Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10289 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10289 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7485/2022 R.G. proposto da: DI COGNOME in proprio e quale titolare della RAGIONE_SOCIALE COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, EMAIL;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE , EMAIL;
-controricorrenti- nonché contro
NOME; RAGIONE_SOCIALE
-intimate- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 1283/2021, depositata il 07/09/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza ex art. 702 ter cod.proc.civ. del 23/04/2020, il Tribunale di Teramo accoglieva la domanda proposta da NOME COGNOME e da NOME COGNOME e, per l’effetto, dichiarava inefficace nei loro confronti solo uno degli atti oggetto della domanda e precisamente quello con cui NOME COGNOME aveva alienato alla madre, NOME COGNOME l’autovettura BMW C.
La Corte d’appello di L’Aquila, con la sentenza n. 1283/2021 depositata il 07/09/2021, all’esito del giudizio di appello promosso da NOME COGNOME ha confermato la pronuncia del giudice di primo grado.
Segnatamente, ha rigettato l’eccezione di nullità del ricorso introduttivo, per la mancanza dell’avvertimento di cui all’art. 163, 3° comma, n. 7 cod.proc.civ., che già il tribunale aveva disatteso, perché: i) la costituzione dell’appellante aveva sanato l’ipotizzata nullità della citazione nei suoi confronti; ii) il COGNOME era sprovvisto di legittimazione attiva, non potendo far valere un’eccezione de iure tertii , cioè solo gli altri due convenuti contumaci avrebbero potuto far valere quella nullità nei propri confronti proponendo appello, con l’ulteriore <>, ma la decisione dell’appello nel merito.
Ha poi considerato sussistenti i presupposti per accogliere la domanda revocatoria perché: a) l’azione ex art. 2901 cod.civ. può essere proposta anche per tutelare un credito litigioso; b) in sede di pignoramento il disponente aveva riferito all’ufficiale giudiziario di essere disoccupato e nullatenente ( eventus damni ); c) il COGNOME non aveva reiterato la richiesta di ammissione della prova orale, articolata con la comparsa di costituzione, allo scopo di dimostrare che aveva un debito con la terza acquirente di euro
2.000,00, che l’auto alienata era stata danneggiata in un incidente stradale e che necessitava di riparazioni per l’importo di euro 15.000,00, che aveva stipulato un contratto preliminare di vendita in data 5/06/2019 con cui si era obbligato a vendere alla madre l’auto per euro 785,00 e che perciò l’atto revocando era il contratto definitivo; d) <> non era stata fornita la prova documentale del debito con la madre né dell’incidente stradale; e) non essendo stata dimostrata l’avvenuta stipulazione del contratto preliminare, la scientia damni e il consilium fraudis andavano accertati con riferimento al momento della stipulazione dell’atto revocando, il quale era stato posto in essere successivamente al sorgere del credito, perciò era sufficiente la prova anche per presunzioni che vi fosse consapevolezza che l’atto avrebbe arrecato pregiudizio alle ragioni creditorie.
Ha respinto anche il motivo di appello con cui veniva denunciato il fatto che, pur essendo stata accolta solo parzialmente la domanda revocatoria (era stata dichiara l’inefficacia di solo uno dei tre atti dispositivi per cui era stata chiesta), il tribunale non avesse disposto la compensazione quantomeno parziale delle spese di lite. La corte d’appello ha reputato che il tribunale fosse incorso in una svista o in una dimenticanza e che da detta omissione -cioè il mancato accoglimento della domanda revocatoria ne confronti degli altri due atti dispositivi -non potesse trarsi la conclusione che la domanda era stata parzialmente respinta.
Il COGNOME ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando quattro motivi, illustrati da memoria.
La COGNOME e l’ COGNOME resistono con controricorso.
RAGIONE_SOCIALE e e la società RAGIONE_SOCIALE sono rimasti intimati.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
I controricorrenti COGNOME e COGNOME hanno depositato atto denominato ‘Sintetica memoria illustrativa’, che non può
considerarsi memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c., in mancanza dei relativi requisiti di legge.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denunziano la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 preleggi, degli artt. 159, 162 e 164 cod.proc.civ., in relazione agli artt. 163, n. 7 e 164, 702 bis cod.proc.civ.
Attinta da censura è la statuizione con il giudice a quo ha disatteso il motivo con cui era stata eccepita la nullità del ricorso ex art. 702 bis cod.proc.civ. stante la difettosa formulazione dell’avvertimento di cui all’art. 163, 3° comma, n 7, cod.proc.civ.
