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Smarchiatura marchio: quando è illecito?

Un’azienda di abbigliamento cita in giudizio una casa discografica e una federazione sportiva per la pratica di ‘smarchiatura marchio’, ovvero l’oscuramento del proprio logo da un giubbotto indossato da un cantante in un video musicale. Mentre il Tribunale accoglie la domanda risarcitoria, la Corte d’Appello la rigetta. Il caso giunge in Cassazione, ma si conclude con una rinuncia al ricorso accettata dalla controparte. La Suprema Corte dichiara estinto il giudizio, chiarendo che in caso di rinuncia non è dovuto il ‘doppio contributo unificato’.

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Smarchiatura Marchio: Oscurare un Logo è Sempre Illegale?

La pratica della smarchiatura marchio, ovvero la rimozione o l’oscuramento di un logo da un prodotto, solleva complesse questioni legali. È sempre un atto illecito? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, pur non decidendo nel merito della questione, offre importanti spunti procedurali. Il caso analizzato riguarda un noto marchio di abbigliamento il cui logo è stato oscurato in un video musicale di risonanza mondiale, portando a un contenzioso che ha attraversato tutti i gradi di giudizio.

I Fatti di Causa

Una celebre azienda produttrice di giubbotti citava in giudizio una casa discografica internazionale e una federazione sportiva. Oggetto del contendere era il video musicale ufficiale di un importante evento sportivo, nel quale il cantante protagonista indossava un giubbotto della nota marca. In fase di post-produzione del video, tuttavia, il logo presente sul capo veniva prima oscurato e poi completamente rimosso.

L’azienda titolare del marchio lamentava una violazione dei propri diritti, sostenendo che tale operazione costituisse contraffazione, concorrenza sleale e un illecito extracontrattuale, con conseguente danno alla reputazione e al prestigio del brand.

La Controversia Giudiziaria e la smarchiatura marchio

Il percorso giudiziario della vicenda è stato altalenante, dimostrando la complessità della materia.

La Decisione del Tribunale

In primo grado, il Tribunale dava ragione all’azienda di abbigliamento. I giudici riconoscevano che l’utilizzo del giubbotto con il logo oscurato configurava una lesione del marchio, in particolare del suo prestigio, e un atto di concorrenza sleale per comportamento non conforme alla correttezza professionale. Di conseguenza, condannavano la casa discografica e la federazione sportiva a un cospicuo risarcimento del danno.

La Riforma in Corte d’Appello

La Corte d’Appello ribaltava completamente la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, la semplice smarchiatura marchio non costituiva una violazione del diritto di utilizzo esclusivo. La Corte osservava che l’oscuramento del logo non aveva causato uno svilimento del marchio, né una diminuzione del suo valore identificativo o economico. Non era stata violata la facoltà di riconoscere il prodotto come proveniente da una specifica impresa, ma solo la possibilità di identificarlo visivamente nel video.

Le Motivazioni

La Suprema Corte non è entrata nel merito della controversia sulla liceità della smarchiatura marchio, poiché il suo intervento si è concentrato su un aspetto puramente procedurale. La ricorrente, infatti, ha depositato una nota di rinuncia al ricorso, prontamente accettata dalle controricorrenti. Di fronte a tale circostanza, la Corte non ha potuto fare altro che prendere atto della volontà delle parti.

Le motivazioni della sua ordinanza si fondano sui seguenti principi:
1. Estinzione del Giudizio: In presenza di una rinuncia rituale al ricorso e di una conseguente adesione della controparte, il giudice deve dichiarare l’estinzione del giudizio. Il processo si chiude senza una decisione sulla questione di diritto.
2. Spese Processuali: Ai sensi dell’art. 391, ultimo comma, del codice di procedura civile, quando la controparte accetta la rinuncia, non vi è luogo a una condanna alle spese. Le parti, in sostanza, si accordano per chiudere la lite senza ulteriori oneri.
3. Esclusione del ‘Doppio Contributo Unificato’: Questo è il punto più rilevante dell’ordinanza. La Corte ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato (il cosiddetto ‘doppio contributo’) è una misura sanzionatoria eccezionale. Essa si applica solo nei casi tassativamente previsti dalla legge: rigetto dell’impugnazione, inammissibilità o improcedibilità. La rinuncia al ricorso non rientra in queste categorie e, pertanto, non fa scattare l’obbligo di pagamento della sanzione.

Le Conclusioni

Sebbene la questione sostanziale sulla smarchiatura marchio rimanga aperta, l’ordinanza della Cassazione fornisce una fondamentale indicazione di carattere procedurale. Viene stabilito con chiarezza che la rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte, non solo estingue il giudizio senza una pronuncia sulle spese, ma esclude anche l’applicazione della sanzione del doppio contributo unificato. Questa precisazione offre una maggiore prevedibilità alle parti che, in pendenza di un giudizio di legittimità, raggiungono un accordo transattivo, incentivando la risoluzione extragiudiziale delle controversie.

Oscurare il logo di un prodotto (smarchiatura marchio) costituisce sempre una violazione dei diritti del titolare?
La questione è dibattuta. Il provvedimento analizzato mostra come il Tribunale di primo grado l’abbia considerata una violazione, mentre la Corte d’Appello l’abbia ritenuta lecita in assenza di un effettivo svilimento o danno economico al marchio. La Cassazione non si è pronunciata sul punto, poiché il caso si è chiuso con una rinuncia.

Se una parte rinuncia al proprio ricorso per cassazione, deve pagare le spese legali alla controparte?
No. Secondo l’ordinanza, che richiama l’art. 391 del codice di procedura civile, se la parte controricorrente accetta espressamente la rinuncia, non è prevista alcuna statuizione sulle spese processuali.

In caso di rinuncia al ricorso per cassazione, è dovuto il pagamento del cosiddetto ‘doppio contributo unificato’?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il ‘doppio contributo unificato’ è una misura con natura sanzionatoria applicabile solo nei casi specifici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione. La rinuncia al ricorso non rientra tra queste ipotesi e, pertanto, non comporta il pagamento di tale sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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