Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12690 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12690 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5880/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrenti- contro
NOME rappresentata e difesa da sé medesima,
-controricorrente-
nonché contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME e da lui rappresentata e difesa,
-controricorrente-
nonché contro
NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME DEL NOMECOGNOME NOMECOGNOME -intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n.2690/2019 depositata il 30.12.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione del 25.11.2003, NOME COGNOME conveniva innanzi al Tribunale di Foggia NOME COGNOME chiedendo l’accertamento dell’esistenza, al momento della stipula dell’atto di divisione del 9.12.1984 di una proprietà comune dei fratelli NOMECOGNOME NOME COGNOME e NOMECOGNOME derivante dalla successione legittima al padre, sulla quale erano stati costruiti tre villini adiacenti composti ciascuno da un appartamento al primo piano con cortile a monte e da un seminterrato con terreno a valle, ed assegnati ciascuno ad un fratello, di una strada pedonale e carrabile per l’accesso al seminterrato adibito a magazzino ed al terreno antistante – nel NCT del Comune di San Marco in Lamis alle particelle 133/b (definitiva 278) e 116/c (definitiva 276) -, assegnati nella divisione, assieme al sovrastante appartamento, alla sorella delle parti, NOME e poi acquistati dal commissario liquidatore del concordato preventivo di quest’ultima
da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME il 27.5.1995, e quindi dell’esistenza della relativa servitù di passaggio costituita per destinazione del padre di famiglia a carico del fondo del convenuto ed a favore degli immobili in comproprietà tra NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Costituitosi, NOME NOME negava l’esistenza del passaggio pedonale e carrabile sulla sua proprietà all’epoca della divisione e di conseguenza l’avvenuta costituzione della predetta servitù. Lo stesso spiegava, inoltre, domanda riconvenzionale per ottenere la divisione della proprietà comune con l’attrice.
Nel giudizio intervenivano COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, e COGNOME Giovanni Claudio, i quali, premettendo di essere comproprietari dell’appartamento posto al primo piano sopra il locale seminterrato, che avevano a loro volta acquistato dal commissario liquidatore del concordato preventivo di NOME, rappresentavano che la divisione in corso tra i germani relativamente al piano seminterrato ed al terreno a valle dello stesso poteva essere lesiva nei loro confronti, in quanto su essi insistevano beni ed impianti a servizio anche del loro appartamento (serbatoio gasolio, cisterna dell’acqua, tubazioni) e, pertanto, chiedevano che si procedesse alla divisione nel rispetto dei loro diritti e facoltà.
Con sentenza n. 1282/2016, il Tribunale di Foggia, espletata una CTU e sentiti numerosi testimoni, rigettava la domanda attorea, ritenendo l’insussistenza di un passaggio consistente in un’opera permanente e visibile per la presenza di una strada sterrata e non asfaltata all’epoca della divisione e, in accoglimento della riconvenzionale, disponeva la divisione della proprietà comune delle parti originarie.
Avverso tale sentenza, proponeva appello NOME COGNOME insistendo per l’accoglimento dell’ actio confessoria servitutis,
contrastata da NOME COGNOME e gli intervenuti chiedevano una modifica della sentenza di divisione, che meglio salvaguardasse il loro diritto di accedere ai servizi ed impianti comuni.
Con sentenza non definitiva n. 1740/2018 del 21.9/11.10.2018, la Corte di Appello di Bari riformava la sentenza di prime cure, ritenendo che la servitù di passaggio pedonale e carrabile invocata da NOME COGNOME fosse stata costituita ai sensi del 1062 cod. civ. per destinazione del padre di famiglia a favore del seminterrato e del terreno a valle acquistati in comune da NOME COGNOME e NOME COGNOME ed a carico della confinante proprietà esclusiva di quest’ultimo, che condannava a consentire il transito della sorella NOME e con separata ordinanza la causa veniva rimessa in istruttoria per tentare la conciliazione ed eventualmente rinnovare la CTU sulla domanda di divisione e NOME si riservava di impugnare tale sentenza insieme alla sentenza definitiva ex art. 361 c.p.c..
