Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 29036 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 29036 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 9262/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
ricorrente
contro
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO controricorrente
avverso la sentenza n. 1574/2018 della Corte d’Appello di Palermo, depositata il 26-7-2018, udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 7-10-2025 dal consigliere NOME COGNOME,
udito il Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso, uditi l’AVV_NOTAIO per la ricorrente e l’AVV_NOTAIO per il controricorrente
OGGETTO:
società di fatto tra coniugi
RG. NUMERO_DOCUMENTO
P.U. 7-10-2025
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza n. 3180/2013 depositata il 5-7-2013 il Tribunale di Palermo ha accertato l’esistenza tra NOME COGNOME e NOME COGNOME -i quali avevano contratto matrimonio il DATA_NASCITA
DATA_NASCITA
DATA_NASCITA e si erano separati legalmente nel 2000- di una società di fatto relativa all’esercizio farmaceutico ‘RAGIONE_SOCIALE‘; ha dichiarato il diritto dell’attrice NOME COGNOME alla liquidazione della sua quota societaria e ha condannato il convenuto NOME COGNOME al pagamento a tale titolo di Euro 1.933.635,29 oltre interessi legali dalla data della sentenza; lo ha altresì condannato al pagamento di Euro 1.472.782,80 a titolo di utili prodotti dalla società da novembre 1996 a dicembre 2009, con gli interessi dalla data della sentenza; inoltre ha disposto lo scioglimento della comunione legale tra i coniugi e ha condannato il convenuto alla rifusione delle spese di lite.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto appello principale e NOME COGNOME ha proposto appello incidentale, che la Corte d’appello di Palermo ha deciso con sentenza n. 1574/2018 pubblicata il 26-72018; accogliendo parzialmente l’appello principale e rigettando integralmente l’appello incidentale, in riforma della sentenza di primo grado con riguardo alla liquidazione della quota societaria e degli utili, ha dichiarato il diritto di NOME COGNOME alla liquidazione esclusivamente della sua quota societaria e ha condannato NOME COGNOME al pagamento a tale titolo di Euro 946.188,58, con gli interessi legali dalla sentenza di primo grado; ha confermato per il resto la sentenza di primo grado, anche in relazione alla condanna alle spese di lite di primo grado a carico di NOME COGNOME, e ha compensato le spese di lite di secondo grado.
Per quanto ancora interessa in relazione ai motivi di ricorso per cassazione proposti, la sentenza, dichiarato che si era formato il giudicato interno sulla questione della natura del rapporto intercorrente
tra i coniugi nell’esercizio dell’attività di RAGIONE_SOCIALE quale società di fatto, ha accolto il sesto motivo di appello, con il quale l’appellante COGNOME aveva sostenuto lo scioglimento della società di fatto dal momento dell’allontanamento dall’esercizio far maceutico della convenuta nel 1996 e aveva sostenuto l’assenza di utili societari da quella data. Ha dichiarato che la società di fatto si era sciolta al momento dell’allontanamento dalla RAGIONE_SOCIALE della moglie, essendo venuto meno il requisito soggettivo d ell’ affectio societatis, inteso come comune volontà dei contraenti di costituire un vincolo e collaborare per il conseguimento di risultati patrimoniali comuni; ha dichiarato che era integrata l’ipotesi prevista dall’art. 2272 n. 2 cod. civ., che annoverava tra le cause di scioglimento della società la sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, per cui la liquidazione della quota societaria a favore della moglie era da eseguire in base al valore della RAGIONE_SOCIALE al momento dello scioglimento della società. Ha aggiunto che il diritto alla percezione degli utili societari discendeva dalla qualifica di socio, per cui era indubbio che lo scioglimento del rapporto societario lo faceva venire meno, gli utili erano da accordare solo fino al momento di cessazione del vincolo societario, mentre le vicende societarie successive (e quindi la produzione di utili) rimanevano estranee alla posizione dell’ex socia . Ha considerato che nella c.t.u. contabile il valore della quota societaria del cinquanta per cento della RAGIONE_SOCIALE rapportato al 1996 era stato determinato in Euro 946.188,58.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione per la pubblica udienza del 7-10-2025 e nei termini di cui all’art. 378 cod. proc. civ. il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni e hanno depositato memoria illustrativa entrambe le parti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, intitolato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 2272 n. 2 c.