Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 19207 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 19207 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 19037/2023 R.G. proposto da:
COGNOME e NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti- contro
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’avvocato COGNOME (PPRFDN56T24F839N) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4460/2023 depositata il 3 luglio 2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 luglio 2025
dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che :
Con ricorso notificato il 28 settembre 2023, NOME COGNOME in qualità di liquidatore di RAGIONE_SOCIALE, e NOME COGNOME in proprio, ed entrambi in qualità di soci della predetta società, impugnano per cassazione la sentenza n. 4460/2023 della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 3 luglio 2023. L’intimata NOME COGNOME ha depositato controricorso illustrato da successiva memoria.
La vicenda trae origine da un giudizio civile in cui, dopo un giudizio penale dove era stata riconosciuta la responsabilità della COGNOME nei confronti della suddetta società per ammanchi di cassa e riconosciuta una provvisionale di € 20.000 ,00 in favore di essa, costituitasi parte civile, il Tribunale di Roma, adito nel 2011 dagli odierni ricorrenti, aveva ritenuto che i crediti di cui alla sentenza penale del 2005 fossero certi e liquidi, pur necessitando di una mera operazione matematica per il loro calcolo. Considerato che la società si era già estinta dal 2010, il Tribunale aveva reputato i soci legittimati a rivendicare la pretesa creditoria correlata al danno subito dalla società di cui appunto al giudizio penale, ove era stato accertato che la COGNOME aveva contraffatto la firma, appropriandosi di euro 37.339,83 con incasso diretto, cui si aggiungevano euro 17.057,28, relativi ad assegni oggetto di falsificazione della firma del legale rappresentante sempre da parte della COGNOME, incassati da terzi. La condotta della COGNOME -aveva inoltre osservato il Tribunale civile – aveva poi impedito alle parti attrici di solvere i propri debiti con la Banca popolare di Sondrio, per cui che le conseguenze dannose derivatene dovevano gravare sulla Minoni
per un totale di euro 78.756,23 (di cui 14.172,54 per spese processuali). Considerato che si trattava dell’unica attività da cui traevano sostentamento gli attori, il Tribunale aveva reputato che andasse loro corrisposto anche il danno da perdita dell’avviamento, quantificato equitativamente in euro 100.000,00, posto che la società non aveva più potuto operare, nonché euro 25.000,00 per ciascun socio a titolo di danno morale. Quest’ultimo danno andava però escluso per la società, in quanto non poteva – per definizione -aver patito un pregiudizio “morale” o psicologico, ma semmai un danno alla immagine, tuttavia non richiesto e comunque assorbito dalla perdita dell’avviamento conseguente alla cessazione dell’operatività.
Conclusivamente, la COGNOME veniva condannata a corrispondere agli attori – cioè gli ex soci, persone fisiche – la somma di euro 283.153,84 a titolo di risarcimento del danno.
La sentenza del Tribunale di Roma 16148/2018, veniva impugnata dalla Minoni per l’integrale riforma.
La Corte d’appello , accogliendo il gravame, in riforma totale della sentenza, dichiarava inammissibili le domande proposte dal COGNOME in qualità di liquidatore di RAGIONE_SOCIALE, risultata cancellata d’ufficio dal registro delle imprese per mancata presentazione per tre anni consecutivi del bilancio annuale, con conseguente sua intervenuta estinzione, atteso che l’ultimo comma dell’art. 2490 c.c. rinvia espressamente agli <>. Ritenendo che, se è vero che dalla mancata presentazione per tre anni consecutivi del bilancio annuale, da cui consegue la cancellazione d’ufficio, non emergeva un’inequivoca volontà abdicativa di una pretesa creditoria da parte della società -come potrebbe invece astrattamente essere nel caso in cui con la cancellazione volontaria la società abbia scelto di addivenire all’immediata
estinzione (Cass. civ., sez. III, n. 13534 del 18 maggio 2021) -, tuttavia tale pretesa era azionabile soltanto dai suoi successori (Cass. civ., sez. VI, ord. n. 30075 del 31 dicembre 2020), rigettava le domande proposte dal COGNOME e dalla COGNOME NOME, in proprio e in qualità di ex soci della predetta società, rilevandone la carenza di legittimazione attiva o comunque di titolarità, condannando gli appellati alle spese dei due gradi.
Considerato che :
1. Il ricorso è composto dai seguenti quattro motivi. PRIMO MOTIVO: violazione e falsa applicazione, ex art.360, primo comma, n.3 c.p.c., degli artt.24 Cost., 2490, 2495, 2729 c.c., artt.100, 113 e 116 c.p.c.; SECONDO MOTIVO: violazione e/o falsa applicazione, ex art.360, primo comma, n.3 c.p.c., degli artt. 651 c.p.p., 40 c.p., 113 e 116 c.p.c.; TERZO MOTIVO: omesso esame di documenti decisivi, ex art.360, primo comma, n.5 c.p.c.; QUARTO MOTIVO: violazione e/o falsa applicazione, ex art.360, primo comma, n.3 c.p.c., degli artt. 1223, 1226 e 2059 c.c. e 116 c.p.c.
