Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7573 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7573 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3264/2021 R.G. proposto da
COMUNITÀ COGNOME PESCARESE , in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
REGIONE ABRUZZO , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO
Oggetto: Dichiarazione cessazione materia contendere -Statuizione sulle spese di lite -Applicazione della c.d. soccombenza virtuale
R.G.N. 3264/2021
Ud. 12/03/2025 CC
19, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME COGNOME NOME e NOME
-controricorrente –
nonché contro
ISTITUZIONE PER I SERVIZI SOCIALI COGNOME, MINISTERO LAVORO POLITICHE SOCIALI
-intimati – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 1596/2020 depositata il 19/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 12/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
La COMUNITA’ RAGIONE_SOCIALE PESCARESE’ ricorre avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila n. 1596/2020, pubblicata in data 19 novembre 2020, la quale all’esito dell’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e nella regolare costituzione degli altri appellati REGIONE ABUZZO e MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI – ha definito il gravame proposto avverso l’ordinanza ex art. 702 -bis del Tribunale di L’Aquila del 20 febbraio 2016 dichiarando la cessazione della materia del contendere in relazione alla controversia tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE PESCARESE’ , gravando quest’ultima in applicazione del criterio della soccombenza virtuale -delle spese sia della stessa RAGIONE_SOCIALE sia della REGIONE ABRUZZO.
ISTITUZIONE SERVIZI SOCIALI COGNOME aveva agito in prime cure chiedendo la condanna della COMUNITA’ MONTANA ‘COGNOME
PESCARESE’ alla corresponsione della somma di € 514.824,87 , deducendo, a fondamento della propria domanda, una serie di deliberazioni di approvazione del progetto (piano di zona) e di definitiva approvazione del rendiconto delle spese per lo svolgimento dei servizi e degli interventi socio-assistenziali previsti dal Piano Di Zona per i servizi sociali dal 2008 al 2013.
Si era costituita la COMUNITA’ RAGIONE_SOCIALE PESCARESE’ , che aveva contestato la fondatezza della domanda deducendo di non aver mai ricevuto l’accreditamento dei fondi da parte della REGIONE ABRUZZO -e, autorizzata dal Tribunale, aveva proceduto alla chiamata in causa della medesima REGIONE, la quale, a propria volta, aveva chiamato in causa il MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI.
Il Tribunale di L’Aquila aveva respinto la domanda rilevando che le parti avevano subordinato il diritto dell’ ISTITUZIONE RAGIONE_SOCIALE a ricevere la somma dalla RAGIONE_SOCIALEMONTAGNA PESCARESE’ alla condizione che quest’ultima ricevesse i fondi dalla REGIONE ABRUZZO, in tal modo sottoponendo la convenzione all’alea della mancata erogazione, e che, non sussistendo prova della erogazione delle somme, la domanda non poteva essere accolta, risultando conseguentemente assorbite le domande di cui alle chiamate proposte in garanzia.
La Corte d’appello ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, rilevando che le due parti principali avevano depositato conclusioni conformi, dando atto che l’appellante aveva ricevuto la quanto da essa rivendicato, ed ha quindi proceduto alla statuizione sul regolamento delle spese di lite sulla base del criterio della soccombenza virtuale.
A tal fine, la Corte territoriale ha valorizzato la documentazione depositata dalla REGIONE ABRUZZO, da cui emergeva che la stessa REGIONE aveva proceduto all’adozione dei relativi impegni di spesa, deliberando l’invio degli atti alla tesoreria per l’emissione dei relativi mandati di pagamento, con successiva emissione del relativo mandato di tesoreria.
Sulla scorta di tale dato, la Corte territoriale ha concluso che la condizione sospensiva contemplata nella convenzione tra le due parti principali non si era venuta ad avverare unicamente per fatto imputabile alla sola COMUNITA’ MONTANA ‘MONTAGNA PESCARESE’ la quale non aveva proceduto all’incasso delle somme, come anche desumibile dal fatto che la successiva dichiarazione conforme delle parti, nel dare atto dell’avvenuta erogazione finale, non aveva precisato la data di tale erogazione che poteva quindi ritenersi essere quella già in precedenza provata dalla REGIONE ABRUZZO.
La Corte d’appello, quindi, ha ritenuto sussistente una soccombenza della COMUNITA’ MONTANA ‘MONTAGNA PESCARESE’ sia nei confronti dell’ ISTITUZIONE RAGIONE_SOCIALE sia nei confronti della REGIONE ABRUZZO, compensando invece le spese tra la stessa REGIONE ABUZZO ed il MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di L’Aquila ricorre la COMUNITA’ RAGIONE_SOCIALE PESCARESE’ .
Resiste con controricorso la REGIONE ABRUZZO.
Sono rimasti intimati l’ ISTITUZIONE RAGIONE_SOCIALE ed il MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
In data 13 ottobre 2023, il Consigliere delegato, ha formulato proposta di definizione ex art. 380bis c.p.c. segnalando la inammissibilità del ricorso.
A detta proposta ha fatto seguito istanza della parte ricorrente per la definizione del giudizio.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
Si censura la decisione impugnata per avere omesso di esaminare gli elementi documentali dai quali emergeva la tempestiva attivazione della ricorrente stessa per conseguire l’erogazione delle somme, ed in particolare i solleciti inviati alla REGIONE ABRUZZO.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 1359 c.c.
Secondo la ricorrente la decisione impugnata avrebbe errato ad applicare l’art. 1359 c.c. imputando alla ricorrente medesima il mancato avveramento della condizione, deducendo ancora una volta di essersi prontamente attivata e di non avere in ogni caso un interesse al mancato avverarsi della condizione.
Preliminarmente, si deve osservare che non può trovare conferma la proposta di definizione ex art. 380bis c.p.c.
La proposta, infatti, si basava sull’affermazione della improcedibilità del ricorso ‘ per il mancato deposito, contestualmente al ricorso, nella cancelleria della Corte, di copia autentica della decisione impugnata notificata con la relazione di notificazione ex art.369, comma 2, n.2, c.p.c., neppure prodotta dal controricorrente nel termine di cui all’art. 370, comma 3, c.p.c., ovvero acquisita – nei casi in cui la legge dispone
che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato – mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio (Sez. U, n. 21349 del 6.7.2022 nonché Cass., Sez.U n.10648 del 2.5.2017) ‘ nonché nel mancato superamento della ‘ c.d. «prova di resistenza» perché la notificazione, seguita il 20.1.2021 (mercoledì) non è avvenuta nei sessanta giorni dalla data della pubblicazione della sentenza (scadenti il 18.1.2021), prima della quale la notificazione della sentenza non avrebbe potuto essere eseguita (Sez. 6 – , n. 15832 del 7.6.2021; Sez. 6 – 3, n. 11386 del 30.4.2019; Sez. 6 – 3, n. 17066 del 10.7.2013; nonché punto 4.2. della citata SSUUU 21349/2022). ‘ .
Alla luce dell’esame degli atti, infatti, emerge che la ricorrente ha invece regolarmente depositato la copia della sentenza della Corte d’Appello che le era stata notificata dalla controparte, dovendosi, di conseguenza, ritenere il ricorso tempestivo.
3. Si deve, semmai, rilevare una diversa carenza, costituita dal fatto che il ricorso è stato notificato al MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI presso l’Avvocatura Distrettuale e non, come sarebbe stato corretto, presso l’Avvocatura Generale dello Stato .
Non si ritiene, tuttavia, di disporre l’integrazione del contraddittorio, potendo nella specie trovare applicazione il principio, più volte affermato da questa Corte, per cui il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, con la conseguenza che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o
inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti. (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 11287 del 10/05/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15106 del 17/06/2013).
Il ricorso, infatti, è da ritenere comunque inammissibile.
4.1. In linea generale, occorre rammentare che questa Corte ha chiarito che spetta al giudice del merito, nel caso in cui dichiari cessata la materia del contendere, il compito di delibare il fondamento della domanda per decidere sulle spese secondo il principio della soccombenza virtuale, con apprezzamento di fatto la cui motivazione non postula certo di dar conto di tutte le risultanze probatorie, e che è sindacabile in cassazione solo quando, a sua giustificazione, siano enunciati motivi formalmente illogici o giuridicamente erronei (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 18128 del 31/08/2020; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 11098 del 24/04/2024).
Per contro, si deve rilevare che nel caso ora in esame i motivi di ricorso, ben lungi dall’evidenziare -ad anzi, ancor prima, dall’argomentare la sussistenza di una delle specifiche ipotesi individuate da questa Corte, si sostanziano in un inammissibile sindacato del merito della decisione della Corte d’Appello.
4.2. Il primo motivo, invero, censura il percorso logico ed argomentativo del decisum impugnato e ne afferma l’erroneità per il fatto che la Corte territoriale avrebbe ritenuto non condivisibili gli argomenti difensivi spesi dall’odierna ricorrente , senza quindi dedurre in concreto alcun omesso esame di un fatto storico – secondo i canoni individuati da questa Corte (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del
07/04/2014; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018; Cass. Sez. 2 Sentenza n. 14802 del 14/06/2017; Cass. Sez. 6 – 3, Sentenza n. 25216 del 27/11/2014; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 9253 del 11/04/2017) -ma semplicemente dolendosi in modo generico del l’omessa valutazione di elementi probatori .
In tal modo, tuttavia, il motivo non solo si pone in contrasto con quanto da questa Corte reiteratamente chiarito – e cioè che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018), e ciò in quanto le deduzioni aventi ad oggetto la persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attengono alla mera sufficienza della motivazione, e cioè ad un profilo non (più) deducibile come motivo di ricorso (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11863 del 15/05/2018) -ma anche finisce per censurare in modo inammissibile la valutazione operata dal giudice di merito in ordine all’esistenza di adeguata prova del fatto che la Regione avesse proceduto allo stanziamento delle somme, sollecitando un inammissibile nuovo esame degli elementi probatori.
4.3. Non dissimili sono le carenze che affliggono il secondo motivo, il quale, ben lungi dall’evidenziare un non corretto governo dell’art. 1359 c.c., si limita a sindacare la valutazione in fatto operata dalla Corte territoriale, contestando il giudizio d i merito da quest’ultima espresso, peraltro omettendo anche di confrontarsi con la concreta ratio decidendi , la quale consiste non nell’affermazione dell’applicabilità dell’art. 1359 c.c. bensì nella duplice affermazione per cui , in primo
luogo, quella che -con statuizione non censurata -era stata individuata come una condizione apposta alla convenzione si era venuta ad avverare e, in secondo luogo, era stata semmai la ricorrente a non adempiere all’obbligo su di essa gravante -di procedere all’incasso e successiva erogazione delle somme già pienamente stanziate dalla REGIONE.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 2.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima