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Sgravi contributivi: quale contratto applicare?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un datore di lavoro, confermando la revoca di sgravi contributivi per mancata applicazione del contratto collettivo territoriale, più favorevole di quello nazionale. La Corte ha ribadito che per accedere ai benefici, la base di calcolo dei contributi deve essere la retribuzione più alta prevista dai diversi accordi applicabili e che l’onere di provare il rispetto di tale requisito spetta al datore di lavoro.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sgravi Contributivi e Contratti Collettivi: La Cassazione Fa Chiarezza

Gli sgravi contributivi rappresentano uno strumento fondamentale per le imprese, ma il loro accesso è subordinato al rispetto di precise condizioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: per beneficiare delle agevolazioni, il datore di lavoro deve applicare il trattamento retributivo più favorevole al lavoratore, come previsto dai contratti collettivi applicabili, siano essi nazionali o territoriali. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

Il Caso: Benefici Contributivi Revocati a un’Azienda Agricola

Un’azienda del settore agricolo si è vista notificare dall’ente previdenziale un avviso di addebito per oltre 24.000 euro. La somma corrispondeva a sgravi contributivi che, secondo l’ente, l’azienda aveva indebitamente percepito in un biennio. Il motivo della contestazione era la mancata applicazione dei minimi salariali previsti dal contratto collettivo provinciale, che l’azienda stessa aveva ammesso di non aver rispettato.

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva dato ragione all’ente, sostenendo che il diritto agli sgravi era indissolubilmente legato al rispetto del miglior trattamento economico per il lavoratore, derivante dal confronto tra contratto nazionale e contratto territoriale di categoria. L’azienda ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica sugli Sgravi Contributivi

Il ricorso si fondava su due punti principali: quale contratto collettivo debba essere preso a riferimento per il calcolo del minimale contributivo e su chi gravi l’onere di provare il mancato rispetto di tali minimi.

Il Principio del Trattamento più Favorevole

Il datore di lavoro sosteneva che la corte territoriale avesse errato nel considerare il contratto territoriale come parametro vincolante. Secondo la sua tesi, il riferimento avrebbe dovuto essere unicamente il contratto nazionale.

L’Onere della Prova a Carico del Datore di Lavoro

In secondo luogo, l’azienda riteneva che spettasse all’ente previdenziale, in qualità di creditore, dimostrare il mancato rispetto del contratto collettivo e, di conseguenza, la non spettanza degli sgravi contributivi. La Corte d’Appello, secondo il ricorrente, aveva illegittimamente invertito tale onere.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto entrambi i motivi di ricorso, ritenendoli infondati.
In primo luogo, richiamando consolidata giurisprudenza, ha chiarito che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali (il cosiddetto minimale contributivo) è quella desumibile dall’accordo che prevede il trattamento economico superiore. Se un contratto territoriale o individuale stabilisce una paga più alta rispetto al contratto collettivo nazionale, è questa che deve essere applicata ai fini contributivi. Il contratto nazionale funge da ‘paracadute’ solo nel caso in cui gli altri accordi prevedano trattamenti inferiori. La Corte d’Appello, pertanto, aveva correttamente applicato questo principio.

In secondo luogo, la Cassazione ha ribadito che, in materia di sgravi contributivi e fiscalizzazione degli oneri sociali, l’onere della prova grava sempre sull’impresa che vanta il diritto al beneficio. È il datore di lavoro a dover dimostrare di possedere tutti i requisiti richiesti dalla normativa per accedere all’agevolazione. Nel caso specifico, essendo pacifico e ammesso dallo stesso datore di lavoro che il contratto collettivo di maggior favore non era stato applicato, non vi è stata alcuna violazione delle regole sull’onere della prova.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione conferma un orientamento ormai consolidato. Per le imprese che intendono beneficiare di sgravi contributivi, non è sufficiente applicare un contratto collettivo qualsiasi, ma è necessario garantire ai lavoratori il trattamento economico previsto dall’accordo più vantaggioso tra quelli applicabili al rapporto di lavoro. Inoltre, è fondamentale che l’azienda sia in grado di documentare e provare il pieno rispetto di tutte le condizioni normative, poiché l’onere di dimostrare la legittimità del beneficio ricade interamente su di essa. La mancata osservanza di questi principi comporta non solo la perdita del beneficio, ma anche l’obbligo di restituire le somme già percepite, con l’aggiunta di sanzioni e interessi.

Per ottenere gli sgravi contributivi, quale contratto collettivo bisogna applicare se ne esistono più di uno (nazionale, territoriale)?
Bisogna applicare il contratto che prevede il trattamento economico più favorevole per il lavoratore. Se il contratto territoriale o individuale prevede una retribuzione superiore a quella del contratto nazionale, è quella che deve essere usata come base per i contributi.

Su chi ricade l’onere di provare di avere i requisiti per beneficiare degli sgravi contributivi?
L’onere della prova ricade interamente sul datore di lavoro che intende beneficiare degli sgravi. È l’impresa a dover dimostrare di rispettare tutte le condizioni previste dalla legge, inclusa l’applicazione della corretta retribuzione.

Cosa succede se un datore di lavoro ammette di non aver applicato i minimi salariali previsti dal contratto più favorevole?
Se il datore di lavoro ammette di non aver applicato la retribuzione minima prevista dal contratto più favorevole, perde il diritto agli sgravi contributivi. L’ente previdenziale può legittimamente richiedere la restituzione dei benefici indebitamente fruiti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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