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c.’, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che la società di fatto si fosse sciolta ex art. 2272 n. 2 cod. civ. per sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale al momento dell’allontanamento dalla RAGIONE_SOCIALE; evidenzia che l’esercizio farmaceutico dopo il 1996 aveva proseguito regolarmente l’attività, come dimostrato dalla produzione di utili con sistenti e dall’incremento del valore della socia determinato dal c.t.u.; sostiene che l’impossibilità di cui all’art. 2272 n. 2 cod. civ. deve essere tale da impedire, in modo definitivo e assoluto, lo svolgimento dell’attività economica, mentre il dissidio tra i soci può rilevare solo come giusta causa di recesso del socio adempiente o può rilevare se si risolva in impossibilità di funzionamento. Dichiara che nella fattispecie non vi era stato recesso da parte della socia COGNOME né vi era stata azione volta alla sua esclusione quale socia inadempiente per avere cessato di frequentare l’esercizio farmaceutico, per cui il suo allontanamento fisico dalla RAGIONE_SOCIALE non aveva comportato la cessazione dell’attività oggetto della società di fatto. Quindi sostiene che lo scioglimento della società sia avvenuto solo con la pronuncia della sentenza di primo grado n. 3180/2013 del Tribunale di Palermo, che fino a quella data la socia COGNOME abbia avuto la titolarità del cinquanta per cento della società e il diritto di percepire gli utili prodotti fino ad allora, con gli interessi dalla data di maturazione degli utili medesimi, come aveva chiesto con i suoi motivi di appello incidentale; evidenzia che la quota della socia non era costituita solo dalla sua attività lavorativa, ma dal patrimonio mobiliare e immobiliare realizzato negli anni grazie ai proventi della RAGIONE_SOCIALE e rei nvestito nell’azienda e sostiene che
ignorare tale dato abbia comportato la confusione tra società di fatto, accertata nella fattispecie, e impresa familiare, giudizialmente esclusa.
2. Con il secondo motivo, intitolato ‘ motivazione insufficiente/ insanabilmente contraddittoria ovvero apparente circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c.’, la ricorrente lamenta che da una parte la sentenza abbia ritenuto che la società si fosse sciolta nel 1996 e, dall’altra, abbia evocato vicende societarie successive al 1996 e la produzione di utili anche dopo il 1996, elementi indicanti che la società esisteva ancora; quindi sostiene sussista il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili che rende la motivazione perplessa e obbiettivamente incomprensibile.
3.Con il terzo motivo, intitolato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. Difetto di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. In relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c.’, la ricorrente sostiene che, dichiarando lo scioglimento della società dal 1996 per l’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, la sentenza sia incorsa nella violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in quanto nessuna delle parti aveva dedotto che la società si fosse sciolta, per quella ragione e in quella data.
4.Con il quarto motivo, ‘nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 sesto comma Cost., dell’art. 132 secondo comma n. 4 c.p.c. e dell’art. 118 primo comma disp. att. c.p.c. Assenza di motivazione, con riferimento all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c.’, la ricorrente evidenzia che la sentenza ha quantificato la quota societaria della socia COGNOME al 1996 e quindi avrebbe dovuto riconoscere gli interessi da quella data e non, come ha fatto, dalla data della sentenza di primo grado.
5 .Con il quinto motivo, ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione
all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c.’, la ricorrente -per il caso di rigetto del quarto motivo- sostiene che la pronuncia sulla decorrenza degli interessi sia affetta anche da contraddizione insanabile e dall’omesso esame del fatto da essa stessa accertato, in ordine al dato che il diritto alla quota era sorto nel 1996.
6.Con il sesto motivo, ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c.’, la ricorrente censura la statuizione sulle spese di lite della sentenza impugnata.
7.Giova premettere, come si legge in Cass. Sez. 1 27-4-2020 n. 8222 (Rv. 657609-01-02), per tutte, che i regimi dello svolgimento di attività d’impresa nell’ambito della famiglia possono assumere qualificazioni giuridiche diverse, da cui deriva una differente disciplina regolatrice dei rispettivi rapporti: l’azienda coniugale ex art. 177 co . 1 lett. d) cod. civ., l’azienda appartenente a uno solo dei coniugi con mera comunione di utili e incrementi ex art. 177 co. 2 cod. civ., l’impresa gestita individualmente da uno dei coniugi ex art. 178 cod. civ., l’impresa familiare ex artt. 230 -bis e 230-ter cod. civ., le società di persone ex artt. 2251 e ss. cod. civ., le società di capitali, il patto di famiglia ex art. 768-bis cod. civ. Come pure rilevato da Cass. 8222/2020, sono diversi i presupposti integrativi di ciascuna fattispecie e non compete al giudicante sostituire i fatti allegati da una parte come costitutivi di una disposizione normativa con i fatti che meglio si adattino a rappresentare gli elementi integrativi di una fattispecie diversa. Nella fattispecie nel giudizio di merito è stata accertata, con pronuncia non censurata in questa sede e passata in giudicato, l’esistenza tra i coniugi di una società di fatto avente a oggetto la gestione della RAGIONE_SOCIALE, per cui è esclusivamente questo l’ambito della presente pronuncia.
