Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11319 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11319 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
Oggetto: legittimazione
attiva – società estinta
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 609/2019 R.G. proposto da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso lo studio del primo, sito in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO
– ricorrenti –
contro
Comune RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio del l’AVV_NOTAIO, sito in Roma, INDIRIZZO – controricorrente – avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 2190/2018, depositata il 15 maggio 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, depositata il 15 maggio 2018, che ha dichiarato inammissibile l’appello dai medesimi proposto, unitamente ad NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per la riforma della sentenza del Tribunale di Santa NOME Capua Vetere, che aveva disatteso, dichiarandole in parte inammissibili e in parte infondate, le domande della RAGIONE_SOCIALE alla restituzione di un’area oggetto di un provvedimento ablativo dichiarato illegittimo e di risarcimento dei danni per mancata restituzione di tale area, per acquisizione di altra parte del terreno interessata da tale provvedimento irreversibilmente trasformata a seguito della realizzazione dell’opera pubblica e, in caso di impossibilità della retrocessione dell’area suindicata, per irreversibile trasformazione della stessa;
la Corte di appello, dopo aver dato atto che gli appellanti si erano qualificati quali soci della società cooperativa, nelle more cancellata dal Registro delle Imprese, ha dichiarato inammissibile il gravame in quanto proposto da soggetti non legittimati, difettando la prova della loro vantata qualità di soci della società estinta;
ha, inoltre, osservato che dalla cancellazione della società dal Registro delle Imprese intervenuta nella pendenza del giudizio dalla medesima introdotta doveva presumersi la tacita rinuncia al credito vantato, con conseguente inoperatività del fenomeno successorio della controversa pretesa;
il ricorso è affidato a un motivo;
resiste con controricorso il Comune di RAGIONE_SOCIALE;
i ricorrenti depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 81, 115 e 182 cod. proc. civ. e 2312 e 2495 cod. civ., per aver la Corte di appello, in presenza di dubbi in ordine alla sussistenza della legittimazione attiva degli appellanti, omesso di assegnare loro un termine per la dimostrazione del possesso della vantata qualità di soci della cooperativa estinta;
evidenziano , sul punto, che l’ente locale appellato, nel costituirsi in giudizio, nulla aveva eccepito al riguardo e tale elemento avrebbe dovuto essere valorizzato dalla Corte territoriale al fine di ritenere sussistente la legittimazione attiva degli appellanti;
il motivo è inammissibile;
come riferito in precedenza, il giudice di appello ha dichiarato inammissibile il gravame in ragione della rilevata insussistenza della legittimazione degli appellanti, stante l’assenza di elementi di prova in ordine alla loro vantata qualità di soci della cooperativa estinta, nonché della rinuncia tacita al credito in contestazione operata dalla società, desunta dalla determinazione del liquidatore di concludere la fase liquidatoria pur in pendenza del giudizio, tale da escludere il prospettato fenomeno successorio per venir meno del credito in oggetto in capo all’asserito dante causa;
si è, dunque, in presenza di due distinte e autonome rationes decidendi , consistenti nell’assenza di legittimazione a impugnare degli appellanti e nell’assenza del diritto in contestazione, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione;
-pertanto, l’omessa impugnazione di tale seconda ratio non permette di esaminare la questione prospettata con il motivo in esame, con cui si critica la prima ratio , stante la definitività dell ‘ autonoma motivazione non impugnata e, conseguentemente, l’impossibilità di tale questione, anche laddove ritenuta fondata, a condurre all’ annullamento della
sentenza (cfr., sul punto, Cass. 14 agosto 2020, n. 17182; Cass. 18 aprile 2019, n. 10815; Cass. 27 luglio 2017, n. 18641);
pertanto, per le indicate considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano, in favore di ciascuna parte, in complessivi euro 5.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 27 marzo 2024.