Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25891 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25891 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25216-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 257/2022 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 27/04/2022 R.G.N. 1207/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
08/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto
R.G.N. 25216/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 08/07/2025
CC
1.Con sentenza in data 27 aprile 2022, la Corte d’Appello di Milano ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE confermando la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso di NOME COGNOME e dichiarato l’illegittimità della sanzione disciplinare di due giorni di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione condannando la RAGIONE_SOCIALE alla restituzione in favore del lavoratore della somma trattenuta, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria. La Corte d’Appello ha altresì condannato l’appellante RAGIONE_SOCIALE a rifondere le spese di lite del grado, liquidate nell’importo di € 3.300,00.
Il primo giudice aveva ritenuto che l’ordine di servizio n. 6/2017, posto a fondamento della sanzione, fosse illegittimo in quanto in contrasto con la norma di cui all’art. 172 C.d.S., che prevede l’obbligo dell’utilizzo della cintura di sicurezza sui mezzi di trasporto pubblico, fatta eccezione dei tratti urbani. Aveva rilevato che, sebbene RAGIONE_SOCIALE avesse modificato il documento “Titolo dell’impiego dell’autobus” per autorizzare la circolazione in tratte interurbane con passeggeri in piedi, tale autorizzazione non si estendeva per la tratta di venti km da Milano a Legnano, dove il percorso autostradale copre il 90% dell’intera corsa.
La Corte d’appello, condividendo l’iter decisorio del primo giudice, ha ritenuto che l’ordine di servizio n. 6/2017 attribui va al conducente il potere/dovere di valutazione delle circostanze di tempo, di luogo e di modo per consentire l’attuazione dell’eccezione prevista al divieto di permanenza di passeggeri in piedi (nei limiti del n. max. previsto nell’omologazione del mezzo) nei tratti interurbani comprensivi dei tratti autostradali. Ha poi precisato che la controversia non riguarda la legittimità o meno dell’ordine di servizio n. 6/2017, con cui la società appellante ha adeguato la gestione interna alla Direttiva Agenzia TPL n. 44/2017 che consente il trasporto in piedi dei passeggeri
anche sulle autostrade nei limiti riportati nell’ordine di servizio stesso, ma la verifica del corretto esercizio da parte del dipendente del potere discrezionale attribuitogli in relazione alle condizioni concrete di ammissibilità del trasporto in piedi dei passeggeri nei tratti extraurbani.
Ed ha concluso, sempre condividendo le ragioni del primo giudice, che ‘ la situazione in cui si trovava il ricorrente non poteva in alcun modo consentire il trasporto in piedi di passeggeri sul tratto autostradale.’
Per la cassazione della sentenza propone ricorso assistito da memoria RAGIONE_SOCIALE affidandolo a tre motivi.
Resiste, con controricorso, NOME COGNOME.
Entrambe le parti hanno presentato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, RAGIONE_SOCIALE censura la sentenza della Corte d’Appello per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 161 c.p.c., nonché dell’art. 111 Cost., per aver rigettato l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado. La ricorrente sostiene che la pronuncia di primo grado era affetta da motivazione apparente, ovvero da un vizio di omessa o insufficiente motivazione, poiché si sarebbe limitata a una mera “riproduzione” delle argomentazioni del ricorso introduttivo del Pastore, senza un’autonoma valutazione dei fatti e un’esplicazione sintetica delle ragioni della propria adesione.
1.1.Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 169 e 172 del Codice della Strada, della direttiva n. 44/2017 del 22/11/17 dell’Agenzia per il Trasporto Pubblico Locale del bacino della Città Metropolitana di Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia e dei criteri ermeneutici.
1.2. Il terzo motivo di ricorso censura la decisione impugnata per violazione dell’art. 42 comma 1 punto 1 all. A al RD 148/1931 assumendo che la sanzione disciplinare fosse stata comminata anche per il ritardo di cinque minuti del servizio.
2. Il primo motivo è infondato.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che, in caso di censura per motivazione mancante, apparente o perplessa, spetta al ricorrente allegare in modo non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza (Cass. n. 13578 del 02/02/2020) e, d’altra parte, per aversi motivazione apparente occorre che la stessa, pur se graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost. (sul punto, fra le altre, Cass. n. 13248 del 30/06/2020).
Con riferimento alla dedotta omessa e contraddittoria motivazione, occorre rilevare, poi, che si verte nell’ambito di una valutazione di fatto totalmente sottratta al sindacato di legittimità, in quanto in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1 , n. 5 del cod. proc. civ., al di fuori dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte –
formatasi in materia di ricorso straordinario- in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (fra le più recenti, Cass. n. 13428 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017; Cass. n. 3752 del 2021).
Nella specie la Corte, con motivazione in fatto non implausibile, ha dato conto delle ragioni a sostegno dell’insussistenza della lamentata nullità.
La censura rivolta alla sentenza di primo grado per motivazione apparente non integra un valido motivo di legittimità contro la decisione della Corte d’Appello. Quest’ultima ha esplicitamente escluso tale vizio, ritenendo che la sentenza di primo grado avesse “chiaramente esposto il percorso logico giuridico seguito al fine di giungere alla decisione”, consentendo all’appellante “un ampio ed articolato atto di appello”.
