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Soccombenza reciproca: come si dividono le spese

Un’ordinanza della Corte di Cassazione analizza il concetto di soccombenza reciproca in una controversia bancaria. Il caso riguardava un decreto ingiuntivo emesso da un istituto di credito, parzialmente annullato in primo grado e poi ripristinato in appello. La Suprema Corte ha rigettato sia il ricorso del cliente, che lamentava una violazione del principio di non contestazione, sia quello della banca, che contestava la compensazione delle spese. La decisione finale ha stabilito che, in caso di accoglimento parziale delle domande di entrambe le parti, è corretta la compensazione delle spese legali, confermando il principio della soccombenza reciproca.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Soccombenza Reciproca e Ripartizione delle Spese: L’Analisi della Cassazione

Quando si finisce in tribunale, una delle domande più comuni è: ‘chi paga le spese legali?’. La risposta non è sempre scontata. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione fa luce su un concetto fondamentale del diritto processuale: la soccombenza reciproca. Questo principio si applica quando nessuna delle due parti ha completamente ragione e la vittoria non è netta. Analizziamo la vicenda per capire come i giudici decidono la ripartizione dei costi in questi casi complessi.

I Fatti del Caso: Dal Decreto Ingiuntivo alla Corte d’Appello

La controversia nasce da un’azione legale avviata da un istituto di credito nei confronti di un proprio cliente per il recupero di un debito di circa 320.000 euro, relativo a due conti correnti. La banca ottiene un decreto ingiuntivo, ma il cliente si oppone, sostenendo l’illegittimità dei tassi di interesse applicati e altre irregolarità contrattuali.

In primo grado, il Tribunale accoglie parzialmente l’opposizione del cliente. Dopo una consulenza tecnica, il giudice ridetermina il debito in circa 288.000 euro, ma da questa somma detrae circa 245.000 euro di versamenti che ritiene non contestati dalla banca. Di conseguenza, condanna il cliente al pagamento di soli 43.000 euro.

La banca, insoddisfatta, presenta appello. La Corte d’Appello ribalta la decisione, affermando che la banca aveva, in realtà, contestato i versamenti fin dall’inizio. Secondo i giudici di secondo grado, il Tribunale aveva commesso un errore di calcolo, considerando due volte le stesse somme. La condanna per il cliente sale così a 288.100,52 euro, ovvero l’intero importo ricalcolato dal consulente tecnico, oltre alle spese legali parzialmente compensate.

L’Analisi della Corte di Cassazione sulla soccombenza reciproca

Entrambe le parti si rivolgono alla Corte di Cassazione. Il cliente contesta la decisione d’appello su tre fronti: la violazione del principio di non contestazione, l’inammissibilità della difesa della banca in appello (considerata una ‘domanda nuova’) e l’errata ripartizione delle spese. La banca, con un ricorso incidentale, si lamenta a sua volta della compensazione delle spese, chiedendo che fossero interamente a carico del cliente.

Il Principio di Non Contestazione

La Suprema Corte respinge il primo motivo del cliente, chiarendo che la valutazione sulla presenza o meno di una contestazione spetta al giudice di merito. In questo caso, la Corte d’Appello aveva motivato in modo adeguato la sua decisione, evidenziando come la banca avesse negato la legittimità delle poste contestate fin dal primo grado. Non si trattava, quindi, di una contestazione tardiva o di una ‘domanda nuova’, ma della semplice denuncia di un errore di calcolo del primo giudice.

La Ripartizione delle Spese Legali e la soccombenza reciproca

Il cuore della decisione riguarda la gestione delle spese. La Cassazione rigetta sia le lamentele del cliente, che si riteneva vincitore, sia quelle della banca. La Corte spiega che la valutazione della soccombenza va fatta considerando l’esito complessivo della lite. Sebbene il debito finale del cliente sia stato ridotto rispetto alla richiesta iniziale della banca (da 320.000 a 288.000 euro), il cliente è stato comunque condannato a pagare una somma molto ingente. Pertanto, non può essere considerato il vincitore assoluto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto corretta la decisione della Corte d’Appello di compensare parzialmente (per 1/3) le spese legali. La motivazione risiede proprio nella soccombenza reciproca: da un lato, la pretesa della banca è stata accolta in misura molto significativa; dall’altro, la domanda del cliente di accertare la nullità di alcune condizioni contrattuali è stata parzialmente accolta, portando a una riduzione, seppur non drastica, del debito. I giudici hanno sottolineato che, secondo l’articolo 92 del codice di procedura civile, in caso di soccombenza reciproca, il giudice può compensare le spese. La determinazione della proporzione di tale compensazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in Cassazione se, come in questo caso, la decisione è logicamente motivata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, ribadisce che il principio di non contestazione richiede una mancanza di disputa chiara e specifica sui fatti; una contestazione, anche se generica, può essere sufficiente per rimettere la questione al vaglio del giudice. In secondo luogo, e più importante, conferma che nelle cause complesse, dove entrambe le parti ottengono un risultato parziale, la ripartizione delle spese legali non segue una logica ‘tutto o niente’. La soccombenza reciproca permette al giudice di bilanciare l’esito della lite, compensando le spese in modo da riflettere il grado di vittoria e sconfitta di ciascuna parte, garantendo una maggiore equità nella decisione finale.

Quando si verifica la soccombenza reciproca?
Si verifica quando entrambe le parti in una causa ottengono un accoglimento solo parziale delle loro richieste. Ad esempio, quando il credito di un attore viene riconosciuto ma per un importo inferiore a quello domandato a seguito delle difese del convenuto, che vengono a loro volta parzialmente accolte.

La revoca di un decreto ingiuntivo in primo grado significa che il creditore deve pagare tutte le spese legali?
No, non necessariamente. La valutazione sulla soccombenza deve considerare l’esito complessivo del giudizio. Se, nonostante la revoca del decreto, il debitore viene comunque condannato a pagare una somma rilevante, sarà lui a essere considerato la parte prevalentemente soccombente ai fini della ripartizione delle spese.

Sollevare in appello un errore di calcolo del primo giudice è considerata una ‘domanda nuova’ inammissibile?
No. Secondo la Corte, denunciare un errore commesso dal giudice di primo grado nel valutare fatti già discussi tra le parti non costituisce una domanda nuova. Si tratta di una legittima difesa volta a correggere una decisione errata, e non a introdurre un nuovo tema di indagine nel processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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