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Società in house: no assunzione senza concorso

Una lavoratrice ha richiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro diretto con una società in house, sostenendo un’interposizione illecita di manodopera. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, applicando il principio della “ragione più liquida”. Ha stabilito che non è possibile costituire giudizialmente un rapporto di lavoro con una società a partecipazione pubblica totale, come una società in house, se l’assunzione non è avvenuta tramite procedure selettive pubbliche, trasparenti e imparziali, come previsto dalla legge. Questa regola prevale su qualsiasi accertamento relativo all’illegittimità dell’appalto.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Società in house e assunzioni: la Cassazione ribadisce il primato del concorso pubblico

L’ordinanza n. 2745/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro: la possibilità di ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro con una società in house in caso di presunta interposizione illecita di manodopera. La Corte ha stabilito un principio netto: le regole sull’accesso al pubblico impiego tramite procedure selettive prevalgono, rendendo impossibile la costituzione di un rapporto di lavoro per via giudiziale in loro assenza.

I Fatti del Caso: Appalto, Licenziamento e la Richiesta della Lavoratrice

Una lavoratrice, formalmente assunta da una società fornitrice di servizi, agiva in giudizio contro una grande società energetica, interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. La sua tesi era che il contratto di appalto tra le due società mascherasse un’interposizione illecita di manodopera, e che il suo vero datore di lavoro fosse la società committente. Chiedeva quindi l’accertamento di un rapporto di lavoro subordinato diretto con quest’ultima, la reintegrazione a seguito del licenziamento ricevuto dalla società appaltatrice e il pagamento delle differenze retributive.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le sue richieste, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: il Principio della “Ragione più Liquida”

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della lavoratrice, ma senza entrare nel merito della questione se l’appalto fosse lecito o meno. Ha invece applicato il principio processuale della “ragione più liquida”. Questo principio consente al giudice di decidere la causa basandosi sulla questione che, pur essendo logicamente subordinata, è di più facile e rapida soluzione e può risolvere l’intera controversia. In questo caso, la questione assorbente era la natura giuridica della società committente.

Le Motivazioni: Perché una Società in House non Può Assumere senza Concorso?

Il fulcro della motivazione risiede nella qualificazione della società energetica come società in house. Trattandosi di un’entità interamente partecipata da un ente pubblico (il Ministero), essa è soggetta alle norme del Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica (TUSP, D.lgs. 175/2016). In particolare, l’articolo 19 di tale decreto stabilisce che l’assunzione di personale in queste società deve avvenire attraverso procedure selettive che rispettino i principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità.

Questa regola ha una finalità ben precisa: garantire che l’accesso a un impiego in entità che gestiscono risorse e interessi pubblici avvenga in modo equo e meritocratico, come per le pubbliche amministrazioni. La violazione di questa norma imperativa comporta la nullità del rapporto di lavoro costituito senza una regolare procedura selettiva.

Di conseguenza, un giudice non può “creare” un rapporto di lavoro con una società in house per via giudiziale, neanche come sanzione per un’interposizione illecita. Un tale provvedimento, infatti, finirebbe per eludere una norma fondamentale di ordine pubblico. La Corte ha chiarito che l’accertamento della natura di società in house può essere compiuto anche d’ufficio dal giudice, in base al principio iura novit curia (“il giudice conosce le leggi”).

Era onere della lavoratrice dimostrare di essere stata assunta tramite una selezione che rispettasse i canoni pubblici, ma tale prova non è stata fornita. Pertanto, la domanda di costituzione del rapporto di lavoro è stata ritenuta infondata a monte, rendendo superfluo ogni altro accertamento.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza. Per i lavoratori impiegati in appalti presso enti pubblici o società da essi controllate, la semplice dimostrazione di un’interposizione illecita di manodopera non è sufficiente per ottenere l’assunzione diretta presso il committente. Il divieto di costituzione di rapporti di lavoro in violazione delle norme sulle procedure selettive pubbliche agisce come uno sbarramento insormontabile. La tutela del lavoratore in questi casi si sposta sul piano risarcitorio nei confronti del datore di lavoro formale, ma non può tradursi nell’accesso a un impiego che la legge riserva a chi supera una selezione pubblica.

È possibile ottenere la costituzione di un rapporto di lavoro con una società in house attraverso una sentenza del giudice?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è possibile costituire in via giudiziaria un rapporto di lavoro con una società in house, poiché tale entità è soggetta all’obbligo di assumere personale tramite procedure selettive pubbliche. Una sentenza non può eludere questo divieto imperativo di legge.

Cosa significa il principio della “ragione più liquida” applicato in questo caso?
Significa che la Corte ha deciso la causa basandosi sulla questione più dirimente e di più facile soluzione, ovvero l’impossibilità di costituire un rapporto di lavoro con una società in house senza concorso. Questo ha reso superfluo esaminare le altre questioni, come la presunta illegittimità del contratto d’appalto, per ragioni di economia processuale.

Su chi ricade l’onere di provare la regolarità della selezione per lavorare presso una società in house?
Secondo la Corte, l’onere di dedurre e dimostrare che le procedure selettive del personale fossero rispondenti ai canoni di imparzialità, pubblicità e trasparenza ricade sulla lavoratrice che chiede la costituzione del rapporto di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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