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Sgravi contributivi persone svantaggiate: la guida

Una Corte d’Appello ha stabilito che le certificazioni rilasciate dai Servizi Sociali sono sufficienti per una cooperativa per accedere agli sgravi contributivi per persone svantaggiate, anche senza specificare la natura dello svantaggio, tutelando la privacy. La Corte ha chiarito che spetta all’ente previdenziale contestare tali atti con strumenti specifici come la querela di falso. L’appello dell’ente è stato parzialmente accolto solo su un punto tecnico, riducendo l’esonero dal 100% al 95% per una lavoratrice, in base a un decreto interministeriale.

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Pubblicato il 7 dicembre 2024 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sgravi Contributivi Persone Svantaggiate: La Certificazione dei Servizi Sociali è Sufficiente?

La gestione degli sgravi contributivi per persone svantaggiate rappresenta un tema cruciale per le cooperative sociali, che fondano la loro missione sull’inclusione lavorativa. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Genova offre chiarimenti fondamentali su quali documenti siano necessari per accedere a tali benefici e sul bilanciamento tra l’onere della prova e il diritto alla privacy dei lavoratori. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una cooperativa sociale si era vista recapitare un avviso di addebito da parte di un ente previdenziale. L’ente contestava alla cooperativa la fruizione di sgravi contributivi per l’assunzione di alcuni lavoratori considerati ‘persone svantaggiate’ ai sensi della Legge 381/1991. Secondo l’ente, le certificazioni prodotte dalla cooperativa, rilasciate dai Servizi Sociali comunali e da altre amministrazioni, non erano idonee a provare lo status di svantaggio, in quanto generiche e non emesse dagli organi specificamente competenti secondo le circolari dell’ente stesso.

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione alla cooperativa, annullando l’addebito. L’ente previdenziale ha quindi proposto appello, sostenendo che la certificazione debba provenire da enti specifici e debba attestare chiaramente la tipologia di svantaggio, e che il diritto alla riservatezza non può vanificare il potere di controllo dell’ente.

Sgravi contributivi persone svantaggiate: La Decisione della Corte

La Corte d’Appello ha in gran parte respinto le argomentazioni dell’ente previdenziale, confermando la decisione di primo grado, sebbene con una piccola correzione. I giudici hanno stabilito che la documentazione proveniente da una pubblica amministrazione, come i Servizi Sociali, che ha concretamente in carico la persona bisognosa, è sufficiente per dimostrare la condizione di svantaggio richiesta per gli sgravi contributivi persone svantaggiate.

L’unico punto in cui l’appello è stato accolto riguarda la posizione di una singola lavoratrice. Per lei, la Corte ha stabilito che la cooperativa aveva diritto a uno sgravio del 95% e non totale, come illegittimamente fruito, in applicazione di una specifica norma sopravvenuta (D.I. n. 148/2014). Di conseguenza, la cooperativa è stata condannata a versare solo il 5% dei contributi per quella posizione, con compensazione delle spese legali vista la soccombenza reciproca.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 4, comma 2, della Legge 381/1981, che stabilisce che la condizione di persona svantaggiata ‘deve risultare da documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione, fatto salvo il diritto alla riservatezza’.

La Corte ha specificato i seguenti punti chiave:

1. Validità delle Certificazioni dei Servizi Sociali: I giudici hanno affermato che la legge non richiede che la certificazione provenga da strutture specifiche (come indicato in una circolare dell’ente), ma genericamente da una ‘pubblica amministrazione’. I Servizi Sociali, che si occupano quotidianamente di persone con problematiche complesse (dipendenze, invalidità, difficoltà familiari), sono pienamente titolati a rilasciare tali attestazioni.

2. Tutela della Privacy: La legge stessa tutela la privacy del lavoratore. Pretendere che la certificazione specifichi nel dettaglio la natura dello svantaggio (es. tossicodipendenza, problemi psichiatrici) violerebbe questo principio. L’inciso ‘fatto salvo il diritto alla riservatezza’ è stato interpretato come un limite invalicabile anche per l’ente di controllo.

3. Onere della Prova: Sebbene spetti alla cooperativa dimostrare il proprio diritto agli sgravi (onere probatorio), tale onere è assolto con la produzione della certificazione di una P.A. competente. A quel punto, spetta all’ente previdenziale, se intende contestare la veridicità di tale documento, utilizzare gli strumenti legali appositi, come la querela di falso, data la valenza probatoria qualificata dell’atto.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rafforza la posizione delle cooperative sociali e semplifica l’accesso agli incentivi per l’inclusione lavorativa. Si afferma un principio di fiducia verso le attestazioni rilasciate dai Servizi Sociali e altre pubbliche amministrazioni che seguono direttamente i soggetti fragili. Per le aziende, significa che la produzione di una certificazione di presa in carico da parte dei Servizi Sociali è, di norma, una prova sufficiente per ottenere gli sgravi. Per gli enti previdenziali, la decisione chiarisce che il loro potere di controllo non può superare il diritto alla privacy del lavoratore e che per contestare la validità di un atto pubblico devono avviare un procedimento formale, non potendolo semplicemente disconoscere.

Una certificazione dei Servizi Sociali è sufficiente per ottenere gli sgravi contributivi per l’assunzione di persone svantaggiate?
Sì. La Corte ha stabilito che la documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione che ha concretamente in carico la persona, come i Servizi Sociali, è idonea a dimostrare lo stato di svantaggio ai fini dell’accesso ai benefici contributivi.

La certificazione deve specificare il tipo esatto di svantaggio della persona assunta?
No. Secondo la sentenza, non è necessario che la certificazione specifichi la natura dello svantaggio, poiché la Legge 381/1991 tutela esplicitamente il diritto alla riservatezza dei soggetti coinvolti.

L’ente previdenziale può contestare una certificazione rilasciata da un’altra pubblica amministrazione?
Sì, ma non può semplicemente disconoscerla. Poiché la certificazione ha una valenza probatoria qualificata, l’ente che ne contesta la veridicità deve utilizzare gli strumenti giuridici appropriati previsti dalla legge, come la querela di falso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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