Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5265 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5265 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27162/2020 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliate in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME
NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti e ricorrenti
incidentale-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 1298/2020 depositata il 14/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
NOME COGNOME ha impugnato per cassazione la sentenza con la quale la corte d’appello di Napoli , dopo aver dichiarato la nullità della sentenza di primo grado perché adottata in composizione collegiale anziché monocratica, ha rinnovato il giudizio e ha respinto la domanda di risarcimento dei danni avanzata dal medesimo COGNOME contro RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, incorporante di RAGIONE_SOCIALE) e contro RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), quanto a quest’ultima ai sensi dell’art. 2497 cod. civ., per la sostanziale revoca dalla carica di amministratore delegato della società RAGIONE_SOCIALE non sorretta da giusta causa e adottata in modo abusivo, per il tramite della provocata decadenza dell’intero consiglio di amministrazione .
Ha dedotto due motivi.
La RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, incorporante di RAGIONE_SOCIALE) ha resistito con controricorso e ha proposto due motivi di ricorso incidentale.
Eguale difesa, sempre con ricorso incidentale, ha svolto anche RAGIONE_SOCIALE
Queste parti hanno depositato memorie.
Il ricorrente ha replicato ai ricorsi incidentali con controricorso e ha chiesto infine che la causa sia discussa in pubblica udienza.
Ragioni della decisione
All’istanza di rinvio per trattazione in pubblica udienza non va dato seguito, essendo l’istanza motivata in termini eccentrici rispetto all’art. 375 cod. proc. civ.
Si assume che il ricorso ‘ riguarda una questione ‘singolare’ rispetto alle ricorrenti problematiche di diritto scolastico’, tali da fa r ritenere ‘utile’ la discussione orale di ‘alcuni aspetti specifici’ .
In disparte la genericità di simile ultima frase, è ovvio che si è fuori dai confini dell’ art. 375 cod. proc. civ.
La pronuncia in pubblica udienza è prevista nell’attuale contesto del processo di cassazione come eccezionale, ed è riferita a ‘questione di diritto’ di ‘particolare’ rilevanza, non a casi di asserita semplice ‘singolarità’ di quanto sotteso al ricorso.
La questione di diritto, per la ragione che segue, non è di particolare rilevanza.
II. -Col primo motivo il ricorrente principale, denunziando la violazione o falsa applicazione degli art. 113, 115, 116 e 244 cod. proc. civ. e l’ omesso esame di fatto controverso, censura la sentenza per essersi sottratta allo scrutinio degli elementi di prova tesi a dimostrare che le dimissioni di alcuni componenti dell’organo amministrativo di RAGIONE_SOCIALE e le conseguenti determinazione dell’assemblea in punto di modifica statutaria e sostituzione del c.d.a. con un amministratore unico avevano avuto come unico scopo quello di giungere a una revoca sostanziale di esso ricorrente, senza l’esistenza del presupposto della giusta causa, mediante un uso strumentale della clausola simul stabunt simul cadent .
Il motivo è inammissibile.
III. – Gli elementi di fatto rilevanti a tal riguardo sarebbero consistiti, secondo il ricorrente, (a) nel fatto che al momento delle dimissioni il programma imprenditoriale di RAGIONE_SOCIALE non era
affatto concluso; (b) nel fatto che le dimissioni dei consiglieri non avrebbero potuto raccordarsi alla detta conclusione del programma, tanto più che erano state giustificate con formula di stile riferita a presunti impegni professionali in vero insistenti; (c) nel fatto che non sussisteva una vera esigenza di modifica dell’assetto organizzativo sottostante, giacché appena trentasei giorni dopo RAGIONE_SOCIALE aveva deciso di fondersi nella RAGIONE_SOCIALE; (d) nel fatto che l’assemblea deliberante la modifica statutaria era stata preorganizzata sul presupposto di quelle dimissioni; (e) nel fatto che il vero scopo dei deliberati era stato quello di revocare, appunto, esso ricorrente dalla carica aggirando le regole risarcitoria in difetto di giusta causa.
Si tratta però di affermazioni per lo più corrispondenti a valutazioni personali del ricorrente stesso, quando invece tutti i citati profili sono stati oggetto di diverso apprezzamento da parte della corte d’appello ; e nessun (vero) fatto storico, principale o secondario e (in ogni caso) decisivo, risulta essere stato effettivamente indicato, nel ricorso, come omesso ai fini della ricostruzione della vicenda.
IV. – Con indirizzo costante questa Corte va ripetendo che l’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Donde l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice (v. Cass. Sez. U n. 8053-14) e sia stato valutato nel contesto di una conclusione diversa da quella pretesa dalla parte.
Spetta infatti solo al giudice del merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza.
L ‘odierna censura, anche in relazione a supposti vizi ex art. 115 e 116 cod. proc. civ., resta finalizzata alla revisione critica dell’ iter del ragionamento che ha condotto il giudice del merito a concludere nel senso della inesistenza di distorsioni nelle dimissioni dei componenti del c.d.a. e della esistenza, al contrario, di valide ragioni per la modifica dell’assetto amministrativo della società.
V. -Col secondo motivo del ricorso principale si denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1375 e 2383 cod. civ., in quanto la sentenza non avrebbe fatto buon uso della regola per cui, quando una clausola simul stabunt simul cadent non è impiegata genuinamente, il giudice deve rilevarne l’uso distorto rispetto alla ratio individuabile nel precipuo scopo di evitare la gestione della società da parte di organo amministrativo diverso da quello originariamente nominato. A dire del ricorrente la corte d’appello avrebbe disapplicato la regola per cui l’amministratore di società per azioni è bensì revocabile dall’assemblea in qualunque tempo, ma se tale revoca non è sostenuta da giusta causa spetta all’amministratore revocato il risarcimento dei danni.
