Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20815 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20815 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24270-2023 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
ricorrente incidentale nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 610/2023 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 06/06/2023 R.G.N. 358/2020;
Oggetto
Somministrazione di lavoro -requisito temporaneità interpretazione conforme
R.G.N. 24270/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 27/05/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
1. la Corte d’Appello di Catania rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza del Tribunale della medesima sede, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso con il quale aveva chiesto di accertare il carattere irregolare, fraudolento, simulato della somministrazione di lavoro tra le parti intercorsa, la conseguente nullità dei contratti a termine e relative proroghe siglati (oltre 300, con mansioni di autista di autobus, interessanti il periodo dal 21.3.2008 al 24.1.2015), il proprio diritto alla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE o, in subordine, di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE sin dall’inizio della somministrazione, con condanna delle società alla reintegra o riassunzione o ripresa del servizio presso la sede di lavoro in precedenza occupata, con contratto a tempo pieno con qualifica di Operatore di Esercizio, parametro 140, CCNL RAGIONE_SOCIALE e al pagamento delle retribuzioni medio tempore non corrisposte, dalla data della messa in mora, oltre al risarcimento del danno nella misura massima stabilita dall’art. 32, comma 5, della legge n. 183/2010;
2. per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva che il Tribunale aveva rilevato che, alla data dell’impugnativa stragiudiziale, effettuata tramite raccomandata ricevuta dalle resistenti il 17.3.2016, era ormai ampiamente spirato il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 32 legge n. 183/2010, decorrente dalla scadenza dell’ultimo contratto di somministrazione a termine, risalente
al gennaio 2015; e riteneva infondato l’appello del lavoratore, sull’assunto che correttamente il Tribunale aveva ritenuto applicabile alla fattispecie in esame il termine di decadenza di cui al citato art. 32, comma 4, lett. d), il quale concerne tutte le tipologie in senso lato interpositive e, dunque, ogni ipotesi in cui il soggetto agisca per ottenere un provvedimento dichiarativo o costitutivo di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal formale datore di lavoro, e quindi sia nell’ipotes i di somministrazione irregolare (art. 27 d. lgs. n. 276/2003 nel testo vigente ratione temporis ), sia nell’ipotesi di somministrazione nulla per vizio di forma (art. 21 d. lgs. n. 276/2003);
3. avverso tale decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con unico articolato motivo; hanno resistito entrambe le società con distinti controricorsi, contenenti ricorso incidentale condizionato; tutte le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. parte ricorrente denuncia violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. , specificamente: art. 117, comma 1, Cost., in relazione alla Direttiva 2008/104/CE del 19.11.2008, art. 5.5., relativa al lavoro tramite agenzia interinale, artt. 1344, 1418, 1421 e 1422 c.c., art. 32 legge n. 183/2010 (in combinato disposto con l’art. 6 della legge n. 604/1966 ); deduce che la Corte d’Appello di Catania erroneamente non scrutinava nel merito la domanda volta ad accertare l’assunzione della somministrazione in frode alla legge (per superamento del requisito della temporaneità) estendendo a
tale fattispecie la decadenza ex art. 32, comma 4, lett. d) della legge n. 183/2010 in violazione della direttiva 2008/104/CE e della normativa nazionale vigente in materia di atti nulli perché assunti in frode alla legge;
il motivo è fondato, per i motivi già espressi da questa Corte con la sentenza n. 6898/2024, in fattispecie sostanzialmente sovrapponibile con le medesime parti controricorrenti, cui il Collegio intende dare continuità e le cui motivazioni in parte qua si riprendono ex art.118 disp. att. c.p.c.;
in proposito, occorre evidenziare che il ricorrente ha rappresentato che l’intera somministrazione intercorsa era da considerarsi fraudolenta per violazione degli artt. 1344 e 1418 c.c., circostanza desumibile dalla durata della somministrazione intercorsa ininterrottamente dal 2008 al 2015, dal numero dei contratti di lavoro firmati (307, per missioni sempre presso le utilizzatrici RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE) e dalle modalità della chiamata al lavoro, che avveniva sempre ad opera di personale riconducibile agli utilizzatori e mai da parte della società interinale;
le controricorrenti sul punto hanno formulato eccezione di giudicato e di inammissibilità del ricorso per cassazione di controparte, per mancata impugnazione del capo di sentenza riguardante l’affermata decadenza dall’impugnativa dei contratti di somministrazione di lavoro a termine;
