di
cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo Cass. n. 27337 del 2019; n. 17790 del 2014) e che il mancato rispetto da parte del giudice di rinvio del decisum della sentenza di cassazione legittima la denuncia di error in procedendo per aver il giudice stesso operato in un ambito eccedente i confini assegnati dalla legge ai suoi poteri di decisione (Cass. n. 6344 del 2019; n. 3955 del 2018; n. 6461 del 2005).
18. Nel caso di specie, la sentenza rescissoria non si è conformata al decisum della S.C. perché ha erroneamente interpretato ed applicato il principio di diritto enunciato ritenendo che l’esistenza di intervalli temporali tra le missioni impedisse di valutare in maniera globale il rapporto di lavoro somministrato al fine di verific are l’eventuale elusione dei principi di cui alla Direttiva 2008/104 e, specificamente, il rispetto o meno di una durata ragionevolmente temporanea del rapporto medesimo. La sentenza rescindente aveva cassato la decisione di appello proprio perché aveva ‘proceduto ad un esame atomistico della vicenda’, non adeguandosi ai principi statuiti in sede di legittimità con la sentenza n. 22861/2022.
19. Il giudice di rinvio, aderendo alla ordinanza rescindente, avrebbe dovuto accertare, alla luce dei principi di diritto enunciati attraverso il richiamo alla sentenza n. 22861/22, se la reiterazione dei contratti di somministrazione a termine e dei contratti di lavoro a tempo determinato e relative proroghe (in totale 72 contratti, ricorso, p. 25), da considerare complessivamente nonostante l’intervenuta decadenza, avesse realizzato un abusivo ricorso alla somministrazione rispetto al dettato dell’art. 5 , comma 5, della Direttiva 2008/104, per difetto del requisito immanente
e strutturale rappresentato da una durata che potesse ragionevolmente qualificarsi come temporanea. Tale verifica doveva essere compiuta utilizzando gli indicatori individuati dalla sentenza n. 22861/22, in sintonia con le sentenze della CGUE, e calibrati, tra l’altro, sul dato oggettivo della durata complessiva delle missioni ed anche sulle eventuali motivazioni addotte dall’utilizzatore per giustificare la reiterata destinazione dello stesso lavoratore alle stesse mansioni presso la medesima impresa, a nulla rilevando la diversità delle agenzie di somministrazione. Se avesse ritenuto superato il canone di temporaneità, la Corte di rinvio avrebbe dovuto trarne le conseguenze in termini di nullità dei contratti per i quali non era ancora maturata la decadenza di cui all’art. 32 cit., per elusione di norme imperative.
La sentenza ora impugnata non si è uniformata ai principi di diritto stabiliti dalla ordinanza rescindente, ha omesso di esaminare la fattispecie oggetto di causa secondo le coordinate segnate dalla citata ordinanza ed ha pretermesso una serie di accertamenti specificamente devoluti alla fase rescissoria, il che concreta la violazione dell’art. 394 c.p.c.
Il secondo motivo è assorbito dall’accoglimento del primo motivo atteso che l’assunto della Corte di rinvio, in ordine alla rilevanza dirimente della discontinuità del rapporto a causa degli intervalli tra le missioni, rappresenta un errore di interpretazione del decisum della pronuncia rescindente e non un errore motivazionale.
Risultano assorbiti anche il terzo e quarto motivo di ricorso, espressamente qualificati come subordinati dall’attuale ricorrente.
Per le ragioni esposte, accolto il primo motivo di ricorso e assorbiti gli altri motivi, la sentenza impugnata deve essere
cassata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, che provvederà ad un riesame della fattispecie uniformandosi ai richiamati principi di diritto, oltre che alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nell’adunanza camerale del 4 marzo 2025