Avverso tale sentenza, spiegava opposizione ex art. 404 c.p.c. NOME COGNOME coniuge in regime di comunione legale di NOME COGNOME sostenendo di essere comproprietaria del fondo dominante, al fine di rivendicare la qualità di litisconsorte necessaria pretermessa e di invocare la nullità della sentenza, nel contempo deducendo la proprietà comune del muro di recinzione che aveva ostruito il passaggio e la modificazione della destinazione del terreno a valle dell’immobile seminterrato derivata dal riconoscimento ex art. 1062 cod. civ. della servitù di passaggio.
Costituitasi, NOME rimarcava la pretestuosità dell’iniziativa, che chiedeva di valutare anche sotto il profilo della temerarietà, resistevano gli intervenuti, mentre NOME aderiva all’opposizione della moglie.
Riunito il giudizio di opposizione di terzo col giudizio di secondo grado relativo alla divisione, con la sentenza definitiva n.2690/2019 del 19.11/30.12.2019, la Corte d’Appello di Bari rigettava
l’opposizione di terzo della COGNOME, comproprietaria del fondo dominante e non di quello servente, negando l’esistenza di un muro comune che avesse impedito il passaggio e che quest’ultimo avesse modificato la destinazione del fondo dominante, e ritenendo insussistente quindi il litisconsorzio necessario della COGNOME relativamente all’actio confessoria servitutis accolta, e condannava l’opponente per lite temeraria, dichiarava la nullità della sentenza del Tribunale di Foggia relativamente ai capi inerenti alla divisione, rilevando d’ufficio il difetto d’integrità del contraddittorio per la mancata partecipazione di COGNOME NOMECOGNOME rimettendo le parti innanzi al giudice di primo grado ex art. 354 c.p.c. limitatamente alla divisione, ed adottava un’articolata regolamentazione delle spese processuali, in seguito esaminata in dettaglio.
Avverso le predette sentenze, definitiva e non definitiva, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto congiuntamente tempestivo ricorso a questa Corte il 12.2.2020, affidandosi a sette motivi, ed hanno resistito con controricorso, separatamente, NOME e COGNOME NOME NOMECOGNOME mentre sono rimasti intimati lannacone NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, e COGNOME NOME.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale del 19.3.2025, sia NOME COGNOME e NOME COGNOME che NOME hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo, articolato in riferimento al n. 4) del comma primo dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti si dolgono della nullità, ex art. 102 c.p.c., della sentenza di primo grado e della sentenza non definitiva di secondo grado, relative all’actio confessoria servitutis, per non integrità del contraddittorio, chiedendo la rimessione della causa al primo giudice ex art. 354 c.p.c.
2) Col secondo motivo, articolato in riferimento al n. 3) del comma primo dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti censurano la violazione
dell’art. 102 c.p.c. e dell’art. 1079 cod. civ., in quanto la Corte distrettuale avrebbe erroneamente respinto l’opposizione di terzo di NOME COGNOME escludendo che la stessa fosse contraddittore necessario rispetto alla domanda di accertamento della servitù per destinazione del padre di famiglia.
I primi due motivi del ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME, relativi all’asserita nullità per difetto d’integrità del contraddittorio della sentenza non definitiva n.1740/2018 della Corte d’Appello di Bari, che in riforma della sentenza di primo grado, ha accertato la costituzione della servitù di passaggio pedonale e carrabile a carico delle particelle 116/b (definitiva 306) e 133/c (definitiva 279) del foglio 89 del NCT del Comune di San Marco in Lamis, di proprietà di NOME COGNOME, in favore del piano seminterrato con affaccio a valle e del terreno antistante identificati come particelle 133/b (definitiva 278) e 116/c (definitiva 276) dello stesso foglio, assegnati con la scrittura privata di divisione della proprietà comune di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME del 9.12.1984, per atto del notaio NOME COGNOME, a NOME COGNOME e poi venduti dal commissario liquidatore del concordato preventivo di quest’ultima, il 27.5.1995, a NOME COGNOME e NOME COGNOME (quest’ultimo in comunione legale con la moglie NOME COGNOME, ed alla nullità, sempre per difetto d’integrità del contraddittorio, della sentenza definitiva n. 2690/2019 della Corte d’Appello di Bari, che ha respinto l’opposizione di terzo proposta da NOME COGNOME avverso la già citata sentenza non definitiva n. 1740/2018 della Corte d’Appello di Bari, essendo basati sul comune presupposto dell’asserita comproprietà da parte di NOME COGNOME del fondo servente – particelle 116/b (definitiva 306) e 133/c (definitiva 279) del foglio 89 del NCT del Comune di San Marco in Lamis -, possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili.
