Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14060 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14060 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 4664/2020 proposto da:
NOME, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrente –
Contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) .
– Controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 1794/2019 depositata il 29/03/2019.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME NOMEa camera di consiglio del 15 maggio 2024.
SERVITÙ
Rilevato che:
con atto di citazione notificato il 14/11/1997, NOME COGNOME ( ‘NOME‘) , premesso di essere proprietario di un piccolo giardino sito in Nola con ingresso da INDIRIZZO, in catasto f oglio 20, p.lla 1298, sub 6, confinante anche col giardinetto (p.lla 1298, sub 5), di proprietà del fratello NOME COGNOME (‘NOME‘) , il quale aveva costruito un garage in violazione della distanza minima di cinque metri dal confine, il cui tetto riversava le acque piovane sul fondo dell’attore , chiese la condanna del convenuto alla demolizione dell’opera e al risarcimento dei danni.
NOME COGNOME, costituendosi, chiese il rigetto della domanda e, in riconvenzionale, la condanna dell’attore a rimuovere due serbato i dell ‘acqua con impianto autoclave, posizionati da NOME NOME‘area condominiale, nonché le condutture d’acqua a servizio della proprietà del l’ attore presenti nel sottosuolo del giardino del convenuto, oltre al risarcimento dei danni.
Il Tribunale di Nola, con sentenza n. 1479 del 2011, accolse la domanda dell’attore e rigettò quell e del convenuto;
proposta impugnazione da NOME, la Corte d’appello di Napoli, per quanto qui rileva, NOMEa resistenza di NOME, in parziale accoglimento dell’appello, confermata per il resto la decisione di primo grado, ha condannato NOME alla rimozione del serbatoio dell’acqua con impianto autoclave installato NOME‘area condominiale e ha altresì condannato l’appellato alla rimozione delle condutture dell’acqua a servizio del proprio appartamento e del proprio giardino che attraversano in INDIRIZZO interrata il giardino di NOME;
queste, in sintesi, le ragioni della decisione:
(a) per quanto riguarda la domanda riconvenzionale di rimozione del serbatoio dell’acqua con impianto autoclave, il c.t.u. ha accertato che esso è stato installato da NOME NOME‘area antistante l’ingresso
della scala di accesso al fabbricato su INDIRIZZO: alla luce della situazione di fatto, l’istallazione per consistenza, dimensioni ed estensione, compresa la tubazione, contrasta con il precetto d ell’art. 1102 c.c., in quanto impedisce analoghe potenziali utilizzazioni dell’area da parte degli altri condomini;
(b) NOME NOME NOME rimozione delle condutture d ell’ acqua a servizio dell’appartamento e del giardino di NOME NOME, in risposta alla costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia eccepita da NOMENOME deduce l’insussistenza di un legittimo titolo, legale o contrattuale, per la costituzione di una servitù gravante sul suo giardino.
Valutate l’attività istruttoria svolta e la documentazione acquis ita, non può dirsi comprovato il requisito della preesistenza delle condutture d ell’ acqua nel momento in cui è stato suddiviso l’originario unico compendio immobiliare da cui si sono originate le singole proprietà delle parti.
Nel dettaglio, NOME e NOME, unitamente alle sorelle NOME e NOME, in virtù di rogito per AVV_NOTAIO del 03/07/1978, divennero nudi comproprietari, in parti uguali, del fondo rustico in Nola sul quale successivamente hanno edificato gli immobili per cui è causa. Tale situazione di comune appartenenza è cessata con rogito per AVV_NOTAIO del 25/10/1988, sicché è questa la data alla quale occorre fare riferimento al fine di verificare l’esistenza o meno delle condutture d elle acqua per cui è causa.
Nel suddetto rogito i comunisti espressamente attestano di aver costruito un ‘fabbricato al ru stico, privo di pavimenti, intonaci ed impianti composto da due corpi di fabbrica tra loro contigui’, pertanto l’assenza di impianti lascia più che presumere l’inesistenza, al momento della divisione, delle condutture di acqua interrate nel giardino di proprietà dell’appellante .
La ricostruzione è contestata dall’appella to il quale sostiene che, nel rogito di divisione, si attesta anche che gli appartamenti attribuiti ai condividenti al momento della divisione comprendevano , tra l’altro, ‘due bagni’, il che comproverebbe una realtà costruttiva più avanzata rispetto a quella dichiarata al rustico dai condividenti.
