Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 17277 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 17277 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5494/2020 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n.1538/2019 depositata il 25/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10.6.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 1137 cod. civ., COGNOME COGNOME adiva il Tribunale di Pisa per ottenere l’annullamento della delibera dell’assemblea del Condominio RAGIONE_SOCIALE, sito in Cascina, località INDIRIZZO INDIRIZZO del 14.4.2011, che le aveva negato l’autorizzazione all’esecuzione di alcuni lavori di ristrutturazione sulla sua proprietà, posta al piano terreno del fabbricato condominiale, che prevedevano il cambio di destinazione d’uso da laboratorio artigianale ad abitativo (con quattro appartamenti) con sostituzione di porte e finestre alle aperture esistenti sulla facciata, l’installazione di due canne fumarie allo spigolo della facciata condominiale o lungo la parete condominiale non finestrata interna, il passaggio di tubazioni di scarico a servizio dei quattro appartamenti sotto il cortile di proprietà comune fino a raggiungere i pozzetti ubicati su una sua proprietà privata adiacente, ed il passaggio sul cortile comune per le auto dei proprietari dei quattro appartamenti, che sarebbero state parcheggiate sull’adiacente proprietà privata.
Il Condominio si costituiva in giudizio, concludendo per la conferma della validità della delibera, che aveva negato l’autorizzazione sia perché aveva considerato le modifiche lesive dell’estetica dell’edificio, sia perché aveva ritenuto che le stesse con l’imposizione di servitù avrebbero comportato una riduzione di valore delle altre unità immobiliari del condominio.
Con sentenza n. 1332/2013, il Tribunale adito rigettava la domanda della COGNOME, ritenendo che le opere implicanti modifiche al muro esterno del condominio, determinando una significativa alterazione dell’equilibrio architettonico dell’edificio, dovessero essere autorizzate dal Condominio.
La COGNOME proponeva gravame avverso la predetta sentenza.
Nella resistenza del Condominio, con la sentenza n. 1538/2019 del 22.5/25.6.2019, la Corte d’Appello di Firenze riformava parzialmente la decisione gravata, dichiarando illegittima la delibera impugnata nella parte in cui aveva negato l’autorizzazione alla chiusura delle porte vetrate esistenti ed all’apertura di porte e finestre sulla facciata, in quanto non lesive del decoro architettonico, e rigettando nel resto l’impugnazione. Il Giudice di seconde cure rilevava che la sentenza di primo grado non aveva esaurito l’oggetto del contendere, che ricomprendeva altresì l’installazione di una o due canne fumarie, per le quali la documentazione prodotta non era chiara e non aveva consentito di stabilire la conformità al decoro architettonico, l’installazione di tubature interrate nel resede comune e la realizzazione di un passaggio sulla proprietà condominiale, in funzione dell’utilizzo di un bene di proprietà esclusiva dell’appellante. Atteso che tali ultimi due interventi si sarebbero risolti nell’asservimento di un bene comune all’utilità di altra proprietà individuale della Burchi, ubicata al di fuori della proprietà condominiale, la Corte adita dichiarava legittima l’opposizione del Condominio.
Avverso tale sentenza COGNOME ha proposto ricorso a questa Corte, sulla scorta di quattro censure, ed il Condominio Tosco 113 ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale il solo resistente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre sottolineare che le domande proposte dalla COGNOME d’impugnazione della delibera assembleare che le aveva negato l’autorizzazione all’esecuzione dei lavori non erano volte ad ottenere la costituzione di servitù su area di proprietà condominiale, per cui non sussisteva il litisconsorzio necessario dei singoli condomini comproprietari di quell’area, ed in ogni caso l’esito infausto del ricorso -come si vedrà a breve -renderebbe
comunque superflua l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei singoli condomini, che nessun vantaggio potrebbero ricevere dalla partecipazione al giudizio, dovendosi privilegiare la regola della ragionevole durata del processo, tutelata dall’art. 111 comma 2° della Costituzione (vedi in tal senso, tra le tante, Cass. ord. 25.12.2024 n. 34442; Cass. ord. 1.12.2021 n. 37847; Cass. ord. 26.10.2021 n. 30090; Cass. ord. 15.5.2020 n.8980; Cass. ord. 21.5.2018 n. 12515).
1) Passando all’esame dei motivi, col primo di essi , articolato ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n.4) c.p.c., la ricorrente si duole della violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 346 c.p.c : a suo dire, la Corte distrettuale si sarebbe erroneamente pronunciata sull’aggravio di servitù derivante dall’installazione delle tubature di scarico nell’area condominiale, e dal passaggio su essa degli autoveicoli dei proprietari dei quattro appartamenti realizzandi verso l’adiacente proprietà esclusiva della COGNOME adibita a parcheggio, eccepito dal Condominio in prime cure, non esaminato dal Tribunale di Pisa e non riproposto dall’appellato in sede di gravame.