I ricorrenti, infatti, deducono in questa sede per la prima volta, e quindi tardivamente, che NOME COGNOME sarebbe comproprietaria del
suddetto fondo servente, laddove la COGNOME nel proporre l’opposizione di terzo aveva sostenuto di essere comproprietaria insieme al marito, NOMECOGNOME col quale era in comunione legale dei beni al momento dell’acquisto del 27.5.1995, ed insieme a NOME, del solo fondo dominante – piano seminterrato con affaccio a valle e del terreno antistante identificati come particelle 133/b (definitiva 278) e 116/c (definitiva 276) dello stesso foglio -.
Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, ‘ qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata né indicata nelle conclusioni ivi epigrafate, il ricorrente che riproponga tale questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa’ (vedi ex multis Cass. sez. lav. ord. 9.7.2020 n. 14635; Cass. 22.4.2016 n. 8206; Cass. 30.11.2006 n 25546).
3) Col terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3) del comma primo dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti hanno dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e ss. e 96 ss. c.p.c., censurando la statuizione sulle spese dell’intero processo, nonché la condanna ex art. 96 c.p.c. a carico di NOME COGNOME.
Il terzo motivo, concernente la disposta condanna di NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali di primo e di secondo grado a favore di NOME COGNOME e degli intervenuti, e di NOME COGNOME al pagamento delle spese del giudizio di opposizione di terzo a favore di NOME COGNOME e degli intervenuti, nonché la disposta condanna di NOME COGNOME al risarcimento danni ex art. 96
c.p.c. in favore di NOME, prevalentemente connesso all’auspicato e non verificatosi accoglimento dei primi due motivi, è infondato.
La sentenza definitiva impugnata, infatti, per quanto concerne il rapporto processuale instauratosi tra NOME e NOME COGNOME ha applicato il principio della soccombenza, tenendo conto che quest’ultimo, nell’esito finale della lite, aveva visto accolta la domanda della sorella di accertamento della costituzione per destinazione del padre di famiglia della servitù di passaggio pedonale e carrabile, e di conseguente ordine nei suoi confronti di non frapporre ostacoli all’esercizio di quella servitù, e che tacendo la circostanza che aveva acquistato la quota di ½ del fondo dominante in comunione legale con la moglie, NOME COGNOME aveva dato causa alla nullità della sentenza di primo grado di divisione, rilevata d’ufficio dalla Corte d’Appello, che aveva dovuto disporre la rimessione ex art. 354 c.p.c. al Tribunale di Foggia, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, che permette al giudice dell’impugnazione, che applichi l’art. 354 c.p.c., di provvedere anche sulle spese del giudizio di primo grado, quando ci siano elementi sufficienti per stabilire a quale delle parti debba essere attribuito il vizio che ha dato luogo alla rimessione.
La condanna di NOME COGNOME a favore degli intervenuti si giustifica, inoltre, in base al principio di causalità, in quanto quest’ultimi sono stati costretti a partecipare ad un giudizio di divisione, viziato da nullità per responsabilità di NOME COGNOME, dovendo tutelare il proprio diritto di accesso ai servizi ed agli impianti ubicati sul fondo oggetto della richiesta divisione.
I ricorrenti sostengono poi, che sarebbe stata NOME COGNOME in quanto attrice, a doversi preoccupare di citare tutti i litisconsorti necessari, ma ‘dimenticano’ che mentre per l’ actio confessoria servitutis dalla stessa esercitata non era necessaria la presenza in causa di NOME COGNOME comproprietaria per ¼ del fondo
dominante, in quanto il fondo servente era di esclusiva proprietà di NOME COGNOME e su di esso si trovavano il muro di recinzione e l’inferriata dal medesimo apposti per ostacolare l’esercizio del passaggio pedonale e carrabile della sorella, al contrario la partecipazione al giudizio era indispensabile ed ha indotto la Corte d’Appello a rilevare d’ufficio la nullità ed a rimettere la causa al giudice di primo grado ex art. 354 c.p.c. per la domanda di divisione del fondo dominante, che nel giudizio di primo grado era stata proposta in via riconvenzionale proprio da NOME COGNOME senza però richiedere la chiamata in causa della moglie, né dei soggetti terzi poi intervenuti a tutela dei loro diritti sugli impianti e servizi del loro immobile sovrastante, ubicati sul suddetto fondo dominante.
Per quanto poi concerne il rapporto processuale instauratosi nel giudizio di opposizione di terzo tra NOME COGNOME da un lato, e NOME COGNOME e gli intervenuti dall’altro, la sentenza definitiva impugnata ha ugualmente applicato il principio della soccombenza, in quanto l’opposizione relativa alla sentenza non definitiva di accertamento della costituzione della servitù di passaggio pedonale e carrabile a favore del terreno e del fabbricato oggetto di comproprietà di NOME COGNOME è stata respinta, non essendovi stato un accoglimento di essa per quanto concerne la nullità per difetto di contraddittorio della sentenza di divisione di primo grado, nullità che piuttosto è stata rilevata d’ufficio, e gli intervenuti sono stati inutilmente coinvolti nel relativo giudizio, con la proposizione abnorme, nell’ambito dello stesso, di domande nuove nei confronti degli intervenuti.
È quindi di tutta evidenza che la sentenza definitiva impugnata non ha violato il principio secondo il quale non può essere condannata alle spese processuali la parte che risulti totalmente vittoriosa; ossia l’unica ipotesi in cui si consente il sindacato in sede di
legittimità sulla condanna alle spese (Cass. 4.3.2025 n. 5695; Cass. 31.8.2020 n.18128; Cass. 13.2.2006 n. 3083).
Quanto alla condanna di NOME COGNOME al risarcimento danni ex art. 96 c.p.c., assumono i ricorrenti che vi sia stata violazione di legge, in quanto la stessa non sarebbe risultata soccombente, per essere stata asseritamente accolta la sua opposizione di terzo, sia pure limitatamente alla sentenza di divisione per la quale é stata disposta la rimessione al giudice di primo grado ex art. 354 c.p.c.
La tesi, però è infondata, in quanto la Corte d’Appello ha rigettato l’unica opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. proposta dalla COGNOME, quella relativa alla sentenza non definitiva di accertamento della costituzione per destinazione del padre di famiglia della servitù di passaggio pedonale e carrabile emessa dalla stessa Corte d’Appello, evidenziando che la COGNOME, che in primo grado era stata addirittura ascoltata come testimone e non aveva mai palesato eventuali sue incapacità a deporre, aveva pretestuosamente cercato di travolgere quella sentenza facendo valere la propria qualità di comproprietaria del fondo dominante, che evidentemente non comportava alcun litisconsorzio necessario, tanto più che i manufatti realizzati da NOME COGNOME per ostacolare la servitù della sorella si trovavano sulla proprietà esclusiva del predetto, ed ha solo rilevato che, per far valere tale sua qualità, NOME COGNOME sarebbe dovuta intervenire nel giudizio di divisione pendente in secondo grado, o avrebbe dovuto proporre opposizione di terzo avverso la sentenza di divisione del Tribunale di Foggia a quello stesso giudice, e non alla Corte d’appello, ma non già promuovere un giudizio di opposizione di terzo pretestuoso e dilatorio, ed infine, prendendo atto della comproprietà anche di NOME COGNOME del fondo oggetto della divisione richiesta da NOME COGNOME emersa dagli atti, ha rilevato d’ufficio la nullità della sentenza di divisione di primo grado per la mancata partecipazione del litisconsorte necessario NOME
COGNOME ed ha rimesso la causa di divisione al Tribunale di Foggia ex art. 354 c.p.c..
Col quarto motivo, articolato in riferimento al n. 5) del comma primo dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti hanno dedotto l’omesso esame delle risultanze della disposta CTU, oggetto di discussione tra le parti e decisiva per il giudizio.
La doglianza è infondata.
L’ausiliario era stato incaricato di descrivere lo stato dei luoghi esistente ben oltre una decina di anni dopo la divisione del 9.12.1984, che si assumeva avere dato luogo alla costituzione della servitù di passaggio pedonale e carrabile per destinazione del padre di famiglia, e di riportare gli interventi edilizi cronologicamente eseguiti nel corso degli anni, che avevano modificato la zona sulla quale si assumeva in passato essere stato esercitato il passaggio a favore del seminterrato e dell’antistante terreno a valle assegnati nella divisione a COGNOME NOMECOGNOME oltre che degli accertamenti e rilievi funzionali all’invocata divisione del fondo dominante.
La relazione della CTU, è stata considerata dalle sentenze impugnate, nella parte in cui ha consentito di individuare le opere poste in essere dal solo NOME COGNOME allo scopo di interrompere il passaggio pedonale e carrabile a favore del piano seminterrato e del terreno a valle antistante, originariamente assegnati a NOMECOGNOME e di collocarne la realizzazione su una determinata porzione in epoca successiva alla divisione ed all’acquisto del fondo dominante, compiuto il 27.5.1995 insieme alla sorella NOME (muro di recinzione in blocchi di cemento con varco, non qualificabile come comune, perché costruito sulla proprietà esclusiva di NOME COGNOME, e successiva chiusura del varco con una fila di blocchi in calcestruzzo alleggerito, sormontati da filo spinato, che ostruiscono il passaggio, anch’essa posta sulla proprietà esclusiva di NOME COGNOME, rappresentati alle dalle pagine 10 e 11 della CTU
dell’ing. NOME COGNOME e dalle foto 11 e 12 ad essa allegate, richiamate alla pagina 11 della sentenza definitiva impugnata), con conseguente esclusione del litisconsorzio necessario di NOME COGNOME relativamente all’ actio confessoria servitutis esercitata da NOME COGNOME.
Di contro, come desumibile dalla pagina 9 della sentenza non definitiva, è stata ritenuta assorbita ( rectius irrilevante) la parte della CTU dell’ing. NOME COGNOME che in base ad un’erronea datazione di un’aerofotogrammetria, aveva reputato inesistente la strada in questione già all’atto della divisione, essendosi basata la Corte d’appello, ai fini dell’accoglimento della domanda di NOME COGNOME di accertamento della costituzione della servitù di passaggio pedonale e carrabile, nell’esercizio del suo libero convincimento, solo sulle foto dell’epoca della divisione prodotte dall’attrice e confermate dalle testimonianze pienamente attendibili rese da COGNOME Rosario, titolare dell’impresa che, prima della divisione, eseguì i lavori di realizzazione delle tre villette adiacenti, dal teste COGNOME che era stato incaricato dall’impresa di compiere i rilievi per il frazionamento tra il 1982 ed il 1987, e dalla stessa COGNOME, mentre le deposizioni rese da COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME Giuseppe e NOME COGNOME indicati da NOME COGNOME che erano state valorizzate dal Tribunale di Foggia per rigettare la domanda in questione, sono state ritenute prive di valore probatorio dalla Corte d’Appello, a seguito della sopravvenuta condanna di tali testimoni in sede penale per le dichiarazioni rese per il reato di falsa testimonianza.
