Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20671 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20671 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5426/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’ RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE, n persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) giusta procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO
(CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente –
nonché contro
FALLIMENTO di COGNOME NOME
– intimato – avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 1842/2019 depositata il 30/12/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/5/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Il Tribunale di Cremona, con sentenza n. 6/2019, dichiarava il fallimento di NOME COGNOME, titolare di un’impresa individuale avente ad oggetto l ‘ attività di lavorazioni meccanico-agricole per conto terzi, su istanza dell’RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE Rilevava, in particolare, che se l’attivo e i ricavi lordi erano inferiori ai limiti della soglia di fallibilità, dalla documentazione prodotta emergeva un’esposizione debitoria di COGNOME superiore ad € 500.000, in quanto ai debiti – di rispettivi € 13.044,02 e € 96.747,82 – verso RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, occorreva aggiungere il debito nei confronti del fisco (di € 59.746,82) e quello nei riguardi di RAGIONE_SOCIALE (pari a € 309.697,40).
2. Il reclamo ex art. 18 l. fall. proposto da COGNOME contro la sentenza veniva respinto dalla Corte d’appello di Brescia, la quale constatava -fra l’altro e per quanto qui di interesse che era incontestata l’esistenza di un debito nei confronti delle istanti, nella misura accertata dal tribunale, e che lo stesso reclamante aveva riferito dell’opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti da RAGIONE_SOCIALE per la riconsegna di
macchinari agricoli concessi in leasing e per il pagamento della somma di ‘circa 440mila euro’ .
Sottolineava che dal verbale della causa di opposizione emergeva soltanto che, prima dell’interruzione del giudizio ex art. 43 u. co. l. fall., i macchinari erano stati venduti al prezzo di € 328.000, inferiore al credito ingiunto.
Osservava che l’effetto estintivo della vendita non operava in maniera automatica sul credito per canoni scaduti e a scadere, giacché il giudice della causa di merito aveva il potere di ridurre la penale, pari all’intero ammontare del finanziamento, previs ta per l’ipotesi di risoluzione del contratto di leasing in caso di inadempimento.
Aggiungeva che il meccanismo dell’art. 1526 cod. civ. invocato dal debitore comportava il diritto del concedente di ricevere un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno.
Evidenziava che anche l’art. 1 della l. 124/2017 prevede che, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a corrispondere all’utilizzatore quanto ricavato dalla sua vendita, effettuata ai valori di mercato, dedotti l’ammontare dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, i canoni a scadere in linea capitale, il prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione finale di acquisto e le spese anticipate per il recupero del bene, la stima e la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita.
Sosteneva, quindi, che contrariamente a quanto asserito dal reclamante, difettassero elementi certi in ordine all’asserita estinzione, prima della pronuncia di fallimento, del debito verso RAGIONE_SOCIALE, il cui ammontare era sufficiente a determinare, insieme ai debiti verso le istanti, il superamento della soglia di fallibilità.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, pubblicata in data 30 dicembre 2019, prospettando tre
motivi di doglianza, ai quali hanno resistito con separati controricorsi RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE
L’intimato Fallimento di NOME COGNOME non ha svolto difese. Tutte le parti costituite hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ..
Considerato che:
Col primo motivo di ricorso, che denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, lett. c), l. fall., 1526, 1453 e 1458 cod. civ., COGNOME lamenta che la c orte d’appello abbia conteggiato fra i suoi debiti, ai fini della verifica del superamento dei limiti di fallibilità, quello il cui pagamento gli era stato ingiunto da RAGIONE_SOCIALE, la quale però, prima della declaratoria di fallimento, aveva risolto il contratto di leasing traslativo con lui stipulato ed aveva provveduto alla vendita dei beni concessigli in locazione finanziaria, con un ricavo di € 328.000.
Il ricorrente rileva che la società di leasing , essendosi avvalsa della clausola risolutiva espressa ed avendo venduto la attrezzature agricole oggetto del contratto, a veva perso il diritto all’adempimento dello stesso, cosicché il credito portato dal provvedimento monitorio, pari all’ intero ammontare dei canoni insoluti e della penale, non corrispondeva più a un suo debito effettivo, da conteggiare ai fini dell’accertamento richiesto dall’art. 1, 2° comma, lett. c) l. fall. : la corte distrettuale, in app licazione del disposto dell’art. 1526 cod. civ. o della l. 124/2017, avrebbe dovuto considerare che alla concedente spettava un residuo credito, a titolo di equo compenso e di risarcimento del danno, dal quale andava detratto il valore di realizzo del bene venduto.
Il motivo è fondato, nei termini che si vanno ad illustrare.
