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Solidarietà avvocato: esclusa senza attività

Un avvocato ha richiesto il pagamento dei suoi onorari alla controparte in solido con il proprio cliente, a seguito di una transazione avvenuta in fase di appello. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, stabilendo che il principio di solidarietà avvocato non si applica se la parte assistita non si è formalmente costituita in quella specifica fase del giudizio e, di conseguenza, il legale non ha svolto alcuna concreta attività difensiva. La mera pendenza formale del ricorso non è sufficiente.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Solidarietà avvocato: quando la transazione non obbliga la controparte a pagare

Il principio della solidarietà avvocato, previsto dall’art. 68 della Legge Professionale Forense, rappresenta una tutela fondamentale per i legali. Stabilisce che, in caso di transazione che pone fine a una causa, tutte le parti coinvolte sono obbligate in solido al pagamento degli onorari del professionista. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 448/2024) ha chiarito i limiti di questa tutela, escludendola in un caso specifico: quando la transazione avviene prima che la parte assistita si sia formalmente costituita in una determinata fase del giudizio.

I fatti del caso

Un avvocato aveva assistito con successo un cliente in una causa di primo grado contro una grande società di servizi. Il Tribunale aveva condannato la società alla rifusione delle spese legali, disponendone la distrazione direttamente in favore del legale.

Successivamente, la società ha proposto appello, ma prima di notificare l’atto alla controparte (il cliente dell’avvocato), le parti hanno raggiunto un accordo transattivo. Di conseguenza, l’appello non è stato notificato e la Corte d’Appello ha dichiarato il giudizio improcedibile, senza pronunciarsi sulle spese. A questo punto, l’avvocato ha richiesto un decreto ingiuntivo contro la società, invocando proprio la responsabilità solidale per il pagamento dei suoi compensi maturati.

La decisione dei giudici di merito

Sia il Tribunale, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, sia la Corte di Cassazione hanno dato torto al legale. La sua domanda è stata rigettata perché mancavano i presupposti essenziali per l’applicazione del meccanismo di solidarietà. Il punto cruciale non era la transazione in sé, ma il momento e il contesto processuale in cui era intervenuta.

La solidarietà avvocato e i suoi presupposti

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire la finalità della norma sulla solidarietà avvocato: assicurare al legale il compenso per l’attività effettivamente svolta, evitando che una transazione tra le parti lo privi del suo diritto.

Tuttavia, per l’operatività di questa tutela sono necessarie due condizioni fondamentali:
1. L’assunzione formale della qualità di parte nel giudizio da parte del cliente assistito.
2. Il conseguente espletamento di una concreta attività difensiva da parte dell’avvocato nell’ambito di quella specifica fase processuale.

L’importanza del contraddittorio effettivo

Nel caso esaminato, sebbene l’appello fosse stato depositato, non era mai stato notificato. Ciò significa che il cliente dell’avvocato non si era mai costituito formalmente nel giudizio di secondo grado. Di conseguenza, l’avvocato non aveva svolto alcuna attività difensiva in quella fase. Il giudizio d’appello, quindi, non era ‘effettivo ed attuale’, ma solo formalmente pendente. Mancava un rapporto processuale pienamente instaurato tra le parti, ovvero un rituale contraddittorio.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

I giudici hanno chiarito che il meccanismo di solidarietà è una deroga alla regola generale secondo cui l’avvocato può richiedere il compenso solo al proprio cliente. Come tutte le norme eccezionali, deve essere interpretata restrittivamente.

La Corte ha stabilito che non si può estendere la solidarietà a una situazione in cui il rapporto processuale non si è mai pienamente instaurato. L’improcedibilità del giudizio d’appello non è derivata dalla transazione, ma dal fatto, processualmente radicale, che il ricorso non era stato notificato, impedendo così la costituzione dell’appellato.

In uno scenario del genere, dove l’attività difensiva dell’avvocato in quella fase è stata nulla, viene meno la stessa ‘ratio’ della norma, che è quella di proteggere un compenso per un’attività effettivamente prestata. L’assenza di costituzione della parte e di attività difensiva rende inapplicabile il meccanismo speciale di solidarietà.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione delinea con precisione i confini della tutela della solidarietà avvocato. Non basta che le parti raggiungano un accordo mentre una causa è ‘formalmente’ in corso. È necessario che il giudizio sia ‘sostanzialmente’ attivo, con un contraddittorio pienamente instaurato e un’attività difensiva concreta svolta dal legale. Questa pronuncia serve da monito: la responsabilità solidale della controparte per gli onorari non è automatica, ma è strettamente legata alla partecipazione attiva al processo della parte assistita e all’effettivo lavoro svolto dal suo difensore in quella specifica fase.

Quando si applica il principio di solidarietà per le spese dell’avvocato in caso di transazione?
Si applica quando un accordo transattivo conclude una causa in corso, sottraendo al giudice la possibilità di decidere sulle spese. È però necessario che il giudizio sia ‘effettivo ed attuale’, cioè che le parti si siano formalmente costituite in quella specifica fase e che il legale abbia svolto concreta attività difensiva.

La solidarietà avvocato opera se la parte non si è ancora costituita in giudizio?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che se la parte non ha ancora assunto formalmente la veste di parte processuale in una determinata fase (ad esempio, perché l’atto di appello non le è stato notificato), il meccanismo della solidarietà non opera, poiché manca il presupposto della partecipazione al giudizio.

È sufficiente che un giudizio sia formalmente ‘pendente’ per attivare la responsabilità solidale della controparte?
No, non è sufficiente. La mera pendenza formale, come il deposito di un ricorso non ancora notificato, non basta. La Corte richiede che il rapporto processuale sia pienamente instaurato e che vi sia stato l’espletamento di concreta attività difensiva da parte del legale che invoca la tutela.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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