Sono state implicitamente disattese dalle sentenze impugnate le considerazioni svolte dalla CTU, al di fuori del mandato conferito al consulente e con invasione dei compiti demandati al giudice, circa il riconoscimento, o meno della costituzione della servitù di passaggio ex art. 1062 cod. civ., posto che l’accesso dell’ausiliario sui luoghi di causa era avvenuto a distanza di oltre dieci anni dalla divisione
dell’originaria proprietà comune dei fratelli NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME, intervenuta il 9.12.1984, mentre ai fini della costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia rileva lo stato di asservimento visibile e percepibile anche da parte di terzi esistente tra i fondi divisi all’atto della divisione (vedi pagina 7 secondo capoverso della sentenza non definitiva impugnata), e non lo stato dei luoghi sopravvenuto, come peraltro già correttamente ritenuto dal Tribunale di Foggia, che aveva però diversamente valutato l’attendibilità delle testimonianze acquisite sulla presenza o meno di opere visibili e permanenti, comunque senza basarsi sugli accertamenti della CTU.
In definitiva, quindi, la CTU è stata considerata per la parte in cui poteva avere rilievo per l’esclusione del litisconsorzio necessario inesistente invocato da NOME COGNOME mentre per l’accoglimento, o meno della domanda ex art. 1062 cod. civ. di NOME COGNOME non poteva considerarsi decisiva.
5) Col quinto motivo, articolato in riferimento al n. 5) del comma primo dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti hanno censurato l’omesso esame della circostanza per cui l’immobile seminterrato di fatto adibito a garage, ma accatastato come intercapedine, costituente il fondo dominante, in quanto abusivo, non era giuridicamente esistente prima del condono del 1995, non potendo pertanto esser considerato bene immobile in favore del quale era costituita la servitù.
Il quinto motivo, col quale si lamenta l’omessa considerazione del fatto che all’epoca in cui è stata ritenuta costituita la servitù di passaggio pedonale e carrabile (9.12.1984), il locale deposito, che poi nel 1995 avrebbero acquistato, dal commissario liquidatore del concordato preventivo di NOME COGNOME i germani NOME COGNOMEin comunione legale con la moglie COGNOME NOMECOGNOME e NOME, era accatastata come semplice intercapedine di isolamento del fabbricato, originariamente assegnato a Guida
NOME che sarebbe divenuta un’unità immobiliare autonoma come magazzino urbano solo in data 2.5.1995 ed avrebbe conseguito la sanatoria dal Comune di San Marco in Lamis solo in data 11.5.1995, è infondato.
Il fatto allegato non è decisivo, in quanto la servitù di passaggio pedonale e carrabile richiesta da NOME non era a servizio solo del piano seminterrato, di fatto adibito a magazzino, che i ricorrenti qualificano come mera intercapedine, ma anche del terreno a valle dello stesso, sul quale peraltro erano ubicati serbatoi di gasolio, cisterne d’acqua ed altri beni a servizio del sovrastante fabbricato, poi venduto dal commissario liquidatore del concordato preventivo di NOME a favore degli intervenuti. È pacifico poi che tutte e tre le villette, fin dalla loro costruzione, avessero un piano interrato, che benché indicato a fini fiscali come mera intercapedine, era chiuso da una porta scorrevole e di fatto adibito a garage, per cui la Corte d’Appello non poteva basarsi su un dato solo catastale, dovendo tener conto della condizione reale dei luoghi all’atto della divisione.
La giurisprudenza di questa Corte, inoltre, ammette anche la costituzione di servitù a favore di immobili abusivi (vedi Cass. ord. 19.1.2017 n. 1395; Cass. 18.2.2013 n. 3979), in quanto la concessione edilizia, peraltro nella specie successivamente rilasciata in sanatoria, è un provvedimento amministrativo che esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico tra l’amministrazione ed il privato che ha realizzato la costruzione, e non incide sui rapporti tra i privati.
6) Col sesto motivo, articolato in riferimento al n. 3) del comma primo dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 112 c.p.c. poiché la sentenza non definitiva ha accolto l’appello sulla base di un riesame complessivo del materiale probatorio, nonché di elementi diversi da quelli dedotti nel gravame da NOME COGNOME
Il sesto motivo, col quale si assume il vizio di ultrapetizione della sentenza non definitiva impugnata, per avere accolto la domanda di accertamento della costituzione della servitù di passaggio pedonale e carrabile di NOME COGNOME, basandosi sulle testimonianze e sulle foto sopra precisati, ancorché la stessa col suo appello avrebbe solo lamentato la mancata valutazione da parte del Tribunale di Foggia di una fotografia che si sosteneva risalente al 1984, di una planimetria del 5.12.1984 anteriore alla divisione tra i fratelli COGNOME riportante il tracciato viario, nonché delle domande di condono presentate dai condividenti il 29.9.1986 e successive dichiarazioni sostitutive di notorietà, dalle quali emergeva l’utilizzo come magazzini-garage dei locali di sgombero al piano seminterrato delle tre villette, sicché si sarebbe formato un non meglio precisato giudicato interno, è infondato.
