Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18743 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18743 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
ALLOGGIO DI EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA -DECRETO INGIUNTIVO EX ART. 32 DEL R.D. N. 1165 DEL 1938
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6825/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio telematico all’indirizzo PEC de l proprio difensore
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio telematico all’indirizzo PEC dei propri difensori
-controricorrente –
Avverso la sentenza n. 1656/2020 RAGIONE_SOCIALE CORTE DI APPELLO DI RAGIONE_SOCIALE, depositata il 16 ottobre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2024 dal AVV_NOTAIOigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con decreto n. 2037/2016, emesso ai sensi dell’art. 32 del r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ingiunse a NOME COGNOME in favore dell’RAGIONE_SOCIALE (in appresso, per brevità: RAGIONE_SOCIALE) il rilascio di un alloggio di edilizia residenziale pubblica sito in Giarre ed il pagamento RAGIONE_SOCIALE somma di euro 16.095,30, a titolo di canoni locatizi non versati;
l’opposizione al provvedimento monitorio dispiegata dall’ingiunta è stata disattesa in ambedue i gradi del giudizio di merito; ricorre per cassazione NOME COGNOME con cinque motivi; resiste, con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE; parte ricorrente deposita memoria illustrativa; parte controricorrente deposita atto di costituzione in giudizio con il patrocinio di nuovo difensore;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., « error in procedendo ed in iudicando; violazione dell’art. 112 c.p.c.; abrogazione dell’art. 32 del r.d. n. 1165 del 1938; inapplicabilità per gli alloggi ex RAGIONE_SOCIALE; abrogazione tacita da parte dell’ art. 20 legge reg. Sicilia n. 15 del 1986 e art. 84 legge n. 392 del 1978; violazione dell’art. 3 e 24 Cost. »;
con complessa argomentazione, parte ricorrente assume che:
(i) la Corte d’appello « nulla ha motivato sulla eccezione di abrogazione dell ‘ art. 32 del r.d. 1165/1938 »;
(ii) il procedimento speciale di ingiunzione di pagamento dei canoni e di rilascio dell’alloggio per morosità previsto da detta norma non è applicabile per gli alloggi (c.d. ex RAGIONE_SOCIALE) realizzati e assegnati ai sensi RAGIONE_SOCIALE l.r. Sicilia 25 marzo 1986, n. 15 e deve comunque reputarsi abrogato per incompatibilità dalla legge 27 luglio 1978, n. 392, richiamata espressamente dalla l.r. Sicilia n. 15 del 1986;
(iii) il procedimento di revoca, sospensione e annullamento RAGIONE_SOCIALE assegnazione e revoca del contratto stipulato è espressamente disciplinato dal d.P.R. 30 settembre 1972, n. 1035: pertanto anche nel caso di morosità deve essere applicata la normativa prevista dagli artt. 15, 16 e 17, osservando il procedimento espressamente disciplinato dall ‘ art. 11 del medesimo d.P.R.;
il secondo motivo prospetta la prevalenza RAGIONE_SOCIALE l.r. Sicilia n. 15 del 1986 « sulla normativa generale in quanto destinata a regolare la costruzione, assegnazione e revoca degli alloggi di edilizia residenziale pubblica destinata alla particolare categoria dei lavoratori dipendenti »;
più specificamente, si sostiene che nel caso di specie non potesse essere applicata la disciplina dettata dall ‘ art. 32 r.d. n. 1165 del 1938 per ottenere il rilascio dell’alloggio, poiché non configurabile come normativa concorrente con quella prevista dal l’art. 658 cod. proc. civ., ma dovesse farsi riferimento esclusivo all ‘ art. 21 l.r. Sicilia n. 15/1986;
il terzo motivo, riferito all’ art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. e rubricato « error in iudicando; violazione e falsa applicazione dell’art. 20 l.r. Sicilia n. 15 del 1986 in relazione agli artt. 12 e segg. RAGIONE_SOCIALE legge n. 392 del 1978 », l amenta l’erroneo calcolo del canone dacché effettuato in violazione degli artt. 12-24 legge n. 392 del 1978;
il quarto motivo, per violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 21 del codice dell’amministrazione digitale e degli artt. 2702 e 2719 cod. civ., rileva come la documentazione prodotta da parte dell ‘RAGIONE_SOCIALE sia priva dell ‘ attestazione di autenticità che deve essere rilasciata da parte del procuratore, e pertanto priva di qualsiasi valore in giudizio, sia nella fase monitoria sia nella successiva opposizione a decreto ingiuntivo;
con il quinto motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360, primo comma, numm. 3 e 5 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1219, 2943 e 2934 cod. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto idonee ad interrompere il termine di prescrizione lettere prive
