SENTENZA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI N. 6361 2025 – N. R.G. 00001986 2021 DEPOSITO MINUTA 09 12 2025 PUBBLICAZIONE 09 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
SETTIMA SEZIONE CIVILE
così composta
Dr.ssa NOME COGNOME
Presidente est.
Dr.NOME COGNOME Consigliere
Dr.NOME COGNOME Consigliere riunita in Camera di Consiglio ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile n. 1986/2021 Ruolo Generale Civile avente ad oggetto: appello avverso sentenza n. 661/2021 emessa dal Tribunale di Napoli Nord pubblicata in data 11.03.2021
TRA
con sede in , INDIRIZZO e n. iscrizione presso il RAGIONE_SOCIALE Gruppo IVA artita Iva in persona della D.ssa , nella sua qualità di Responsabile di Settore Dipa rtimentale di Capogruppo Bancaria con funzione ‘Recupero Crediti’, elettivamente domiciliata in Nola alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentata e difesa, in virtù di procura su foglio separato allegato all’atto di appello P. P.
APPELLANTE
,
TABLE
tutti elettivamente domiciliati in Napoli alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale sono rappresentati e difesi, in virtù di procura rilasciata su foglio allegato alla comparsa di costituzione e risposta
APPELLATI-APPELLANTI INCIDENTALI
CONCLUSIONI
Con le note scritte ex art.127 ter c.p.c. le parti concludevano riportandosi ai rispettivi atti ed alle conclusioni ivi contenute, chiedendone l’accoglimento.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato in data 22.02.2018 la e i fideiussori
, proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n.5542/2017 emesso dal Tribunale di Napoli Nord in data 30.11.2017, con il quale era loro ingiunto il pagamento a favore della della somma pari a E.172.030,49, oltre interessi e spese, quale somma complessiva derivante per l’importo di E.12.906,25 dallo scoperto di conto corrente n.631644, già conto corrente n.1456, e per l’importo di E.159.124,24 per saldo debitorio del contratto di finanziamento n.
741670438.
A sostegno dell’opposizione la debitrice principale e i fideiussori deducevano in ordine al contratto di conto corrente l’illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi e la nullità RAGIONE_SOCIALE clausole disciplinanti commissioni e spese; in ordine al contratto di finanziamento la carenza di legittimazione ad agire sia in quanto la provvista del contratto di finanziamento risultava essere stata messa a disposizione dalla RAGIONE_SOCIALE, sia in quanto il medesimo contratto di finanziamento risultava garantito dal di cui chiedevano la chiamata in garanzia.
Chiedevano dunque: ‘ A) Preliminarmente, accertato il mancato esperimento della procedura di mediazione obbligatoria, dichiararsi l’improcedibilità della azione sommaria promossa, atteso che, non sussistevano i presupposti per il ricorso per l’ingiunzione. In ogni caso, per i predetti motivi Voglia, l’Ill.mo sig. Giudice invitare le parti alla mediazione, B) Sempre preliminarmente accertare e dichiarare, per i motivi esposti, la carenza di legittimazione attiva del ricorrente; C) Sempre in via preliminare autorizzare gli opposti alla chiamata in causa, di con sede al INDIRIZZO P.Iva in persona del legale rappresentante pro tempore, al fine di renderla parte del giudizio di opposizione e condannarla, P.
ove riconosciuta fondata la pretesa dell’istituto bancario opposto, al pagamento di quanto a questi dovuto e non corrisposto dalla società in uno agli altri garanti e ciascuno per quanto di competenza in virtù RAGIONE_SOCIALE reciproche garanzie prestata; D) Accertare e dichiarare la nullità del contratto bancario per l’errata applicazione degli interessi, illegittima capitalizzazione, spese, commissioni e competenze non pattuite, con conseguente rettifica RAGIONE_SOCIALE singole voci e del saldo contabile e, l’esat to dare avere tra le parti, sulla base della riclassificazione contabile degli stessi, anche all’esito di una CTU contabile che sin da ora si richiede. E) Nel merito, revocarsi il decreto ingiuntivo n.5542 del 2017 perché infondato in fatto […
ed in diritto in quanto il presunto credito vantato risulta assolutamente incerto nel suo ammontare, così come la pretesa fatta valere nei confronti dei garanti e, per l’effetto, la somma ingiunta non dovuta, con riaccredito di tutte le somme ingiustamente percepite dalla società opposta in favore dell’opponente, importi che ci si riserva di quantificare nel corso dell’espletanda istruttoria ed all’esito della CTU contabile che si richiede. F) Condannare la ricorrente al pagamento di spese, diritti ed onorari di causa con attribuzione al sottoscritto procuratore anticipatario.
Si costituiva la in persona del legale rappresentante pro tempore, la quale contestava l’opposizione e ne chiedeva il rigetto con conferma del decreto ingiuntivo opposto e vittoria RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio.
Con ordinanza del 14.02.2019 il giudice dichiarava l’interruzione del giudizio per intervenuta dichiarazione di fallimento della debitrice principale disponeva la separazione dell’opposizione proposta dai garanti e autorizzava gli opponenti a chiamare in causa la
Chiamata in causa la in data 27.6.2019 si costituiva in giudizio e dichiarava di aver liquidato al ‘importo di € 128.552,03 in ragione della garanzia prestata in relazione al contratto di finanziamento n. 741670438 e concludeva per l’infondatezza RAGIONE_SOCIALE domande spiegate dagli opponenti nei suoi confronti. Con memoria ex art.183 n.2 c.p.c. la precisava che il suo credito si era ridotto ad E.62.490,43 a seguito del
versamento della somma di E.128.552,03 da parte del a titolo di escussione della garanzia ex lege 662/96.
Depositata documentazione e precisate le conclusioni, il Tribunale di Napoli Nord con sentenza n.661/2021 pubblicata in data 11/03/2021 così provvedeva: ‘ accoglie l’opposizione e per l’effetto revoca il decreto ingiuntivo n. 5542/2017 emesso dal Tribunale di Napoli Nord il 30.11.2017; condanna , e , in solido fra loro al pagamento di euro 43.478,46, oltre interessi come richiesti, in favore della ; condanna il al pagamento in favore degli opponenti RAGIONE_SOCIALE spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 10.191,00 di cui euro 406,00 per spese e euro 9.785,00 per compensi, oltre spese generali, CPA e Iva come per legge, con attribuzione all’AVV_NOTAIO; compensa le spese di lite nei confronti della condanna la ai sensi dell’art.96 co.3 c.p.c, al teriore somma
pagamento in favore degli opponenti, in solido tra loro, dell’ul di euro 3.261,66.
In particolare, con riguardo alla domanda di responsabilità aggravata ex art. 96 comma 3 c.p.c. formulata dagli opponenti nei confronti della per aver in malafede taciuto l’avvenuta parziale liquidazione, da parte del , del credito vantato, il giudice di prime cure evidenziava che dagli atti emergeva prova che pochi giorni dopo l’emissione del decreto ingiuntivo, la fosse consapevole di aver incassato la garanzia del , ma, nonostante ciò, costituendosi sei mesi dopo nel giudizio di opposizione, chiedeva comunque non solo il rigetto dell’opposizione, ma avanzava anche richiesta di provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, senza nulla riferire in ordine all’avvenuta escussione della garanzia.
Ove la avesse tempestivamente informato la controparte tempestivamente dell’avvenuta escussione, prosegue il giudicante, gli opponenti non avrebbero sollecitato la chiamata in causa in garanzia del e il giudice non avrebbe provveduto in tali sensi.d essa non sarebbe stata disposta dal giudice. Tacendo colposamente su tale circostanza, quindi, argomenta il primo Giudice, la ha determinato
un’ingiustificata dilatazione dei tempi processuali che giustifica la condanna ex art,96 co. 3 c.p.c.