La tesi dei ricorrenti è che la corte territoriale, confermando la decisione del giudice di primo grado che aveva ritenuto il vizio sanato con la costituzione in giudizio, e respingendo la censura mossa alla sentenza del tribunale per non avere tenuto in conto la presenza di alcuni convenuti contumaci, sulla scorta del principio secondo cui solo i suddetti contumaci avrebbero potuto proporre appello per lamentare il vizio di cui all’art. 163, 3° comma, n. 7 cod.proc.civ., sia incorsa in errore, non avendo considerato la sussistenza del litisconsorzio necessario tra il debitore e il terzo acquirente convenuti in giudizio dal creditore; ciò avrebbe imposto la rimessione al primo giudice per garantire l’integrità del contraddittorio; pertanto, parte ricorrente deduce la nullità della sentenza per mancata integrazione del contraddittorio, sottolineando che detta nullità può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, anche in sede di legittimità, purché sulla questione non si sia formato il giudicato.
Aggiunge che la corte d’appello non avrebbe dovuto ritenere sanato il vizio denunciato dalla sua costituzione in giudizio, avendo egli chiesto la fissazione di una nuova udienza; il giudice avrebbe dovuto quindi fissare l’udienza richiesta, a nulla rilevando che si fosse difeso nel merito, dovendosi presumere che se avesse avuto
più tempo a disposizione la sua difesa sarebbe stata più adeguata (Cass. n. 21957/2014).
Il motivo è infondato.
Innanzitutto, perché possa trovare applicazione il principio enunciato da Cass. n. 21957/2014, a mente del quale il vizio derivante dal mancato avvertimento previsto dall’art. 163, 3° comma, n. 7 cod.proc.civ. è sanato dalla costituzione del convenuto solo se questi, costituendosi, non faccia richiesta di fissazione di una nuova udienza nel rispetto dei termini, poiché in tal caso il giudice è tenuto ad accogliere la richiesta del convenuto, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare di avere non solo eccepito la nullità dell’atto introduttivo per difetto dell’avvertimento di cui all’art. 163, 3° comma, n. 7, cod.proc.civ., ma anche di aver fatto espressa richiesta di fissazione di una nuova udienza.
Sul punto, l’ordinanza. 21957/2014 è chiara (da p. 8 della pronuncia si evince che la Corte non aveva accolto l’eccezione di nullità, proprio perché il convenuto non aveva dato prova di avere chiesto la fissazione di una nuova udienza); altrettanto chiaro ed evidente è che nella specie il ricorrente non aveva affatto chiesto la fissazione di una nuova udienza: a p. 17 del ricorso, ove è riprodotto a cura del ricorrente il contenuto dell’atto con cui si era costituito nel giudizio dinanzi al tribunale, si legge che aveva eccepito la nullità dell’atto introduttivo, perché mancante del <>, ma non c’è traccia della richiesta di fissazione di una nuova udienza.
Quanto all’asserita lesione dell’integrità del contraddittorio, occorre rilevare che la citazione in giudizio dei litisconsorti necessari rimasti contumaci era avvenuta sulla scorta di un atto validamente loro notificato sicché il contatto tra l’attore e i convenuti si era realizzato ed il contraddittorio era potenzialmente instaurato; sicché i convenuti, pur avendo avuto notizia del giudizio intentato nei loro confronti, non si erano costituiti in giudizio per
libera scelta. Non si era concretizzato, dunque, un vizio che aveva impedito loro la partecipazione al giudizio, ma si era profilata un’eventuale nullità della fattispecie introduttiva per lesione del diritto di difesa dei convenuti (sul punto v. Cass., Sez. Un., 21/03/2001, n. 122); lesione che là dove i convenuti si fossero costituiti lamentando il mancato avvertimento di cui all’art. 163, comma 3, n. 7 e chiedendo la fissazione di una nuova udienza avrebbe giustificato <> (art. 164 cod.proc.civ. , comma 3) per consentire loro di perfezionare la propria difesa al riparo da possibili decadenze e preclusioni (Cass. 29/09/2015, n.19345).
Il fatto che i convenuti abbiano scelto, pur avendone la possibilità di non partecipare al giudizio, eventualmente anche allo scopo di chiedere la fissazione di una nuova udienza, rende infondata la pretesa del ricorrente che questa Corte d’ufficio rilevi la lesione del contraddittorio e/o che cassi l’impugnata sentenza.
Tanto basta, assorbite le altre questioni, per rigettare il motivo.
