Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 850 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 850 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5009/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in SOLOFRA (AV), INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in AVELLINO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI n. 4357/2022, depositata il 19/10/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Avellino, in accoglimento della domanda proposta da NOME COGNOME, aveva accertato lo sconfinamento nella proprietà dell’attore del manufatto realizzato da NOME, condannandola all’arretramento del detto manufatto sino al confine individuato nei grafici allegati alla CTU, rigettando la domanda risarcitoria dell’attore e le domande riconvenzionali della convenuta aventi ad oggetto la dichiarazione di legittimità dello stato di fatto dell’immobile, nonché la richiesta di vedere riconosciuto in suo favore il diritto a mantenere inalterata la costruzione esistente in virtù di usucapione ultraventennale e, in subordine, in virtù di usucapione decennale per avvenuto acquisto in buona fede ovvero, in ulteriore subordine ex art. 938 c.c., l’offerta di corrispondere al COGNOME l’indennità dovuta per legge.
Avverso detta pronuncia interponeva gravame NOME COGNOME innanzi alla Corte d’Appello di Napoli.
Espletata nuova CTU, il giudice di seconde cure riformava in parte la pronuncia impugnata, ordinando l’arretramento della sola tettoia posta a copertura del capannone di proprietà Castiello nei limiti del confine, compensando tra le parti le spese del doppio grado di giudizio nella misura di ¼ e condannando COGNOME NOME al pagamento dei restanti ¾ delle spese.
La sentenza della Corte d’Appello viene qui impugnata per la cassazione, e il ricorso affidato a due motivi.
Resiste NOME COGNOME depositando controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per aver, la sentenza impugnata, compensato per un quarto le spese processuali e posto i restanti tre quarti a carico
del ricorrente, parte vittoriosa. A tal proposito, precisa il ricorrente che, con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, il ricorrente chiese che la convenuta fosse condannata: « … alla demolizione di tutte le parti dei fabbricati edificate sul fondo di proprietà del dichiarante… ». Per cui, non avendo egli individuato l’entità delle parti sconfinanti, ma avendone demandato l’accertamento in sede giudiziale, non si verte neanche nell’ipotesi di domanda accolta in limiti più ristretti rispetto a quelli richiesti. NOME COGNOME quindi, rispetto a tale domanda, è rimasto totalmente vittorioso all’esito dei due gradi di giudizio. Quanto alla domanda accessoria di risarcimento dei danni, rigettata in primo grado, su di essa si è formato giudicato interno a séguito della pronuncia di primo grado non appellata sul punto.
Con il secondo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., anche in relazione all’art. 360, comma 1 , n. 5) cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata, in sede di riparto delle spese, ritenuto la prevalente soccombenza del ricorrente in dispregio del principio di causalità. A giudizio del ricorrente, sarebbe del tutto evidente che, nella fattispecie in esame, la necessità del processo sia stata determinata da NOME COGNOME che, con il suo comportamento antigiuridico, ha originato la necessità del processo: il giudice di seconde cure non avrebbe considerando il fatto che lo stesso NOME COGNOME per ottenere tutela al suo diritto leso, ha dovuto comunque fare ricorso all’azione giudiziaria e veder accolta la domanda di arretramento della parte di fabbricato che ancora oggi invade la sua proprietà, e che, nell’ambito di detta azione, NOME COGNOME non ha mai riconosciuto l’illecito perpetrato.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente per evidente connessione logica, e sono inammissibili per le ragioni di séguito esposte.
Com’è noto, questa Corte nella sua più autorevole composizione in tema di spese processuali ha avuto occasione di precisare (per quel che qui rileva) che: a) la reciproca soccombenza è configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti, ovvero in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi; b) la reciproca soccombenza può giustificare la compensazione totale o parziale delle spese; c) non è consentita la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente (Cass. Sez. U, Sentenza n. 32061 del 31/10/2022, Rv. 666063 – 01).
È, inoltre, principio pacifico e risalente, nella giurisprudenza di questa Corte, che ai fini della regolazione delle spese la soccombenza deve essere valutata in base all’esito complessivo del giudizio, dove «esito complessivo» del giudizio vuol dire che occorre avere riguardo non all’esito dei singoli gradi in cui il processo si sia articolato, ma al risultato finale conseguito dall’attore. Corollario di questo principio è che in caso di accoglimento solo parziale della domanda il giudice può disporre la totale o parziale compensazione delle spese sostenute dal convenuto sempre parzialmente vittorioso, al pagamento di parte delle spese (per tutte: Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 26918 del 24/10/2018, Rv. 651332 – 01).
3.1. Nel caso che ci occupa, NOME COGNOME sosteneva che i fabbricati di proprietà della convenuta fossero stati costruiti ad una distanza dal confine inferiore a quella minima prevista dagli strumenti urbanistici vigenti nel Comune di Montoro Superiore, invadendo per larga parte il terreno di proprietà dell’attore e occupandolo illecitamente. Per tali ragioni, l’attore chiedeva la demolizione di tutti i manufatti realizzati e la condanna della convenuta al risarcimento dei
danni. Rigettata in primo grado la domanda di risarcimento dei danni, all’esito del giudizio d’appello veniva accertato che il fabbricato costruito dall’allora appellante non invadeva parte della consistenza della proprietà COGNOME, dovendosi riconoscere solo alla copertura in lamiera lo sconfinamento per circa 50 cm dalla linea di confine, disponendo di conseguenza non già la demolizione del manufatto bensì l’arretramento della sola tettoia; venivano per l’effetto rigettate le domande riconvenzionali dell’ appellante.
Alla luce dei principi sopra enunciati, pertanto, si ravvisa una parziale soccombenza del COGNOME, stante il parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi (demolizione del manufatto e risarcimento dei danni), dalla quale discende la corretta disposizione della parziale compensazione delle spese.
La doglianza, dunque, si traduce in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. sez. 2, n. 19717 del 17.06.2022; Cass. Sez. 2, n. 21127 dell’08.08.2019).
3.2. Quanto al principio di causalità invocato dal ricorrente nel secondo motivo ai fini della determinazione del quantum , è utile ricordare che la nozione di soccombenza reciproca, che consente come visto la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali (art. 92, comma 2, c.p.c.), si verifica – anche in relazione al principio di causalità – nelle ipotesi in cui (oltre ad una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che siano state cumulate nel medesimo processo fra le stesse parti) sia stata accolta parzialmente -come nel caso che ci occupa – l’unica domanda proposta articolata in più capi, dei quali siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, sulla base di una valutazione discrezionale, fondata sul
principio di causalità, che resta sottratta al sindacato di legittimità (per tutte: Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 18183 del 24/06/2021, Rv. 661665 – 01).
4. In definitiva, il Collegio dichiara il ricorso inammissibile.
Liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che liquida in €. 3.000,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda