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Solidarietà professionale: quando non si applica?

La Corte di Cassazione ha stabilito che il principio di solidarietà professionale, che rende le parti di una causa solidalmente responsabili per le spese legali in caso di accordo, non si applica se la transazione non è stipulata direttamente dal cliente dell’avvocato o dai suoi eredi. Nel caso di specie, due legali avevano richiesto il pagamento dei loro compensi ai co-obbligati della loro cliente, deceduta durante il processo. Questi ultimi avevano transatto la lite autonomamente. La Corte ha respinto il ricorso, sottolineando la natura eccezionale e restrittiva della norma, che presuppone il coinvolgimento diretto del cliente patrocinato nell’accordo che pone fine alla controversia.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Solidarietà professionale: quando l’avvocato non può chiedere i compensi alla controparte?

Il principio della solidarietà professionale è una tutela fondamentale per gli avvocati, garantendo loro il diritto al compenso anche quando le parti decidono di chiudere una controversia con un accordo. Tuttavia, i confini di questa tutela sono ben definiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 1283/2024, chiarisce un aspetto cruciale: la solidarietà non opera se l’accordo transattivo non è stipulato dal cliente diretto del legale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il caso: una transazione dopo l’estinzione del giudizio

La vicenda trae origine da una causa civile avente ad oggetto un preliminare di vendita immobiliare. Le parti in causa erano, da un lato, una signora usufruttuaria dell’immobile e i suoi due nipoti, nudi proprietari, e dall’altro, il promissario acquirente.

Durante il giudizio di appello, la signora usufruttuaria, assistita da due avvocati, viene a mancare. Il processo, interrotto a causa del decesso, non viene riassunto e si estingue. Successivamente, i due nipoti, divenuti pieni proprietari per consolidamento dell’usufrutto, concludono un accordo di permuta con l’erede del promissario acquirente, ponendo così fine alla controversia sull’immobile.

I legali della defunta signora decidono quindi di agire in giudizio contro i nipoti, chiedendo il pagamento in solido dei loro compensi professionali, invocando proprio il principio di solidarietà professionale previsto dalla legge forense.

L’applicazione restrittiva della solidarietà professionale

Sia la Corte d’Appello che la Corte di Cassazione hanno respinto la domanda degli avvocati. Il punto centrale della questione ruota attorno all’interpretazione dell’art. 13 della L. 247/2012 (e del precedente art. 68 della legge professionale), che disciplina la responsabilità solidale delle parti per il pagamento dei compensi legali.

La norma mira a proteggere il difensore, evitando che le parti, accordandosi tra loro, eludano il suo diritto al compenso derivante dalla soccombenza. Tuttavia, la Cassazione ribadisce che questa disposizione rappresenta una deroga al principio generale secondo cui l’avvocato può richiedere il pagamento solo al proprio cliente. In quanto norma eccezionale, deve essere interpretata in modo restrittivo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che il presupposto indispensabile per l’applicazione del regime di solidarietà è la conclusione di un accordo transattivo con il consenso e la partecipazione della parte patrocinata. L’obbligo solidale sorge solo se la transazione è stipulata dal cliente stesso (o dai suoi eredi) e comporta la definizione del giudizio in cui era coinvolto.

Nel caso specifico, l’accordo non è stato concluso né dalla cliente originaria (poiché deceduta), né dai suoi eredi, ma unicamente dai suoi ex co-obbligati (i nipoti). Questi ultimi hanno agito in qualità di nuovi e unici proprietari del bene, non come parti che rappresentavano la posizione della loro defunta parente.

Di conseguenza, mancava il legame diretto tra l’accordo transattivo e il mandato professionale conferito ai legali ricorrenti. Estendere la solidarietà a soggetti diversi dal cliente patrocinato significherebbe ampliare la portata della norma oltre i limiti previsti dal legislatore.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della decisione

Questa ordinanza offre un importante monito per i professionisti legali. La tutela della solidarietà professionale non è automatica e dipende strettamente dalla configurazione soggettiva dell’accordo che pone fine alla lite. L’avvocato può far valere questo diritto nei confronti della controparte del proprio cliente solo se quest’ultimo ha partecipato attivamente alla transazione. In assenza di questo presupposto, come nel caso di un accordo stipulato da altri soggetti del processo dopo il decesso del proprio assistito, l’unica via per il recupero del credito professionale rimane l’azione nei confronti del cliente o dei suoi eredi.

Quando si applica il principio di solidarietà professionale per il pagamento dei compensi dell’avvocato?
Questo principio si applica quando una controversia, oggetto di un procedimento giudiziale o arbitrale, viene definita mediante un accordo in qualsiasi forma. In tal caso, le parti sono tenute in solido al pagamento dei compensi e dei rimborsi spese a tutti gli avvocati costituiti.

La solidarietà professionale vale anche se l’accordo transattivo è concluso solo da alcuni dei co-obbligati e non dal cliente diretto dell’avvocato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo solidale sussiste solo se la transazione è stipulata dal cliente stesso dell’avvocato (o dai suoi eredi) e ha comportato la definizione del giudizio in cui era coinvolto. Non si estende ad accordi conclusi da altre parti del processo senza il coinvolgimento del cliente patrocinato.

Cosa succede se la causa si estingue per decesso della parte e successivamente gli altri co-obbligati transigono la lite?
In questo caso, l’avvocato della parte deceduta non può invocare la solidarietà professionale nei confronti dei co-obbligati che hanno transatto. Difetta infatti il presupposto essenziale, ovvero la conclusione dell’accordo da parte del proprio cliente. L’avvocato dovrà rivolgere le proprie pretese agli eredi del cliente defunto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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