Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9305 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9305 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
sul ricorso 3844/2022 proposto da:
NOME, domiciliata ex lege in Roma, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
–
ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 2364/2021 depositata il 13/09/2021;
udita la relazione della causa svolta all’adunanza non partecipata del 23/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1.1. La Corte d’Appello di Venezia -Sezione specializzata in materia di impresa ha respinto, con la sentenza che si riporta in epigrafe, il gravame proposto in via principale da RAGIONE_SOCIALE, società di diritto sloveno, avverso il rigetto in primo grado delle domande di questa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE intese ad ottenere, di seguito al pure chiesto accertamento della contitolarità brevettuale tra sé e la convenuta dell’invenzione di un fucile per la pesca subacquea di innovativa concezione, la condanna di NOME al pagamento dei corrispettivi o al risarcimento dei danni o, ancora, al corresponsione dell’indennizzo, tutti dovuti in considerazione dello sfruttamento unilaterale della privativa a cui NOME aveva proceduto dopo la risoluzione dell’accordo regolante i rapporti tra le parti circa l’utilizzazione del trovato.
Nella stessa occasione il giudice d’appello ha pure respinto il gravame in via incidentale proposto avverso la medesima decisione da COGNOME, relativamente al capo di essa con cui il decidente aveva rigettato l’istanza di questa volta a reclamare la condanna della controparte al pagamento delle somme portate dalle fatture concernenti le forniture effettuate in suo favore in vigenza dell’accordo.
1.2. Onde motivare il rigetto dell’appello principale, la corte territoriale -a confutazione del primo motivo di impugnazione con cui l’appellante principale si era doluta del fatto che l’utilizzo separato della privativa brevettuale da parte di ciascun contitolare legittimato dalla sentenza di prime cure avrebbe fatto venire meno l’esclusiva sull’invenzione -ricordato previamente il disposto dell’art. 6 cod. prop. ind., che rimanda per la disciplina dell’ipotesi de qua alle norme codicistiche sulla comunione in quanto compatibili, ha fatto inizialmente richiamo
all’art. 1102 cod. civ., che, laddove consente al singolo comunista di potersi servire della cosa comune nel rispetto della sua destinazione e senza impedirne l’uso pure agli altri partecipanti, accorda al contitolare una facoltà di utilizzare direttamente la res per trarne l’utilità tipica, facoltà che nel campo delle privative industriali, costituendo questo il modo ordinario di godimento della cosa comune, è prima di tutte quella «di poter sfruttare economicamente l’invenzione brevettata in termini di esclusiva nei confronti di tutti i soggetti che di quella privativa non sono titolari, e quindi nei confronti di tutti, tranne che del contitolare del brevetto». Né, prosegue la sentenza, allo sfruttamento uti singulus che la norma così consente sono di impedimento le regole nascenti dagli artt. 1105 e 1108 cod. civ., posto che «affermare che ciascun titolare del brevetto cointestato … non possa fare uso dei diritti discendenti dal brevetto … significa svuotare completamente di contenuto il diritto di proprietà … Si tratterebbe infatti di un diritto del tutto privo dei contenuti immediatamente esercitabili, necessitando sempre e comunque del “placet” dell’altro titolare, anche solo per poter procedere a fare quello per il quale il brevetto per invenzione industriale usualmente viene chiesto … e cioè procedere alla industrializzazione dell’invenzione e alla commercializzazione dei prodotti che ne costituiscono l’attuazione». E se conforto in questa direzione reca pure l’art. 1103 cod. civ., giacché «non può trascurarsi sotto il profilo argomentativo che se la contitolarità del brevetto non consentisse alcuna forma di godimento diretto nella cosa (e cioè del diritto di privativa), la cessione della quota diventerebbe nella sostanza impossibile, posto che nessuno avrebbe interesse ad acquisire un diritto non esercitabile in via diretta ed immediata e necessitante sempre e comunque del consenso dell’altro o degli altri comunisti», neppure la perdita del diritto di esclusiva che ne subirebbe per questo il contitolare, nel che si vorrebbe vedere quella alterazione nella destinazione della cosa che
l’art. 1102 cod. civ. erge a limite del godimento singolare di essa, è opponibile in senso ostativo, vuoi perché la perdita dell’esclusiva non integra in realtà un’alterazione giuridicamente rilevante della destinazione della cosa, ma semmai «un’alterazione della natura giuridica del brevetto», vuoi -e qui la sentenza prende le distanze dal precedente di diverso segno di Cass. 5281/2000 -perché «il concetto di esclusiva non è un concetto assoluto ma un concetto relativo, laddove il parametro relazionale è costituito dalla cerchia dei soggetti che di quella esclusiva non beneficiano, cerchia che in ipotesi di brevetto cointestato comprende tutti i soggetti collocati nei paesi ai quali è stata estesa la privativa tranne gli altri, eventuali, cointestatari del brevetto, che sono a propria volta titolari dell’esclusiva, non spettante, quindi, ad uno solo, ma a più». «In sintesi» -questa la conclusione cui perviene sul punto la sentenza impugnata -«deve ritenersi che RAGIONE_SOCIALE, in quanto contitolare dei diritti di brevetto (nazionale ed europeo) di cui si tratta fosse pienamente facoltizzata, in quanto contitolare di tali brevetti, all’esercizio dei corrispondenti diritti previsti dall’articolo 66 c.p.i., non sussistendo convenzioni inter partes che glielo precludessero in alcun modo, né avendo a propria volta impedito a RAGIONE_SOCIALE di procedere ad analogo sfruttamento dell’invenzione brevettata nei paesi per i quali la privativa era stata riconosciuta e risultava ancora efficace».
1.3. Parimenti infondati la Corte d’Appello ha pure giudicato il secondo motivo di gravame -sollevato da RAGIONE_SOCIALE sulla premessa dell’avvenuto sfruttamento del brevetto da parte di NOME dopo la risoluzione del contratto, tanto in relazione alla violazione della buona fede oggettiva, atteso lo squilibrio economico tra le parti, quanto in relazione alla pretesa violazione dell’art. 2041 cod. civ. -l’una e l’altra escluse, posto che, da un lato, NOME aveva agito nell’esercizio delle legittime facoltà discendenti dal diritto di privativa, dall’altro,
l’appellante principale aveva agito per chiedere il ristoro del danno asseritamente patito o la corresponsione di un indennizzo, si ché faceva difetto il requisito della sussidiarietà, fermo peraltro che le utilità ritratte da COGNOME non erano ingiustificate in relazione alle facoltà di sfruttamento del brevetto legittimamente esercitate dalla stessa; ed il terzo motivo di appello inteso a denunciare l’inadempimento di COGNOME per non aver esteso il brevetto a tutti i paesi concordati, atteso che non trattavasi di un obbligo, ma di una mera possibilità contemplata dall’accordo richiamato.
1.4. L’infondatezza del gravame incidentale, con cui COGNOME aveva impugnato la sentenza di primo grado per non aver essa accolto la propria domanda di condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento dei corrispettivi ancora dovuti, malgrado l’allegazione fosse rimasta incontestata, è stata invece giustificata in ragione della genericità dell’allegazione, in quanto le fatture corrispondenti non sono state indicate dettagliatamente, sono redatte in lingua inglese e non n’è sempre identificabile il contenuto.
1.5. Per la cassazione di detta sentenza RAGIONE_SOCIALE, ricorrente principale, si vale di tre mezzi, mentre COGNOME, ricorrente incidentale, che resiste con controricorso e memoria si vale di un solo mezzo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale si censura la decisione impugnata, nella parte in cui questa ha ritenuto legittimo lo sfruttamento unilaterale del brevetto operato da COGNOME, per violazione o falsa applicazione dell’art. 2584 cod. civ., degli artt. 2, 6, 53 e 66 cod. prop. ind. ed, ancora, degli artt. 832, 1002, 1105 e 1108 cod. civ. La formulata censura muove dalla premessa che, nel regolarsi nei riferiti termini, la Corte d’Appello non avrebbe considerato né che la «titolarità del brevetto, per la sua natura di privativa, presenta più forti esigenze di tutela dell’esclusiva rispetto alla proprietà di beni non
brevettuali», né che «la scelta di addivenire ad una comunione del brevetto, anziché alla titolarità in capo a un solo soggetto, va accettata per quello che è in termini di autonomia contrattuale ovvero di accettazione preventiva della maggiore complessità nell’uso». Questo porta a rideterminare il peso ascritto dalla decisione al principio tratto dall’art. 1102 cod. civ., posto che nella concreta dinamica del rapporto, strutturato sul presupposto della contitolarità, «esclusiva e sfruttamento sono le due facce della stessa realtà di destinazione del brevetto, da esercitarsi … previo il consenso dei contitolari … ex art. 1102, 1105 e 1108 c.c. sia per l’uso (perché investe l’esclusiva) sia per l’amministrazione/innovazione di ogni tipo». Non si è inteso, ragionando diversamente ed insistendo segnatamente sul fatto che uso ed amministrazione operano su piani distinti, che «le parti, al momento della scelta del brevetto cointestato, accettarono il nucleo forte dell’esclusiva con reciprocità, perché non c’è brevetto senza necessità di previo consenso per realizzare lo sfruttamento con il privilegio dell’esclusiva». Dunque, «la tesi della Corte territoriale rappresenta la