In realtà l ‘ appellante NOME COGNOME nel riproporre la domanda ex art. 1062 cod. civ., non accolta in primo grado, aveva lamentato l’erronea valutazione dei mezzi di prova da parte del Tribunale di Foggia (foto, documenti e dichiarazioni testimoniali), sollecitando quindi una riconsiderazione di tutte le prove raccolte su tale domanda, che era stata respinta solo per la ritenuta insussistenza di opere visibili e permanenti destinate all’esercizio della servitù (strada sterrata e non ancora asfaltata all’epoca della divisione), ed impedendo quindi il passaggio in giudicato dei fatti posti a base di quella domanda, per cui la Corte d’Appello non é incorsa in alcuna ultrapetizione.
I ricorrenti, infatti, non tengono conto della permanente natura di ” revisio prioris instantiae ” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass. ord. 21.3.2024 n. 27204; Cass. sez. un. ord. 13.12.2022 n. 36481; Cass. sez. un. 16.11.2017 n.27199), imponendo sul capo oggetto d’impugnazione la rivalutazione delle risultanze istruttorie in base ai motivi fatti valere.
7) Col settimo motivo, articolato in riferimento al n. 3) del comma primo dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 1061 e 1062 cod. civ, in quanto la sentenza non definitiva avrebbe omesso di svolgere l’accertamento richiesto ex lege e dalla giurisprudenza per verificare la sussistenza dei presupposti per costituire una servitù per destinazione del padre di famiglia.
Il settimo motivo è inammissibile perché, pur lamentandosi nella rubrica la violazione degli articoli 1061 e 1062 cod. civ., relativi ai presupposti richiesti dalla legge ai fini della costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia (originaria unica proprietà e possesso dei fondi poi divisi; stato dei fondi all’epoca della divisione che riveli, con opere visibili e permanenti, l’esistenza in fatto della servitù a favore di uno dei fondi derivante dalla divisione ed a carico dell’altro; mancanza di specifiche disposizioni nell’atto di divisione contrarie alla costituzione della servitù), non assume che la Corte d’Appello abbia adottato una nozione non corretta circa i presupposti allo scopo richiesti, ma ci si duole, nella sostanza, della motivazione insufficiente, che sarebbe stata resa dalla Corte d’Appello a supporto di tali presupposti, per giustificare l’accoglimento della domanda di accertamento della costituzione della servitù di passaggio pedonale e carrabile per destinazione del padre di famiglia a carico della proprietà esclusiva di NOME COGNOME ed a favore della comproprietà di NOME COGNOME sull’immobile al piano interrato e sul terreno a monte antistante, auspicando una rivalutazione delle risultanze istruttorie, che valorizzi altri elementi di prova, non consentita in sede di legittimità, perché riservata al libero convincimento dei giudici di merito.
Premesso, infatti, che dopo la riforma del 2012 dell’art. 360 comma primo n.5) c.p.c., la motivazione insufficiente non é più censurabile, e che non risulta invocata una motivazione inesistente, meramente apparente, o contraddittoria ed illogica al punto tale da non consentire di comprendere le ragioni della decisione adottata,
né sono stati individuati fatti storici primari, o secondari, oggetto di discussione tra le parti e decisivi, che non siano stati considerati, i ricorrenti deducono contemporaneamente violazioni di legge e difetti di motivazione della sentenza non definitiva impugnata, ma in tal modo, contraddittoriamente, da un lato assumono un accertamento di fatto ormai consolidato ma contrario a legge, e dall’altro invece puntano ad una diversa ricostruzione in fatto invocando vizi di motivazione, cercando, in questo modo, di ottenere in sede di legittimità un terzo grado di giudizio di merito, e rimettendo alla Corte il compito di dare forma e contenuto alle loro lagnanze per poi decidere su di esse, il che evidentemente non é consentito Cass. 24.2.2017 n. 4802; Cass. 23.9.2011 n. 19443).
