Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27472 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27472 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24311/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME
-ricorrente – contro
Oggetto: Sentenza di cessazione della materia del contendere -Regolamento delle spese -Soccombenza virtuale
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 29/09/2025 CC
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO GENOVA n. 661/2021 depositata il 11/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 29/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 661/2021, pubblicata in data 11 giugno 2021, la Corte d’appello di Genova, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE e nella contumacia dell’altro appellato NOME COGNOME, decidendo sull’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE SANPA OLO RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE SPA avverso la sentenza del Tribunale di Savona n. 964/2019, pubblicata in data 21 ottobre 2019, ha: 1) dichiarato cessata la materia del contendere tra RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE SPA e NOME COGNOME; 2) respinto l’appello av verso la statuizione di rigetto della domanda di manleva proposta dalla stessa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.
La sentenza di prime cure aveva dichiarato l’inadeguatezza delle operazioni di investimento su derivati RAGIONE_SOCIALE e quindi dichiarato risolti per inadempimento di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE SPA i contratti di prestazioni di servizi di investimento conclusi tra quest’ultima e NOME COGNOME mentre aveva respinto la domanda di manleva della stessa RAGIONE_SOCIALE SAN PAOLO RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE SPA nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, disponendo poi la
prosecuzione del giudizio quanto alla determinazione dei danni e gravando RAGIONE_SOCIALE SAN PAOLO RAGIONE_SOCIALE delle spese di giudizio a favore di RAGIONE_SOCIALE.
La Corte territoriale, preso atto dell’accordo transattivo intervenuto nel corso del gravame tra NOME COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in relazione al contenzioso tra NOME COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Esaminando, poi, il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE SPA avverso la statuizione di rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello, ha preliminarmente puntualizzato che, avendo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE SPA proposto domanda di manleva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE solo per il caso in cui fosse stata confermata la propria condanna al risarcimento del danno lamentato da NOME COGNOME, oggetto della pronuncia sul gravame poteva essere unicamente la condanna alle spese di lite pronunciata dal giudice di prime cure e che tale profilo doveva essere definito secondo il principio della soccombenza virtuale.
Svolta tale premessa, la Corte di Genova ha ritenuto che il diritto dedotto con l’originaria domanda di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -da ricondursi al disposto di cui all’art. 2043 c.c. si fosse estinto per prescrizione ex art. 2947 c.c.
La Corte territoriale, infatti, ha in primo luogo rilevato che al momento della chiamata in manleva – effettuata da Intesa San Paolo, con comparsa di costituzione e risposta del 29 giugno 2018 – il termine quinquennale era già decorso, dal momento che la stessa odierna ricorrente aveva individuato il dies a quo nel 29 gennaio 2013, data del comunicato stampa in relazione alla revisione degli utili del 2012 e le
previsioni sui ricavi e profitti del 2013, di cui il mercato, secondo Intesa San Paolo, sarebbe stato informato con ritardo, cagionando la perdita subita dai derivati RAGIONE_SOCIALE SPA lamentata da NOME COGNOME.
In secondo luogo, la Corte d’appello ha osservato che, anche posticipando il dies a quo al momento in cui RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva avuto conoscenza delle pretese dell’attore, l’azione sarebbe risultata egualmente prescritta, dal momento che tale conoscenza doveva al più farsi risalire al 26 febbraio 2013, data della lettera di contestazione inviata da NOME COGNOME.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Genova ricorre RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’unico motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2935 e 2947 c.c.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte d’appello avrebbe fatto inadeguato governo delle previsioni sulla prescrizione in quanto l’inizio della decorrenza della stessa andrebbe individuato nel momento del prodursi del danno, a propria volta ricollegabile o alla conclusione della transazione tra le parti o, ancor prima, al momento dell’adozione della formale delibera con cui RAGIONE_SOCIALE aveva adottato un provvedimento sanzionatorio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso è inammissibile.
Si deve invero rilevare che, nella propria decisione, la Corte d’appello di Genova ha operato una specifica premessa, rilevando che la domanda di manleva RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE SPA nei confronti di RAGIONE_SOCIALE era stata formulata unicamente per l’ipotesi in cui l’istituto di credito fosse stato condannato al risarcimento dei danni in favore di NOME COGNOME e che, essendo cessata la materia del contendere su tale ultima domanda – e non essendovi, di conseguenza, spazio per statuire sulla domanda di manleva dipendente dalla domanda risarcitoria – il residuo oggetto del giudizio di appello era costituito unicamente dal gravame proposto dall’odier na ricorrente avverso la condanna alla rifusione delle spese di lite in favore dell’odierna controricorrente, profilo la cui valutazione doveva avvenire applicando il criterio della soccombenza virtuale.
Le premesse e le conclusioni cui è pervenuta la Corte genovese non sono state oggetto di censure da parte della ricorrente, la quale nella presente sede ha tuttavia richiamato e riproposto sostanzialmente le conclusioni di merito rassegnate in appello, senza avvedersi che, in virtù del venir meno del presupposto sulla cui base aveva formulato la propria domanda di manleva, non vi sarebbe più spazio per l’accoglimento dell a medesim a e dell’appello nel suo complesso .
Questo inadeguato inquadramento del contenuto della statuizione impugnata ha, quindi, condotto la ricorrente a basare l’integrale impianto del proprio ricorso su una serie di deduzioni concernenti una domanda sulla quale la Corte d’appello non ha statuito essendosi quest’ultima limitata ad applicare il criterio della soccombenza virtuale -senza invece censurare l’unica statuizione presente nella decisione impugnata, e cioè quella sulle spese di lite.
Inevitabile conclusione è la constatazione che il ricorso viene ad impugnare una statuizione di merito inesistente, risultando conseguentemente inammissibile.
Dalla declaratoria di inammissibilità discende la condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 3.700,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 29 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME