Soccombenza virtuale: la condanna alle spese per il pagamento tardivo
Quando un ente è obbligato a pagare una prestazione assistenziale ma lo fa solo dopo che il cittadino ha avviato una causa, chi deve sostenere i costi del processo? Una recente sentenza del Tribunale del Lavoro di Roma chiarisce questo punto, applicando il fondamentale principio della soccombenza virtuale e condannando l’istituto al pagamento delle spese legali.
I Fatti di Causa: Il Diritto Riconosciuto ma non Liquidato
Il caso ha origine dalla richiesta di un cittadino di ottenere la corresponsione di un assegno di assistenza. Il diritto a tale prestazione era già stato accertato e confermato con un decreto di omologa, che riconosceva la decorrenza del beneficio da ottobre 2022.
Nonostante la notifica del provvedimento all’ente previdenziale e la successiva comunicazione di tutti i dati necessari per la liquidazione, il pagamento non veniva effettuato. Di fronte a questo ritardo, il cittadino si è visto costretto a ricorrere al Tribunale per ottenere quanto gli spettava, avviando l’azione legale nel giugno 2024.
Solo dopo la notifica del ricorso, l’ente si è attivato e ha finalmente corrisposto le somme dovute, inclusi gli arretrati, nel dicembre dello stesso anno.
La Decisione del Giudice e la Soccombenza Virtuale
In udienza, entrambe le parti hanno concordato sul fatto che, essendo avvenuto il pagamento, fosse cessata la materia del contendere. Tuttavia, rimaneva da decidere la questione più spinosa: la ripartizione delle spese processuali. L’ente convenuto chiedeva la declaratoria di cessazione della materia del contendere, ma il ricorrente insisteva per la condanna dell’istituto al pagamento delle spese legali.
Il Giudice ha accolto la richiesta del ricorrente, basando la sua decisione sul principio della soccombenza virtuale.
Perché l’Ente è stato Condannato a Pagare le Spese?
Il Tribunale ha osservato che il pagamento è avvenuto diversi mesi dopo l’avvio dell’azione giudiziaria. Il ricorso era stato depositato a giugno 2024, mentre l’ente ha provveduto a pagare solo nel successivo mese di dicembre. Questo ritardo ha reso l’azione legale un passo necessario e inevitabile per il cittadino al fine di tutelare il proprio diritto.
Di conseguenza, anche se il processo si è concluso senza una sentenza di merito sul diritto al pagamento (ormai soddisfatto), il giudice ha valutato chi avrebbe avuto ragione se la causa fosse proseguita. Poiché il diritto del ricorrente era fondato e il pagamento è avvenuto solo grazie all’iniziativa legale, l’ente è stato considerato la parte che sarebbe risultata soccombente.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni del giudice sono state chiare e lineari. La sentenza sottolinea che, per decidere sulla ripartizione delle spese legali in caso di cessazione della materia del contendere, occorre applicare il principio della soccombenza virtuale. Questo significa che il giudice deve effettuare una valutazione prognostica sull’esito probabile della lite. Nel caso di specie, era evidente che il ricorso del cittadino sarebbe stato accolto, dato che il suo diritto era già stato sancito da un precedente decreto di omologa e l’ente era semplicemente inadempiente.
Il fatto che l’istituto abbia provveduto al pagamento solo dopo aver ricevuto la notifica del ricorso dimostra che l’azione legale è stata la causa diretta dell’adempimento. Pertanto, l’ente ha dato causa al giudizio con il suo comportamento omissivo e deve farsi carico dei costi che ne sono derivati.
Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza?
Questa pronuncia ribadisce un principio di giustizia fondamentale: chi è costretto ad adire le vie legali per ottenere un proprio diritto, a causa del ritardo o dell’inerzia della controparte, non deve sopportarne i costi. Il principio della soccombenza virtuale tutela il cittadino dall’inadempimento della pubblica amministrazione o di altri soggetti, assicurando che l’avvio di una causa, quando necessario, non si traduca in un’ulteriore spesa per chi ha già subito un torto. In pratica, pagare in ritardo, dopo l’inizio di una causa, equivale a perdere la causa per quanto riguarda le spese processuali.
Cosa significa ‘cessazione della materia del contendere’?
Significa che l’oggetto principale della causa è venuto meno dopo il suo inizio. In questo caso, l’ente ha pagato il debito dopo che il cittadino aveva già avviato l’azione legale, rendendo inutile una pronuncia del giudice sul diritto al pagamento.
Se vengo pagato dopo aver iniziato una causa, chi paga le spese legali?
Secondo la sentenza, le spese legali sono a carico di chi ha dato causa al giudizio con il proprio inadempimento. Poiché l’ente ha pagato solo dopo la notifica del ricorso, è stato ritenuto ‘virtualmente soccombente’ e quindi condannato a rimborsare le spese processuali al cittadino.
Cos’è il principio della ‘soccombenza virtuale’?
È un criterio con cui il giudice decide a chi addebitare le spese legali quando la causa si estingue prima di una decisione sul merito. Il giudice valuta quale delle parti avrebbe perso se il processo fosse andato avanti fino alla sentenza finale.
Testo del provvedimento
SENTENZA TRIBUNALE DI ROMA N. 9149 2025 – N. R.G. 00022227 2024 DEPOSITO MINUTA 22 09 2025 PUBBLICAZIONE 22 09 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI ROMA I SEZIONE LAVORO
Il giudice del lavoro, dott.ssa NOME COGNOME a seguito del deposto di note di trattazione scritta in sostituzione dell’udienza di data 22.9.2025, nella causa n. 22227/2024 R.G.A.C., con contestuale motivazione, emette la seguente
SENTENZA
Con ricorso depositato e ritualmente notificato unitamente al decreto di fissazione di udienza, l’istante chiede l’accertamento del diritto alla corresponsione dell’assegno di assistenza con la condanna dell’ al pagamento dei ratei maturati em aturandi , oltre interessi legali.
Rappresenta che, a seguito di ricorso per ATP, col decreto di omologa sono stati riconosciuti i requisiti per la prestazione assistenziale richiesta, a partire dalla data della revisione del 27.10.2022.
Afferma che, nonostante la noitificazione del decreto di omologa all’ in data 24.11.2023 e la comunicazione dei dati necessari all’ mediante l’inoltro del modello AP70 in data 19.1.2024, il convenuto non gli ha liquidato il dovuto.
Costituitasi, la parte convenuta chiede la declaratoria di cessazione della materia del contendere, e rappresenta che in data 22.11.2024 è stato avviato il procedimento di liquidazione mediante la produzione del modello TE08 e che in data 9.12.2024 sono state corrisposte le somme spettanti, unitamente agli arretrati.
Istruita la causa, viene discussa a seguito del deposito di note di trattazione scritta, depositate per l’udienza di data 17.9.2025 e oggi decisa con contestuale motivazione.
Questo Giudice non può che uniformarsi alle concordi richieste delle parti di dichiarare cessazione della materia del contendere ,in quanto è stato liquidato quanto richiesto.
Ciò posto, poiché il ricorso è stato depositato il 7/6/2024 e notificato all’ il 17/6/2024, mentre il convenuto ha provveduto il successivo mese di dicembre 2024 ad effettuare il pagamento, va disposta la condanna dell’istituto al pagamento delle spese processuali a favore di parte ricorrente,
liquidate come in dispositivo, in base al principio della cd soccombenza virtuale.
Dichiara la cessazione della materia del contendere.
Condanna il resistente al pagamento delle spese processuali a favore di parte ricorrente che liquida in € 1300, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario nella misura del 15% da distrarsi a favore del procuratore antistatario.
Roma, 22.9.2025
il Giudice