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Società in house: quando sussiste il controllo analogo

La Corte di Cassazione ha confermato la giurisdizione della Corte dei Conti sull’amministratore di una società interamente partecipata da un’Azienda Sanitaria. La decisione si fonda sulla qualificazione della società come ‘società in house’, affermando che il requisito del ‘controllo analogo’ da parte dell’ente pubblico sussisteva già nello statuto originario, ben prima di modifiche successive che lo hanno solo specificato. Di conseguenza, l’amministratore risponde del danno erariale davanti al giudice contabile.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Societario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Società in house: La Cassazione chiarisce i confini del controllo analogo

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale per il diritto societario pubblico: la definizione di società in house e, in particolare, la natura del ‘controllo analogo’ esercitato dall’ente pubblico socio. La qualificazione di una società come ‘in house’ non è una mera etichetta, ma determina conseguenze fondamentali, prima fra tutte la giurisdizione della Corte dei Conti in caso di danno erariale causato dai suoi amministratori. Con questa pronuncia, le Sezioni Unite della Cassazione stabiliscono che il controllo analogo va valutato in senso sostanziale, guardando ai poteri effettivi conferiti dallo statuto all’ente pubblico.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una sentenza di primo grado della Corte dei Conti, che aveva condannato l’amministratore unico di una società di servizi sanitari, interamente partecipata da un’Azienda Sanitaria Locale (ASL), al risarcimento di un ingente danno erariale. Le accuse riguardavano l’autoliquidazione di compensi illegittimi e l’approvazione di spese non autorizzate. La Corte aveva ritenuto la società una ‘società in house’, fondando così la propria giurisdizione.

In appello, tuttavia, la situazione si ribaltava. La Sezione centrale d’appello della Corte dei Conti accoglieva il ricorso dell’amministratore, dichiarando il proprio difetto di giurisdizione. Secondo i giudici d’appello, al momento dei fatti contestati, mancava uno dei requisiti fondamentali della società in house: il ‘controllo analogo’. A loro avviso, lo statuto originario della società non garantiva all’ASL un potere di controllo e ingerenza paragonabile a quello esercitato sui propri uffici interni. Tale potere si sarebbe concretizzato solo con le modifiche statutarie intervenute anni dopo.

Contro questa decisione, il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la giurisdizione contabile sussistesse fin dall’inizio, poiché i requisiti della società in house, incluso il controllo analogo, erano già presenti nello statuto del 2008.

La questione del controllo analogo in una società in house

Il cuore della controversia giuridica risiede nell’interpretazione del requisito del ‘controllo analogo’. Per definire una società come ‘in house’ devono sussistere tre condizioni:
1. Partecipazione totalitaria pubblica: Il capitale sociale deve essere interamente detenuto da uno o più enti pubblici.
2. Attività prevalente: La società deve svolgere la maggior parte della sua attività a favore dell’ente o degli enti pubblici che la controllano.
3. Controllo analogo: L’ente pubblico deve esercitare sulla società un controllo simile a quello che esercita sui propri servizi.

Nel caso di specie, i primi due requisiti erano pacifici. Il dibattito si è concentrato esclusivamente sul terzo punto. La Corte d’appello aveva adottato un’interpretazione restrittiva, ritenendo che solo le modifiche statutarie del 2016 e 2017 avessero introdotto un vero regime di controllo analogo. Al contrario, la Procura Generale sosteneva che tale controllo fosse già insito nello statuto originario, che prevedeva che la società operasse ‘nell’ambito delle strategie aziendali decise dalla ASL’ e attribuiva a quest’ultima poteri di indirizzo e controllo sulle politiche aziendali.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Le Sezioni Unite hanno accolto il ricorso del Procuratore Generale, cassando la sentenza d’appello e affermando la giurisdizione della Corte dei Conti. La Cassazione ha chiarito che il ‘controllo analogo’ non deve essere confuso con un ‘controllo identico’ o gerarchico, tipico delle articolazioni interne della Pubblica Amministrazione.

La Corte ha specificato che il termine ‘analogo’ implica una somiglianza, non un’uguaglianza. Il controllo deve essere tale da permettere all’ente pubblico di esercitare un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della società. Questo potere non annulla l’autonomia giuridica della società, ma la orienta verso il perseguimento delle finalità pubbliche dell’ente socio.

Analizzando lo statuto originario del 2008, la Cassazione ha rilevato che esso già conferiva all’ASL poteri che andavano ben oltre i normali diritti di un socio di capitale. In particolare:
– L’art. 2 dello statuto stabiliva che la società doveva agire ‘nell’ambito delle strategie aziendali decise dalla ASL’.
– L’art. 8 prevedeva l’ingerenza dell’ASL nella pianificazione, programmazione e controllo dell’attività aziendale, al fine di consentire ‘un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi’.

Secondo la Corte, queste clausole erano sufficienti a configurare un controllo sostanziale fin dalla costituzione della società. Le modifiche statutarie successive non hanno introdotto ‘ex novo’ tale controllo, ma hanno semplicemente rafforzato e dettagliato un potere già esistente. Hanno agito come una ‘specificazione’, non come una ‘costituzione’ del requisito.

Conclusioni

La decisione delle Sezioni Unite consolida un principio fondamentale: la qualificazione di una società in house dipende da una valutazione sostanziale dei poteri dell’ente pubblico socio, non da una verifica meramente formale delle clausole statutarie. Se lo statuto, fin dall’origine, attribuisce all’ente pubblico il potere di determinare le linee strategiche e le scelte operative fondamentali della società, il requisito del controllo analogo è soddisfatto.

L’implicazione pratica è di vasta portata: gli amministratori di società partecipate che operano come meri bracci operativi della Pubblica Amministrazione sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei Conti per le loro azioni di gestione, anche se gli statuti non contengono clausole di controllo estremamente dettagliate. Ciò che conta è l’effettiva capacità dell’ente pubblico di indirizzare l’attività della società, rendendola, di fatto, un’articolazione della propria struttura.

Quando una società partecipata da un ente pubblico può essere definita ‘in house’?
Una società è definita ‘in house’ quando soddisfa tre requisiti contemporaneamente: il suo capitale è interamente detenuto da uno o più enti pubblici, svolge la sua attività prevalentemente a favore di tali enti e, infine, è soggetta a un ‘controllo analogo’ a quello che l’ente esercita sui propri uffici.

Cosa si intende per ‘controllo analogo’ e deve essere identico a un controllo gerarchico?
No, il controllo ‘analogo’ non è identico a un controllo gerarchico. Come chiarito dalla Corte, è un controllo ‘simile’ che consente all’ente pubblico di esercitare un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni fondamentali della società, senza necessariamente annullarne l’autonomia formale.

Le modifiche statutarie che specificano il controllo analogo hanno efficacia retroattiva?
Secondo la Corte, se lo statuto originario già conteneva clausole che, in sostanza, garantivano all’ente pubblico il controllo strategico, le modifiche successive che dettagliano questo potere non creano un nuovo regime, ma si limitano a rafforzare e specificare quello preesistente. Pertanto, il controllo si considera esistente fin dall’origine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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