tuttavia, tali argomenti non sono fondati, perché, pacifico che unica ed esclusiva ratio decidendi della sentenza di primo grado era stata quella della ritenuta decadenza ex art. 32, comma 4, lett. d), legge n. 183/2010, in base alla quale il Tribunale aveva dichiarato inammissibile il ricorso del lavoratore, rispetto a tutte le varie domande in esso spiegate,
il giudicato sull’intervenuta decadenza dall’impugnativa dei contratti precedenti non preclude l’accertamento dell’abusiva reiterazione, atteso che la vicenda contrattuale, pur insuscettibile di poter costituire fonte di azione diretta nei confronti dell’u tilizzatore per l ‘ intervenuta decadenza, può rilevare come antecedente storico che entra a far parte di una sequenza di rapporti, valutabile, in via incidentale, dal giudice, al fine di verificare se la reiterazione delle missioni del lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice abbia oltrepassato il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione degli obiettivi della Direttiva 2008/104/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia con sentenze del 14 ottobre 2020 in causa C-681/18 e del 17 marzo 2022 in causa C-232/20 (cfr. Cass. n. 22861/2022);
6. in tal senso, si è ritenuto che missioni successive assegnate al medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice possono eludere l’essenza stessa delle disposizioni della Dir. n. 2008/104 e possono costituire un abuso di tale forma di rapporto di lavoro, in quanto idonee a compromettere l’equilibrio realizzato da tale Direttiva tra la flessibilità per i datori di lavoro e la sicurezza per i lavoratori, a discapito di quest’ultima, specialmente quando non viene fornita a lcuna spiegazione al fatto che un’impresa utilizzatrice ricorra a tale successione di contratti; in tal caso spetta al giudice nazionale verificare se una delle disposizioni della direttiva 2008/104 venga aggirata, e ciò anche se sia maturata la decadenza prevista dall’art. 32 legge n. 183/2010 per l’azione di costituzione di un rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore;
7. gli stessi principi di diritto sono stati espressi in Cass. n. 29570/2022 e n. 23494/2022;
significativa del medesimo indirizzo interpretativo è altresì Cass. n. 19216/2023, che ha accolto, oltre al ricorso per cassazione di Interbus sulla decadenza dall’impugnativa del contratto di somministrazione di lavoro ex art. 39 d.lgs. n. 81/2015, anche il motivo del ricorso incidentale del lavoratore, a mezzo del quale lo stesso si doleva che la Corte di merito aveva considerato soggetti all’onere di impugnativa anche i rapporti di somministrazione in frode alla legge; e tale accoglimento è stato fondato sulla riaffermazione dei medesimi principi di diritto enunciati nelle sentenze già sopra richiamate (cfr. Cass. n. 19216/2023 cit., § 22- 26);
9. nel caso di specie, in sede d’appello, l’attuale ricorrente aveva denunciato la sussistenza di ipotesi di somministrazione in frode alla legge, rispetto alla quale rimane ininfluente il dato della maturata decadenza;
10. pertanto, anche nel caso di specie, spetterà alla Corte di rinvio, nell’esaminare la questione, finora rimasta non considerata, della prospettata frode alla legge, verificare, nonostante l’intervenuta decadenza dall’impugnativa di tutti i contratti di somministrazione di lavoro a termine, il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione delle norme imperative ai sensi dell’art. 1344 c.c. e, specificamente, degli obblighi e delle finalità della citata Direttiva;
11. le ragioni sopra espresse in riferimento all’accoglimento dell’unico motivo di ricorso principale determinano lo speculare rigetto del motivo di ricorso incidentale condizionato, contenuto in termini identici nel controricorso di entrambe le società, con il quale si deduce violazione dell’art.
434 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. (error in procedendo) per mancata declaratoria di inammissibilità del secondo motivo di appello, sostenendo che la Corte di Catania ancor prima di entrare nel merito del secondo motivo di ricorso in appello avrebbe dovuto dichiararlo inammissibile, perché inconferente rispetto al decisum e non pertinente rispetto alle soluzioni accolte dal primo giudice;
12. le parti controricorrenti hanno altresì formulato istanza di rinvio pregiudiziale alla CGUE ex art. 267 TFUE, per la valutazione della questione se l’art. 5.5 della Direttiva 19 novembre 2008 n. 2008/104/CE debba essere interpretato nel senso che: a) osta all’applicazione dell’art. 32 legge n. 183/2010 nella parte in cui prevede un termine di decadenza dall’esercizio dell’azione di costituzione o accertamento di un rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore; b) osta all’applicazione della normativa interna che non prevede limiti alla missione del medesimo lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice; c) osta all’applicazione della normativa interna che non prevede il requisito della temporaneità dell’esigenza produttiva propria dell’impresa utilizzatri ce quale condizione di legittimità del ricorso a tale forma di contratto di lavoro;
13. il ricorso incidentale non è fondato, perché la questione del carattere elusivo e illegittimo dell’intera sequenza dei contratti di somministrazione risulta posta sin dal ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, e perché la Corte di Catania non ha rigettato nel merito la questione , ma l’ha (erroneamente, per le ragioni sopra esplicitate) ritenuta assorbita;
