Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25960 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25960 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14933/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante Sig. NOME COGNOME, con sede in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, P.IVA P_IVA, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO per procura ex art. 83, terzo co. CPC da intendersi in calce al ricorso (C.F. CODICE_FISCALE) del Foro di RAGIONE_SOCIALE con studio in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO ed elettivamente domiciliata presso I’ AVV_NOTAIO del Foro di Roma con studio sito in Roma, INDIRIZZO. I difensori intendono ricevere tutte le comunicazioni delle parti processuali e di cancelleria ex artt. 136 c.p.c. e 51 D.L. n. 112/2008 ai seguenti indirizzi PEC comunicati all’Ordine ai sensi della L. 2/2009: EMAIL oppure, al numero di fax NUMERO_TELEFONO.
contro
Comune RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona della Sindaca in carica Dott.ssa NOME COGNOME, rappresentato e difeso -come da procura speciale redatta su supporto analogico del quale è stata estratta copia informatica per immagine allegata al messaggio di posta elettronica certificata con il quale si esegue la notifica del presente atto-, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME AVV_NOTAIO (C.F.: CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) e presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO COGNOME, 49; i difensori dichiarano di voler ricevere ogni comunicazione ai seguenti indirizzi pec: EMAIL EMAIL o al numero di fax: NUMERO_TELEFONO.
Controricorrente
nonché contro
Società riscossioni – RAGIONE_SOCIALE .
Intimata
Non costituita
avverso la sentenza della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n° 303 depositata il 18 marzo 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 settembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 .-Con sentenza n° 303 del 18 marzo 2021 la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in riforma della sentenza del tribunale, accoglieva l’impugnazione proposta dal Comune di quella città e dichiarava RAGIONE_SOCIALE debitrice del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche relativo agli anni 2012 e 2013 per l’intercapedine e due bocche di lupo poste sul marciapiedi di INDIRIZZO e INDIRIZZO.
2 .-Per quello che qui ancora rileva, ed in estrema sintesi, osservava la Corte che la concessione rilasciata dal Comune su
istanza dell’amministratore del Condominio di INDIRIZZO, non volturata dopo lo scioglimento del predetto Condominio (avvenuto nel 2014), non costituiva acquiescenza o riconoscimento delle ragioni dell’Ente territoriale.
Dal rogito del 14 gennaio 1937, col quale il terreno di sedime era stato compravenduto tra privati, emergeva che l’area privata comprendeva anche quella destinata a sede stradale.
Nondimeno, pur non essendo stato prodotto il successivo atto di cessione delle aree stradali di INDIRIZZO e di INDIRIZZO al Comune, non era contestato in causa che all’ente territoriale tali aree fossero state cedute in proprietà e che la parte cedente non si fosse riservata -né avesse ottenuto dal Comune -diritti reali o personali giustificativi dell’occupazione di suolo pubblico.
La Corte dichiarava pertanto dovuta da NOME il canone di occupazione per gli anni 2012 e 2013.
3 .- Ricorre per cassazione la NOME, affidando il gravame a cinque motivi.
Resiste il Comune di RAGIONE_SOCIALE, che conclude per la reiezione dell’impugnazione, mentre la RAGIONE_SOCIALE non si è costituita, benché ritualmente intimata.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato la memoria ex art. 381bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 63 del Dlgs n° 446/1997 e dell’art. 1062 cod. civ.
Il Comune non aveva prodotto in causa, nonostante fosse suo onere, l’atto di cessione delle vie Bardonecchia e Trecate: carenza che faceva supporre che la cessione delle strade fosse avvenuta per ‘ dicatio ad patriam ‘.
Ne derivava che, secondo il principio di Cass. 21236/2019, le aree dovevano ritenersi cedute nello stato in cui erano, quindi con il diritto del proprietario di mantenere le bocche di lupo e le grate.
In ogni caso, anche ove si volesse inammissibilmente supporre che l’atto di cessione delle vie conteneva una servitù a favore del Condominio, questa sarebbe stata costituita ai sensi dell’art. 1062 cod. civ.: dal che si sarebbe dovuto concludere, ancora una volta, per l’esistenza di una servitù a favore del privato.
5 .- Il motivo è fondato.
La Corte territoriale (sentenza, pag. 5, righe iniziali) ha ricompreso fra le questioni poste in causa quella se avesse o meno rilevanza l’eventuale preesistenza dei manufatti attraverso i quali si attua l’occupazione rispetto alla concreta destinazione a uso pubblico del suolo sul quale gli stessi insistono; ha poi dato per pacifica l’esistenza della intercapedine delle bocche di lupo pertinenti al basso fabbricato insistenti sui marciapiedi di INDIRIZZO e INDIRIZZO.
Nell’esaminare la predetta questione di rilevanza della preesistenza dei manufatti, alle pagine 7 e 8 la Corte di appello ha affermato che il protrarsi dell’occupazione, dopo l’acquisizione alla mano pubblica, integrava il presupposto per l’applicazione del COSAP, se la stessa non era accompagnata da un titolo che la sottraesse alla pretesa; ciò perché (pag. 8, penultimo capoverso) non hanno rilevanza le situazioni di mero fatto non inquadrabili nell’ambito di un diritto già esistente o acquisito e riconosciuto e disciplinato contestualmente e successivamente alla cessione a favore dell’Ente pubblico.
Principi questi del tutto corretti e condivisibili.