Avverso tale sentenza, la con atto notificato in data 28.04.2021 proponeva appello deducendo l’erroneità della sentenza nella parte cui era condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite nonché al pagamento di un’ulteriore som ma a titolo di responsabilità aggravata ai sensi dell’art 96 co.3 c.p.c..
Chiedeva dunque : ‘Voglia l’eccellentissima Corte di Appello adita, in totale e/o parziale riforma dell’appellata sentenza, accogliere tutte le domande e richieste già formulate nel precedente grado di giudizio e, specificamente: ‘porre a carico dei Sig.ri , e le spese di lite del primo grado di giudizio; revocare e/o annullare la condanna della appellante al pagamento della somma di euro 3.261,66 ai sensi dell’art. 96 co.3 c.p.c con vittorie di spese diritti e onorari di entrambi i gradi di giudizio.’
Si costituivano , e i quali in via preliminare eccepivano l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art.342 e 348 c.p.c., contestavano la fondatezza dell’avversa impugnazione e ne chiedevano il rigetto.
Proponevano inoltre appello incidentale censurando l’impugnata sentenza per vizio di ultrapetizione e, in subordine, per aver il giudice di prime cure erroneamente determinato l’importo ancora dovuto alla
senza scomp utare l’ulteriore importo da essa già ricevuto, come emerso dall’istruttoria espletata in primo grado, per cui l’ammontare totale del credito di era pari ad E.28.728,46 e non ad euro 43.478,46.
Dopo vari rinvii per esigenze di ruolo la causa era assegnata in decisione con il termine di giorni sessanta e di successivi giorni venti per il deposito RAGIONE_SOCIALE comparse conclusionali e RAGIONE_SOCIALE memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità dell’appello principale per difetto di specificità dei motivi ex art.342 c.p.c. sollevata dagli appellati.
L’atto di appello proposto consente, infatti, di individuare con chiarezza le specifiche critiche alla sentenza impugnata; risultano, quindi, chiare le ragioni proposte a fondamento RAGIONE_SOCIALE censure avanzate in contrapposizione con le ragioni addotte dal giudice di primo grado a giustificazione della decisione adottata. Invero, ‘ gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugn azione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione RAGIONE_SOCIALE questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, RAGIONE_SOCIALE relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice; resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado ‘ (Cass.Sez.Un. 16.11.2017 n. 27199; 30.5.2018 n. 13535; 29.10.2018 n.27391; Sez.Un. 20.11.2018 n. 12587). Ciò che viene richiesto è, dunque, che la parte appellante ponga il giudice superiore in condizione di comprendere con chiarezza qual è il contenuto della censura proposta, dimostrando di avere compreso le ragioni del primo giudice e indicando il perché queste siano censurabili. È sufficiente, quindi, che ‘ il motivo di appello esponga il punto sottoposto a riesame, in fatto e in diritto, in modo tale che il giudice sia messo in condizione (senza necessità di esplorare, in assenza di parametri di riferimento, le vicende processuali) di cogliere natura, portata e senso della critica, non occorrendo tuttavia che l’appellante alleghi e, tantomeno, riporti analiticamente le emergenze di causa rilevanti, le quali risultino investite ed evocate non equivocamente dalla censura, diversamente da quel che è previsto per l’ impugnazione a critica vincolata ‘ (Cass.19.3.2019 n.7675).
Quanto, poi, alla declaratoria di inammissibilità dell’appello, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., pure auspicata dagli appellati, la questione deve ritenersi superata, poiché questa Corte, procedendo alla trattazione della causa nel merito, ha, sia pure implicitamente, ritenuto insussistenti i presupposti per pervenire ad una definizione semplificata del giudizio, nei termini previsti dall’indicata disposizione . In tal senso, la S.C. ha ritenuto che, qualora il giudice d’appello abbia proceduto alla trattazione nel merito dell’impugnazione, ritenendo di non ravvisare un’ipotesi di inammissibilità ai sensi dell’art.348 bis c.p.c., la decisione sulla ammissibilità non è ulteriormente sindacabile sia davanti allo stesso giudice dell’appello che al giudice di legittimità nel ricorso per cassazione, anche alla luce del più generale principio secondo cui il vizio di omessa pronuncia non è configurabile su questioni processuali (Cass.15.4.2019 n.10422).
Prima di esaminare le censure avanzate dalle parti appare utile richiamare brevemente la decisione del Giudice di primo grado.
A seguito della escussione da parte della della garanzia di azionata antecedentemente all’instaurazione del giudizio di opposizione, il giudice di prime cure sottraeva dal l’importo ingiunto la somma di E.128.552,03 ricevuta in virtù della garanzia, con la conseguenza che gli opponenti risultavano debitori nei confronti della del complessivo importo di € 43.478,46, di cui € 30.572,21 quale res iduo dovuto per il contratto di finanziamento (ottenuto sottraendo 128.552,03 a 159.124,24), ed € 12.906,25 quale saldo passivo del conto corrente.
Revocava dunque il decreto ingiuntivo e condannava
e al pagamento della somma di E. 43.478,46, in luogo della somma ingiunta pari a E.172.030,49.
Ritenuta pertanto la soccombenza della opposta la condannava al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio in favore degli opponenti, nonché al pagamento dell’ulteriore somma di E.3.261,66 ex art.96, 3^ comma, c.p.c..
Per ragioni di priorità logica va esaminato prima l’appello incidentale.
Gli appellati con comparsa di costituzione tempestivamente depositata in data 3.8.2021 censurano con due motivi di gravame la sentenza di primo grado per vizio di ultrapetizione e per erronea determinazione dell’importo del credito vantato dalla
In particolare sostengono che il giudice di prime cure in mancanza di espressa e specifica richiesta della scomputava dall’importo ingiunto l’importo di cui alla garanzia e condannava gli odierni appellati ad un importo inferiore rispetto a quanto richiesto con il ricorso monitorio; inoltre commetteva un errore di calcolo omettendo di decurtare dall’importo del credito rideterminato (E.43.478,46) l’ulteriore importo di E.14.750,00 corrisposto, a dire degli appellati, alla nell’anno 2016.
Entrambi i motivi sono infondati.
È totalmente destituita di fondamento la censura di vizio di ultrapetizione.
Secondo la RAGIONE_SOCIALEzione sussiste vizio di ultrapetizione quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione (” petitum ” o “causa petendi “), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (” petitum” immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (” petitum” mediato), così pronunciando oltre i limiti RAGIONE_SOCIALE pretese o RAGIONE_SOCIALE eccezioni fatte valere dai contraddittori mediante l’introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso (Cass. 8.3.2022 n.7591).
Nel caso in esame, il giudice di primo grado si è pronunciato nei limiti RAGIONE_SOCIALE pretese ed eccezioni dedotte dalle parti, condannando gli appellati al pagamento della somma di E.43.478, 46, all’esito del positivo accertamento dell’avvenuta escussione della garanzia del riconoscendo pertanto la fondatezza del diritto di credito della banca appellante, seppur per un importo inferiore.
Nè rileva l’insistenza della Banca nel richiedere l’accoglimento del credito originariamente vantato.
Come affermato dalla Suprema Corte la richiesta di conferma del decreto ingiuntivo opposto, formulata dal creditore al momento della costituzione o nel corso del giudizio di opposizione, comprende in sé in modo implicito la richiesta di condanna al pagamento del credito o di una parte di esso, che può pertanto essere pronunziata dal giudice per un importo minore a quello per il quale è stato emesso il decreto ingiuntivo, anche in difetto di esplicita domanda in tal senso, senza incorrere nel vizio di ultrapetizione (Cass.30.4.2005 n.9021; 8.9.1998 n.8877; 19.11.1996 n.10104)
Nemmeno è fondato il secondo motivo di gravame perché il dedotto versamento a favore della dell’importo di E.14.750,00 non è stato oggetto di puntuale allegazione da parte degli interessati; né risulta provato. L’appello incidentale va pertanto rigettato.