14. in relazione alla richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, esso non si appalesa nella specie necessario;
15. la questione è già stata esaminata dalle sopra richiamate (§§ 5, 7, 8) pronunce di questa Corte, che contengono esteso esame del diritto dell’Unione Europea sul lavoro tramite agenzia interinale, considerato in rapporto a varie decisioni proprio della CGUE, fino alla più recente sentenza 17.3.2022, in causa C-232/20; alle relative motivazioni, che nuovamente si richiamano ex art. 118 disp. att. c.p.c. il Collegio intende dare continuità;
16. in materia, la normativa nazionale va esaminata conformemente alla normativa europea, tenuto conto che le indicazioni della Corte di Giustizia, in un caso che rientra nella sfera applicativa dell’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2008/104, implicano: a) nell’ambito dei parametri della direttiva 2008/104, spetta a uno Stato membro garantire che il proprio ordinamento giuridico nazionale contenga misure idonee a garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione al fine di prevenire il ricorso a missioni successive con lo scopo di eludere la natura interinale dei rapporti di lavoro disciplinati dalla direttiva 2008/104; b) il principio di interpretazione conforme al diritto dell’Unione impone al giudice del rinvio di fare tutto ciò che rientra nella sua competenza, prendendo in considerazione tutte le norme del diritto nazionale, per garantire la piena efficacia della direttiva 2008/104 sanzionando l’abuso in questione ed eliminando le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione;
17. in tale contesto, l’obbligo imposto agli Stati membri dall’art. 5, par. 5, prima frase, di adottare le misure necessarie per impedire il ricorso abusivo ad una successione
di missioni di lavoro tramite agenzia interinale, in contrasto con le finalità della direttiva, è chiaro, preciso e incondizionato;
18. non vi è dubbio che le disposizioni della direttiva assumano carattere di norme precettive e che le stesse, come interpretate dalla Corte di Giustizia, contemplino quale requisito immanente e strutturale del lavoro tramite agenzia interinale la temporaneità della prestazione presso l’utilizzatore, intesa nel senso di durata complessiva delle missioni per un tempo che possa ragionevolmente considerarsi temporaneo, tenuto conto anche delle caratteristiche del settore produttivo;
19. è compito del giudice di merito stabilire caso per caso, alla luce di tutte le circostanze pertinenti, se la reiterazione delle missioni del lavoratore presso l’impresa utilizzatrice abbia oltrepassato il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione delle norme imperative ai sensi dell’art. 1344 c.c. e, specificamente, degli obblighi e delle finalità imposti dalla direttiva, da cui discende, secondo l’ordinamento interno, la nullità dei contratti;
20. nel caso in esame, il giudice di merito, limitandosi a constatare la decadenza dall’impugnativa dei singoli contratti di somministrazione, non ha affrontato l’ulteriore questione dell’eventuale elusione del combinato disposto della normativa interna e sovranazionale, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, da cui si evince il carattere strutturalmente temporaneo del ricorso alla somministrazione, pur nell’assenza dei limiti legislativamente previsti;
21. non osta a tale accertamento la decadenza maturata ai sensi dell’art. 32, comma 4, lett. d), della legge n. 183/2010, potendo la vicenda contrattuale rilevare fattualmente come antecedente storico che entra a fare parte di una sequenza di rapporti e che può essere valutato, in via incidentale, dal giudice; ne discende coerentemente che l’art. 32, comma 4, lett. d), della legge n. 183 del 2010, si porrebbe in contrasto con la direttiva laddove venisse interpretato nel senso di precludere al giudice nazionale di prendere in considerazione il rapporto di lavoro somministrato per il quale è maturata la decadenza al diverso fine di verificare se anche detta messa a disposizione per l’utilizzatore si inserisca in una sequenza reiterata di missioni che oltrepassi il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea;
22. l’interpretazione conforme della normativa interna impone, quindi, di verificare se, nel caso concreto, anche sulla base degli indici rivelatori indicati dalla Corte di giustizia, nonostante l’intervenuta decadenza dall’impugnativa del singolo contratto, il successivo e continuo invio mediante missioni del medesimo lavoratore possa condurre ad un abusivo ricorso all’istituto della somministrazione;
23. come detto, tale complessiva valutazione non è stata compiuta nel caso in esame e dovrà invece essere svolta dal giudice del rinvio, tenendo conto delle indicazioni offerte dalla Corte di giustizia nonché dei principi dinanzi enunciati;
24. alla Corte di rinvio, indicata in dispositivo, è demandata anche la regolazione delle spese di lite, incluse quelle relative al giudizio di legittimità;
25. al rigetto dell’impugnazione incidentale consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta i ricorsi incidentali.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Catania in diversa composizione, anche per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 27 maggio