2) Con il secondo motivo la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., degli artt. 115, 116, 177, 187, 188, 189, 244, 702 bis e 702 ter cod.proc.civ. nonché degli artt. 2721, 2° comma, 2901 cod.civ., 115 e 116 cod.proc.civ. e la nullità della sentenza, per violazione degli artt. 132, 112, 702 bis e 702 ter cod.proc.civ., dell’art. 111 Cost.
La corte d’appello avrebbe ritenuto sussistente l’ eventus damni senza accogliere le richieste istruttorie già avanzate in primo grado e riproposte in appello, <>.
La circostanza che parte ricorrente sostiene non essersi mai verificata nel giudizio di secondo grado è la mancata reiterazione
della richiesta di prova testimoniale all’udienza dell’11/02/2020: dal verbale di udienza, riportato ai fini dello scrutinio del motivo, emerge che l’avvocato COGNOME si era <> alla comparsa di costituzione e riposta, <>.
Il ricorrente aggiunge che la prova testimoniale articolata nella comparsa di costituzione e risposta era necessaria allo scopo di dimostrare il deprezzamento dell’auto, l’avvenuta stipulazione del contratto preliminare, quindi, riguardava circostanze decisive per la formazione del convincimento del giudice, perciò la corte territoriale avrebbe dovuto ammetterla; così come avrebbe dovuto accogliere la richiesta di C.T.U., necessaria per determinare il valore dell’auto alienata.
Nemmeno lo sbarramento di cui all’art. 2721 cod.civ. evocato dal giudice a quo avrebbe potuto giustificare la mancata ammissione della prova testimoniale, non essendo né il contratto preliminare né il contratto definitivo di vendita dell’autovettura contratti formali.
Il motivo è infondato.
La corte d’appello ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza di questa Corte secondo cui <>; nella specie emerge con evidenza che l’avvocato COGNOME aveva richiamato genericamente gli atti difensivi precedenti, ma non aveva espressamente riproposto le richieste istruttorie, sicché non aveva assolto l’onere su di lui
incombente, atteso che <> (Cass. 03/08/2017, n.19352; Cass. 13/09/2019, n. 22883) e di controdedurre solo su quanto espressamente richiamato ( Cass . 05/02/2019, n. 3229).
Il giudice a quo era dunque legittimato a presumere che fossero state abbandonate.
Quanto al mancato accoglimento della richiesta di espletamento della C.T.U. non può che ricordarsi che essa non è qualificabile come un mezzo di prova in senso proprio perché è volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze, pertanto è sottratta alla disponibilità delle parti. Ove la parte ne faccia richiesta, la sua non è considerata un’istanza istruttoria, ma una mera sollecitazione rivolta al giudice affinché questi, avvalendosi dei suoi poteri discrezionali, provveda a riguardo.
Le altre censure mosse alla impugnata sentenza sono inammissibili per difetto di interesse; esse riguardano, infatti, affermazioni che non si sono tradotte in una ratio decidendi . La corte d’appello ha, infatti, rigettato il motivo di appello sulla scorta del rilievo <> che il difensore dell’appellato non aveva reiterato la richiesta di ammissione della prova orale che aveva articolato con la comparsa di costituzione (v. § 4.3). Al §§ 4.4 ha enunciato ad abundantiam un’argomentazione ulteriore che, essendo improduttiva di effetti giuridici, non può essere oggetto di cassazione per difetto di interesse (Cass. 08/06/2022, n. 18429; Cass. 10/04/2018, n. 8755).
3) Con il terzo motivo parte ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. e degli artt. 115, 116,
177, 187, 188, 189, 244, 702 bis , 702 ter , dell’art. 2721, 2° comma cod.civ., degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ., dell’art. 2901, degli artt. 132, 112, 702 bis e 702 ter , dell’art. 111 Cost., per avere il giudice a quo disatteso le censure mosse alla sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto sussistenti la scientia damni e la partecipatio fraudis .
La mancata ammissione delle prove testimoniali richieste avrebbe permesso di accertare che il contratto revocando era stato posto in essere per adempiere all’obbligo assunto con i contratti preliminari del dicembre 2018 e del giugno 2019, perciò la verifica della sussistenza del consilium fraudis avrebbe dovuto essere compiuta con riferimento all’atto e al momento della stipulazione del preliminare di compravendita e non al momento della stipulazione del contratto definitivo, come erroneamente affermato dalla corte d’appello.
Il motivo è inammissibile.
Avendo la corte d’appello ritenuto indimostrato che l’atto revocando fosse stato posto in essere in adempimento di un obbligo assunto con il preliminare, non può esserle imputato l’errore denunciato.