L’assenza radicale di motivazione, ovvero una motivazione così intrinsecamente contraddittoria da renderla incomprensibile, è l’unico caso in cui il vizio è rilevabile in Cassazione.
La stessa mera “riproduzione” o “copia-incolla” non integra, di per sé, il vizio di nullità per motivazione apparente se il giudice fa proprie le argomentazioni e il percorso logico risulta comunque intelligibile e sindacabile nei gradi successivi (cfr. Cass. S.U. n. 10627 del 2014; Cass. n. 29721 del 2019, secondo cui la concisione della motivazione non preclude la verifica in sede di impugnazione; Cass. n. 7090 del 2022). La doglianza della ricorrente si manifesta infondata.
Anche il secondo motivo è infondato.
Parte ricorrente sostiene che l’art. 172 C.d.S. prevede l’utilizzo dei dispositivi di sicurezza limitatamente ai veicoli che ne sono effettivamente provvisti e non interferisce con le diverse disposizioni che consentono il trasporto in piedi di passeggeri su autobus di linea, nei limiti previsti dalla carta di circolazione del mezzo (che nel caso di specie riportava l’espressa indicazione della possibilità di trasportare n. 38 passeggeri in piedi).
Va preliminarmente rilevato, quanto alla dedotta violazione dell’art. 1362 cod. civ., che l’interpretazione de qua è attività riservata al giudice di merito, pertanto sottratta al sindacato di legittimità salvo che per il caso della violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale, tuttavia, non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicchè, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (sul punto, ex plurimis, Cass. n. 11254 del 2018). Cassazione.25
Le doglianze relative alla violazione e falsa applicazione degli artt. 169 e 172 C.d.S. e della direttiva TPL n. 44/2017, nonché all’omesso esame di circostanze decisive, si scontrano con la chiara ratio decidendi , non adeguatamente aggredita dall’odierna parte ricorrente .
3.1. La Corte territoriale ha correttamente inquadrato la questione non come una mera valutazione della legittimità formale dell’ordine di servizio o della direttiva, ma come una verifica in concreto del dovere di sicurezza del conducente in relazione alle specifiche condizioni di trasporto.
Ed invero, a prescindere dalla legittimità dell’ordine di servizio, ciò che la corte ha valorizzato è proprio la valutazione circa la ricorrenza di contingenze fattuali idonee a consentire o meno il trasporto di passeggeri in piedi, valutazione imprescindibilmente rimessa al guidatore – sulla base delle norme del codice della strada – e che la Corte ha ritenuto condivisibile, con valutazione sottratta al sindacato di legittimità.
La Corte ha ritenuto che le norme del Codice della Strada, in particolare l’art. 141 C.d.S. – che impone al conducente di regolare la velocità in modo da evitare pericoli per la sicurezza delle persone e delle cose – non consentivano al Pastore di procedere lentamente al bordo della strada.
In particolare, ha ritenuto che ‘l a circolazione sulla rete autostradale non prevede una velocità minima sulla corsia di destra, tuttavia il comma 6 dell’art. 141 CDS esclude di poter circolare sulle strade ad una velocità talmente ridotta da costituire intralcio o pericolo per il normale flusso di circolazione: nel caso in esame, peraltro, va detto che il conducente essendo soggetto agli orari di percorrenza e di servizio non può certamente adottare una velocità ridotta in autostrada per garantire la sicurezza dei passeggeri in piedi in caso di arresto improvviso, stante che ciò determinerebbe un ritardo nel servizio di TPL certamente incompatibile con le esigenze della società e dell’utenza’.
Ha correttamente evidenziato la Corte come il fatto che ha generato il procedimento disciplinare e la conseguente sanzione non fosse in contestazione fra le parti, risultando confermato il mancato rispetto dell’ordine di servizio n. 6/2017 nella parte in cui consente il trasporto di passeggeri in piedi anche su tratta extraurbana e, nello specifico, in percorso parzialmente svolto
su autostrada, oltre alla contestazione di ritardo colpevole del servizio per avere fatto scendere dall’autobus 8 persone in piedi ed aver atteso con motore spento tale discesa.
In sintesi, la Corte ha osservato che, in ogni caso, anche volendo aderire alla tesi dell’appellante di validità dell’ordine del servizio, tale ordine di servizio doveva essere esaminato in relazione all’obbligo del lavoratore di farne applicazione, secondo la stretta previsione contenuta in tale disposizione di servizio che così testualmente dispone: ‘Si precisa che il trasporto passeggeri in piedi sui servizi di linea interurbani è ammesso solo in condizioni di affollamento elevato, per tratti limitati e tempi brevi, nel numero massimo previsto in sede di omologazione del veicolo ed iscritto sulla carta di circolazione e nel rispetto di quanto disposto dall’art. 141 del Codice della Strada, in materia di obblighi per evitare ogni pericolo per la sicurezza delle persone.’
3.2. Dunque, ha correttamente ritenuto la Corte -con valutazione di fatto, sottratta al sindacato di legittimità – che proprio l’ordine di servizio n. 6/2017 attribuisse al conducente il potere/dovere di valutazione delle circostanze di tempo, di luogo e di modo per consentire l’attuazione dell’eccezione prevista dall’ordine di servizio al divieto di permanenza di passeggeri in piedi (nei limiti del n. max. previsto nell’omologazione del mezzo) nei tratti interurbani comprensivi dei tratti autostradali.
Il trasporto di passeggeri in piedi è infatti consentito ove sussistano le seguenti condizioni: affollamento elevato, tratti limitati e brevi, rispetto della norma di cui all’art. 141 CDS.
Pertanto, la decisione della Corte è fondata non già sulla legittimità o meno dell’ordine di servizio n. 6/2017, con cui la società appellante ha adeguato la gestione interna alla Direttiva
Agenzia TPL n. 44/2017 che consente il trasporto in piedi dei passeggeri anche sulle autostrade nei limiti riportati nell’ordine di servizio stesso, ma la verifica del corretto esercizio da parte del dipendente del potere discrezionale attribuitogli in relazione alle condizioni concrete di ammissibilità del trasporto in piedi dei passeggeri nei tratti extraurbani: tale valutazione, reputata corretta dalla Corte, è sottratta al sindacato di legittimità.
4. Il terzo motivo è infondato.
La società ricorrente contesta la decisione della Corte d’Appello per aver ritenuto il ritardo ascritto “del tutto privo di pregio, in quanto il ritardo di servizio è stato determinato dalla necessità di dare corretta esecuzione all’ordine di servizio facendo scendere dal mezzo i passeggeri in sovrannumero rispetto ai posti a sedere”. Si sostiene che la Corte d’Appello, senza indicare le fonti del proprio convincimento, si sia limitata ad affermare apoditticamente l’insussistenza delle condizioni per il trasporto in piedi dei passeggeri, nonostante il compendio allegatorio e probatorio in atti smentisse tale assunto, configurando un vizio di motivazione per mancanza o insufficienza.
Va premesso, con riguardo alla dedotta violazione dell’art. 2697 cod. civ., che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, la doglianza relativa alla violazione di tale precetto è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da detta norma. Tale ipotesi non ricorre nel caso di specie, avendo la Corte d’Appello correttamente applicato le regole sulla ripartizione dell’onere probatorio nella valutazione delle allegazioni e delle prove delle parti, senza alcuna inversione del carico della prova.
In particolare, poi, relativamente alla dedotta violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., occorre evidenziare che una questione di violazione e falsa applicazione di tale norma non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960).
Quanto, inoltre, ai poteri istruttori officiosi di cui all’art. 421 c.p.c. – il cui esercizio è del tutto discrezionale e come tale sottratto al sindacato di legittimità se configurato quanto al merito della valutazione – essi non possono sopperire alle carenze probatorie delle parti, così da porre il giudice in funzione sostitutiva degli oneri delle parti medesime e da tradurre i poteri officiosi anzidetti in poteri d’indagine e di acquisizione del tipo di quelli propri del procedimento penale (Cfr. Cass. n. 14923 del 2024).
Nel caso di specie, come si evince agevolmente dall’esame della motivazione della sentenza di secondo grado, parte ricorrente lamenta esclusivamente una erronea interpretazione delle prove offerte, delle quali, tuttavia, suggerisce un diverso apprezzamento, meramente contrapponendo alla motivazione della Corte la propria diversa interpretazione, senza apportare elementi che possano indurre a reputare la prima implausibile. Il giudice di secondo grado, infatti, ha fornito una motivazione chiara e logica in merito al ritardo del servizio, affermando che
“il ritardo di servizio è stato determinato dalla necessità di dare
corretta esecuzione all’ordine di servizio facendo scendere dal mezzo i passeggeri in sovrannumero rispetto ai posti a sedere”.
Questa statuizione non si palesa come apodittica, ma si fonda su un nesso di causalità accertato tra l’azione del lavoratore, ritenuta doverosa dalla Corte territoriale in funzione della sicurezza, e il conseguente ritardo. L’articolo 42 comma 1 punto 1 dell’Allegato A al R.D. 148/1931, che disciplina le infrazioni disciplinari dei dipendenti delle ferrovie e delle tranvie, deve essere interpretato alla luce dei principi generali del diritto del lavoro e della sicurezza.
Ha, conseguentemente, ritenuto la Corte, con valutazione non implausibile, non sanzionabile un ritardo che sia conseguenza diretta dell’adempimento di un dovere di sicurezza preminente e inderogabile.
La censura di RAGIONE_SOCIALE si risolve, pertanto, in una mera critica all’accertamento di fatto operato dalla Corte d’Appello sulla giustificazione del ritardo, richiedendo una rivalutazione non consentita in sede di legittimità.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto.
5.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
5.2. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dell’ articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione, in favore della parte controricorrente, delle spese di
lite, che liquida in complessivi euro 4000,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Cosi deciso nell’Adunanza camerale dell’8 luglio 2025.
La Presidente NOME COGNOME