Posto che a i sensi dell’art. 2297 cod. civ. alla società irregolare e alla società di fatto si applicano le disposizioni relative alla società semplice, si impone il rilievo che la domanda proposta dalla moglie secondo l’interpretazione eseguita da l giudice di primo grado con pronuncia non oggetto di impugnazione in appello e perciò in termini definitivamente acquisiti in causa- come volta a ottenere la liquidazione della sua quota societaria e degli utili non percepiti, è domanda da qualificare come proposta ai sensi dell’art. 2289 cod. civ. e che trova la propria disciplina in questa disposizione. Si esclude che la domanda della moglie o le eccezioni del marito trovassero titolo nel già avvenuto scioglimento della società, in quanto lo scioglimento della società comporta l’apertura della fase di liquidazione ex artt. 2274 e ss. cod. civ. e nessuna deduzione delle parti era stata nel senso che la società avesse in qualche modo, anche di fatto, svolto quella fase o vi si trovasse al momento dell’instaurazione del giudizio. Non può neppure ritenersi che, nel caso in cui i soci siano soltanto due -come nella fattispecie- non via sia differenza tra scioglimento della società e recesso del singolo socio, con riguardo alle relative liquidazioni: l’art. 2272 n.3 cod. civ. prevede come causa di scioglimento della società il venire meno della pluralità di soci solo nel caso in cui non sia ricostituita nel termine di sei mesi e ciò significa che, nel caso in cui uno dei due soci abbia chiesto la liquidazione della propria quota, così esercitando il recesso, solo dopo il decorso di sei mesi da quel momento e solo se la pluralità di soci non è ricostituita si verifica la causa di scioglimento della società. Q uindi, il recesso anche dell’uno dei due unici soci determina esclusivamente il diritto allo stralcio della sua quota ex art. 2289 cod. civ., mentre lo scioglimento della società, anche composta da due soli soci, rimane assoggettato alle regole di cui agli artt. 2274 e ss. cod. civ.
8.Ne consegue che è fondato il terzo motivo di ricorso, da esaminare logicamente per primo e da qualificare esattamente come proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
E’ acquisito che il potere-dovere del giudice di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del petitum e della causa petendi, per cui ricorre il vizio di extra petizione anche quando il giudice di merito alteri la causa petendi e così pronunci oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (Cass. Sez. 2 21-3-2019 n. 8048 Rv. 653291-01, Cass. Sez. 1 11-4-2018 n. 9002 Rv. 648147-01, Cass. Sez. 3 24-9-2015 n. 18868 Rv. 636968-01); ciò comporta che la sentenza impugnata, dichiarando che si configurava la causa di scioglimento della società di cui all ‘art. 227 2 n.2 cod. civ. ha mutato la causa petendi, perché ha posto a base della decisione i fatti costitutivi relativi allo scioglimento della società, che non erano dedotti né dall’attrice né dal convenuto. Infatti, neppure la circostanza che il convenuto avesse proposto il sesto motivo di appello allegando l’avvenuto scioglimento della società dal momento dell’allontanamento della società dalla RAGIONE_SOCIALE comportava un ampliamento ammissibile del thema decidendum che, si ripete, non era quello, ma era riferito alla liquidazione della quota della socia uscente.
9.Quindi è parzialmente fondato anche il primo motivo di ricorso, in quanto la sentenza impugnata è incorsa nella falsa applicazione dell’art. 2272 n. 2 cod. civ. denunciata nel motivo , perché ha applicato alla domanda avente a oggetto la liquidazione della quota della socia uscente la disposizione volta a individuare i casi di scioglimento della società. E’ pacifico che la domanda di liquidazione della quota soci etaria implichi lo scioglimento non della società, ma del solo rapporto societario limitatamente alla socia, la quale ha esercitato il recesso nel
momento in cui ha proposto in giudizio la relativa domanda, per cui si applica alla fattispecie l’art. 2289 cod. civ. da quel momento .
10.E’ fondato anche il terzo motivo, con il quale la sentenza impugnata è censurata laddove, dopo avere ritenuto lo scioglimento della società, ha dichiarato che alla moglie spettavano gli utili fino a che aveva mantenuto la qualifica di socia e le rimanevano estranee le vicende societarie successive e quindi la produzione di utili; con queste affermazioni la sentenza ha presupposto che la società avesse continuato a operare anche dopo l’allontanamento della socia e perciò neppure sussistesse l’ip otesi di scioglimento della società evocata, per cui sussiste anche l’insanabile contraddittorietà tra le due diverse affermazioni che rende incomprensibile la motivazione della decisione e comporta nullità della sentenza (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01). Evidentemente, l’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, e perciò l’impossibilità di proseguire nell’attività per il cui svolgimento la società era stata costituita, oltre a rimanere fuori del perimetro del giudizio per le ragioni già esposte, è incompatibile con l’esecuzione di attività comportante l’acquisizione di utili sociali. Non può neppure essere condiviso il rilievo del Pubblico Ministero, secondo il quale il giudice di merito ha voluto fare riferimento alla prosecuzione dell’attività economica da parte dell’ormai unico ex socio : in questo modo non si considera neppure in fatto che, se anche si fosse verificata una qualche causa di scioglimento, la società non si era estinta con la restituzione dei beni e la ripartizione dell’attivo secondo le previsioni degli artt. 2280-2283 cod. civ. e quindi il marito aveva proseguito l’a ttività nell’ambito della società di fatto e utilizzando i beni sociali, anche quelli conferiti dall ‘altra socia , essendo venuto meno soltanto il conferimento dei servizi lavorativi da parte della stessa nel momento in cui si era allontanata dalla RAGIONE_SOCIALE. Quindi , l’allontanamento della socia, nei termini nei quali è stato di fatto accertato, era eventualmente
idoneo soltanto a incidere, in riduzione, sull’entità del conferimento della socia e di conseguenza sulla misura degli utili a lei spettanti, a norma dell’art. 2263 cod. civ., secondo cui la misura degli utili è di regola in proporzione ai conferimenti; si trattava perciò di questione di merito della quale la Corte d’appello avrebbe dovuto occuparsi soltanto in tal senso.
11.In conclusione, posto che oggetto di causa è lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente alla socia COGNOME che ha chiesto la liquidazione della sua quota, la Corte d’appello avrebbe dovuto considerare che ella ha esercitato il recesso ex art. 2285 cod. civ. nel momento in cui ha manifestato la volontà di recedere dalla società, proponendo la domanda di divisione avente a oggetto anche i beni conferiti in società nei confronti del marito, unico altro socio. Avrebbe altresì dovuto considerare che, poiché il recesso dalla società di persone è atto unilaterale recettizio, la socia ha perso il relativo status al momento della comunicazione del recesso; quindi, comunicato il recesso con la notificazione dell’atto di c itazione il 15-1-2003, ella ha perso lo status socii e il diritto agli utili da quel momento, anche se non ha ottenuto la liquidazione della quota (Cass. Sez. 6-1 11-9-2017 n. 21036 Rv. 646033-01, Cass. Sez. 1 8-3-2013 n. 5836 Rv. 625906-01). Dal momento in cui ha esercitato il recesso, la socia ha acquisito diritto alla liquidazione della sua quota ai sensi dell’art. 2289 cod. civ. e secondo la specifica previsione del secondo comma dell’art. 2289 cod. civ., in base alla situazione patrimoniale della società nel momento in cui si è verificato lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente alla socia medesima, e cioè ella ha esercitato il recesso. La socia ha diritto anche agli utili maturati e distribuiti, dal momento in cui sono stati integralmente attribuiti all’altro socio e lei non li ha più percepiti -dal suo allontanamento dalla RAGIONE_SOCIALE nel 1996 e anche sulla base dell’incidenza di questo dato sui suoi conferimenti – fino al recesso,
inclusi quelli derivanti dalle operazioni in corso in quel momento al netto di eventuali perdite, ai sensi dell’art. 2289 co. 3 cod. civ.
12.Il quarto, il quinto motivo e il sesto motivo sono assorbiti dall’accoglimento d ei motivi dal primo al terzo, in quanto il giudice del rinvio dovrà procedere nuovamente al calcolo dei crediti della ricorrente facendo applicazione dei principi esposti, di conseguenza dovrà decidere anche in ordine alla decorrenza degli interessi e dovrà provvedere a una nuova regolamentazione delle spese di lite del grado conclusosi con la sentenza cassata.
13.La sentenza impugnata è cassata in ragione dell’accoglimento del terzo, del primo e del secondo motivo di ricorso nei termini esposti, con rinvio alla Corte d’appello di Palermo, che deciderà facendo applicazione dei principi enunciati e attenendosi a quanto sopra statuito, regolando anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, assorbiti i motivi restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 7-10-2025
Consigliere estensore Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME