Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32683 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 32683 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 26040-2020 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO nello studio degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO DELLE PARTI COMUNI DI INDIRIZZO NN. 6, 6/3, 6/5, 6/7, 8 E 10 IN BOLOGNA, in persona del legale rappresentante pro tempore, e CONDOMINIO DELLE AUTORIMESSE E POSTI AUTO DI INDIRIZZO IN BOLOGNA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e domiciliati presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1349/2020 della CORTE DI APPELLO di BOLOGNA, depositata il 25/05/2020;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
udito il P.G., nella persona della dott. NOME COGNOME udito l’a vv. NOME COGNOME per parte ricorrente
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 21.7.2009 il Condominio delle parti comuni di INDIRIZZO nn. INDIRIZZO, 6/3, 6/5, 6/8, 8 e 10 in Bologna evocava in giudizio NOME COGNOME innanzi il Tribunale di Bologna, esponendo che il convenuto aveva messo in diretta comunicazione il giardino della sua unità immobiliare con il suo posto auto scoperto, situato nelle parti comuni del fabbricato, così creando una servitù di passaggio a carico di queste ultime in precedenza inesistente, e chiedeva la condanna del convenuto al ripristino.
Resisteva il convenuto, eccependo tra l’altro la carenza di legittimazione attiva in capo all’amministratore del condominio per carenza di una precedente delibera assembleare di autorizzazione al ricorso alla giustizia.
Si costituiva volontariamente in giudizio il Condominio delle autorimesse e posti auto di INDIRIZZO in Bologna, asserendo
di essere proprietario dell’area asservita all’illegittima servitù realizzata dall’COGNOME e aderendo alla domanda proposta, nei confronti di questo, dal Condominio originario attore.
Con sentenza n. 3444/2014 il Tribunale accoglieva la domanda, ordinando il ripristino dello stato dei luoghi anteriore all’apertura praticata dall’COGNOME.
Con la sentenza impugnata, n. 1349/2020, la Corte di Appello di Bologna rigettava il gravame proposto dall’odierno ricorrente avverso la decisione di prime cure, confermandola. La Corte distrettuale riteneva, conformemente al Tribunale, che l’apertura praticata dall’COGNOME sul suo muro di proprietà esclusiva, per mettere in diretta comunicazione il giardino della sua abitazione con il posto auto scoperto insistente sulla confinante corte del Condominio delle Autorimesse e Posti Auto di INDIRIZZO n. 3 in Bologna, fosse idonea a costituire una servitù di passaggio, pedonale e carrabile, a carico della predetta Corte, prima inesistente.
Propone ricorso per la cassazione di tale pronuncia NOME COGNOME affidandosi a cinque motivi.
Resistono con unico controricorso il Condominio delle parti comuni di INDIRIZZO. INDIRIZZO, 6/3, 6/5, 6/8, 8 e 10 in Bologna ed il Condominio delle autorimesse e posti auto di INDIRIZZO in Bologna.
In prossimità dell’udienza pubblica, il P.G. ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l’accoglimento del secondo motivo del ricorso.
Ambo le parti hanno depositato memoria.
Sono comparsi all’udienza pubblica il P.G., nella persona del dott. NOME COGNOME il quale ha concluso come da requisitoria scritta, e l’avv. NOME COGNOME per parte ricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 949 c.c. e la nullità del procedimento, perché la Corte di Appello avrebbe dovuto rilevare che la domanda era stata proposta nei confronti dell’odierno ricorrente dal Condominio delle parti comuni di INDIRIZZO, 6/3, 6/5, 6/8, 8 e 10 in Bologna, ovverosia da un soggetto diverso dal proprietario dell’area asseritamente interessata dall’illegittima costituzione della servitù oggetto di causa, appartenente al Condominio delle autorimesse e posti auto di INDIRIZZO in Bologna.
La censura è infondata.
Risulta dalla sentenza impugnata che il Condominio delle autorimesse e posti auto di INDIRIZZO in Bologna ha spiegato intervento volontario nel giudizio di primo grado ‘… sostenendo tutte le ragioni portate dal Condominio attore come anche le istanze istruttorie dal medesimo articolate’ (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata). E’ noto che colui che interviene volontariamente in giudizio subisce gli effetti delle preclusioni già maturate, ma tale principio ‘… opera esclusivamente sul piano istruttorio, e non anche su quello assertivo, attesa la facoltà di intervento, attribuita dal primo comma della stessa disposizione, sino a che non vengano precisate le conclusioni. Ne consegue che è ammissibile la formulazione da parte del terzo di domande nuove ed autonome rispetto a quelle già proposte dalle parti originarie, in quanto attività coessenziale all’intervento stesso’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11681 del 26/05/2014, Rv. 630954). Infatti ‘La formulazione della domanda costituisce l’essenza stessa dell’intervento principale e litisconsortile, sicché la preclusione sancita dall’art. 268 c.p.c. non si estende all’attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti non opera il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento fino
all’udienza di precisazione delle conclusioni, configurandosi solo l’obbligo, per l’interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie’ (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 25798 del 22/12/2015, Rv. 638291; cfr. anche, in relazione al procedimento sommario di cognizione, Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 23931 del 07/08/2023, Rv. 668588).
In applicazione dei predetti principi, l’intervento volontario spiegato, nel corso del giudizio di prime cure, dal Condominio delle autorimesse e posti auto di INDIRIZZO in Bologna, pacificamente proprietario dell’area illegittimamente asservita dall’odierno ricorrente al transito, ha sanato il vizio denunziato da quest’ultimo, poiché l’interveniente, esercitando la propria facoltà assertiva, ha fatto propria la domanda proposta ab origine dal Condominio delle parti comuni di INDIRIZZO nn. 6, 6/3, 6/5, 6/8, 8 e 10 in Bologna.
Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1130, n. 4, c.c. e delle norme in tema di legittimazione dell’amministratore del condominio all’esercizio della tutela reale, perché l’azione proposta dal Condominio delle parti comuni di INDIRIZZO, 6/3, 6/5, 6/8, 8 e 10 in Bologna non sarebbe stata preceduta da una deliberazione assembleare autorizzativa del ricorso alla giustizia.
La censura è inammissibile per difetto di interesse, poiché essa si riferisce alla legittimazione ad agire di una parte (il Condominio delle parti comuni di INDIRIZZO, 6/3, 6/5, 6/8, 8 e 10 in Bologna) la cui posizione processuale è stata poi assunta e fatta propria, in corso di causa, da altro soggetto, legittimo titolare dell’area illegittimamente asservita dall’INDIRIZZO al transito (il Condominio delle autorimesse e
posti auto di INDIRIZZO in Bologna). La doglianza si riferisce soltanto alla legittimazione dell’amministratore del Condominio originario attore, e non anche a quella dell’amministratore del Condominio interveniente, effettivo proprietario del suolo controverso e dunque legittimato ad esperire la domanda prevista dall’art. 949 c.c. Il ricorrente, dunque, non ha alcun interesse alcuno a far valere il vizio denunziato, a seguito dell’intervento spiegato dal Condominio delle autorimesse e posti auto di INDIRIZZO in Bologna, effettivo proprietario della corte illegittimamente asservita al passaggio a causa dell’apertura praticata dall’COGNOME.
Va ribadito, al riguardo, il principio secondo cui ‘L’interesse ad agire richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per l’attore senza che siano ammissibili questioni di interpretazioni di norme, se non in via incidentale e strumentale alla pronuncia sulla domanda principale di tutela del diritto ed alla prospettazione del risultato utile e concreto che la parte in tal modo intende perseguire’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28405 del 28/11/2008; Rv. 605612; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 15355 del 28/06/2010, Rv.613874; Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 2051 del 27/01/2011, Rv. 616029; Cass. Sez. L, Sentenza n. 6749 del 04/05/2012, Rv. 622515). Infatti ‘… il processo non può essere utilizzato solo in previsione della soluzione in via di massima o accademica di una questione di diritto in vista di situazioni future o meramente ipotetiche’ (Cass. Sez. L, Sentenza n. 27151 del 23/12/2009, Rv. 611498).
Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 1130 n. 4 c.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente affermato che la delibera assemblea prodotta in giudizio dal Condominio attore in data 9.3.2010 conteneva la ratifica dell’azione conservativa svolta dall’amministratore dell’ente di gestione, senza avvedersi che, in realtà, detta delibera proveniva da un soggetto giuridico diverso da quello che aveva promosso la domanda, e precisamente dal Supercondominio i Giardini di INDIRIZZO, 6/2, 6/3, 6/4, 6/5, 6/6, 6/7, 8 e 10 e Garage di INDIRIZZO in Bologna.
La censura è inammissibile per carenza di interesse, per le medesime considerazioni svolte in relazione al precedente motivo di ricorso. Essa, infatti, si riferisce alla legittimazione del Condominio delle parti comuni di INDIRIZZO, 6/3, 6/5, 6/7, 8 e 10 in Bologna, che ab origine promosse la domanda, e non anche a quella del Condominio delle autorimesse e posti auto di INDIRIZZO in Bologna, proprietario dell’area interessata dalla domanda negatoria, effettivo legittimato attivo alla proposizione e alla coltivazione dell’azione ex art. 949 c.c.
Con il quarto motivo, l’COGNOME si duole della nullità della sentenza e del procedimento a seguito di difetto di valida costituzione in giudizio, in grado di appello, dei due condomìni, rispettivamente attore originario ed interveniente volontario, poiché entrambi detti soggetti si sarebbero costituiti, nel giudizio di gravame, senza produrre una valida delibera assembleare di autorizzazione al ricorso alla giustizia.
La censura è infondata.
Dalla sentenza impugnata risulta che il Condominio delle parti comuni di INDIRIZZO nn. INDIRIZZO, 6/3, 6/5, 6/8, 8 e 10 in Bologna, originario attore, ha depositato agli atti del giudizio di prime cure, in
data 9.3.2010, una delibera di autorizzazione dell’amministratore a promuovere il giudizio, avente evidente finalità conservativa dei beni comuni, e che il Condominio delle autorimesse e posti auto di INDIRIZZO in Bologna ha a sua volta prodotto, in data 11.5.2010, delibera assembleare di autorizzazione all’intervento volontario spiegato nel giudizio di primo grado. Circostanza, quest’ultima, che (peraltro) la parte ricorrente non contesta.
Poiché l’appello è stato proposto dall’COGNOME, le predette delibere, e segnatamente quella che autorizzava l’amministratore del condominio interveniente, effettivo proprietario dell’area illegittimamente asservita al transito, a partecipare al giudizio di prime cure, spiegano i loro effetti anche nel successivo grado di impugnazione, non essendo necessaria la produzione di una ulteriore manifestazione di volontà dell’assemblea condominiale, posto il principio, che merita di essere ribadito, secondo cui l’esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientra fra le attribuzioni proprie dello stesso amministratore (cfr. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 11200 del 28/04/2021, Rv. 661214; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23550 del 27/10/2020, Rv. 659389).
Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1027, 1067 e 1102 c.c., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto ravvisare, nella condotta da lui posta in essere, non già una illegittima costituzione di servitù a carico di un’area di proprietà comune, bensì una forma di utilizzazione della proprietà comune rientrante nei limiti di quanto consentito dalla norma generale di cui all’art. 1102 c.c.
La censura è infondata.
Va ribadito, al riguardo, il principio secondo cui ‘… è illegittima l’apertura di un varco nel muro divisorio … volta a collegare locali di
proprietà esclusiva del medesimo soggetto, tra loro attigui ma ubicati ciascuno in uno dei due diversi condominii, in quanto una simile utilizzazione comporta la cessione del godimento di un bene comune, quale è, ai sensi dell’art. 1117 c.c., il muro perimetrale di delimitazione del condominio (anche in difetto di funzione portante), in favore di una proprietà estranea ad esso, con conseguente imposizione di una servitù per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25775 del 14/12/2016, Rv. 642155; conf. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20543 del 29/09/2020, Rv. 659204; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4501 del 05/03/2015, Rv. 634770). L’apertura del varco di cui è causa, dunque, non rientra nell’ambito degli atti leciti consentiti al partecipante alla comunione, ai sensi dell’art. 1102 c.c., ma integra -come correttamente rilevato dalla Corte distrettuale, in perfetta aderenza agli insegnamenti di questa Corte- una condotta idonea a costituire, a carico del bene comune, una servitù illegittima, in precedenza inesistente. E’ infatti pacifico, perché non contestato dall’COGNOME, che nel caso di specie l’apertura da questi praticata abbia reso possibile il passaggio, pedonale e carrabile, dalla corte comune di proprietà del Condominio delle autorimesse e posti auto di INDIRIZZO in Bologna, in cui si trova il posto auto scoperto dell’odierno ricorrente, al giardino di proprietà esclusiva di quest’ultimo, costituendo in tal modo, a carico dell’area comune di cui anzidetto, una servitù di transito in precedenza inesistente.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P .R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a
titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di quella controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 2.700, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda