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Servizio scuola paritaria: no piena valutazione mobilità

Un docente aveva richiesto il pieno riconoscimento del servizio scuola paritaria ai fini del punteggio per la mobilità nel pubblico impiego. Sebbene la Corte d’Appello avesse accolto la richiesta, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. Con l’ordinanza n. 16708/2024, ha stabilito che il servizio scuola paritaria non può essere equiparato a quello svolto nelle scuole statali, a causa delle profonde differenze normative nel reclutamento e nel rapporto di lavoro, escludendone quindi la piena valutazione.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Servizio scuola paritaria: non vale quanto quello statale per la mobilità

L’ordinanza n. 16708/2024 della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, chiarisce definitivamente una questione cruciale per migliaia di docenti: il servizio scuola paritaria non può essere equiparato a quello svolto nelle scuole statali ai fini del punteggio per la mobilità. Questa decisione ribalta un precedente orientamento favorevole ai docenti e stabilisce un principio netto sulla differente natura giuridica dei due rapporti di lavoro.

I fatti del caso

Un docente si era rivolto al Tribunale per ottenere la piena valutazione, nelle graduatorie di mobilità per l’anno scolastico 2016/2017, del servizio di insegnamento prestato presso istituti scolastici paritari. Inizialmente, la Corte d’Appello gli aveva dato ragione, ritenendo illegittimo il Contratto Collettivo Nazionale Integrativo (CCNI) nella parte in cui escludeva tale equiparazione, e aveva ordinato al Ministero dell’Istruzione di riformulare la graduatoria. Il Ministero, non accettando la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione.

Il valore del servizio scuola paritaria: la questione giuridica

Il nodo centrale della controversia era stabilire se, alla luce della normativa vigente (in particolare la Legge n. 62/2000 istitutiva delle scuole paritarie), il servizio pre-ruolo prestato in tali istituti dovesse avere lo stesso valore di quello svolto nelle scuole statali. La Corte d’Appello aveva risposto affermativamente, sostenendo una sostanziale equiparazione delle attività. La Cassazione, tuttavia, ha adottato un’interpretazione completamente diversa, fondata su una distinzione storica e normativa.

La distinzione fondamentale: Scuole Paritarie vs Scuole Pareggiate

La Suprema Corte sottolinea una differenza fondamentale tra le moderne scuole paritarie e le precedenti scuole pareggiate. Per ottenere il ‘pareggiamento’, un istituto doveva soddisfare condizioni molto stringenti, tra cui:
* Modalità di reclutamento del personale tramite pubblico concorso, simili a quelle dello Stato.
* Trattamento economico e giuridico del personale equiparato a quello statale.

Queste condizioni giustificavano il pieno riconoscimento del servizio ai fini della carriera, come previsto dall’art. 485 del Testo Unico sull’Istruzione (D.Lgs. 297/1994). Con l’introduzione delle scuole paritarie (Legge 62/2000), il legislatore ha mirato a garantire un livello qualitativo dell’istruzione equipollente per gli studenti, ma non ha esteso la stessa equiparazione al rapporto di lavoro dei docenti. Per le paritarie, infatti, non sono richieste le medesime procedure di assunzione né un trattamento economico identico a quello del comparto pubblico.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Corte si basa su un solido impianto argomentativo. In primo luogo, viene ribadito che l’equiparazione del servizio è una deroga al sistema generale e richiede una disposizione normativa esplicita, che in questo caso manca. La normativa sulle scuole paritarie non ha esteso automaticamente le tutele previste per le scuole pareggiate. Anzi, successive norme hanno escluso espressamente l’applicazione dell’art. 485 del Testo Unico alle scuole paritarie. In secondo luogo, la Corte ha escluso che questa disparità di trattamento sia irragionevole o in contrasto con la Costituzione, richiamando una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 180/2021) che ha giudicato legittima la scelta discrezionale del legislatore. Infine, è stato respinto anche il richiamo alla direttiva europea 1999/70/CE sulla non discriminazione dei lavoratori a tempo determinato. La Cassazione ha precisato che tale principio si applica per confrontare lavoratori a termine e a tempo indeterminato all’interno dello stesso datore di lavoro. Non può essere utilizzato per forzare un’equiparazione tra dipendenti di datori di lavoro diversi, come un istituto privato paritario e lo Stato, che operano in contesti giuridici e contrattuali differenti.

Conclusioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Ministero, ha cassato la sentenza d’appello e ha rigettato la domanda originaria del docente. L’ordinanza stabilisce un principio chiaro: il servizio scuola paritaria, pur essendo parte del sistema nazionale di istruzione, non gode della stessa valutazione del servizio statale ai fini delle procedure di mobilità. Questa interpretazione, fondata sulla differente natura del rapporto di lavoro e sulle precise scelte del legislatore, ha implicazioni dirette per tutti i docenti che hanno maturato esperienze in istituti paritari e aspirano a farle valere pienamente nella loro carriera all’interno della scuola pubblica.

Il servizio svolto in una scuola paritaria vale come quello svolto in una scuola statale ai fini della mobilità?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il servizio prestato presso le scuole paritarie non può essere equiparato a quello svolto negli istituti statali per l’attribuzione del punteggio utile alle operazioni di mobilità.

Perché il servizio nella scuola paritaria non è equiparato a quello statale?
La non equiparazione deriva dal fatto che il legislatore, pur garantendo un trattamento equipollente agli alunni, non ha inteso equiparare il rapporto di lavoro. A differenza delle vecchie scuole ‘pareggiate’, per le ‘paritarie’ non sono previste le stesse modalità di reclutamento (come il concorso pubblico) e di trattamento economico del personale statale.

La normativa europea sul lavoro a tempo determinato impone di valutare allo stesso modo il servizio?
No. La Corte ha chiarito che il principio di non discriminazione previsto dalla direttiva europea 1999/70/CE si applica a lavoratori a termine e a tempo indeterminato dello stesso datore di lavoro. Non può essere invocato per equiparare il trattamento di lavoratori di datori di lavoro diversi, come un istituto paritario privato e lo Stato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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