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Società in house: no assunzione senza concorso pubblico

Un gruppo di lavoratori, impiegati tramite un appalto di servizi, ha citato in giudizio una società di gestione energetica per ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’azienda, una società in house a totale partecipazione pubblica, stabilendo che la sua natura giuridica impedisce la costituzione automatica di un rapporto di lavoro in assenza di un concorso pubblico. La Corte ha chiarito che tale qualifica non è un’eccezione da sollevare entro termini perentori, ma una difesa che il giudice deve valutare d’ufficio. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Società in house: La Cassazione chiarisce i limiti all’assunzione diretta

L’ordinanza n. 2685/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro che interseca la disciplina degli appalti e il diritto pubblico: la possibilità di costituire un rapporto di lavoro con una società in house a seguito di un’interposizione illecita di manodopera. La decisione chiarisce che la natura pubblicistica di tali società impone limiti invalicabili, come l’obbligo del concorso pubblico, che prevalgono sulla tutela del lavoratore prevista in caso di appalto non genuino.

Il caso: Lavoratori in appalto e la richiesta di assunzione

Un gruppo di lavoratori, formalmente dipendenti di una società di servizi, ha agito in giudizio contro una grande azienda committente, operante nel settore energetico e interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. I lavoratori sostenevano che il contratto di appalto tra le due società mascherasse in realtà una mera fornitura di manodopera, e chiedevano quindi la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato direttamente con l’azienda committente.

Nei primi due gradi di giudizio, i tribunali avevano dato ragione ai lavoratori, riconoscendo l’esistenza di un rapporto di lavoro diretto con la committente e condannandola al pagamento delle differenze retributive. La Corte d’Appello, in particolare, aveva ritenuto tardiva l’eccezione sollevata dall’azienda circa la sua natura di società in house, che le impedirebbe di assumere personale al di fuori delle procedure concorsuali pubbliche.

Le difese dell’azienda e il ricorso in Cassazione

L’azienda ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. L’esistenza di verbali di conciliazione sottoscritti dai lavoratori, che a suo dire avrebbero dovuto chiudere ogni contenzioso.
2. L’erronea valutazione della Corte d’Appello nel considerare tardiva l’eccezione sulla propria natura di società in house, con conseguente impossibilità giuridica di procedere all’assunzione diretta dei lavoratori.

Le motivazioni: la qualifica di società in house come ‘mera difesa’

La Corte di Cassazione ha rigettato il primo motivo, confermando la valutazione dei giudici di merito secondo cui gli accordi di conciliazione riguardavano esclusivamente i rapporti con la società appaltatrice e non contenevano una rinuncia esplicita ai diritti verso la committente.

Tuttavia, la Corte ha accolto il secondo motivo, ribaltando la decisione della Corte d’Appello. I giudici supremi hanno chiarito un punto processuale fondamentale: la qualificazione giuridica di una parte in giudizio (in questo caso, la natura di società in house della committente) non costituisce un’eccezione in senso proprio, che deve essere sollevata dalla parte entro termini precisi. Si tratta, invece, di una ‘mera difesa’.

Ciò significa che il giudice ha il potere e il dovere di accertare la natura giuridica del soggetto coinvolto, applicando il principio iura novit curia (‘il giudice conosce le leggi’). La questione, pertanto, poteva e doveva essere esaminata nel merito, anche se sollevata per la prima volta in appello, poiché la sua risoluzione è decisiva per individuare la normativa applicabile al caso. L’impossibilità di costituire un rapporto di lavoro per violazione di norme imperative, come l’art. 97 della Costituzione che impone il concorso pubblico per l’accesso al pubblico impiego, è una conseguenza diretta di tale qualificazione giuridica.

Le conclusioni: cosa cambia per le società a partecipazione pubblica

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: le tutele previste per i lavoratori in caso di appalto illecito trovano un limite invalicabile nelle norme di diritto pubblico che regolano l’operato delle società in house. La conversione automatica del rapporto di lavoro, tipica conseguenza dell’interposizione illecita di manodopera nel settore privato, non può operare se il committente è un ente assimilabile alla Pubblica Amministrazione.

La decisione sottolinea che la natura di un ente è un presupposto giuridico che il giudice deve sempre verificare, anche d’ufficio, per applicare correttamente la legge. Per i lavoratori, ciò significa che l’azione legale per il riconoscimento di un rapporto di lavoro con una società in house ha scarse probabilità di successo, anche in presenza di un appalto palesemente illegittimo. La tutela del lavoratore, in questi casi, si sposta sul piano risarcitorio piuttosto che su quello della costituzione del rapporto di lavoro.

Un accordo di conciliazione con la ditta appaltatrice impedisce di fare causa alla committente per l’assunzione?
No. La Corte ha stabilito che se l’accordo di conciliazione riguarda specificamente i rapporti con la società appaltatrice (il datore di lavoro formale), non preclude un’azione legale contro la società committente (l’utilizzatore effettivo) per ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro diretto, a meno che la rinuncia a tale diritto non sia espressa chiaramente.

L’impossibilità di assumere in una società in house senza concorso è un’eccezione che va presentata subito?
No. Secondo la Cassazione, la qualificazione giuridica di una società come ‘in house’ e le conseguenti limitazioni alle assunzioni non costituiscono un’eccezione in senso proprio (da sollevare entro termini perentori), ma una ‘mera difesa’. Pertanto, il giudice può e deve valutarla anche d’ufficio in qualsiasi fase del processo, basandosi sul principio ‘iura novit curia’.

Cosa succede se un appalto di manodopera con una società in house viene dichiarato illecito?
La sentenza chiarisce che la dichiarazione di illiceità dell’appalto non comporta automaticamente la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la società in house. Bisogna prima verificare se le norme pubblicistiche, come l’obbligo di reclutamento tramite concorso pubblico (art. 97 Cost.), impediscano tale conversione. Il giudice deve bilanciare le tutele del lavoratore con i principi della pubblica amministrazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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