Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14600 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14600 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8298/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in SAN NICOLÒ A TORDINO INDIRIZZOA DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che l a rappresenta e difende
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro
SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI RAGIONE_SOCIALE, AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 373/2023 depositata il 09/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di L’Aquila confermava la sentenza del Tribunale di Teramo, che aveva respinto il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di addebito (n. 408 2015 00014270 61) notificato dall’INPS in data 10 febbraio 2016, avente ad oggetto il recupero della contribuzione previdenziale non versata dall’8 gennaio 2015 (complessivi €. 7.902,95) per indebita fruizione delle agevolazioni contributive ex art. 8 della legge 23 luglio 1991, n. 223 relativamente all’assunzione di numero 12 lavoratori dipendenti.
La Corte territoriale dava atto che nel primo grado l’INPS si era costituito tempestivamente ma con memoria difensiva relativa ad altro giudizio ed aveva prodotto documentazione conferente al giudizio ma diversa da quella indicata nella memoria.
Pur derivandone la decadenza dell’INPS dalla produzione dei documenti , la stessa documentazione doveva essere acquisita ai sensi degli articoli 421 e 437 c.p.c., in quanto indispensabile alla decisione. Si trattava di documenti in parte prodotti o richiamati dalla stessa società appellante nonché di documenti relativi alla posizione dei lavoratori per i quali la società aveva fruito degli sgravi, richiamati nel verbale ispettivo prodotto anche dall’appellante .
3.Nel merito, la RAGIONE_SOCIALE aveva fruito per la assunzione dei lavoratori indicati nel verbale ispettivo dell’INPS le agevolazioni contributive di cui all’articolo 8, comma2, l. n. 223/1991.
Di tali agevolazioni, come evidenziato dal Tribunale, non ricorrevano i presupposti.
3.1. I lavoratori erano stati licenziati in data 23 dicembre 2014 della RAGIONE_SOCIALE società unipersonale e riassunti, a distanza di pochissimi giorni ( tra il 6 gennaio 2015 e l’8 gennaio 2015) dalla RAGIONE_SOCIALE, all’epoca anch’essa società unipersonale, le cui quote appartenevano a NOME COGNOME figlia convivente di NOME COGNOME, socio unico ed amministratore della RAGIONE_SOCIALE
Le società avevano lo stesso oggetto sociale (produzione e commercializzazione di porte e finestre in legno e di rivestimenti in legno per porte blindate) e medesima sede legale.
Vi erano dunque assetti societari e gestionali sostanzialmente coincidenti. 3.2. Inoltre, la RAGIONE_SOCIALE aveva affittato il ramo di azienda dalla RAGIONE_SOCIALE in data 12 settembre 2013, e, come risultava dalla prova testimoniale, aveva iniziato ad operare soltanto dopo l’affitto del ramo di azienda, utilizzando i lavoratori della RAGIONE_SOCIALE (inizialmente in regime di distacco o comando e dopo il licenziamento mediante assunzione diretta) mentre quest’ultima società era rimasta inattiva. Infine, tutti i lavoratori avevano riferito di avere svolto le medesime o analoghe mansioni per le due società e nel medesimo capannone.
Era dunque provata la continuazione di attività per effetto di trasferimento di azienda, nell’ambito dello stesso gruppo imprenditoriale, gestito da componenti del medesimo gruppo familiare.
3.3. La messa in mobilità dei lavoratori da parte della RAGIONE_SOCIALE e la loro immediata riassunzione da parte della RAGIONE_SOCIALE costituiva una operazione in frode alla legge, volta a conseguire i benefici di cui al citato articolo 8 pur nella continuità dell’attività imprenditoriale. Era del tutto irrilevante la modifica delle tecniche produttive dei pannelli effettuata dalla RAGIONE_SOCIALE (rispetto a quelle in uso presso la RAGIONE_SOCIALE), in quanto si trattava in ogni caso di riassunzioni presso la medesima azienda.