E’ invece fondato l’appello principale.
La contesta la statuizione relativa al governo RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, nonché la condanna ex art.96, 3^ comma, c.p.c., sostenendo che soccombente deve ritenersi parte opponente, odierna appellata, in quanto essa ha comunque visto riconosciuto il suo diritto di cred ito, anche se in misura inferiore rispetto all’importo richiesto con il ricorso per decreto ingiuntivo. In particolare evidenzia che ‘l a revoca del decreto opposto non è dovuta all’accoglimento di qualche motivo di opposizione come formulato dai sigg.ri . Ed invero il credito ingiunto è stato ridotto da € 172.030,49= ad € 43.478,46= a seguito e solo per l’ escussione della garanzia ex legge 662/96 e precisamente con il pagamento della somma di € 128.552,03= da parte del , pagamento effettuato e contabilizzato solo dopo la notifica sia del decreto opposto sia dell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo’.
Il motivo è fondato.
Come affermato dalla Suprema Corte in tema di spese processuali, anche nel giudizio di cui all’art. 645 c.p.c., la valutazione della soccombenza, ai fini della condanna alle spese, deve essere compiuta in rapporto all’esito finale della lite, sicchè il creditore opposto che veda conclusivamente riconosciuto, sebbene in parte ( quant’anche minima) rispetto a quanto richiesto ed ottenuto con monitorio, il proprio credito, se legittimamente subisce la revoca integrale del decreto ingiuntivo, non può es-sere tuttavia ritenuto soccombente e condannato neppure in parte al paga-mento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, ferma restando la facoltà del giudice di disporne la compensazione. (Cass. n.23.2.2024 n.4860 (cfr. Cass. 12.5.2015, n. 9587; Cass. (ord.) 21.7.2017, n. 18125, Cass. Ord 17854/2020).
In ossequio ai principi stabiliti dalla Suprema Corte, nel caso in esame, la risulta comunque, all’esito della revoca del decreto ingiuntivo, titolare di un diritto di credito nei confronti degli appellati
per cui la domanda azionata in sede monitoria è sostanzialmente fondata seppur per un importo inferiore rispetto a quanto richiesto.
Pertanto, non può condividersi la statuizione del primo giudice in punto di condanna della alle spese di lite.
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La fondatezza di tale censura conduce all’accoglimento del secondo motivo di gravame con il quale l’appellante contesta la condanna ai sensi dell’art.96 comma 3 c.p.c..
Si rammenta, in proposito:
-che la condanna prevista dalla richiamata disposizione normativa configura una sanzione di carattere pubblicistico, applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza (cfr. Cass. n. 3830/21, Cass. n. 12413/16 e Cass. n. 4926/13), la quale non richiede l ‘accertamento dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa in capo all’agente, bensì unicamente quello della sua condotta processualmente abusiva, consistente nell’aver agito o resistito pretestuosamente (cfr., ex ceteris, Cass. n. 22208/21 , Cass. n. 17466/19 e Cass. n. 27623/17);
-che trattasi di sanzione autonoma e indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata contemplate dai primi due commi dello stesso articolo 96 c.p.c. e con queste cumulabile (cfr. Cass. n. 20018/20 , Cass. n. 29812/19 e Cass. n. 21943/18 );
-che la norma in esame, nel disporre che il soccombente può essere condannato a pagare alla controparte «una somma equitativamente determinata», non fissa alcun limite quantitativo, sicché il giudice, nel rispetto del criterio equitativo e del principio di ragionevolezza, può quantificare detta somma sulla base dell’importo RAGIONE_SOCIALE spese processuali (o di un loro multiplo) o anche del valore della controversia (cfr. Cass. n. 26435/20 , Cass. n. 17902/19 e Cass. n. 21570/12 ).