dei requisiti previsti dalle norme suindicate e non portate validamente a conoscenza del destinatario;
il primo motivo è inammissibile;
lo è intanto la censura di omessa pronuncia su motivo d ‘appello sia perché quest’ultimo n on è compiutamente riportato nella sua integralità nel ricorso (Cass. 20/08/2015, n. 17049), sia perché non è comunque precisato se lo stesso motivo sia stato ribadito in sede di precisazione delle conclusioni del giudizio di appello (v., sul tema, Cass. 03/03/2010, n. 5087);
ne discende anche l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE prospettazione delle questioni agitate in questa sede, per la prima volta, con il motivo in esame, non risultando esse trattate, né ritualmente dedotte nel giudizio di merito;
l ‘inammissibilità del motivo deriva comunque anche dal rilievo che la norma di cui si deduce la tacita abrogazione o l’inapplicabilità nella specie non ha avuto diretta applicazione nella sentenza impugnata, la quale – come espressamente ivi evidenziato, sia pure ad altri fini – ha confermato una decisione resa all’esito di un giudizio di ordinaria cognizione (instaurato a seguito dell’opposizione RAGIONE_SOCIALE ingiunta) diretto all’accertamento RAGIONE_SOCIALE sussistenza RAGIONE_SOCIALE morosità e dei relativi effetti risolutivi sul rapporto e nel quale perdevano ormai rilevanza eventuali vizi RAGIONE_SOCIALE procedura monitoria, salvo eventualmente per le sole spese;
mette altresì conto osservare, incidentalmente, che, come questa Corte ha già avuto modo di chiarire (Cass. 13/01/1993, n. 354), i lineamenti dell ‘istituto di cui all’art. 32 r.d. n. 1165 del 1938, così come tratteggiati, evidenziano che non si verte in tema di intimazione di sfratto, bensì di procedimento ingiuntivo, adattato alla particolare natura degli RAGIONE_SOCIALE, ai quali viene consentito, per esigenze di speditezza processuale, di ottenere
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contestualmente l ‘ ordine di pagamento e, in caso di inottemperanza, quello di sfratto;
nello stesso schema interpretativo, del resto, si era già mossa la Corte Costituzionale, allorquando dichiarò la illegittimità dell ‘ art. 32 in parola nelle parti in cui per il pagamento dei canoni scaduti e per l ‘ opposizione al decreto fissava termini diversi da quelli previsti dall ‘ art. 641 cod. proc. civ. per l ‘ ordinario procedimento ingiuntivo (sentenza 22 dicembre 1969, n. 159): con ciò evidentemente inquadrando la procedura de qua nell ‘ ambito del procedimento d’ingiunzione e non di quello per convalida di sfratto;
va peraltro rammentato che, più di recente, la Corte costituzionale ha, con sentenza n. 203 dell’11 giugno 2003, dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell ‘ art. 32 del r.d. n. 1165 del 1938, che prevede che gli RAGIONE_SOCIALE possano ottenere un ordine di sfratto nei confronti dell’inquilino moroso emesso inaudita altera parte , sul rilievo che « nel solco delle sentenze n. 159/1969 e n. 419/1991 di questa Corte, si deve confermare che la peculiarità di disciplina sostanziale delle locazioni di edilizia residenziale pubblica comporta che anche il loro trattamento processuale può essere diverso da quello delle altre locazioni ad uso abitativo. Se, dunque, la previsione di siffatta tutela è di per sé espressione di discrezionalità legislativa, ne discende che è ininfluente, ai fini RAGIONE_SOCIALE proposta questione di legittimità costituzionale, l ‘ enunciazione delle differenze riscontrabili tra questo procedimento e quelli cui possono ricorrere i locatori nelle comuni locazioni abitative (ma anche, in alternativa, come ammette la giurisprudenza, gli stessi enti gestori di edilizia residenziale), ossia il processo di cognizione secondo il rito dell’art. 447-bis cod. proc. civ. e quello per convalida di sfratto. Del resto, secondo la costante giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Corte, il legislatore può nella sua discrezionalità prevedere differenziate tipologie di procedimenti, in
ragione di esigenze che le giustifichino, non essendo costituzionalmente tenuto ad una costante uniformità di disciplina »;
ne deriva che nessuna rilevanza possono avere le successive innovazioni evocate in ricorso, le quali non hanno certamente escluso l’applicabilità anche ai rapporti locativi nascenti dalla assegnazione di alloggi di e.r.p. – e tale è certamente e incontestatamente anche quello per cui è causa – dei comuni RAGIONE_SOCIALE processuali a tutela delle pretese da tali rapporti nascenti;
tanto meno alcuna incidenza è su tale piano mai ipotizzabile ascrivere alla legge regionale, non essendo quella processuale materia attribuita alla competenza, nemmeno concorrente, delle Regioni;
per analoghe considerazioni è da reputarsi inammissibile pure il secondo motivo;