Tuttavia, diversamente da quanto afferma NOME, il rogito di divisione sul punto non fa altro che indicare il numero di vani e la loro destinazione d’uso, ai fini dell’ individuazione della consistenza immobiliare da attribuire, ma nulla dice di ulteriore o diverso in ordine allo stato realizzativo al rustico e senza impianti degli immobili assegnati.
Inoltre, l ‘autorizzazione allo scarico dell e acque reflue NOMEa pubblica fognatura del Comune di Nola del 04/10/1988, allegata da NOME, nulla attesta circa l’effettiva esistenza, al momento della sua emissione, di condutture che, comunque, riguardano la rete interna.
Le testimonianze assunte non contribuiscono a chiarire la situazione, ragione per cui, nel complesso, non è stata raggiunta la prova della preesistenza delle condutture interrate nel giardino di NOME , inerenti alla rete idrica interna a servizio dell’appartamento e del giardino di NOME, al momento della divisione dell’originario unico compendio immobiliare; anzi, il già richiamato rogito di divisione sembra piuttosto (pag. 11 della sentenza) ‘ deporre in senso inverso ‘ ;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con quattro motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie per l ‘adunanza in camera di consiglio.
Considerato che:
preliminarmente, è priva di fondamento l’eccezione del controricorrente d ‘ inammissibilità del ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello pubblicata il 29/03/2019, perché notificato in data 20/01/2020, oltre in termine lungo semestrale.
Trattandosi di causa iniziata nel 1997, si applica il termine lungo annuale di impugnazione ex art. 327 c.p.c., termine che al momento della notificazione del ricorso per cassazione non era decorso;
il primo motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 99, 112, 167, 345 c.p.c., per avere accolto la domanda riconvenzionale di NOME, il quale, in primo grado, ha chiesto la condanna del germano alla rimozione delle condutture indicando come causa petendi la violazione delle distanze legali e, per la prima volta in sede di gravame, ha introdotto una domanda nuova relativa all’inesistenza dei requisiti dell’art. 1062 c.c.;
1.1. il motivo non è fondato;
al contrario di quanto prospetta il ricorrente, NOME‘atto di appello NOME ha ribadito la tesi dell ‘ illegittimità delle condutture poste nel sottosuolo del suo giardino a servizio della proprietà dell’attore e, a tale proposito, senza ampliare in maniera non consentita il perimetro della controversia, si è limitato a replicare all’eccezione sollevata da NOME già in primo grado circa l’esistenza della relativa servitù per costituzione del padre di famiglia ex art. 1062 c.c.;
il secondo motivo denuncia la violazione degli art. 1062, 2697, 2729, 1362 e ss. c.c., 115, 116 c.p.c.
Il ricorrente evidenzia che, ai fini della costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, il requisito dell’apparenza delle opere permanenti destinate al suo esercizio non esclude che esse, al momento della divisione dei fondi, possano essere anche solamente
predisposte, in modo che risulti comunque visibile lo stato di subordinazione del fondo servente in favore del fondo dominante.
Soggiunge che il ragionamento presuntivo della Corte territoriale sarebbe viziato alla luce alcuni chiari indici presuntivi, quali la descrizione, nel rogito del 1988, della presenza di due bagni, le deposizioni dei testimoni e la prova costituita dall’autorizzazione del Comune di Nola del 04/10/1988.
Conclude che il percorso motivazionale della sentenza impugnata è affetto da illogicità e contraddittorietà;
il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo , oggetto di discussione tra le parti, e sottolinea che l’esistenza della predisposizione dell’impianto, quale requisito essenziale dell’art. 1062 c.c., costituiva un tema discusso tra le parti già in primo grado, con la conseguente illegittima valutazione , da parte della Corte d’appello, delle prove unicamente nel senso di ‘ cercare ‘ gli impianti, nonostante che fosse sufficiente la mera predisposizione di essi;
3.1. il secondo e il terzo motivo, suscettibili di esame congiunto per connessione, sono infondati;
in primo luogo, la motivazione della sentenza d’appello sopra riassunta (punto 3 del ‘Rilevato che’) soddisfa il requisito del ‘minimo costituzionale’, come delineato dalla giurisprudenza di questa Corte ( ex multis , Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, la quale cita, in motivazione, Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Sez. U. 31/12/2018, n. 33679);
in secondo luogo, rileva la Corte che il riferimento alla ‘ predisposizione ‘ delle condutture e degli impianti a servizio della proprietà dell’attore non è un ‘fatto storico’ , il cui omesso esame è sussumibile entro il paradigma del l’art. 360, comma 1, n. 5 ), c.p.c., ma costituisce un ‘ allegazione generica ed evanescente, priva del
necessario, concreto, riferimento ad opere visibili la cui esistenza (a una certa data) sia suscettibili di riscontri oggettivi;
in terzo luogo, quanto al dedotto error in iudicando , la premessa concettuale è che, per la giurisprudenza di questa Corte ( ex multis , Sez. 2, Sentenza n. 14292 del 08/06/2017, Rv. 644480 – 01), il requisito dell ‘ apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per destinazione del padre di famiglia, si configura come presenza di opere permanenti e visibili destinate al suo esercizio, e perché sussista tale visibilità è sufficiente che le opere siano individuabili – anche se solo saltuariamente ed occasionalmente – da qualsivoglia punto d ‘ osservazione, anche esterno al fondo servente, purché, per la loro struttura e consistenza, esse rendano manifesta la situazione di asservimento di tale fondo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto la natura apparente di una servitù di tubatura idrica collocata al di sotto del pavimento dell ‘ appartamento che fungeva da fondo servente, in quanto visibile dal proprietario di quest ‘ ultimo in occasione dello svolgimento di lavori edili).
Detto questo, la Corte di Napoli ha escluso che sia stata raggiunta la prova dell ‘ esistenza di condutture interrate nel sottosuolo del giardino di NOME a servizio della proprietà di NOME.
Si tratta di un accertamento di fatto, che si fonda sullo scrutinio delle prove documentali, delle testimonianze e, prima ancora, sull’esegesi testuale del rogito di divisione del 25/10/1988, nel quale – precisa la Corte di Napoli (pag. 8 della sentenza) – si dà atto che gli immobili attribuiti ai germani NOME NOME NOME sono ‘al rustico, privi di impianti’.
È appena il caso di puntualizzare che il ricorrente (il quale ha omesso di articolare il rilievo di seguito descritto) avrebbe dovuto fare valere la violazione dei canoni legali di interpretazione del contratto (artt. 1362 e ss. c.c.), indicare le regole legali di interpretazione,
mediante specifica menzione delle norme asseritamente violate, nonché precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche o insufficienti, non potendo, invece, la censura risolversi NOMEa mera contrapposizione dell ‘ interpretazione del ricorrente a quella accolta NOMEa sentenza impugnata (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 16987 del 27/06/2018; Sez. 3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017; Sez. 1, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017).
Più in generale, al fine di superare la complessiva doglianza sullo scrutinio del materiale probatorio, in continuità con Cass. 20/04/2023, n. 10681, va riaffermato il seguente principio di diritto: « l’ esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull ‘ attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330)»;
4. il quarto motivo -‘ Violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 840, 948, 1102 c.c. in relazione alla norma di cui all’art. 360 co. 1 n. 3. Violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione alla norma di cui all’art. 360 co. 1 n. 5’ denuncia la ‘fallacia’ della sentenza impugnata NOMEa parte in cui afferma che il serbatoio dell’acqua con impianto di autoclave installato dal ricorrente sul suolo a comune impediva analoghe utilizzazioni dell’area da parte degli altri condomini;
4.1. il motivo è inammissibile;
in base al consolidato orientamento di questa Corte ( ex multis , Sez. 2, Ord. n. 8864 del 2024), il giudizio di cassazione è a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri NOMEe categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c.
Nella specie, il complesso motivo di ricorso, sussunto, contemporaneamente, nei diversi paradigmi della violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.), dell’ error in procedendo ( ibidem , n. 4), e dell”omesso esame’ ( ibidem , n. 5), contiene -in sostanza una critica lacunosa, inammissibilmente ampia e incerta NOMEa fisionomia, che finisce col demandare a questa Corte, in modo non consentito, il compito di sostituirsi al ricorrente al fine di trarre , dall’insieme indistinto delle doglianze congiuntamente proposte, autonomi profili di censura (Cass. 18/04/2018, n. 9486);
in definitiva, respinti il primo, il secondo e il terzo motivo, dichiarato inammissibile il quarto motivo, il ricorso va rigettato;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
7 . ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto;
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 6.000 ,00, oltre a € 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 15 maggio 2024.