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Servitù per destinazione del padre di famiglia: la prova

La Corte di Cassazione conferma la decisione di merito che riconosceva una servitù per destinazione del padre di famiglia. Il caso riguardava un diritto di passaggio su una stradella creatasi quando due fondi, ora di proprietari diversi, appartenevano a un unico soggetto. La Corte ha stabilito che il giudice di rinvio ha correttamente valutato l’insieme di tutte le prove disponibili, incluse le dichiarazioni dei venditori originari, senza limitarsi a singoli elementi, per accertare la situazione di fatto esistente al momento della divisione dei fondi.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Servitù per destinazione del padre di famiglia: Quando la prova nasce dalla storia del fondo

L’istituto della servitù per destinazione del padre di famiglia è uno dei modi più particolari con cui può sorgere un diritto reale su un immobile. Si tratta di una situazione che nasce non da un contratto, ma da una preesistente configurazione dei luoghi voluta dall’originario unico proprietario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di approfondire quali prove siano necessarie per dimostrarne l’esistenza e quali siano i poteri del giudice nel valutarle.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una disputa tra due vicini, proprietari di fondi rurali un tempo appartenenti a un unico soggetto. Il proprietario di uno dei due lotti conveniva in giudizio la vicina, sostenendo di avere il diritto di passare a piedi e con mezzi meccanici attraverso una stradella situata sulla proprietà di quest’ultima per raggiungere la via pubblica. Tale diritto, a suo dire, si era costituito come servitù per destinazione del padre di famiglia, poiché la stradella esisteva e serviva il suo fondo già prima che la proprietà originaria venisse frazionata e venduta separatamente a loro.

La vicina si opponeva, negando l’esistenza della stradella e del relativo diritto. Sosteneva inoltre che la servitù non risultava dagli atti di acquisto. Per complicare le cose, la convenuta aveva bloccato il passaggio con una catena, scatenando la reazione del vicino che ne chiedeva la rimozione.

L’Iter Processuale e il ruolo del giudice nella servitù per destinazione del padre di famiglia

Il percorso giudiziario è stato lungo e complesso. In primo grado, il Tribunale aveva qualificato l’azione come possessoria (azione di spoglio) e ordinato la rimozione della catena. La Corte d’Appello, in un primo momento, aveva riformato la sentenza, riqualificando l’azione come actio confessoria servitutis e respingendo la domanda per mancanza di prova della servitù.

Il caso è quindi approdato una prima volta in Cassazione. La Suprema Corte ha annullato la decisione d’appello, rinviando la causa a un nuovo giudice. Il motivo? La Corte d’Appello aveva errato nel non considerare il complesso delle prove, specialmente il fatto che le proprietà derivassero da un unico proprietario. Il giudice del rinvio, quindi, avrebbe dovuto valutare la situazione di fatto esistente al momento della divisione dei fondi, come richiesto dall’art. 1062 del codice civile per la servitù per destinazione del padre di famiglia.

Nel successivo giudizio di rinvio, la Corte d’Appello ha finalmente accolto la domanda, riconoscendo la servitù. A questo punto, la proprietaria del fondo servente ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione, lamentando vizi procedurali e una scorretta valutazione delle prove.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza della Corte d’Appello di rinvio. Le motivazioni della Suprema Corte sono cruciali per comprendere la materia.

In primo luogo, la Corte ha respinto la doglianza secondo cui il giudice di rinvio avrebbe deciso la causa “a sorpresa”, basandosi sulle dichiarazioni dei venditori originari senza aver prima sottoposto la questione al contraddittorio tra le parti. La Cassazione ha chiarito che tale questione era già stata ampiamente dibattuta nel corso del processo e, anzi, era stata proprio la stessa Suprema Corte, nella precedente ordinanza, a chiedere al giudice di rinvio di rivalutare tutti gli elementi acquisiti, comprese quelle dichiarazioni.

In secondo luogo, è stato chiarito che il giudice di rinvio si è attenuto scrupolosamente al principio di diritto indicato dalla Cassazione. Non si è basato solo sulle dichiarazioni dei venditori, ma le ha corroborate con le testimonianze raccolte e con l’analisi degli atti di acquisto. Ha compiuto una valutazione complessiva, come richiesto, per ricostruire se, al momento della divisione dei fondi, esistesse già una strada visibile che collegava un fondo alla via pubblica attraversando l’altro. Questo stato di fatto, oggettivo e permanente, è il presupposto essenziale per la nascita della servitù per destinazione del padre di famiglia.

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo con cui la ricorrente lamentava l’omesso esame di alcuni elementi (come la CTU o la testimonianza di un’altra persona). La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il suo ruolo non è quello di riesaminare il merito dei fatti o di attribuire un peso diverso alle prove. Tale compito spetta esclusivamente al giudice di merito, il cui giudizio, se logicamente motivato e privo di vizi di legge, non è sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali in materia di servitù per destinazione del padre di famiglia. Primo: la sua costituzione dipende esclusivamente dalla situazione oggettiva dei luoghi al momento in cui la proprietà originaria viene divisa. Non è necessaria un’espressa previsione contrattuale. Secondo: la prova di tale situazione può essere fornita con ogni mezzo, e spetta al giudice di merito il compito di valutare in modo complessivo e non frammentario tutti gli elementi probatori a disposizione (atti, testimonianze, dichiarazioni delle parti), formando il proprio libero convincimento. La Corte di Cassazione interviene solo per controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non per sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

Quando sorge una servitù per destinazione del padre di famiglia?
Sorge automaticamente quando due fondi, inizialmente appartenenti a un unico proprietario, vengono divisi e venduti separatamente, e al momento della divisione esisteva uno stato di fatto visibile e permanente in cui un fondo era a servizio dell’altro (ad esempio, una strada che lo attraversava per dare accesso alla via pubblica all’altro fondo).

Quali prove sono necessarie per dimostrare l’esistenza di questa servitù?
La prova può essere fornita con qualsiasi mezzo. Il giudice deve procedere a una valutazione complessiva di tutti gli elementi acquisiti, come gli atti di acquisto, le testimonianze sul possesso del passaggio, le dichiarazioni delle parti (inclusi i venditori originari) e le risultanze di eventuali consulenze tecniche, per ricostruire la situazione di fatto esistente al momento della separazione delle proprietà.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove valutate dal giudice di merito?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del giudice delle istanze precedenti, ma può solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza non sia illogica o contraddittoria. La valutazione del peso da attribuire a ciascuna prova è riservata al libero convincimento del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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