1.1. I primi due motivi sono afferenti al mancato riconoscimento della legittimazione attiva degli ex soci della società cancellata rispetto all’azione de qua , e ciò in base a un’interpretazione dell’indirizzo segnato da S.U. 12 marzo 2013, n. 6070 (citato dall’impugnata sentenza), in base al quale, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un particolare fenomeno di tipo successorio, onde i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono agli ex soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio
avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo.
1.2. La Corte d’appello , sul punto, in contrasto con la posizione assunta dal Tribunale, ha in effetti ritenuto che i soci siano carenti di legittimazione ad agire, sull’assunto che la ‘ domanda giudiziale introdotta dal liquidatore della società estinta deve ritenersi improponibile, essendo venuto meno in capo al predetto qualsivoglia potere di rappresentanza dell’ente (Cass. sez. VI, ord. n. 11100 del 5 maggio 2017). Né rileva che abbiano agito anche i soci, e ciò per un duplice ordine di ragioni: in primo luogo, perché la suddetta domanda in quanto proposta da soggetto inesistente, e dunque in modo del tutto privo di effetti giuridici, è insuscettibile di ratifica (Cass. civ., sez. VI, ord. n. 32728 del 19 settembre 2019); in secondo luogo, perché, nell’agire anche in qualità di (persistenti) soci (e non di ex soci) né il COGNOME né la COGNOME si sono qualificati espressamente come successori nella titolarità della specifica pretesa creditoria della società ‘.
1.3. Ragionando alla stessa stregua, la Corte d’Appello ha poi stimato che quanto indicato nell’atto di citazione non fosse sufficiente a provare per il COGNOME e la COGNOME la loro qualità di soci subentrati nelle pretese della società estintasi in assenza di bilancio di liquidazione.
Riguardo al terzo e quarto motivo, invece, in cui si denuncia che non sia stata considerata la posizione dei due attori quali parti danneggiate in proprio dalla condotta illecita della controricorrente, accertata in sede penale, anche in veste di garanti della società, la corte di merito ha ritenuto che i ricorrenti, persone fisiche, non potessero far valere il danno subito dalla società, asserendo difetto di nesso causale tra la condotta illecita della controricorrente, accertata in sede penale in riferimento al danno provocato alla
società, e il danno subito direttamente dai due soci e garanti della società, osservando che ‘ i danni patrimoniali lamentati da COGNOME e COGNOME in proprio per essere stati, in qualità di garanti della RAGIONE_SOCIALE, sottoposti da parte o della Banca Popolare di Sondrio a procedura monitoria (e relativo contenzioso di seguito instauratosi) ingenerata dalla crisi di liquidità conseguente alla illecita movimentazione di assegni della COGNOME, non sono stati dimostrati, atteso che non vi è prova in atti che la sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo sia passata in giudicato (tanto più che dalla lettura del decreto ingiuntivo risulta chiaramente che l’esposizione debitoria era relativa anche ad un conto anticipo fatture, il n. 5006/67, diverso da quello illecitamente movimentato dalla COGNOME che, come risulta dall’imputazione penale, è stato il n. 3023/24).Per i danni patrimoniali lamentati dal COGNOME e dalla COGNOME quali (ex) soci per la chiusura dell’attività imprenditoriale e la messa in liquidazione della RAGIONE_SOCIALE a causa della illecita movimentazione degli assegni da parte della COGNOME, difetta ex art. 1223 c.c. il nesso di causalità giuridica tra evento e conseguenze pregiudizievoli, atteso che, trattandosi di società di capitali, l’illecito del terzo colpisce direttamente l’ente ed il suo patrimonio, mentre l’incidenza negativa sui diritti del socio, nascenti dalla partecipazione sociale, costituisce soltanto un effetto di detto pregiudizio e non conseguenza immediata e diretta dell’illecito (Cass. civ., sez. III, n. 29829 del 20 novembre 2018). Infine, quanto ai danni non patrimoniali lamentati in proprio dal COGNOME e dalla COGNOME per le <> causate loro dall’agire illecito della predetta, il pregiudizio è stato dedotto in maniera generica e pertanto meramente apodittica, senza articolazione di prova al riguardo. ‘
La controversia de qua pone delicate questioni sostanziali e processuali in ordine alla sorte di crediti risarcitori della società estintasi in assenza di bilancio di liquidazione e dei pretesi diritti
degli ex soci a rivendicarli quali legittimi successori o quali soggetti direttamente danneggiati, e ciò sulla base della sentenza di cui a Cass. SS.UU. 12 marzo 2013, n. 6070 che, tuttavia, riguarda il non del tutto affine caso della società estintasi in corso di causa.
Si ritiene, pertanto, che le suddette questioni di diritto presentino aspetti in tema di trasmissione dei crediti sociali agli ex soci meritevoli di essere trattati nella pubblica udienza.
P.Q.M.
Rinvia la causa a pubblica udienza.
Così deciso in Roma, il 7 luglio 2025.