Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21995 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 21995 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto
Dott. NOME COGNOME
Presidente
SERVITÙ
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 11/07/2024
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
R.G. 22815/NUMERO_DOCUMENTO
Dott. NOME COGNOME
NOME. Consigliere
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22815/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n.836/2020 depositata il 21/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il Sostituto Procuratore generale in persona del AVV_NOTAIO. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati NOME COGNOME per la ricorrente e NOME COGNOME per la controricorrente che hanno insistito nella richiesta di accoglimento delle conclusioni di cui ai rispettivi atti;
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME citava in giudizio dinanzi al Tribunale di Lucca sez. distaccata di Viareggio, NOME assumendo – di essere titolare del diritto di usufrutto su un immobile del quale si era riservata il diritto di abitazione vita natural durante al momento della vendita a NOME NOME COGNOME e che la convenuta, subito dopo la stipula di un atto costitutivo di servitù di passo, aveva delimitato con un piccolo muro con sovrastante rete metallica la residua parte di terreno di proprietà della stessa COGNOME non gravata da servitù con ciò arrecandole disagio, rendendo difficoltoso l’utilizzo del passo con la propria auto. Chiedeva pertanto che la convenuta fosse condannata a rimuovere il muretto oltre al risarcimento del danno, anche morale, in subordine chiedeva l’ampliamento ex articolo 1051 c.c. della sua servitù.
Si costituiva la convenuta eccependo la carenza di legittimazione attiva dell’attrice e il litisconsorzio necessario con i propri proprietari dei tre fondi dominanti.
Ric. 2020 n.22815 sez. S2 – ud. 11/07/2024
Il Tribunale di Lucca rigettava le domande e condannava l’attrice al pagamento delle spese della consulenza e alla rifusione di quelle della convenuta.
NOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
Si costituiva la NOME chiedendone il rigetto dell’appello.
La Corte d’Appello rigettava il primo motivo di gravame rilevando che la servitù di passo era rispettata come accertato anche dal consulente tecnico e accoglieva, invece, il secondo motivo relativo alla domanda di costituzione e ampliamento della servit ù, sussistendo un’interclusione relativa, ai sensi dell’articolo 1051, primo comma, c.c.
Pertanto, doveva disporsi la costituzione della servitù di passo sulla porzione di terreno della proprietà COGNOME adiacente a quella già gravata dalle servitù di cui all’atto del AVV_NOTAIO in data 9 luglio 2004, allargandola di 22 centimetri per la lunghezza di 4,50 metri di fronte al cancello d’ingresso della proprietà COGNOME. L’indennità dovuta dall’appellante alla controparte, ai sensi dell’articolo 1053 c.c. era liquidata in euro 1500, mentre le spese per la rimozione e la ricostruzione del muretto con paletti di sostegno e reti apposti dalla NOME dovevano porsi a carico dell’appellante, avendo l’appellata compiuto atti del tutto legittimi nel recintare la sua proprietà.
Quanto alle spese di lite la Corte d’Appello rilevava la soccombenza dell’appellante in relazione alla domanda principale (in tesi) e la circostanza che, come risultava dalla relazione del consulente incaricato anche del tentativo di conciliazione, i tecnici delle parti avevano condiviso la soluzione tecnica proposta per eliminare la difficoltà di passaggio ed entrambe le parti avevano
proposto la compensazione delle spese legali. L’unica differenza fra le proposte consisteva nella richiesta di parte attrice di attribuire alla controparte le spese di realizzazione dei lavori e di consulenza tecnica, mentre la convenuta chiedeva che il costo dei lavori fosse accollato alla parte attrice e che le fosse riconosciuto l’indennizzo (cioè, in sostanza la soluzione aAVV_NOTAIOata dalla sentenza).
In considerazione di ciò le spese dei due gradi del giudizio dovevano porsi a carico dell’appellante nella misura di 4/5 (quattro quinti), compensandosi per il resto ed erano liquidate sulla base dei valori medi del d.m. n. 55 del 2014 per le cause di valore indeterminabile in euro 7274 per il primo grado ed euro 6615 per il giudizio di appello.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli art. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360, n 4, c.p.c. per avere condannato parte appellante sostanzialmente vittoriosa, al pagamento delle spese di lite e di ctu nella misura di 4/5.
A parere della ricorrente sarebbe lampante che la Corte di appello adita ha riformato la sentenza di primo grado accogliendo le doglianze e i rilievi che l’appellante aveva formulato. Vero è che
la Corte ha confermato il rigetto della domanda di tesi’, ma è altrettanto vero che ha accolto in pieno ‘la domanda di ipotesi’, ovvero ha accolto quanto sin dal primo atto difensivo richiesto dalla appellante circa la costituzione di una servitù di passo sulla porzione di terreno della proprietà NOME.
Peraltro, la Corte di Appello ha accolto l’appello anche nella parte in cui la appellante si doleva della errata determinazione delle spese di lite, correttamente riducendole e rideterminandole.
La censura, dunque, ha ad oggetto l’applicazione erronea del principio della compensazione, ponendo a carico della ricorrente i quattro quinti nonostante ella risultava nella sostanza, quasi totalmente vittoriosa.
L’individuazione della parte soccombente deve farsi in base al principio di causalità, con la conseguenza che la parte obbligata a rimborsare alle altre le spese che hanno anticipato nel processo, è quella che, col proprio comportamento tenuto fuori del processo, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, ha dato causa al processo od al suo protrarsi.
Nella fattispecie sarebbe la controparte ad aver resistito a pretese fondate.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 92, come novellato dall’art. 13 del d.l. n. 132 del 2014, modificato dalla legge di conversione n. 62 del 2014, per avere condannato parte appellante al pagamento delle spese di lite e di ctu nella misura di 4/5 in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4 c.p.c.
Il ricorrente evidenzia che il nuovo artt. 92 c.p.c. prevede solo due ipotesi non ricorrenti nel caso di specie per operare la
compensazione delle spese del giudizio vale a dire ‘l’assoluta novità della questione trattata’ ed il ‘mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti’. Nel caso di specie non ricorrerebbe nessuna delle due previsioni tassative: la questione trattata non sarebbe nuova, né vi sarebbe alcun mutamento della giurisprudenza sul tema.
La Corte di Appello di Firenze, nel fare ciò, sembra aver applicato l’art. 92 c.p.c. secondo la superata impostazione originaria che consentiva la compensazione in base ai ‘giusti motivi’, probabilmente individuati nella volontà dell’appellante di non accettare le soluzioni prospettate in sede tecnica.
Il P.G. ha concluso per il rigetto dei due motivi di ricorso.
In particolare, l’Ufficio di procura evidenzia che nella specie deve valutarsi la compensazione delle spese, in un caso in cui la corte territoriale ha accolto una domanda posta in via gradata, avendo rigettato la domanda principale e che questa Corte ha precisato che nel caso in cui, rigettata la domanda principale, venga accolta quella proposta in via subordinata, può configurarsi una soccombenza parziale dell’attore nella sola ipotesi in cui le due domande siano autonome, in quanto fondate su presupposti di fatto e ragioni di diritto diversi (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26043 del 17/11/2020).
Nella specie si trattava evidentemente di domande autonome, in quanto fondate su ragioni di diritto diverse, essendo fondata, la prima, su un accertamento di una servitù, e la seconda, sulla necessità di una costituzione di servitù di passo su una porzione di terreno adiacente a quella già gravata dalla servitù.
Ciò posto, osserva il P.G., che, in ogni caso, il sindacato di legittimità sulle pronunzie dei giudici del merito è diretto solamente ad evitare che possa risultare violato il principio secondo cui esse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, essendo del tutto discrezionale la valutazione di totale o parziale compensazione per giusti motivi, sicché nella specie non può che rilevarsi la sussistenza di una completa e logica motivazione in punto di compensazione parziale (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 26912 del 26/11/2020; n. 18128 del 31/08/2020 Rv.658963).