La Corte d’Appello, del resto, ha accertato con motivazione pienamente plausibile e certamente non inesistente:
a) che fondo dominante e servente facevano parte di un’unica proprietà comune ai fratelli NOMECOGNOME NOME e NOME, sulla quale gli stessi hanno costruito tre villini adiacenti, ciascuno con appartamento al primo piano con affaccio su terreno a monte e con immobile al piano seminterrato, di fatto adibito a garage, con affaccio sul terreno a valle, prima che essi procedessero alla loro divisione ed assegnazione separata a ciascun fratello con l’atto del notaio NOME COGNOME del 9.12.1984;
b) che tale titolo prevedeva solo la costituzione di una servitù di passaggio sul terreno a monte a favore della proprietà più lontana dalla via pubblica, quella assegnata a NOME, ritenuta già in primo grado non contraria alla costituzione della servitù di passaggio sul terreno a valle oggetto di causa;
c) che la condizione di asservimento risultava all’epoca della divisione del 9.12.1984, e per molti anni successivi, sulla base delle foto prodotte dall’originaria attrice e delle testimonianze di COGNOME e di NOME COGNOME, trattandosi di una strada sterrata di cantiere che era stata realizzata per l’edificazione
delle tre villette prima della divisione, e che era poi rimasta in uso per raggiungere il piano seminterrato ed il terreno a valle assegnati nella divisione a NOME COGNOME, altrimenti interclusi, per essere poi anche asfaltata nel 1987, il tutto fino a che, dopo l’acquisto compiuto da NOME COGNOME (in comunione dei beni con NOME COGNOME) e da NOME COGNOME, il 27.5.1995, dei suddetti immobili, già di proprietà di NOME COGNOME, NOME COGNOME non aveva provveduto ad interrompere il passaggio, ostruendo il varco nel muro di recinzione di sua esclusiva proprietà;
d) che il quid pluris all’epoca della divisione, pur non essendo la strada ancora asfaltata, era rappresentato dal fatto che su un terreno roccioso il tracciato della strada in questione, realizzato con terra riportata, e distinto dalla vegetazione spontanea esistente fuori dal margine, risultava chiaramente ed inequivocamente destinato, anche agli occhi di terzi, a raggiungere la via pubblica, con la quale era collegato direttamente il fondo di Guida COGNOME, solo il piano seminterrato ed il terreno antistante a valle già assegnati a NOME ed altrimenti non raggiungibili, come emerso dalle foto di parte attrice e dalle testimonianze già indicate.
Le spese processuali del giudizio di legittimità e del giudizio relativo all’inibitoria ritualmente richieste (vedi sulla competenza di questa Corte in ordine alla liquidazione delle spese per il giudizio di inibitoria svoltosi incidentalmente davanti alla Corte d’Appello Cass. sez. lav. 3.7.2024 n. 18248; Cass. 24.10.2018 n. 26966), liquidate cumulativamente in dispositivo, seguono la soccombenza, e vanno poste a carico dei ricorrenti in solido in favore di NOME e di NOME NOME, mentre nulla va disposto quanto alle spese per le parti intimate.
Quanto alla domanda di risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. avanzata da NOME COGNOME nei confronti dei ricorrenti, si ritiene che non possa trovare accoglimento in quanto
non risultano provati danni ulteriori rispetto alle spese processuali già coperte dalla condanna relativa.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, rigetta il ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME che condanna in solido al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità e del procedimento incidentale di inibitoria svoltosi davanti alla Corte d’Appello di Bari, in favore di NOME e di NOME NOMECOGNOME liquidandole per ciascuna parte cumulativamente in € 20,00 per spese vive ed €7.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 19.3.2025.