La Corte territoriale ha però aggiunto che non occorreva verificare se intercapedine e bocche di lupo fossero state realizzate prima della cessione del terreno, poi divenuto sedime di INDIRIZZO e INDIRIZZO, ma piuttosto se gli atti negoziali di cessione contenessero una riserva a favore del Condominio o di singoli
condomini di diritti reali e personali. La Corte territoriale ha poi fatto riferimento ad un rogito di compravendita tra privati del 14.1.1937 anteriore sia alla edificazione del Condominio, sia alla realizzazione delle strade non ancora materialmente costruite (sentenza, pag. 10, penultimo capoverso); rogito che prevedeva appunto la futura destinazione dei sedimi a strade.
Quindi la Corte subalpina, alle pag. 10 e 11, ha ritenuto ininfluente accertare se i fabbricati e i manufatti per cui è causa fossero stati realizzati prima della cessione delle aree divenute INDIRIZZO e INDIRIZZO al Comune di RAGIONE_SOCIALE, perché era pacifico che il Comune era divenuto proprietario di quei sedimi (anche se non era stato prodotto in causa il relativo atto) e perché l’attuale ricorrente non aveva allegato e dimostrato documentalmente che i proprietari cedenti si fossero riservati diritti di natura reale o personale all’atto della cessione che giustificassero il mantenimento dei manufatti (sentenza, pag.11, capoverso).
Tale conclusione non può essere condivisa alla stregua dell’art. 1062 cod. civ. correttamente invocato dal ricorrente.
La costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta, mediante qualunque genere di prova, che due fondi, attualmente divisi erano stati posseduti dallo stesso proprietario e costui ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù, purché (art. 1061, comma 2, cod. civ.) vi siano opere permanenti e visibili destinate al suo esercizio.
Il secondo comma dell’art. 1062 cod. civ. aggiunge che, se i due fondi cessano di appartenere allo stesso proprietario, senza alcuna disposizione relativa alla servitù, questa si intende costituita attivamente e passivamente a favore e a carico dei fondi separati.
Queste premesse consentono di porre in luce l’errore commesso dalla Corte di appello nel ritenere irrilevante l’accertamento dell’eventuale preesistenza dei manufatti alla cessione al Comune delle aree, comunque avvenuta (con atto di cessione non prodotto o mediante dicatio ad patriam, o ancora altrimenti).
Posto che le opere in questione sono evidentemente manufatti permanenti e visibili destinate all’esercizio della servitù in modo oggettivo, il silenzio del titolo di acquisto da parte del Comune avrebbe dovuto, in caso di effettiva preesistenza, essere risolto a favore della attuale ricorrente e non contro di essa per la presunzione sancita dalla norma citata.
Il rogito del 1937 è stato poi menzionato dalla Corte solo per desumerne che in un momento immediatamente precedente l’edificazione degli immobili e pure antecedente la cessione delle aree integranti le INDIRIZZO Trecate era già prevista la destinazione del sedime a sede stradale: si trattava però di mero impegno tra privati, a cui era estraneo il Comune, e non della cessione effettiva, secondo il contenuto dell’atto e quanto la stessa Corte di appello espone.
Trattasi poi di applicazione della regula iuris , suscettibile di effettuazione anche d’ufficio, una volta che i fatti rilevanti fossero, come erano, stati tempestivamente dedotti dalla parte in causa.
6 .- Col secondo mezzo NOME NOME duole della violazione dell’art. 63 del Dlgs n° 446/1997 e dell’art. 1 secondo comma, del Regolamento Cosap del Comune RAGIONE_SOCIALE, adottato con delibera n° 257 del 21 dicembre 1998.
Secondo entrambe le disposizioni -quella di legge interpretata da Cass. Su n° 8628/2020 -il prelievo è dovuto in primo luogo dal titolare della concessione e, in mancanza, dall’occupante di fatto: il debitore del canone era, dunque, il Condominio, al quale il Comune aveva rilasciato tale concessione.
Col terzo motivo NOME, precisando che la questione è rilevabile anche in sede di legittimità, eccepisce la propria carenza di legittimazione passiva, posto che le intimazioni di pagamento per il canone degli anni 2012 e 2013 erano state chieste solo sulla base della concessione rilasciata al Condominio nel 2011, sicché nella stessa prospettazione attorea legittimato passivo era quest’ultimo, non la NOME.
Col quarto motivo , sempre partendo dal presupposto che le intimazioni di pagamento del canone 2012 e 2013 erano state emesse sulla base della concessione, deduce la violazione della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ.
Lo stesso Comune aveva allegato che di occupazione di fatto si poteva al più parlare dal 2014, ossia dopo lo scioglimento del Condominio, mentre quest’ultimo nel 2012 -2013 era sussistente: la Corte aveva, invece, riconosciuto il canone per un’occupazione di fatto, non predicata e mai introdotta nel giudizio, accogliendo così una domanda fondata su differente causa petendi .
Infine, col quinto motivo deduce la violazione degli artt. 1314 e 1123 cod. civ., avendo la Corte posto a suo esclusivo carico l’obbligo del pagamento dell’intera Cosap 2012 e 2013, mentre, a tutto concedere, a seguito dello scioglimento del Condominio sarebbero stati obbligati al pagamento del canone i singoli condomini pro quota .
7 .-I motivi sono assorbiti dall’accoglimento del primo mezzo e potranno eventualmente costituire materia del contendere nel giudizio di rinvio davanti alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE.
8 .- In conclusione, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte di merito per un nuovo esame della fattispecie tenendo conto dei principi di diritto espresso al precedente paragrafo 5.
Alla medesima Corte va pure rimessa la liquidazione delle spese del presente giudizio.
p.q.m.
la Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti i restanti. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 24 settembre 2024, nella camera di consiglio della prima sezione.
Il presidente
NOME COGNOME