VI. – Anche il secondo motivo è inammissibile.
Lo è come conseguenza dell’inammissibilità del primo.
La corte territoriale non ha disconosciuto l’astratta possibilità , per il giudice, sindacare l’uso distorto della clausola simul stabunt simul cadent ove questa sia impiegata per ottenere, illecitamente, il venir meno di un amministratore scomodo nonostante il difetto di giusta causa di revoca.
La corte d’appello ha molto più semplicemente escluso in fatto che, nella specie, ricorresse un tale uso distorto.
Nel far questo ha motivato la sua valutazione in modo plausibile e concreto (è sufficiente rinviare all’articolato testo della sentenza) , con ciò esaurendo il compito che le si imponeva.
La valutazione di merito non è sindacabile da questa Corte di legittimità.
VII. -Col primo motivo del ricorso incidentale le società a loro volta deducono la violazione o falsa applicazione degli artt. 50-bis e seg. cod. proc. civ. e 161 stesso codice nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto la nullità della sentenza di primo grado in quanto emessa dal giudice collegiale anziché monocratico.
Il motivo è infondato.
La domanda proposta da NOME era limitata al profilo risarcitorio.
Si trattava (e si tratta) di una comune domanda di risarcimento dei danni.
Presupponeva un sindacato non sulla deliberazione societaria in sé, in vero non impugnata, ma sull’uso distorto che era stato fatto della clausola statutaria in correlazione con le dimissioni del c.d.a.
Anche a volerla ritenere relativa ‘ a rapporti societari ‘ , la domanda risulta propost a a novembre 2011, prima quindi dell’entrata in vigore della modifica del d.lgs. n. 168 del 2003 dovuta al d.l. n. 1 del 2012, convertito con modificazioni in l. n. 27 del 2012.
Ne segue che la doglianza delle società non fondamento da nessuno dei punti di vista.
VIII. -Col secondo motivo, in subordine, le ricorrenti incidentali denunziano la violazione o falsa applicazione degli artt. 50-quater, 161, 354 e 92 cod. proc. civ. perché in esito alla erronea declaratoria di nullità la sentenza si sarebbe limitata a statuire sulle sole spese del procedimento d’appello, nulla disponendo invece in ordine a quelle di primo grado.
Il motivo è inammissibile.
L’interesse che lo sottende (e che per la verità sottende anche il primo mezzo) è individuabile nel riflesso in termini di spese del giudizio di primo grado.
Le ricorrenti incidentali assumono alternativamente: (i) che l’accoglimento del primo motivo comp orterebbe, con la cassazione della sentenza nel capo afferente alla nullità di quella di primo grado, la ‘reviviscenza’ delle relative statuizioni anche in punto di spese; (ii) in
subordine, e comunque, che la sentenza sarebbe errata nella parte in cui si è limitata a statuire sulle spese del procedimento d’appello, nulla avendo disposto invece in ordine a quelle del primo grado il cui provvedimento finale era stato oggetto di declaratoria di nullità.
Ma ne è infondato il presupposto, perché le spese sono state infine liquidate dalla corte d’appello anche in rapporto al primo grado .
Avendo avuto anche in tal caso, la sentenza d’appello , funzione sostitutiva, niente autorizza a dire che ai fini della liquidazione essa non abbia preso in considerazione, nella globalità, anche e proprio la sorte delle spese del primo grado.
In presenza della dichiarazione di nullità della decisione di primo grado, il giudice di appello è tenuto a esaminare nel merito la domanda.
In questa prospettiva egli deve comportarsi -e si comporta -come giudice di unico grado.
Non può quindi confermare alcuna statuizione della pronuncia ritenuta nulla, ivi inclusa quella sulle spese, e deve procedere a una nuova liquidazione delle stesse relativamente al doppio grado di merito (v. Cass. Sez. 2 n. 23132-21).
Anche in tal caso, però, la pronuncia sulle spese segue il criterio consueto di globalità e tiene il fondamento nell’esito complessivo della lite.
IX. -Diversamente da quanto sostenuto dalle ricorrenti incidentali, la corte d’appello, nel liquidare le spese, si è mossa in consecuzione con tale criterio unitario e globale, così come si evince d’altronde dall’espressione impiegata nel disp ositivo, non facente alcun riferimento al ‘grado’ ma appunto complessivamente al ‘giudizio’ definito con la sentenza ( ‘spese processuali sostenute nel presente giudizio’) .
Nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ. le ricorrenti incidentali sostengono che una tale lettura del dispositivo della sentenza non sarebbe corretta, perché in contraddizione con un canone letterale e con i valori economici sottesi alla liquidazione.
Il rilievo non ha fondamento.
Il canone letterale è invocato a sproposito, perché è evidente la diversità di significato del più ampio termine ‘giudizio’ , rispetto al termine ‘fase’ o ‘grado’ al quale riferire la liquidazione dopo la declaratoria di nullità della sentenza.
Il riferimento a una presunta contraddizione coi valori economici della liquidazione non è indicativo di un diverso modo di intendere la liquidazione stessa, ma al più di un errore nella liquidazione; errore che tuttavia non è dedotto, nel caso di specie, in apposito motivo di ricorso.
Il ricorso incidentale, dunque, va respinto.
X. -In conclusione, tutti i ricorsi sono disattesi e ciò comporta la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.
p.q.m.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, rigetta gli incidentali, compensa per intero le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principale e incidentali , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo a ciascun ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione