Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13827 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 13827 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/05/2024
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO U.P. 21/03/2024
COMPENSI PROFESSIONALI
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.NUMERO_DOCUMENTO) proposto da: COGNOME NOME, rappresentata e difesa da se stessa ai sensi dell’art. 86 c.p.c., nonché dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale apposta su foglio separato materialmente allegato al ricorso, ed
elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, INDIRIZZO;
–
ricorrente –
contro
COGNOME NOME;
-intimato- avverso la sentenza del Tribunale di Firenze n. 2080/2020 (pubblicata il 30 settembre 2020);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO relatore NOME COGNOME;
udito il P.G., in persona della Sostituta procuratrice generale NOME COGNOME, la quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. L’AVV_NOTAIO proponeva appello avverso la sentenza n. 1410/2019 emessa dal Giudice di pace di Firenze a definizione di un giudizio instaurato da COGNOME NOME in opposizione al precetto intimatogli per euro 1.609,59 (a titolo di saldo per onorari riferiti a prestazioni precedentemente eseguite), con cui veniva dichiarata l’inefficacia del precetto stesso e disposta la compensazione delle spese nella misura della metà, con accollo della residua metà a carico dell’opposta.
Decidendo sul formulato gravame e nella costituzione dell’appellato COGNOME, il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 2080/2020 (pubblicata il 30 settembre 2020), in parziale riforma della pronuncia impugnata e -correlativamente -dell’opposizione a precetto, riconosceva che l’AVV_NOTAIO aveva diritto di agire
esecutivamente per il minore importo di euro 520,96, oltre interessi dalla notificazione del precetto al saldo, con compensazione integrale delle spese del grado.
A sostegno dell’adottata decisione il Tribunale fiorentino rilevanza, innanzitutto, la irritualiltà della c.d. ‘comparsa conclusionale di replica’ depositata nell’arco del periodo demandato al solo deposito delle memorie di replica, con le quali, quindi, non sarebbe stato possibile espletare un’attività difensiva illustrativa finale propria della comparsa conclusionale.
Il giudice di appello respingeva, poi, il primo motivo di gravame sul presupposto che il giudice di pace aveva provveduto ad una corretta interpretazione del titolo esecutivo per quanto atteneva all’importo delle spese legali riconosciute alla professionista appellante, con applicazione della compensazione per un quinto espressamente disposta nell’ordinanza costituente, per l’appunto, il titolo esecutivo notificato.
Il Tribunale di Firenze riteneva, invece, fondato per quanto di ragione il secondo motivo di appello (formulato in via subordinata), con il quale era stata dedotta l’erroneità della sentenza impugnata, dal momento che, avendo lo stesso opponente-precettato riconosciuto ancora come dovuta la somma di euro 521,37, in ragione dello stesso titolo esecutivo, il giudice di pace -pur in presenza di tale circostanza -aveva dichiarato illegittimamente inefficace il precetto per intero, nel mentre sarebbe stato necessario affermare la sussistenza del diritto della creditrice a
procedere per la suddetta minor somma, senza, tuttavia, esservi spazio per l’emissione di una nuova pronuncia di condanna alla corresponsione del menzionato importo con la formazione di un nuovo titolo esecutivo (rimanendo tale qualità attribuita all’ordinanza presupposta, ancorché in relazione all’esigibilità della minor somma rimasta ancora insoluta), con il conseguente parziale accoglimento della formulata opposizione a precetto. Per effetto della reciproca soccombenza delle parti, il giudice di appello compensava le spese del grado.
Avverso la citata sentenza di secondo grado emessa dal Tribunale di Firenze ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, l’AVV_NOTAIO.
L’intimato COGNOME NOME NOME NOME svolto attività difensiva in
questa sede.
Il ricorso è stato, in una prima fase, avviato alla sua definizione nelle forme del procedimento camerale di cui al previgente art- 380-bis c.p.c. dinanzi alla VI Sezione civile, il cui collegio designato ha -con ordinanza n. 13805/2022 -rimesso la trattazione della causa alla pubblica udienza in ragione della pendenza dinanzi alle Sezioni unite di una questione incidente sulla decisione del secondo motivo formulato, vertente sulla legittimità o meno di condannare al pagamento delle spese processuali la parte le cui ragioni siano state accolte in misura significativamente inferiore a quella richiesta.
La ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 615 e 474 c.p.c., per aver il giudice di appello confermato erroneamente l’interpretazione dell’ordinanza giudiziale costituente il titolo esecutivo per il quale era stato intimato il precetto opposto, con cui si era ritenuto di detrarre l’importo di un 1/5 – ancorché imputato a preventiva compensazione – da quello liquidato per le spese del procedimento in complessivi euro 1.955,00. In altri termini, l’AVV_NOTAIO COGNOME sostiene che su quest’ultimo importo poi effettivamente precettato non avrebbe potuto essere conteggiata la decurtazione di un altro quinto, poiché il giudice che aveva emanato il provvedimento – poi costituente titolo esecutivo – già lo aveva considerato e calcolato a titolo di ‘previa compensazione’, donde il giudice dell’opposizione a precetto non avrebbe potuto ricalcolarlo.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. sulla base della prospettata erroneità della conferma -con la sentenza di appello – della sua condanna al pagamento della metà delle spese del giudizio di primo grado (malgrado fosse stato riconosciuto ancora sussistente un credito residuo in suo favore ed illegittimamente dichiarata l’inefficacia del precetto) e della disposta
compensazione integrale delle spese del giudizio di secondo grado, nonostante l’appello fosse stato parzialmente accolto sulla scorta del criterio della reciproca soccombenza, che, tuttavia, non era stato applicato all’esito del giudizio di primo grado. In altre parole, la ricorrente afferma che -per effetto dell’accoglimento parziale dell’appello – il Tribunale di Firenze avrebbe dovuto condannare l’appellato al pagamento delle spese processuali o compensare anche quelle del giudizio di prime cure, risultando, peraltro, necessario provvedere -in conformità alla giurisprudenza di legittimità – ad una regolamentazione unica delle spese di entrambi i gradi di giudizio all’esito di quello di appello, in dipendenza dell’adozione di una pronuncia comunque comportante, seppur parzialmente, la riforma di quella di primo grado.
3. Con il terzo ed ultimo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 190 c.p.c., poiché la sentenza impugnata si sarebbe dovuta considerare illegittima nella parte in cui aveva considerato irrituale il deposito -da parte della stessa di ‘una comparsa conclusionale di replica’ avvenuto nell’ambito dello scorrere del secondo termine di cui alla citata norma, previsto per il deposito delle sole memorie di replica, senza tener conto -come ritenuto con l’ordinanza della Corte di cassazione n. 2976/2020 -che non esiste alcuna norma processuale che subordini il diritto di replica al deposito di una comparsa conclusionale.
Rileva il collegio che il primo motivo non è fondato.
Con esso si è inteso sostenere che l’ammontare delle spese liquidate era corrispondente all’esatto importo numerico indicato nel dispositivo, senza potersi operare alcuna riduzione, non potendo il giudice dell’opposizione rideterminarne il contenuto.
Senonché, occorre osservare che l’interpretazione del titolo esecutivo compiuta dal giudice dell’esecuzione o da quello chiamato a sindacarne l’operato nell’ambito delle opposizioni esecutive (preventive, come quella di opposizione a precetto, e quelle successive all’esecuzione), si risolve nell’apprezzamento di un ‘fatto’, come tale incensurabile in cassazione ove esente da vizi logici o giuridici, senza che possa diversamente opinarsi alla stregua dei poteri di rilievo officioso o di diretta interpretazione del giudicato esterno da parte del giudice di legittimità. Ciò perché, in sede di esecuzione, il provvedimento passato in giudicato, pur ponendosi come ‘giudicato esterno’ (essendo riferito a pronuncia assunta al di fuori del processo esecutivo), non opera come decisione della controversia, bensì come titolo esecutivo e, perciò, non può essere inteso come momento terminale della funzione di cognizione del giudice, ma come presupposto fattuale dell’esecuzione, ovvero come condizione necessaria e sufficiente per procedere ad essa (cfr. Cass. n. 15852/2010 e Cass. n. 26890/2014). Orbene, sulla base di tale presupposto, si rileva che la sentenza qui impugnata ha specificato il senso della
pronuncia risultante dal coordinamento tra dispositivo e motivazione, evidenziando -con motivazione plausibile -le ragioni della conclusione assunta.
5. E’ fondato, invece, il secondo motivo alla stregua del principio affermato con la sopravvenuta sentenza delle Sezioni unite n. 32061/2022 (in attesa della cui emanazione la causa era stata rimessa in pubblica udienza con ordinanza interlocutoria della Sesta sezione civile-2 n. 13895/2022), dal momento che il parziale accoglimento dell’appello (anche se in una ridimensionata misura economica, nella specie essendo stata riconosciuta la persistenza dell’odierna ricorrente ad agire esecutivamente per la ridotta somma di euro 520,96) non avrebbe potuto mai determinare una situazione processuale di reciproca soccombenza al fine di disporre l’integrale compensazione delle spese (come avvenuto illegittimamente proprio nel caso che è venuto qui in rilievo), a meno che non fossero state sussistenti altre ipotesi -tra le ulteriori previste nel comma 2 dell’art. 92 c.p.c. – tali da giustificare la compensazione parziale o per intero delle spese stesse. Deve, perciò, in questa sede essere ribadito il principio (al quale dovrà uniformarsi il giudice di rinvio), in base al quale, i n tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza (come erroneamente ritenuto nel caso di specie dal Tribunale fiorentino), configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande
contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, comma 2, c.p.c., non trascurandosi, peraltro, la necessità dell’applicazione del correlato principio secondo cui il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, incorrendo, altrimenti, nella violazione dell’art. 91 c.p.c. 6. Il terzo ed ultimo motivo è privo di fondamento.
Con esso la ricorrente invoca, a sostegno della proposta censura, l’ordinanza di questa Corte n. 2976/2020 (secondo cui ‘ nel processo civile, una volta rimessa la causa in decisione la parte può depositare la memoria di replica prevista dall’art. 190 c.p.c. anche se prima non ha depositato la comparsa conclusionale, non essendovi alcuna norma nel codice di rito che condizioni il diritto di replica all’avvenuta illustrazione delle proprie
difese mediante la detta comparsa ‘), la quale, però, deve essere rivista sotto due aspetti:
detta ordinanza, pur sviluppando ragioni proprie, si richiama a precedente giurisprudenza, il cui archetipo individuato nella sentenza n. 4211/2002 -aveva affermato un diverso principio, ovvero che ‘ la memoria di replica di cui all’art. 190, terzo comma cod. proc. civ. deve essere presa in considerazione dal giudice alla sola condizione che la parte l’abbia comunicata all’avversario nei cinque giorni liberi antecedenti l’udienza, a nulla rilevando che la parte stessa non abbia altresì provveduto alla comunicazione di una propria comparsa conclusionale al predetto avversario ‘, oltretutto con riferimento ad una causa soggetta al c.d. vecchio rito, ossia introdotta anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 353/1990;
b) avendo, invece, riguardo al c.d. nuovo rito (al quale è soggetto il giudizio che qui viene in rilievo), ovvero a quello relativo ai processi instaurati successivamente all’entrata in vigore della citata legge n. 353/1990, la memoria depositata in assenza di previa conclusionale consente alla parte scorretta di replicare alla conclusionale avversa al riparo del contraddittorio di questa, e come tale non va considerata.
Sulla base di questo ragionamento, perciò, il motivo va disatteso.
E’ opportuno, per completezza, aggiungere che ove tale memoria dovesse, invece, essere considerata (eventualità che, comunque, non ricorre nel caso di
specie), si ricade in un caso di nullità extraformale derivante dalla violazione del contraddittorio (v. Cass. n. 6808/2020), che tuttavia non può propagarsi alla sentenza, poiché quest’ultima non ne può dipendere in senso tecnico -giuridico. Infatti, atteso che l’art. 159 c.p.c. opera essenzialmente per gli atti aventi efficacia propulsiva, esso come non si applica agli atti di istruzione probatoria, così neppure può applicarsi agli atti a contenuto esclusivamente difensivo. Ne consegue che, benché il deposito della sola memoria di replica debba ritenersi affetto da nullità per violazione del contraddittorio, il quale per sua stessa definizione deve essere paritario, l’unica conseguenza che potrebbe derivare da tale eventualità sarebbe la riduzione del compenso relativo alla fase decisoria.
7. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, deve essere accolto solo il secondo motivo, mentre vanno rigettati agli altri due. Da ciò consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo ritenuto fondato, con il rinvio della causa al Tribunale di Firenze, in composizione monocratica ed in persona di altro magistrato, che, oltre ad uniformarsi all’enunciato principio di diritto, provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso e rigetta gli altri due.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Firenze, in composizione monocratica ed in persona di altro magistrato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II