a tacer RAGIONE_SOCIALE novità RAGIONE_SOCIALE questione – di cui non viene allegata la introduzione nel thema decidendum del giudizio di merito – è dirimente notare che eventuali vizi propri RAGIONE_SOCIALE fase monitoria e del contenuto dell’ingiunzione emessa sono rimasti assorbiti e sono divenuti irrilevanti una volta che, a seguito dell’opposizione, si è instaurato un giudizio di ordinaria cognizione vertente sulla fondatezza delle pretese azionate dall’ente locatore in forza RAGIONE_SOCIALE dedotta (e per vero non contestata) morosità RAGIONE_SOCIALE conduttrice;
anche il terzo motivo è inammissibile;
parte ricorrente non indica in quale parte RAGIONE_SOCIALE sentenza la Corte di merito avrebbe affermato di dover applicare una regola di giudizio diversa da quella desumibile dalle norme secondo l ‘ interpretazione fornitane dalla giurisprudenza di legittimità, circa i criteri da utilizzare per la corretta determinazione RAGIONE_SOCIALE misura del canone dovuto, né da quale affermazione se ne dovrebbe comunque desumere una chiara e univoca difforme applicazione, ma ben diversamente ne prospetta la violazione quale conseguenza di una diversa valutazione degli elementi
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di fatto -peraltro nemmeno precisamente indicati mancando l’allegazione di se e in quale sede processuale acquisiti, con palmare inosservanza dell’onere di specifica indicazione dettato dall’art. 366 , primo comma, num. 6 cod. proc. civ. – il che pone, inammissibilmente, una quaestio facti e non una quaestio iuris ;
è inammissibile anche il quarto motivo;
con esso la ricorrente ripropone argomento di critica già confutato nella sentenza impugnata senza in alcun modo confrontarsi con la motivazione al riguardo addotta (con la quale la Corte di merito ha evidenziato l’irrilevanza di eventuali irregolarità del la documentazione prodotta in fase monitoria, una volta instaurato, con l’opposizione, il giudizio di ordinaria cognizione), ma limitandosi ad una mera contraria asserzione;
anche tale censura, comunque, si appalesa inosservante dell’onere di specifica indicazione dei documenti richiamati, in manifesta violazione dell’art. 366 , primo comma, num. 6, cod. proc. civ.;
è inammissibile anche il quinto motivo, per una duplice ragione; per un verso, esso è eccentrico rispetto al percorso argomentativo svolto nella sentenza gravata, risolvendosi nell’asserzione di un fatto esattamente opposto a quello invece accertato in sentenza (ossia la provata ricezione di idoneo atto interruttivo); in ogni caso, pure questa doglianza è stata articolata in palmare trasgressione del l’onere di specifica indicazione dei documenti richiamati di cui all’art. 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ.;
il Collegio rileva, altresì, che un ricorso con motivi pressoché identici redatti dallo stesso difensore patrocinante il presente ricorso è stato deciso dall’ordinanza del 7 luglio 2023, n. 19391, e risulta ignorato nella memoria di parte ricorrente;
il ricorso è, conclusivamente, dichiarato inammissibile:
il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità segue il principio di soccombenza;
la decisione non incide sull’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di cui la ricorrente beneficia in base alle risultanze degli atti, e la cui revoca -che presupporrebbe l’accertamento dei presupposti di cui all’art. 136 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -non compete comunque a questa Corte, ma al giudice del merito che ha pronunciato il provvedimento impugnato (Cass., Sez. U, 20 febbraio 2020, n. 4315);
del pari, la circostanza che la ricorrente risulti ammessa al patrocinio a spese dello Stato non esclude l’obbligo del giudice dell’impugnazione, quando adotti una decisione di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità RAGIONE_SOCIALE stessa, di attestare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo di contributo unificato: tanto perché l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è suscettibile di essere revocata, anche dopo la pronuncia RAGIONE_SOCIALE sentenza che ha definito il giudizio di impugnazione, allorquando sopravvengano i presupposti di cui all’art. 136 del sopra citato d.P.R. n. 115 del 2002 (Cass, Sez. U, 20 febbraio 2020 n. 4315);
pertanto, atteso l’esito del ricorso, va dato atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 , nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, RAGIONE_SOCIALE legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell ‘art. 1 -bis dello stesso art. 13;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento in favore RAGIONE_SOCIALE parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di AVV_NOTAIOiglio RAGIONE_SOCIALE Terza Sezione