Deve osservarsi che la censura non possiede i caratteri del motivo cassatorio perché esso contravviene proprio alla finalità primaria della prescrizione di rito, che è quella di rendere agevole la comprensione della questione controversa, e dei profili di censura formulati, in immediato coordinamento con il contenuto della sentenza impugnata. Si tratta di un ‘non motivo’, perché, abdica alla funzione propria del motivo, che è quella di criticare e, quindi, di indicare che cosa si critichi e su che cosa la critichi si fondi (Cass. 07/11/2024 , n. 28702).
4) Con il quarto motivo parte ricorrente accusa il giudice a quo di avere violato e falsamente applicato gli artt. 91 e 92 cod.proc.civ. e deduce la nullità della sentenza per omessa motivazione in quanto
apparente e apodittica, in violazione dell’art. 132, 2° comma, n. 4 cod.proc.civ. e dell’art. 111 Cost.
La corte d’appello, pur prendendo atto che la sentenza del tribunale non aveva motivato le ragioni per cui aveva ritenuto di accogliere la domanda solo con riferimento ad uno dei tre atti dispositivi, ha escluso che se ne potesse trarre la conclusione che la domanda degli attori fosse stata parzialmente respinta, sì da giustificare la richiesta di compensazione delle spese di lite.
Secondo la prospettazione del ricorrente, anche in considerazione del rigetto della domanda risarcitoria formulata dall’attore, il giudice a quo avrebbe dovuto ravvisare la ricorrenza di una soccombenza reciproca.
Inoltre, sarebbe incorsa in un difetto di motivazione, non avendo spiegato perché ha ritenuto una svista o una dimenticanza del tribunale l’accoglimento della domanda solo riferimento ad uno dei tre atti dispositivi revocandi.
Il motivo è p.q.r. fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
Coglie nel segno il ricorrente quando imputa al giudice a quo di non avere spiegato le ragioni che l’hanno indotto a ritenere che il tribunale avesse dichiarato inefficace solo uno dei tre atti revocandi solo per essere incorso in una svista o una dimenticanza. Era stata chiesta, infatti, la declaratoria di inefficacia degli atti di disposizione con cui l’odierno ricorrente, poco tempo dopo la sentenza n. 542/2019 con cui il Tribunale di Teramo aveva condannato la ditta individuale RAGIONE_SOCIALE geom. NOME COGNOME di cui l’odierno ricorrente era titolare, al pagamento di euro 7.000,00 a titolo di spese di lite, aveva alienato ad NOME COGNOME la madre, la BMW 3 di sua proprietà al prezzo di euro 785,00, quello con cui aveva venduto per euro 700,00 l’autocarro targato TARGA_VEICOLO alla RAGIONE_SOCIALE, facente capo al padre, e quello con cui
aveva venduto alla medesima per euro 300,00 l’autoveicolo targato TARGA_VEICOLO
Il Tribunale di Teramo aveva dichiarato <> l’inefficacia dell’atto del 13/07/2019 con cui <>, aveva rigettato <>.
A tale stregua la motivazione della corte d’appello integra i tratti paradigmatici della motivazione solo apparente, nel senso che gli enunciati motivazionali contenutivi non consentono di cogliere l’indicazione degli elementi da cui il giudice ha tratto il proprio convincimento. Premesso che l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità e che le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti (così Cass. 03/02/2017, n. 2876), nel novero dei vizi motivazionali rientra quello di motivazione meramente apparente, il quale ricorre, allorquando il giudice, violando l’obbligo impostogli dall’ art. 111, 6° comma, Cost., e dall’art. 132, 2° comma, n. 4 cod.proc.civ., omette di esporre le ragioni di fatto e di diritto della decisione, di specificare o di illustrare le ragioni e l’ iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, esternando le tappe del proprio convincimento ed il loro collegamento con gli elementi su cui si è fondato (Cass., Sez. Un., 24/03/2017, n.7667; Cass., Sez. Un., 05/08/2016, n.16599).
Né può farsi a meno di ricordare che Cass., Sez. Un., 31/10/2022, n. 32061, decidendo su contrasto e su questione di massima di particolare importanza, ha affermato che in tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una
pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, potendo giustificarsi soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, 2° comma, cod.proc.civ.
Alla fondatezza nei suindicati termini del quarto motivo di ricorso, infondati il primo e il secondo e inammissibile il terzo, consegue l’accoglimento p.q.r. del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza , con rinvio alla Corte d’ Appello di L’Aquila, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie p.q.r. il quarto motivo di ricorso; dichiara infondati il primo e il secondo motivo, inammissibile il terzo. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 21 febbraio 2025 dalla