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Servitù di veduta: quando un balcone è illegale

Un proprietario ha ampliato il proprio balcone fino al muro di confine, trasformandolo in un parapetto per affacciarsi sulla proprietà vicina. Il vicino ha contestato la creazione di una servitù di veduta illegale. La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità dell’opera, ordinandone la rimozione. La Corte ha stabilito che la trasformazione di un muro divisorio in un parapetto che consente un affaccio comodo e sicuro sulla proprietà altrui costituisce una violazione delle norme sulle distanze e crea una servitù di veduta non consentita.

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Pubblicato il 22 agosto 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Servitù di Veduta: La Cassazione e il Caso del Balcone Troppo Vicino

La gestione dei confini e delle distanze tra proprietà è una delle fonti più comuni di controversie legali. Un caso emblematico riguarda la servitù di veduta, ovvero il diritto di affacciarsi sul fondo del vicino. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito quando l’ampliamento di un balcone diventa illegale, violando la privacy e i diritti del confinante. Analizziamo questa decisione per comprendere i principi applicati e le loro implicazioni pratiche.

I Fatti del Contenzioso

La vicenda ha origine nel 2003, quando il proprietario di un immobile citava in giudizio i suoi vicini. Questi ultimi avevano ampliato il loro ballatoio, estendendolo fino al muro divisorio tra le due proprietà. Tale ampliamento, sopraelevando il piano di calpestio, aveva di fatto trasformato il muro di confine in un parapetto, creando una nuova e comoda possibilità di affaccio (veduta) sulla proprietà dell’attore.

L’attore chiedeva al tribunale di dichiarare l’inesistenza di tale servitù di veduta, ordinando la demolizione dell’opera e il risarcimento dei danni. I vicini, di contro, sostenevano di avere il diritto a tale veduta, formatasi per destinazione del padre di famiglia o per usucapione.

Il percorso giudiziario è stato lungo e complesso:
– Il Tribunale diede ragione all’attore, ordinando la rimozione dell’ampliamento.
– La Corte d’Appello ribaltò la decisione, riconoscendo l’esistenza di una servitù.
– La Corte di Cassazione, adita una prima volta, cassò la sentenza d’appello. Stabilì un principio fondamentale: un semplice muro divisorio, data la sua funzione di demarcazione e la reciproca possibilità di affaccio, non può di per sé costituire una servitù di veduta a favore di una delle parti.
– La Corte d’Appello, in sede di rinvio, si adeguò a tale principio. Riconobbe che i lavori di ampliamento avevano trasformato la situazione preesistente, creando un’opera che permetteva un affaccio illegale. Di conseguenza, condannò i vicini alla rimozione dell’ampliamento.

È contro quest’ultima decisione che i vicini hanno proposto un nuovo ricorso in Cassazione, che ha dato origine all’ordinanza in esame.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla servitù di veduta

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando in via definitiva la decisione della Corte d’Appello e l’illegittimità dell’opera. Gli Ermellini hanno smontato, uno per uno, i motivi di ricorso presentati dai proprietari del balcone, consolidando importanti principi in materia di distanze e vedute.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su argomentazioni chiare e coerenti con i precedenti orientamenti giurisprudenziali.

In primo luogo, ha ribadito che il giudizio non riguardava la situazione originaria (con un muro divisorio alto 134 cm), ma la nuova realtà creata dai lavori di ampliamento. Questi lavori hanno realizzato una vera e propria veranda il cui parapetto, costituito dal muro di confine ora alto solo 95,5 cm dal nuovo piano di calpestio, permetteva un inspicere e prospicere (guardare dentro e oltre) sulla proprietà del vicino in modo agevole e sicuro. È proprio la creazione di questa condizione di comodo affaccio a rendere illegale la servitù di veduta.

La Corte ha sottolineato che, per la legge, non è necessario che un’opera sia costruita con l’unica o principale funzione di veduta. È sufficiente che, per le sue caratteristiche oggettive, sia idonea a consentire un affaccio comodo e sicuro. Nel caso di specie, il ballatoio ampliato, con un parapetto ad altezza adeguata per una persona di normale statura, rientrava pienamente in questa definizione.

Infine, la Cassazione ha respinto la richiesta di disporre misure alternative alla demolizione (come l’innalzamento del muro). Ha chiarito che il giudice ha il potere discrezionale di valutare la praticabilità di tali soluzioni e, nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva legittimamente ritenuto di non poterle adottare, lasciando aperta la possibilità di un accordo tra le parti ma confermando l’ordine di demolizione come conseguenza della violazione accertata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. Chiunque intenda realizzare lavori di ampliamento, come verande o balconi, deve prestare la massima attenzione alle norme sulle distanze e sulle vedute. La trasformazione di un muro divisorio in un parapetto che facilita l’affaccio sul fondo del vicino è un’operazione ad alto rischio legale. Il criterio decisivo non è l’intenzione, ma l’effetto oggettivo: se l’opera crea una possibilità di affaccio comoda e sicura prima inesistente, essa è illegittima e deve essere rimossa, a meno che non esista un valido titolo che costituisca una servitù di veduta.

Un muro divisorio può creare una servitù di veduta?
No, secondo la Corte di Cassazione un muro divisorio tra due immobili non può dare luogo all’esercizio di una servitù di veduta. La sua funzione è quella di demarcare il confine e tutelare i fondi, e la possibilità di affaccio è reciproca per entrambi i proprietari, impedendo che si crei una situazione di soggezione di un fondo rispetto all’altro.

Quando un balcone o una veranda creano una servitù di veduta illegale?
Un balcone o una veranda creano una servitù di veduta illegale quando, per le loro caratteristiche strutturali, consentono di affacciarsi sulla proprietà del vicino (inspicere e prospicere) in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza, senza rispettare le distanze previste dalla legge. È sufficiente che l’opera sia oggettivamente idonea a tale scopo, anche se non era quella la sua funzione principale.

È possibile chiedere al giudice soluzioni alternative alla demolizione di un’opera illegale?
Sì, la parte interessata può sollecitare l’esercizio del potere riduttivo del giudice, chiedendo l’adozione di misure meno afflittive della demolizione (come la realizzazione di un parapetto o l’apposizione di dissuasori). Tuttavia, la decisione spetta alla valutazione discrezionale del giudice, il quale può ritenere tali rimedi non praticabili e confermare l’ordine di demolizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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