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Sfratto per morosità: quando il contratto è risolto

Una società di gestione di un fondo immobiliare ha ottenuto la risoluzione di un contratto di locazione per il mancato pagamento dei canoni da parte degli inquilini. Il Tribunale ha confermato che, nel caso di sfratto per morosità relativo a immobili ad uso abitativo, il ritardo nel pagamento costituisce automaticamente un inadempimento grave, legittimando la risoluzione. Gli inquilini sono stati condannati a saldare i canoni arretrati fino alla data di effettivo rilascio dell’immobile, oltre agli oneri accessori, al netto del deposito cauzionale.

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Sfratto per morosità: quando l’inadempimento porta alla risoluzione automatica del contratto

L’istituto dello sfratto per morosità rappresenta uno strumento fondamentale a tutela del locatore di fronte all’inadempimento principale del conduttore: il mancato pagamento del canone di locazione. Una recente sentenza del Tribunale di Roma offre spunti interessanti sulla gravità predeterminata dell’inadempimento nei contratti ad uso abitativo e sulla legittimazione ad agire delle società di gestione di fondi immobiliari. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I fatti del caso: la morosità e l’azione legale

Una società di gestione di un fondo di investimento immobiliare, proprietaria di un appartamento, avviava un’azione legale per sfratto per morosità nei confronti degli inquilini. Questi ultimi avevano accumulato un debito significativo, comprensivo di canoni di locazione non pagati a partire da febbraio 2020 e oneri accessori. Nonostante una comunicazione di recesso da parte dei conduttori, la morosità persisteva, portando la società a chiedere in giudizio la convalida dello sfratto, la risoluzione del contratto e il pagamento delle somme dovute.

L’eccezione del convenuto e la legittimazione attiva

Costituendosi in giudizio, uno degli inquilini eccepiva, tra le altre cose, un presunto difetto di legittimazione attiva della società attrice. Sosteneva, in sostanza, che la società di gestione non fosse la vera titolare del diritto e quindi non potesse agire in giudizio. Inoltre, contestava l’esistenza della morosità e chiedeva la restituzione del deposito cauzionale versato all’inizio del rapporto.

La decisione del Tribunale sullo sfratto per morosità

Il Tribunale ha accolto integralmente la domanda della società locatrice, rigettando le eccezioni del conduttore. La decisione si fonda su alcuni principi cardine del diritto delle locazioni e del diritto societario.

La legittimazione della società di gestione

Il giudice ha chiarito che, secondo la normativa e la giurisprudenza consolidata (citando Cass. n. 16605/2010), i fondi comuni di investimento sono patrimoni separati gestiti da una società di gestione del risparmio. È quest’ultima che detiene la titolarità formale dei beni del fondo ed è, di conseguenza, pienamente legittimata ad agire in giudizio per tutelare i diritti relativi a tali beni, inclusa l’azione di sfratto per morosità.

La gravità dell’inadempimento nel contratto di locazione

Il punto centrale della sentenza riguarda la valutazione dell’inadempimento. Il Tribunale ha ribadito che, per le locazioni ad uso abitativo, l’art. 5 della Legge n. 392/78 stabilisce un criterio legale predeterminato. Il mancato pagamento del canone, decorsi venti giorni dalla scadenza, costituisce di per sé un inadempimento di importanza tale da giustificare la risoluzione del contratto. Non è quindi necessaria una valutazione discrezionale da parte del giudice sulla gravità, poiché questa è già presunta dalla legge. L’omesso versamento del canone altera l’equilibrio contrattuale e rappresenta la violazione di un’obbligazione primaria del conduttore.

Obbligo di pagamento fino al rilascio effettivo

Infine, il giudice ha precisato che, anche in caso di recesso da parte del conduttore, l’obbligo di corrispondere il canone permane fino alla scadenza del periodo di preavviso e, comunque, fino all’effettivo rilascio dell’immobile. Nel caso di specie, l’immobile era stato rilasciato solo mesi dopo la scadenza del preavviso, pertanto i canoni erano dovuti per tutto il periodo di occupazione.

Le motivazioni della sentenza

Le motivazioni del Tribunale sono ancorate a una solida base normativa e giurisprudenziale. Da un lato, viene confermata la piena capacità processuale delle società di gestione dei fondi immobiliari, dissipando dubbi sulla loro legittimazione ad agire per la tutela del patrimonio gestito. Dall’altro, viene riaffermato il principio di gravità legale dell’inadempimento nelle locazioni abitative. Questa presunzione legale, introdotta dalla Legge 392/78, sottrae al giudice la valutazione discrezionale richiesta in generale dall’art. 1455 c.c., fornendo una tutela più rapida ed efficace al locatore. La sentenza sottolinea come il mancato pagamento del canone mini alla base la funzione economica del contratto di locazione, giustificando la risoluzione automatica.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

Questa pronuncia ribadisce due concetti fondamentali per chi si occupa di locazioni. In primo luogo, le società che gestiscono patrimoni immobiliari tramite fondi hanno pieno titolo per agire in giudizio. In secondo luogo, per i contratti ad uso abitativo, la disciplina dello sfratto per morosità è particolarmente rigorosa: è sufficiente un ritardo di venti giorni nel pagamento di una mensilità per integrare un inadempimento grave che legittima la risoluzione del contratto. Per gli inquilini, ciò significa che la puntualità nei pagamenti è un’obbligazione non derogabile, la cui violazione può portare a conseguenze rapide e severe.

Una società di gestione di un fondo immobiliare può agire in giudizio per lo sfratto?
Sì. La sentenza chiarisce che la società di gestione è la titolare formale dei beni del fondo e, pertanto, è pienamente legittimata ad avviare azioni legali, come lo sfratto per morosità, per proteggere i diritti relativi al patrimonio immobiliare che gestisce.

Il mancato pagamento di canoni di locazione ad uso abitativo è sempre un inadempimento grave?
Sì. Secondo l’art. 5 della Legge n. 392/78, per le locazioni ad uso abitativo, il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista è automaticamente considerato un inadempimento grave. Questo giustifica la risoluzione del contratto senza che il giudice debba compiere un’ulteriore valutazione discrezionale sulla sua importanza.

L’inquilino deve pagare l’affitto anche dopo aver dato la disdetta?
Sì. L’obbligo di pagare il canone di locazione non cessa con la comunicazione di recesso, ma perdura per tutta la durata del periodo di preavviso e, in ogni caso, fino alla data in cui l’immobile viene effettivamente riconsegnato al proprietario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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