Proponeva ricorso per la cassazione della sentenza la società RAGIONE_SOCIALE, articolato in due ragioni di censura, cui l’INPS resisteva con controricorso; restava intimata l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
A seguito di proposta di definizione accelerata del ricorso, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., la parte ricorrente ha proposto istanza di decisione, all’esito della quale è stata fissata la odierna camera di consiglio. La parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la società ricorrente ha denunciato, ai sensi dell’art 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 416, 421 e 437 c.p.c., in relazione all’art. 2697 c.c., la violazione di legge e dei principi informatori l’ordinamento giuridico, la tardività e l’illegittimo esercizio dei poteri officiosi nonché, ai sensi dell’articolo 360 comma 1 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per omessa motivazione in violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 111 Cost.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui il giudice dell’appello ha rigettato il primo motivo di appello della odierna ricorrente -con il quale si era eccepita la tardività della produzione documentale avversaria -esercitando il potere officioso di acquisizione documentale conferito al Giudice del Lavoro.
2. La seconda critica è proposta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. nonché degli artt. 115, 116 c.p.c. sotto il profilo dell’onere della prova nonché, ai sensi dell’articolo 360 comma 1 n. 4 c.p.c. per nullità della sentenza , sotto il profilo della omessa motivazione in violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 111 Cost.
Si censura la sentenza nella parte in cui la Corte territoriale ha respinto il secondo ed il terzo motivo di appello, con i quali si era ribadita la fondatezza dell’opposizione proposta avverso l’avviso di addebito, in
considerazione dell’inammissibilità della documentazione prodotta dall’ INPS e tenuto conto del corredo istruttorio.
3.Il ricorso è complessivamente inammissibile.
4.Quanto al primo motivo, si premette che in questo grado è oggetto di impugnazione esclusivamente la decisione assunta dalla Corte d’appello sulla produzione documentale dell’INPS e non anche la diversa decisione del Tribunale -che aveva ritenuto ammissibile e tempestiva la produzione documentale dell’Istitutoche è stata superata dal diverso argomentare del giudice dell’appello.
La Corte d’appello ha rigettato il motivo di appello della società odierna ricorrente provvedendo ad una correzione della motivazione della sentenza impugnata, non commettendo in tal guisa alcuna violazione procedurale, stante l’effetto devolutivo dell’appello né incorrendo nel vizio di omessa motivazione e/o motivazione apparente denunciato.
Come già evidenziato dal Consigliere delegato, neppure si può ritenere che la motivazione della sentenza d’appello sia in sé inficiata da altre anomalie tali da determinarne la nullità: la Corte territoriale ha argomentato diffusamente sull’indispensabilità delle prove.
4.1. Sotto il profilo della denunciata violazione delle norme procedurali, la decisione assunta è del tutto conforme al principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza del 04 maggio 2017, n.10790 -( relativo all’articolo 345, comma 3, c.p.c., nel testo previgente rispetto alla novella di cui al d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012 ma dichiaratamente applicabile, anche pro futuro , in relazione all’art. 437 c.p.c.) secondo cui -«prova nuova indispensabile ….è quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado».
Nella pronuncia citata le Sezioni Unite hanno evidenziato che non è tecnicamente appropriato che la regola di riparto dell’onere probatorio, che costituisce pur sempre una risorsa residuale, condizioni od ispiri l’interpretazione di norme finalizzate proprio a porre rimedio a situazioni di incerta ricostruzione fattuale.
La Corte di merito ha acquisito i documenti evidenziando trattarsi «di documenti indispensabili alla decisione, in quanto attinenti alla posizione dei lavoratori per la cui assunzione l’appellante ha fruito degli sgravi contributivi qui in contestazione e della precedente datrice di lavoro dei medesimi, idonei a superare l’incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione e relativi a circostanze di fatto già allegate dalla stessa appellante, sia in quanto risultanti dal citato verbale ispettivo, sia in quanto espressamente indicate nel ricorso introduttivo in primo grado».
Tali statuizioni sono pienamente conformi alle enunciazioni di principio qui ribadite nonché alla giurisprudenza già citata nella proposta di definizione accelerata.
