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Servitù per destinazione: volontà e contratto prevalgono

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di alcuni proprietari che rivendicavano una servitù per destinazione del padre di famiglia. La Corte ha stabilito che la presenza di un atto notarile che regolava già in modo specifico il diritto di passaggio esclude la possibilità che possa sorgere un’altra servitù basata sulla mera situazione dei luoghi preesistente. La volontà espressa nel contratto prevale sulla presunzione legale.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Servitù per destinazione: quando la volontà contrattuale prevale sull’apparenza

L’acquisto di un immobile può nascondere insidie, specialmente quando si tratta di diritti di passaggio e servitù. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto luce su un punto cruciale: la costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia. Questo istituto, previsto dall’articolo 1062 del codice civile, può essere escluso se le parti hanno manifestato una volontà contraria. Vediamo come la volontà espressa in un contratto di compravendita possa prevalere sulla situazione di fatto dei luoghi.

I Fatti di Causa: una controversia su un diritto di passaggio

La vicenda trae origine dalla divisione di un vasto appezzamento di terreno, originariamente appartenente a un unico proprietario. Quest’ultimo, nel corso del tempo, vende diverse porzioni del fondo a soggetti differenti.
Nel 2004, con un primo atto notarile, viene venduta una parte del terreno, costituendo contestualmente una specifica servitù di passaggio a favore delle particelle vendute. Successivamente, nel 2005, un’altra porzione viene acquistata da nuovi proprietari.
Questi ultimi sostengono di avere diritto a un ulteriore passaggio attraverso la proprietà di un altro vicino (acquistata anch’essa dall’originario proprietario), non in virtù di un accordo scritto, ma per “destinazione del padre di famiglia”. Essi affermano che l’originario proprietario aveva creato e utilizzato una stradella che collegava le varie porzioni, e che tale situazione, preesistente alla divisione, avrebbe dovuto dar vita automaticamente a una servitù.
Il vicino, non essendo d’accordo, avvia un’azione di “negatoria servitutis” per far dichiarare l’inesistenza di tale diritto.

La Decisione dei Giudici di Merito

In primo grado, il Tribunale dà ragione ai proprietari che rivendicavano la servitù. Tuttavia, la Corte d’Appello ribalta la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, gli atti di vendita, e in particolare quello del 2004, avevano regolamentato in modo preciso e puntuale il regime degli accessi ai vari fondi. La creazione negoziale di una specifica servitù di passaggio era stata interpretata come una manifestazione di volontà incompatibile con la nascita di un’altra e diversa servitù basata sulla mera destinazione impressa dall’originario proprietario.

L’analisi della Corte di Cassazione e il principio della servitù per destinazione

Investita della questione, la Corte di Cassazione conferma la sentenza d’appello, rigettando tutti i motivi del ricorso. Gli Ermellini chiariscono un principio fondamentale in materia di servitù per destinazione. Sebbene questo tipo di servitù possa sorgere automaticamente quando la situazione dei luoghi creata dall’unico proprietario originario lo consenta, ciò non accade se emerge una volontà contraria.
La Corte ha ritenuto che la costituzione, tramite contratto, di una servitù per l’accesso con un percorso ben definito fosse una manifestazione di volontà che escludeva la nascita di qualsiasi altra servitù di passaggio sullo stesso fondo, anche se basata su una preesistente stradella. In pratica, l’accordo specifico e scritto ha prevalso sulla situazione di fatto.
La Cassazione ha inoltre respinto gli altri motivi di ricorso, tra cui quelli relativi a presunti vizi procedurali e alla mancata valutazione di prove, ritenendoli inammissibili o infondati, e ha sottolineato come i ricorrenti non avessero fornito la prova necessaria per sostenere le loro pretese, incluso il presupposto dell’usucapione.

Le motivazioni

Il cuore della motivazione della Corte risiede nell’interpretazione dell’articolo 1062 del codice civile. La norma sulla servitù per destinazione del padre di famiglia non è assoluta, ma cede il passo a una diversa volontà delle parti. Nel caso di specie, l’originario proprietario, frazionando il fondo, non si era limitato a vendere le singole porzioni, ma aveva attivamente regolato gli accessi attraverso la costituzione di una servitù negoziale. Questo comportamento è stato interpretato come una chiara scelta di definire i diritti di passaggio in modo esclusivo e puntuale, escludendo implicitamente che potessero sorgere altri diritti basati sulla situazione fattuale pregressa. La Corte ha affermato che l’incompatibilità tra la servitù costituita per contratto e quella che si vorrebbe far sorgere per destinazione è sufficiente a dimostrare la volontà di non lasciare immutata la situazione di fatto, impedendo così la nascita della servitù rivendicata.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, evidenzia l’importanza cruciale della chiarezza e completezza dei contratti di compravendita immobiliare. Specificare dettagliatamente tutti i diritti e gli oneri, incluse le servitù, è fondamentale per prevenire futuri contenziosi. In secondo luogo, ribadisce un principio gerarchico: la volontà espressa formalmente in un contratto prevale sulle presunzioni legali basate su situazioni di fatto. Chi acquista un immobile non può fare affidamento solo sull’apparenza dei luoghi (ad esempio, la presenza di una strada), ma deve verificare attentamente quanto stabilito negli atti notarili, poiché questi ultimi costituiscono la fonte primaria per la definizione dei diritti reali sulla proprietà.

Quando non si può costituire una servitù per destinazione del padre di famiglia?
Non si può costituire quando, nell’atto con cui si dividono due fondi, l’originario proprietario manifesta una volontà contraria al mantenimento della situazione di fatto che darebbe luogo alla servitù. Come nel caso esaminato, la costituzione negoziale di una specifica servitù di passaggio è stata ritenuta incompatibile con la nascita di un’altra servitù per destinazione.

Perché la Corte ha respinto il ricorso basato sulla violazione dell’art. 1062 c.c.?
La Corte ha respinto il motivo perché ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente interpretato la situazione. La volontà di escludere la nascita della servitù per destinazione può essere ricavata dall’incompatibilità tra la situazione dei luoghi e le clausole del contratto. Nel caso specifico, la creazione di una diversa servitù con un atto formale è stata considerata una manifestazione di volontà incompatibile con il mantenimento dello stato di fatto preesistente.

Qual è il valore di un accordo contrattuale che regola un diritto di passaggio?
Un accordo contrattuale che regola in modo specifico e puntuale un diritto di passaggio ha un valore prevalente rispetto a qualsiasi situazione di fatto preesistente. La volontà espressa dalle parti in un atto notarile definisce in modo vincolante il regime degli accessi, escludendo la possibilità che possano sorgere altre servitù basate su presunzioni, come quella per destinazione del padre di famiglia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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