Quanto al motivo sub. b), è poi sufficiente rilevare, come correttamente osservato anche dalla controricorrente, che le doglianze in merito alla violazione dell’art. 92 c.p.c. in punto di spese di consulenza non tengono conto della circostanza che le modifiche a quella disposizione introAVV_NOTAIOe dal d.l. n. 132 del 2014, si applicano ai procedimenti introAVV_NOTAIOi dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione, laddove l’atto di citazione introduttivo del giudizio è antecedente a tale data.
I due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
Il collegio condivide le conclusioni del P.G.
La Corte d’Appello ha ritenuto infondata la domanda della COGNOME di rimozione del muro con sovrastante rete metallica a carico della COGNOME fondata sul disagio che le arrecava in quanto rendeva difficoltoso l’utilizzo del passaggio con la propria auto. Secondo la Corte d’Appello la convenuta COGNOME non aveva compiuto alcuna violazione dell’articolo 1067 c.c. nel recintare il suo terreno, avendo lasciato completamente libera la porzione asservita.
Il giudice del gravame, invece, ha accolto la domanda subordinata di ampliamento della servitù ritenendo sussistente il requisito della interclusione relativa che legittimava l’applicazione del primo comma dell’articolo 1051 c.c.
In proposito deve ribadirsi che: Nel caso in cui, rigettata la domanda principale, venga accolta quella proposta in via subordinata, può configurarsi una soccombenza parziale dell’attore nella sola ipotesi in cui le due domande siano autonome, in quanto fondate su presupposti di fatto e ragioni di diritto diversi (Sez. 6 3, Ordinanza n. 26043 del 17/11/2020, Rv. 659920 – 01).
Risulta corretta, pertanto, la decisione in relazione alla soccombenza reciproca perché, stante l’autonomia delle due domande, la ricorrente non poteva ritenersi integralmente vincitrice. Nella specie, dunque, si è in presenza di una soccombenza reciproca e, per di più, la Corte d’appello ha ampiamente motivato sulle ragioni della parziale compensazione.
Infatti, la Corte d’Appello dopo aver correttamente affermato la soccombenza dell’allora appellante sulla domanda principale, ha fondato la decisione di compensazione parziale sul fatto che la causa non aveva trovato una soluzione conciliativa in ragione della richiesta della ricorrente di attribuire alla controparte le spese di realizzazione dei lavori e di CTU. Su tale punto, invece, la sentenza era conforme alla proposta conciliativa del CTU sicché si giustificava l’attribuzione del criterio della ripart izione delle spese sulla base di 4/5.
Peraltro, deve osservarsi come rispetto a tale condanna a sostenere le spese della rimozione e ricostruzione arretrata del
muretto con paletti di sostegno non vi è impugnazione sicché la statuizione sul punto si è definitivamente consolidata.
4.1 Quanto al secondo motivo, deve osservarsi come risulti corretto il rilievo del Procuratore Generale secondo cui nel caso di specie trovi applicazione ratione temporis la versione dell’art. 92 c.p.c. antecedente la modifica di cui all’art. 13 del d.l. n. 132 del 2014 come modificato dalla legge di conversione n. 162 del 2014. Il secondo comma del suddetto art. 13, infatti, prevede che la modifica dell’art. 92, secondo co mma, si applichi ai procedimenti introAVV_NOTAIOi a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Infatti, l’atto introduttivo del giudizio è antecedente risalendo al 10 dicembre 2021 e, dunque, deve applicarsi la versione dell’art. 92 nella formulazione, applicabile “ratione temporis”, modificata dall’art. 2, comma 1, lett. a, della l. n. 263 del 2005, secondo cui il giudice è tenuto ad indicare, ove non sussista soccombenza reciproca, i giusti motivi posti a fondamento della stessa che non possono essere costituiti dal riferimento alla natura o al modesto valore della controversia ovvero risolversi nell’uso di motivazioni illogiche o meramente apparenti (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25594 del 12/10/2018, Rv. 650982 – 01).
Peraltro, la norma non si applica in caso di soccombenza reciproca che, per quanto si è detto, ricorre nel caso di specie.
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte contro ricorrente che liquida in euro 2000 più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione