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Servitù di veduta: la prova per l’usucapione

Una recente sentenza della Cassazione chiarisce i requisiti per l’acquisto di una servitù di veduta per usucapione. Il caso riguarda una disputa tra vicini a seguito della sopraelevazione di un muro comune e la creazione di una nuova finestra. La Corte ha rigettato il ricorso dei proprietari che sostenevano di aver usucapito il diritto, sottolineando che non avevano fornito prove sufficienti dell’esistenza pregressa di opere visibili e permanenti, come una terrazza con parapetto, destinate all’esercizio della veduta. La decisione ribadisce che l’onere della prova grava su chi intende far valere il diritto.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Usucapione della Servitù di Veduta: Cosa Dice la Cassazione?

L’acquisto di una servitù di veduta per usucapione è un tema ricorrente nelle aule di tribunale e fonte di numerose liti tra vicini. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui requisiti necessari per poter affermare di aver acquisito tale diritto nel tempo, ponendo l’accento sulla necessità di una prova rigorosa. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto stabiliti dai giudici.

Il Caso: Sopraelevazione e Finestra Contesa tra Vicini

La controversia nasce quando una proprietaria cita in giudizio i suoi vicini, accusandoli di aver sopraelevato un muro comune per realizzare un nuovo vano, aprendo una finestra che si affacciava direttamente sulla sua proprietà in violazione delle distanze legali. Oltre a ciò, lamentava l’installazione di una parabola che invadeva il suo spazio aereo e problemi di infiltrazioni causati da un pluviale.

I vicini, a loro difesa, sostenevano di non aver fatto altro che coprire una terrazza preesistente e, in via riconvenzionale, chiedevano al giudice di accertare il loro diritto di servitù di veduta, acquisito per usucapione grazie al possesso ventennale di tale terrazza.

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione ai vicini, ma la Corte d’Appello aveva ribaltato completamente la decisione, accogliendo le richieste della proprietaria originaria. La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Prova nella Servitù di Veduta per Usucapione

Il cuore della questione ruota attorno all’onere della prova. Per poter usucapire una servitù di veduta, non è sufficiente dimostrare di aver guardato per vent’anni nella proprietà del vicino. È indispensabile provare l’esistenza, per tutto il periodo necessario, di opere visibili e permanenti, inequivocabilmente destinate all’esercizio della veduta (il cosiddetto prospectio e inspectio).

Nel caso specifico, i ricorrenti avrebbero dovuto dimostrare che sul loro fondo, prima della recente costruzione, esisteva una terrazza calpestabile e dotata di un parapetto o di altre strutture idonee a consentire un affaccio comodo e sicuro sul fondo vicino.

La Valutazione delle Prove da Parte dei Giudici

La Corte d’Appello, attraverso una nuova Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), aveva accertato che, prima della sopraelevazione, non esisteva alcuna terrazza con parapetto, ma al massimo un cordolo in pietra di 20-30 cm, del tutto insufficiente a configurare un’opera destinata alla veduta. Anche le prove testimoniali erano state giudicate generiche e inattendibili.

I ricorrenti hanno tentato di contestare in Cassazione questa ricostruzione, lamentando una cattiva valutazione delle prove e l’omesso esame di alcuni documenti e testimonianze. Tuttavia, la Suprema Corte ha respinto tutte le censure, ribadendo un principio fondamentale.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha chiarito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti o di sostituire la propria valutazione delle prove a quella del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo per vizi di legittimità, come la violazione di norme di diritto o un’argomentazione del tutto illogica o apparente. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua e logicamente coerente per escludere l’esistenza di una terrazza idonea alla veduta. I giudici di merito avevano correttamente concluso che i ricorrenti non avevano assolto al loro onere probatorio. L’onere di provare i fatti costitutivi dell’usucapione gravava su di loro, non sulla controparte che doveva dimostrare il contrario.

La Corte ha inoltre ritenuto inammissibili le critiche mosse all’operato del CTU e alla gestione delle prove, sottolineando che i ricorrenti si limitavano a proporre una lettura alternativa delle risultanze istruttorie, operazione preclusa in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza si conclude con il rigetto totale del ricorso. Questa decisione rafforza il principio secondo cui chi afferma di aver acquisito per usucapione una servitù di veduta deve fornire una prova solida, concreta e inequivocabile dell’esistenza di opere visibili e permanenti funzionali all’affaccio per oltre vent’anni. Una semplice affermazione o testimonianze generiche non sono sufficienti. Inoltre, viene confermato che la valutazione dei fatti e delle prove è di competenza esclusiva dei giudici di merito e non può essere oggetto di un nuovo esame in Cassazione, salvo vizi di motivazione gravi e manifesti.

Chi deve provare l’esistenza di una servitù di veduta acquisita per usucapione?
L’onere della prova grava interamente sulla parte che sostiene di aver acquisito il diritto per usucapione. Questa deve dimostrare in modo rigoroso l’esistenza, per almeno vent’anni, di opere visibili e permanenti (come una terrazza con parapetto) specificamente destinate a consentire l’affaccio sul fondo vicino.

La mancata contestazione di un fatto da parte dell’avversario lo rende automaticamente provato?
No. Sebbene le parti abbiano l’onere di contestare specificamente i fatti allegati dalla controparte, il giudice non è vincolato in modo meccanico dalla mancata contestazione. Può sempre rilevare l’inesistenza di una circostanza se ciò emerge chiaramente dagli atti di causa e dal materiale probatorio raccolto.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove (come testimonianze o perizie) fatta dal giudice d’appello?
No, di norma non è possibile. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Pertanto, non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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