5.1 Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che l’accertamento del requisito di fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, lett. c), l. fall. deve essere compiuto procedendo alla valutazione dell’esposizione
complessiva dell’imprenditore, nella quale deve tenersi conto non solo dei debiti già sorti e appostati al passivo del bilancio, ma anche di quelli ulteriori, contestati in tutto o in parte ed ancora sub iudice ; la contestazione del debito, infatti, non ne impedisce, di per sé sola, l’inclusione nel computo dell’indebitamento, rilevante quale dato dimensionale dell’impresa per stabilirne l’assoggettabilità al fallimento, in quanto attiene a un dato oggettivo, che non dipende dall’opinione del debitore al riguardo ed, al pari di ogni altro presupposto della dichiarazione di fallimento, non si sottrae alla valutazione del giudice chiamato a decidere dell’apertura della procedura concorsuale (Cass. 601/2017, Cass. 25870/2011).
Se ne ricava che la contestazione del credito, come non impedisce, di per sé, la sua inclusione nel complessivo indebitamento, così non risulta del tutto irrilevante ai fini del computo dello stesso, ove le ragioni addotte dal debitore appaiano giustificarla.
Pertanto, in assenza di un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, è affidato al giudice investito dell’istanza di fallimento un accertamento incidentale, che non pregiudica l’esito della controversia di merito, all’esclusivo scopo di verificare se il credito contestato vada o meno considerato, e (in caso di risposta affermativa) in quale misura, al fine della quantificazione dell’indebitamento complessivo del fallendo.
Nel caso di specie, pertanto, la corte distrettuale non poteva limitarsi ad escludere che il debito di RAGIONE_SOCIALE verso RAGIONE_SOCIALE si fosse estinto prima della dichiarazione di fallimento, ma doveva anche valutare se lo stesso si fosse ridotto al momento della dichiarazione di insolvenza, a seguito della vendita dei beni concessi in leasing , stabilendone la misura da considerare al fine del computo del complessivo indebitamento dell’odierno ricorrente.
5.2 Le Sezioni Unite di questa Corte hanno ritenuto, in materia di leasing finanziario, che la disciplina di cui all’art. 1, commi 136-140, della legge n. 124/2017 non abbia effetti retroattivi, sì che il comma
138 si applica alla risoluzione i cui presupposti si siano verificati dopo l’entrata in vigore della legge stessa; per i contratti anteriormente risolti resta valida, invece, la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, con conseguente applicazione analogica, a quest’ultima figura, della disciplina dell’art. 1526 cod. civ., e ciò anche se la risoluzione sia stata seguita dal fallimento dell’utilizzatore, non potendosi applicare analogicamente l’art. 72quater l. fall. (Cass., Sez. U., 2061/2021).
In applicazione di questo principio, la corte distrettuale, anziché riferirsi indifferentemente all’una o all’altra disciplina, avrebbe anche dovuto accertare se i presupposti della risoluzione si fossero verificati prima o dopo l’entrata in vigore della legge 4 agosto 2017, n. 124, al fine di stabilire se il contratto di leasing stipulato da RAGIONE_SOCIALE fosse regolato dall’ art. 1526 cod. civ. o dalla normativa di nuovo conio.
5.3 Quest’ultima prevede espressamente che il prezzo di vendita sia computato in favore dell’utilizzatore.
In caso, invece, di applicazione dell’art. 1526 cod. civ. il giudice, ove ritenga che le parti abbiano pattuito una clausola penale prevedendo, per il caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore di un contratto di leasing traslativo, il diritto del concedente di trattenere tutte le rate pagate a titolo di corrispettivo del godimento nonostante il mantenimento della proprietà (c.d. clausola di confisca), ha il potere di ridurre detta penale, in modo da contemperare, secondo equità, il vantaggio che essa assicura al contraente adempiente ed il margine di guadagno che il medesimo si riprometteva di trarre dalla regolare esecuzione del contratto, procedendo alla stima del bene secondo il valore di mercato al momento della restituzione (salvo che non sia stato già venduto o altrimenti allocato, considerando, nel qual caso, i valori conseguiti) e poi a detrarre tale valore dalle somme dovute dall’utilizzatore al concedente, con diritto del primo all’eventuale residuo (Cass. 10249/2022).
In definitiva, la corte distrettuale ha errato nel non tenere conto del risultato della vendita al fine di quantificare il residuo debito del COGNOME verso la società di leasing, perché questi avrebbe avuto diritto o al conseguimento del ricavato ( in caso di applicazione della l. n. 124/017) o all’apprezzamento della sua richiesta di riduzione della penale contrattuale, tramite la detrazione del valore di realizzo (in caso di applicazione dell’art. 1526 c.c .)
L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento degli ulteriori m otivi, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Corte d ‘appello di Brescia in diversa composizione, la quale, nel procedere a nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma in data 16 maggio 2024.