Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11331 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso N. 3733/2022 R.G. proposto da:
NOME e NOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Roma n. 7091/2021, depositata
il 28.10.2021;
N. 3733/22 R.G.
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 26.2.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto del 27.1.2015, NOME COGNOMEin forza di sentenza n. 2639/08 emessa dal Tribunale di Cosenza, confermata in appello, con cui la RAGIONE_SOCIALE era stata condannata al pagamento a titolo risarcitorio, in favore del predetto e della propria moglie, NOME COGNOME della somma di € 20.000,00 oltre accessori -intimò precetto alla debitrice per il pagamento della residua somma di € 15.032,15, dopo aver detratto la somma di € 8.000,00 frattanto pagata dalla stessa debitrice in favore di entrambi i creditori. La società propose quindi opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c., deducendo di aver versato ulteriori € 3.500,00, non decurtati dall’intimante, e negando la legittimazione attiva di questi in relazione al credito spettante alla predetta Cariati, non sussistendo la solidarietà attiva, con conseguente errato calcolo degli interessi. In corso di causa, il Guido rinunciò provvisoriamente (in attesa dei necessari accertamenti richiesti in sede penale) alla somma di € 3.500,00, dichiarando di accettare a titolo di acconto l’importo di € 4.886,67, offerto dall’intimata banco iudicis. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 10.9.2018, nel contraddittorio col NOME e con la COGNOME (costituitasi con autonoma comparsa d’i ntervento volontario), accolse parzialmente l’opposizione, ritenendo l’illegittimità del precetto sia in relazione alla quota parte di interessi riferibili al credito provvisoriamente rinunciato, sia in relazione alla carente legittimazione attiva del NOME circa il credito di pertinenza della propria moglie (non essendovi solidarietà attiva). Il Tribunale
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ritenne inoltre la portata estintiva del pagamento banco iudicis , occorrendo solo ricalcolare le spese intimate col precetto, sulla base del credito accertato. La sentenza venne gravata d’appello da NOME COGNOME e da NOME COGNOME; la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 28.10.2021, dichiarò la carenza di legittimazione ad impugnare di quest’ultima, confermando nel resto la prima decisione.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME affidandosi a formali tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte, ribadite nel corso dell’udienza pubblica del 13.9.2023, chiedendo la rimessione della trattazione del ricorso alle Sezioni Unite o, in subordine, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per tardività . Rimessa la causa alle Sezioni Unite con ordinanza interlocutoria del 21.11.2023, n. 32287, in relazione alla questione inerente alla idoneità o meno della notificazione della sentenza -effettuata dalla odierna controricorrente – ai fini del decorso del termine breve ex art. 326 c.p.c., qualora effettuata a mezzo pec, ma non pervenuta al destinatario per ‘casella piena’, il Massimo Consesso, con sentenza n. 28452/2024 del 5.11.2024, ha rigettato l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dalla controric orrente, rimettendo la causa a questa Sezione per la decisione dei motivi di ricorso. Fissata dunque l’odierna udienza camerale, il Procuratore Generale ha depositato ulteriore requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso. Ai sensi dell’art. 380 -bis .1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1292 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non aver la Corte d’appello tenuto conto del riconoscimento implicito della solidarietà attiva tra concreditori: la società debitrice, infatti, a parziale estinzione del debito complessivo cui era tenuta, aveva già corrisposto titoli di credito cointestati ad entrambi i creditori, così dimostrando di ritenere sussistente la solidarietà attiva tra gli stessi. Di conseguenza, ne discende la piena legittimazione attiva del NOME e quella alla proposizione dell’appello da parte della Cariati.
1.2 Con il secondo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ossia l’intervento volontario della creditrice Cariati nel giudizio, da ciò derivando, in tesi, la dimostrazione del potere del Guido di agire anche per il recupero del credito della propria moglie.
1.3 Con il terzo motivo, infine, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in ordine al calcolo degli interessi e alla decorrenza degli stessi.
2.1 -Preso atto del dictum di Cass., Sez. Un., n. 28452/2024, in ordine alla ammissibilità del ricorso, il primo motivo è inammissibile.
In primo luogo, poiché alla fattispecie in esame non possono applicarsi i principi di cui a Cass., Sez. Un., n. 5633/2022, la valutazione sulla portata del titolo esecutivo di cui è minacciata l’ese cuzione è questione fattuale, rimessa al giudice del merito ; nella specie, all’esito della disamina del titolo esecutivo (sentenza Corte d’appello di Catanzaro n. 1090/2016), il giudice d’appello ha
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motivatamente escluso che, tra i coniugi odierni ricorrenti, sussistesse solidarietà attiva in relazione al credito intimato, per l’intero, dal solo Guido, detta solidarietà non potendo presumersi. La censura, dunque, si rivela di per sé inammissibile, perché tende a sollecitare una rivisitazione dell’accertamento fattuale, riservato appunto al giudice del merito.
Comunque, in via dirimente, il motivo difetta di autosufficienza, perché non spiega -al di là del preteso riconoscimento di detta solidarietà attiva da parte del debitore, per effetto del rilascio di titoli di credito cointestati ai coniugi -perché il titolo esecutivo dovesse ritenersi fondato su solidarietà attiva, nonostante l’evidente assenza di esplicita menzione in tal senso.
3.1 -Il secondo motivo è parimenti inammissibile, oltre che per riferimento ad una disposizione processuale (il previgente art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) non più in vigore dal 2012, perché non spiega il nesso logico-giuridico per cui dall’intervento della COGNOME nel giudizio di primo grado dovrebbe discendere, de plano , la prova della legittimazione attiva all’azione esecutiva come minacciata, in concreto, dal Guido. Il mezzo difetta quindi di specificità, anche perché carente in ordine alle ragioni per cui la C orte d’appello avrebbe errato, sul punto, negando la suddetta solidarietà.
Infine, va anche rilevato il difetto di autosufficienza in ordine al come e quando la detta questione sarebbe stata sottoposta ai giudici del merito, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis .
5.1 -Infine, il terzo motivo è inammissibile -anche qui -perché proposto sotto le insegne del previgente art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non più in vigore dal 2012.
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6.1 -In definitiva, il ricorso è inammissibile. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti, in solido, alla rifusione delle spese di lite, che liquida in € 3.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti ed al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della