Ebbene, nel caso in esame, all’esito dell’accoglimento del primo motivo di gravame, la non può configurarsi alla stregua di parte soccombente neanche, a fortiori, per il giudizio di condanna all’ulteriore importo ex art. 96 comma 3, norma che dunque non può trovare applicazione.
Pertanto, deve ritenersi meritevole di accoglimento la censura formulata con la seconda doglianza
L’appello principale va quindi accolto per le ragioni appena esposte.
Per effetto dell’accoglimento dell’appello principale, le spese del giudizio di primo grado devono essere poste a carico di , e
va inoltre revocata la condanna della al pagamento della somma di E. 3.261,66 ai sensi dell’art.96, terzo comma, c.p.c..
Alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE stesse si provvede in dispositivo secondo i parametri di cui al D.M. n.55/2014, così come modificato dal D.M. 147/2022 e l’aggiornamento tabellare ivi previsto, ancorché la prestazione professionale abbia avuto inizio e si sia in parte svolta nella vigenza della pregressa regolamentazione, perché a tale data la prestazione non era ancora completata (Cass. 26.10.2018 n.27233; 17.10.2019 n.26297; 20.05.2020 n.9263), secondo i valori tabellari medi di cui al richiamato D.M., in considerazione del valore della causa e del relativo scaglione di riferimento (da E.26.000,00 a E.52.000,00) RAGIONE_SOCIALE questioni trattate e dell’attività svolta.
Inoltre per rigore di soccombenza gli appellati vanno altresì condannati al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente grado in favore dell’appellante.
Alla liquidazione si provvede in dispositivo secondo i medesimi criteri tenendo però conto del diverso valore della causa e del relativo scaglione di riferimento essendo in contestazione solo l’importo RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio e non l’intero valore della c ontroversia (E.5.201,00 a E.26.000,00), RAGIONE_SOCIALE questioni trattate e dell’attività svolta, con esclusione dei compensi per l’attività istruttoria che non ha avuto luogo in grado di appello.
Le spese di entrambi i gradi vanno attribuite all’AVV_NOTAIO procuratore anticipatario.
Infine, si evidenzia che, a norma dell’art.13, comma 1 quater, del D.P.R. n.115 del 2002, introdotto dall’art.1, comma 17, della legge n. 228 del 24.12.2012, e destinato a trovare applicazione ai procedimenti introdotti a partire dal 31.1.2013, quando l’im pugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis.
Visto l’art.13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte degli appellanti incidentali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis dello stesso articolo.
P.Q.M
La Corte di Appello di Napoli, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da , in persona del Responsabile di Settore Dipartimentale di Capogruppo Bancaria con funzione ‘Recupero Crediti’, avverso la sentenza del Tribunale di Napoli Nord n. 661/2021, nei confronti di e con atto notificato in data 28.04.2021, e sull’appello incidentale proposto dagli appellati con comparsa depositata in data 3.8.2021, così provvede:
accoglie l’appello principale e per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, condanna e al pagamento in favore della al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di primo grado, che liquida in complessivi E.7.616,00 per compensi, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge e rimborso spese generali, con attribuzione all’AVV_NOTAIO, procuratore anticipatario,
condanna, inoltre, e al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE spese del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi E.4.348,5, di cui E.382,50 per esborsi ed E.3.966,00 per compensi, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge e rimborso spese generali, con attribuzione all’AVV_NOTAIO, procuratore anticipatario;
rigetta l’appello incidentale;
visto l’art.13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte degli appellanti incidentali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto ai sensi del comma
1 bis dello stesso articolo
Così deciso in Napoli, addì 20.11.2025
LA PRESIDENTE ESTENSORE Dr.ssa NOME COGNOME