negazione del brevetto nel suo nucleo forte di più pregnante esclusiva, nonché lo stravolgimento delle norme sulla comunione con il paradossale risultato di pervenire a minore tutela dell’esclusiva, anziché maggiore, come invece sarebbe stato ragionevole aspettarsi». E tale risultato è esattamente contrario a quello enunciato da questa Corte nel proprio precedente 5281/2000, orientato, oppostamente al deliberato qui impugnato, a ritenere che l’uso del brevetto, nel caso di contitolarità, non possa prescindere dall’essere il bene comune e dall’essere esso perciò sottoposto come tale, anche quanto all’esercizio dello sfruttamento esclusivo, alle regole della comunione ed, in particolare, alla regole dell’art. 1108 cod. civ., norma che chiude il sistema rendendo credibile il rinvio alla disciplina della comunione nel senso di escludere l’esercizio delle facoltà tipicamente esclusive in modo singolare.
Con il secondo motivo del ricorso principale si censura la decisione impugnata, nella parte in cui questa ha rigettato la domanda attrice in punto di arricchimento senza causa circa il profitto ritratto da NOME nello sfruttamento unilaterale del brevetto, per violazione o falsa applicazione degli artt. 1175 e 2041 cod. civ., dell’art. 2 Cost. e dell’art. 112 cod. proc. civ. Si contesta, invocando la violazione degli obblighi di buona fede a cui sono tenute le parti del contratto, che se la Corte d’Appello, tenuto conto delle particolarità della relazione, nella specie, corrente tra le parti, in luogo del silenzio altrimenti mantenuto sul punto, «avesse preso atto che al giustificato reciproco sacrificio iniziale delle parti al momento della conclusione del contratto non seguì la pari possibilità di sfruttamento, per tal ragione avrebbe dovuto riportare l’equilibrio economico applicando l’art. 2 della Costituzione». Del pari, meritevole di contestazione è anche l’assunto sposato dal decidente in ordine alla domanda ex art. 2041 cod. civ., attesa la sussidiarietà di essa risultante dalle formulate conclusioni di merito, ove il suo accoglimento era stato, appunto, ipotizzato «in caso di insoddisfatta domanda principale contrattuale e di insoddisfatta domanda subordinata extracontrattuale».
Con il terzo motivo del ricorso principale si censura la decisione impugnata, nella parte in cui questa ha rigettato la domanda attrice in punto di inadempimento contrattuale dell’obbligo di registrazione del brevetto per la Francia, la Spagna e la Croazia, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1372 e 1375 cod. civ., nonché per violazione del dovere di buona fede desumibile dall’art. 2 Cost. Si deduce al riguardo, contestando l’enunciato decisorio declinato sul punto dal decidente, che sostenere come appunto fatto con esso che la controricorrente non si sarebbe assunta alcun obbligo «significa violare» le norme rubricate avuto riguardo alla forza
vincolante del contratto e degli obblighi reciprocamente presi tra le parti.
Reputa il collegio che in relazione alla quaestio iuris oggetto del primo motivo di ricorso (se in caso di contitolarità brevettuale lo sfruttamento del trovato possa avvenire liberamente da parte di ciascun contitolare nel rispetto delle norme previste dal codice civile in materia di comunione di diritti reali o se possa avvenire solo con il consenso dell’altro contitolare), e tenuto altresì conto del precedente contrario allo sfruttamento uti singulus risultante da Cass. 5281/2000 si renda opportuno rimettere la trattazione del ricorso alla pubblica udienza della I Sezione civile.
P.Q.M.
Rinvia la causa alla pubblica udienza della I Sezione civile. Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 23.02.2024.
Il Presidente NOME COGNOMENOME COGNOME