5.Anche il secondo motivo di ricorso è privo di pregio.
Va ribadito che l’onere della prova dei presupposti del diritto agli sgravi contributivi incombe su chi rivendica tale diritto sicché non si vede sotto quale profilo la sentenza impugnata potrebbe essere incorsa in violazione dell’articolo 2697 c.c.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte «È onere della parte che intende valersi degli sgravi fornire la prova dei presupposti per la sussistenza del beneficio, poiché il diritto può essere riconosciuto solo ave si accerti che in concreto sussista una diversità oggettiva tra le due imprese essendo onere dell’impresa cessionaria dimostrare gli elementi di novità intervenuti nella struttura, in presenza di significativi elementi di permanenza della preesistente struttura aziendale» (Cass. 14/02/2020, n.383, relativa alla fruizione degli sgravi in favore delle imprese che assumono personale licenziato a seguito di procedura di mobilità, e giurisprudenza ivi citata).
5.1. Va altresì ribadito che la violazione della norma di cui all’articolo 2697 c.c. viene in rilievo soltanto quando, in assenza della prova dei fatti controversi, il giudice del merito abbia deciso la causa in applicazione della regola residuale dell’articolo 2697 c.c. ed individuato come soccombente la parte che invece non era onerata della prova (tra le altre, Cassazione 28/04/2023, n. 11269).
Nella fattispecie di causa, la Corte territoriale ha accertato in fatto che «La messa in mobilità dei citati lavoratori da parte della MAS Legno e la successiva pressoché immediata riassunzione da parte dell’appellante ha pertanto costituito, con evidenza, operazione svolta in frode alla legge, tenuto conto della cessione aziendale di fatto verificatasi e della riconducibilità del controllo delle due società ad un unico nucleo familiare, che fa fondatamente presumere la presenza di un comune nucleo proprietario, in grado di ideare e fare attuare le operazioni coordinate sopra descritte, prevedenti artificiosi licenziamenti dei dipendenti da un’azienda seguiti da riassunzioni da parte dell’altra, ciò che comporta, appunto, anche la sussistenza di assetti proprietari sostanzialmente coincidenti agli effetti dell’art. 8 c. 4 bis l. n. 223/91 e 4 l. 92/2012 e l’impossibilità di considerare i rapporti di lavoro come nuovi ai fini contributivi. In un siffatto contesto la procedura di mobilità attuata dalla MAS Legno è stata quindi utilizzata come strumento capace di creare fittizie e preordinate interruzioni dei rapporti lavorativi al fine di far beneficiare l’appellante dei benefici di cui all’art. 8 cit., pur nella continuazione di un’attività imprenditoriale sostanzialmente unitaria».
Orbene, tanto il rilievo della intervenuta cessione di azienda che il rilievo della riconducibilità delle due società ad un unico assetto proprietario sono di per sé autonomamente ostativi alla fruizione degli sgravi (Cass. n.383/2020 citata).
Il fulcro della decisione impugnata è proprio nell’accertamento di fatto; dietro lo schermo della violazione delle regole sull’onere della prova e della dedotta nullità della sentenza, il ricorso, in ultima analisi, tende a
conseguire una rivalutazione dei dati probatori acquisiti, con ciò devolvendo a questa Corte un non-consentito riesame del merito.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis, n. 1, c.p.c., con condanna alle spese in favore del controricorrente secondo soccombenza, come liquidate in dispositivo.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta di definizione accelerata, ai sensi dell’art.380 bis , ult. co., c.p.c. deve applicarsi l’art.96, commi 3 e 4, c.p.c., contenendo l’art.380 bis , ult. co., c.p.c. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di una ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. Sez.U. n. 27195/2023 e n. 27433/2023, Cass. n.27947/2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in Euro 1.500,00 in favore del l’INPS ed una ulteriore somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre al 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.
Condanna parte ricorrente a pagare alla controricorrente l’ulteriore somma di Euro 1.500,00; condanna parte ricorrente a versare Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 12 marzo 2025.