Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8248 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8248 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11532/2021 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE l’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende giusta procura in atti;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 61/2021 della CORTE D’APPELLO di TARANTO, depositata il 22/02/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Il Tribunale di Taranto rigettò la domanda di ‘negatoria servitutis’, con la quale NOME COGNOME aveva chiesto dichiararsi abusivo il passaggio di tubi interrati, attraverso i quali la germana NOME prelevava acqua da un pozzo esistente sul fondo attoreo e
condannarsi la convenuta alla rimozione degli anzidetti tubi . Accolse, per converso, la domanda riconvenzionale di ‘confessoria servitutis’, con la quale NOME COGNOME aveva chiesto dichiararsi sussistere, in favore del proprio fondo, servitù di attingimento acqua dal pozzo insistente sul fondo di NOME COGNOME.
La Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, accolta l’impugnazione principale di NOME e disattesa quella incidentale subordinata di NOME, riformata la sentenza di primo grado, dichiarò la libertà del fondo di NOME da servitù.
L’insoddisfatta appellata ricorreva sulla base di sei motivi. NOME COGNOME resisteva con controricorso.
Il Consigliere delegato della Sezione ha proposto definirsi il ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
NOME COGNOME con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, ha chiesto decidersi il ricorso.
Il processo è stato fissato per l’adunanza camerale del 29 ottobre 2024, all’approssimarsi della quale il controricorrente ha depositato memoria.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo.
La doglianza s’impernia principalmente sull’asserito omesso esame dell’atto di divisione ereditaria del 10/12/2001, che, a dire della ricorrente, avrebbe confermato le proprie ragioni.
Indi, il motivo passa in rassegna, oltre al predetto atto, estratto delle deposizioni testimoniali, sempre al fine di addebitare alla decisione l’omesso esame di fatti decisivi.
6.1. Il motivo non supera il vaglio d’ammissibilità.
In primo luogo, val la pena osservare che la denuncia di omesso esame, siccome sviluppata col motivo in rassegna, non è qui configurabile. Non si verte, per vero, in ipotesi di mancata considerazione di un fatto storico-documentale, avente carattere di
decisività, bensì di rivendicazione di un complessivo diverso apprezzamento dell’insieme delle emergenze di causa.
Di poi, va rilevato che la Corte di merito ha tenuto conto dell’atto di divisione ereditaria (cfr. pagg. 5 e 6 della sentenza), giungendo a conclusioni non gradite dal ricorrente, il quale, pertanto, in questa sede perora un’impropria alternativa ricostruzione.
Più in generale, proprio a un inammissibile riesame di merito è diretta la censura, la quale, espungendo pretese evidenze di causa, insiste per una ricostruzione alternativa in fatto.
Questa Corte ha precisato che deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (Cass., Sez. 2, n. 10927 del 23/4/2024).
7. Con il secondo motivo viene denunciata violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e, nel corpo di esso, omissione di motivazione, addebitandosi alla statuizione impugnata, oltre a quanto esposto con il primo motivo, di non avere tenuto conto che attraverso gli accertamenti del c.t.u. era emerso che il tubo acquistato dalla esponente nel 2004 aveva avuto lo scopo di ripristinare quel tratto della più lunga tubazione, già da tempo esistente e risalente a prima della divisione del fondo.
7.1. Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità.
Costituisce principio consolidato l’affermazione secondo la quale per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori
dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass., Sez. Un., 27/12/2019 n. 34474, con richiami pure a Cass. 19/06/2014 n. 13960 ovvero a Cass. 20/12/2007 n. 26965). Ipotesi, questa, che qui non ricorre affatto.
Come noto la giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. 6, n. 13977 del 23/5/2019; ma già, Cass., Sez. Un., n. 22232/2016; Cass. n. 6758/2022 e, da ultimo, Cass., Sez. Un., n. 2767/2023, in motivazione).
A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto.
Siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7
agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. Un., n. 8053 del 7/4/2014; Cass., Sez. Un., n. 8054 del 7/4/2014; Cass., Sez. 6-2, n. 21257 del 8/10/2014).
Qui non ricorre alcuna delle ipotesi sopra richiamate.
La sentenza impugnata ha reputato che sulla scorta delle emergenze di causa la tubazione fosse stata apposta da Chiara solo dopo l’alluvione del 2003 e ai successivi lavori di terrazzamento. La motivazione che sorregge l’assunto risulta del tutto comprensibile e compiuta (pagg. 7-9) e la sua opinabilità non può in alcun modo condurre all’apparenza.
Peraltro, come correttamente ricordato dalla Corte territoriale, qualora un unico fondo pervenga in successione a due eredi, per quote indivise, e poi da questi ultimi in sede di divisione, sia frazionato in porzioni distinte, la situazione di assoggettamento di fatto dell’una all’altra porzione non può determinare la costituzione di servitù prediale per destinazione del padre di famiglia (art. 1062 cod. civ.), con riferimento al momento della successione, tenuto conto che la cessazione dell’appartenenza dell’immobile ad un
unico proprietario si è verificata solo posteriormente, con la divisione della comunione ereditaria (Cass., Sez. 2, n. 7476 del 04/06/2001).
Di conseguenza, non ha rilievo verificare l’eventuale esistenza di opere visibili e permanenti, ove esso accertamento non consenta di affermare, con la necessaria sicurezza probatoria, che esse opere siano state lasciate dall’unico proprietario al momento della divisione del fondo dal medesimo effettuata. Evenienza qui smentita per tabulas , vertendosi in presenza di divisione effettuata dagli eredi.
Con il terzo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, individuato nella mancata valorizzazione della relazione del c.t.u. e delle osservazioni del c.t.p.; nonché dell’istanza con la quale il fratello NOME aveva chiesto alla Provincia di Taranto di essere autorizzato a utilizzare le acque del pozzo freatico di cui si discute.
8.1. La doglianza non supera il vaglio d’ammissibilità.
Anche in questo caso, con la stessa tecnica espositiva, s’invoca un nuovo e improprio vaglio di merito.
Non si è in presenza, al contrario di quel che afferma la ricorrente, di un fatto decisivo obliterato dal giudice, bensì della prospettazione di una diversa, e favorevole, valutazione delle emergenze di causa, favorita dalle conclusioni del proprio consulente. E a riguardo della consulenza di parte val la pena ricordare che essa, ancorché confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce una semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio, con la conseguenza che il giudice di merito, ove di contrario avviso, non è tenuto ad analizzarne e a confutarne il contenuto, quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni con esso
incompatibili e conformi al parere del proprio consulente (Cass., Sez. 6-2, n. 9483 del 09/04/2021; conf. Cass. n. 2063/2010).
Infine, solo per non mancare di completo scrutinio, va chiarito che l’istanza di NOME, onde autorizzare l’attingimento in favore dell’intero fondo, non assume affatto il carattere decisivo che il ricorrente gli attribuisce (un conto è avere inteso favorire la germana, in periodo di pace fraterna, altro assumere provata la servitù per destinazione).
Di conseguenza non sono pertinenti i richiami alle sentenze che hanno rilevato l’omesso esame della c .t.u. ai sensi del n. 5. dell’art. 360 cod. proc. civ. (Cass. n. 13922/2016; Cass. n. 13770/2018; Cass. n. 18598/2020; Cass. n. 14599/2021; Cass. n. 18956/2021).
Con il quarto motivo viene denunciato l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, che sarebbe consistito nell’erroneo esame della prova orale e del giudizio di attendibilità/inattendibilità dei testimoni.
Con il quinto motivo viene denunciata violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., assumendosi che l’erroneo apprezzamento delle risultanze della prova violava l’art. 2697 cod. civ., stante che l’esponente aveva assolto all’onere probatorio su di lei gravante.
Con il sesto motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 1061 e 1062 cod. civ., addebitandosi alla sentenza l’errore di non avere rinvenuto la fattispecie dell’usucapione per destinazione del padre di famiglia.
I motivi che immediatamente sopra precedono non superano lo scrutinio d’ammissibilità.
Con essi, per l’ennesima volta, la ricorrente, insiste nel richiedere un alternativo riesame delle risultanze di causa, come se si fosse in presenza di un giudizio di merito di terzo grado.
La denuncia di violazione di legge sostanziale non determina nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente ( ex multis , Cass., Sez. Un., n. 25573 del 12/11/2020). E ancora, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Cass., Sez. 1, n. 3340 del 05/02/2019).
Si è ulteriormente predicato che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. (Cass., Sez. L., n. 17313 del 19/08/2020).
13. Di conseguenza, siccome affermato dalle Sezioni Unite (sent. n. 7155 del 21/3/2017), lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si
desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334, comma 2, cod. proc. civ., sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis cod. proc. civ. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”.
14. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, conforme alla proposta di definizione anticipata, consegue, ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vigente art. 96, co. 3 e 4, cod. proc. civ., la condanna della ricorrente al pagamento in favore della controparte e della cassa delle ammende, delle somme, stimate congrue, di cui in dispositivo (cfr. Cass., Sez. Un., n. 27195/2023).
15. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; condanna, altresì, la ricorrente al pagamento dell’ulteriore somma di € 3.000,00 in favore del controricorrente, ai sensi dell’art. 96, co. 3, cod. proc. civ.; nonché della somma di € 1.500,00, ai sensi dell’art. 96, co. 4, cod. proc. civ., in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Seconda