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Soccombenza reciproca: costi legali e azione revocatoria

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha chiarito un importante principio in materia di soccombenza reciproca. Quando un’azione revocatoria viene accolta solo per uno dei diversi atti di disposizione impugnati, si configura una sconfitta parziale per entrambe le parti. Di conseguenza, il giudice non può condannare la parte parzialmente vittoriosa al pagamento integrale delle spese, ma deve valutare la loro compensazione. La Corte ha cassato la decisione d’appello che aveva ingiustificatamente ignorato questo principio, definendo la decisione del primo grado una mera ‘svista’.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Soccombenza Reciproca: la Cassazione chiarisce la ripartizione delle spese legali

L’esito di una causa non è sempre una vittoria netta o una sconfitta totale. Spesso, le domande di una parte vengono accolte solo parzialmente. In questi casi, si parla di soccombenza reciproca, un concetto fondamentale per la corretta ripartizione delle spese legali. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per ribadire come va gestita questa situazione, in particolare nel contesto di un’azione revocatoria.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un’azione revocatoria promossa da alcuni creditori nei confronti del loro debitore. Quest’ultimo, dopo una sentenza che lo condannava al pagamento di una somma, aveva compiuto tre diversi atti di disposizione patrimoniale, tra cui la vendita di un’automobile alla propria madre. I creditori chiedevano al Tribunale di dichiarare inefficaci tutti e tre gli atti.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, ma solo parzialmente: dichiarava inefficace unicamente la vendita dell’automobile, rigettando la richiesta per gli altri due atti. Nonostante questo esito, il debitore veniva condannato a pagare per intero le spese legali. La Corte d’Appello confermava questa decisione, liquidando il mancato accoglimento parziale della domanda come una semplice ‘svista’ o ‘dimenticanza’ del primo giudice, senza fornire ulteriori spiegazioni. Il debitore ricorreva quindi in Cassazione, lamentando, tra le altre cose, l’errata gestione delle spese di lite.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i quattro motivi di ricorso presentati dal debitore, accogliendone uno e rigettando gli altri. Vediamo nel dettaglio le decisioni.

Motivi Procedurali e Probatori Rigettati

Il ricorrente aveva sollevato questioni relative a presunti vizi procedurali, come la nullità dell’atto introduttivo del giudizio. La Corte ha respinto questa doglianza, chiarendo che la costituzione in giudizio sana il vizio, a meno che la parte non chieda espressamente la fissazione di una nuova udienza, cosa che non era avvenuta.

Allo stesso modo, sono stati rigettati i motivi relativi alla mancata ammissione di prove testimoniali. La Cassazione ha sottolineato che le richieste istruttorie, se non specificamente riproposte nelle conclusioni dell’appello, si considerano abbandonate.

Il Principio della Soccombenza Reciproca e le Spese Legali

Il punto cruciale della decisione riguarda il quarto motivo, relativo alla violazione delle norme sulla ripartizione delle spese processuali. Il ricorrente sosteneva che, essendo la domanda dei creditori stata accolta solo per un terzo (un atto su tre), si era verificata una soccombenza reciproca, che avrebbe dovuto portare alla compensazione, almeno parziale, delle spese legali.

La Corte di Cassazione ha dato pienamente ragione al ricorrente su questo punto, giudicando la motivazione della Corte d’Appello come ‘meramente apparente’.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha affermato che liquidare la decisione del Tribunale come una ‘svista’ o ‘dimenticanza’ non costituisce una motivazione giuridicamente valida. Al contrario, l’accoglimento parziale di una domanda, specialmente quando questa è articolata su più capi (in questo caso, la revoca di tre distinti atti), integra pienamente la fattispecie della soccombenza reciproca.

Citando un proprio precedente a Sezioni Unite (n. 32061/2022), la Corte ha ribadito che l’accoglimento ridotto di una domanda articolata in più capi non consente la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese in favore di quella soccombente. Invece, giustifica la compensazione totale o parziale delle spese, come previsto dall’art. 92 del codice di procedura civile.

La motivazione della Corte d’Appello è stata quindi ritenuta insufficiente, in quanto non ha esposto le ragioni di fatto e di diritto che l’hanno portata a escludere la compensazione, violando l’obbligo di motivazione imposto dalla Costituzione e dal codice di rito.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso limitatamente alla questione delle spese legali. Ha cassato la sentenza impugnata su questo punto e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello, in diversa composizione, affinché proceda a un nuovo esame applicando il corretto principio della soccombenza reciproca. Questa pronuncia rafforza un principio di equità processuale: chi vince solo in parte non può essere gravato di tutte le spese come se avesse perso completamente. La decisione del giudice sulla ripartizione dei costi deve sempre essere fondata su una motivazione reale e non apparente, tenendo conto dell’esito complessivo della lite.

Cosa si intende per soccombenza reciproca?
Si ha soccombenza reciproca quando, in un processo, entrambe le parti risultano parzialmente vincitrici e parzialmente sconfitte perché le loro domande sono state accolte solo in parte. In questo caso, il giudice può decidere di compensare le spese legali tra le parti.

Se un’azione revocatoria viene accolta solo per alcuni degli atti impugnati, come si regolano le spese legali?
Secondo la Corte, l’accoglimento parziale della domanda revocatoria (ad esempio, per un solo atto su tre) configura una soccombenza reciproca. Questo giustifica la compensazione, totale o parziale, delle spese legali e non la condanna integrale di una delle parti.

La costituzione in giudizio sana sempre un vizio della citazione?
No. La Corte chiarisce che la costituzione del convenuto sana il vizio derivante dal mancato avvertimento previsto dalla legge (art. 163, co. 3, n. 7 c.p.c.) solo se il convenuto non fa espressa richiesta di fissazione di una nuova udienza per avere più tempo per preparare la difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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