Il motivo é infondato, in quanto nel costituirsi nel giudizio di secondo grado il Condominio aveva chiesto il rigetto dell’appello della COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Pisa per le ragioni già fatte valere in primo grado (tra le quali l’opposizione alla riduzione di valore delle altre unità immobiliari comprese nel condominio che sarebbe derivata dagli asservimenti richiesti dalla COGNOME) ed il Comune di Cascina aveva sospeso la DIA presentata dalla COGNOME per acquisire sia il parere della ASL di zona, sia l’autorizzazione del Condominio, e la stessa appellante aveva chiesto di accertare che il progetto da lei presentato non imponesse servitù, invocando in suo favore l’art. 1102 cod. civ. (uso della cosa comune). Il Tribunale di Pisa aveva deciso in primo grado in base alla ragione più liquida, individuata in una malintesa nozione di
contrarietà al decoro architettonico dell’intervento edilizio della COGNOME, senza pronunciarsi sulle altre ragioni che il Condominio aveva fatto valere per giustificare il suo rifiuto di autorizzazione del progetto, senza che su di esse si fosse formato un giudicato negativo (vedi in tal senso Cass. 20.3.2015 n.5724), per cui il Condominio non era tenuto a proporre appello incidentale per riproporle, essendo sufficiente che, come avvenuto, manifestasse in secondo grado la volontà di non rinunciarvi.
Attraverso la seconda doglianza, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1027 cod. civ. e dell’art. 1102 cod. civ. La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che il passaggio delle tubature di scarico degli appartamenti della Burchi su una porzione di resede comune, determinasse la creazione di una servitù a carico dell’appellato, omettendo di rilevare che detto passaggio rientrava nelle facoltà consentite al condomino, il quale può trarre godimento dalla cosa comune nei limiti previsti dall’art. 1102 cod. civ..
Col terzo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., ci si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 1027 cod. civ. e dell’art. 1102 cod.civ. Il Giudice del gravame avrebbe erroneamente ritenuto costitutivo di servitù l’accesso ad un’area privata dell’odierna ricorrente adiacente il cortile condominiale, omettendo di rilevare che tale passaggio costituiva esercizio del diritto della COGNOME di fruire del bene comune, al pari degli altri condomini.
Questi due motivi, – suscettibili di esame congiunto (in quanto inerenti entrambi alla violazione degli articoli 1027 e 1102 cod. civ.) – sono infondati, in quanto l’art. 1102 cod. civ. non é invocabile se, come nella specie, le servitù su area condominiale sono a servizio di una proprietà estranea al condominio, quale nella specie l’area adiacente di proprietà esclusiva della COGNOME destinata,
nel suo progetto, sia ad area di parcheggio dei veicoli dei proprietari dei quattro appartamenti nuovi della Burchi, sia ad ospitare i pozzetti di confluenza degli scarichi a servizio di quegli appartamenti (vedi in tal senso Cass. 16.12.2024 n.32683 e Cass. n. 15787/2002 e Cass. n. 8397/2000 già citate dall’impugnata sentenza).
Col quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., la ricorrente lamenta l’omesso esame di fatti controversi e decisivi della causa. La Corte fiorentina avrebbe omesso di esaminare la preesistenza del diritto di passo sull’area condominiale rispetto alle modifiche richieste dalla COGNOME, in quanto acquisito implicitamente attraverso l’acquisto del fondo intercluso della ricorrente.
Tale motivo é inammissibile.
La preesistenza della servitù di passaggio sull’area condominiale, a favore dell’adiacente proprietà esclusiva interclusa della COGNOME, introduce una questione di diritto nuova, non menzionata nell’impugnata sentenza, per cui la ricorrente, per evitare una statuizione d’inammissibilità, avrebbe dovuto indicare in quale atto processuale e quando avesse allegato tale circostanza (vedi in tal senso tra le tante Cass. ord. 9.4.2025 n. 9304; Cass. 8.6.2023 n.16240), mentre non l’ha fatto, limitandosi a fare generico riferimento alla produzione in primo grado dell’atto di acquisto dell’area adiacente a quella condominiale.
In conclusione, il ricorso va respinto.
In base al principio della soccombenza, la ricorrente va condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, in favore del controricorrente.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € . 200,00 per esborsi ed € 3.800,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10.6.2025