Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2044 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2044 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/01/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 25631/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO DIGINDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 1132/2023 depositata il 12/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2025 dal Consigliere dr. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Bari accolse la domanda di NOME COGNOME volta a far accertare l’inesistenza di una servitù di veduta a carico dell’immobile di sua proprietà ed a favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME e ordinò il ripristino dello stato dei luoghi nei confronti dei convenuti.
Su gravame dei soccombenti, la Corte d’appello di Bari, con sentenza 30 marzo 2016, n. 355, in totale riforma della pronuncia impugnata, rigettò integralmente la domanda attorea, ma, a seguito di ricorso del Tedesco avanti la Corte di cassazione, quest’ultima dispose l’annullamento dell a sentenza di appello.
Per quel che ancora interessa, con l’ordinanza n. 6140 del 24 febbraio 2022, questa Suprema Corte affermò ‘ La Corte d’appello, nello stabilire che la servitù di veduta era stata costituita per destinazione del padre di famiglia, non ha considerato il costante orientamento di questa Corte secondo il quale “il muro divisorio tra due immobili non può dare luogo all’esercizio di una servitù di veduta, sia perché ha solo la funzione di demarcazione del confine e/o di tutela del fondo, sia perché, anche quando consente di inspicere e prospicere sul fondo altrui, è inidoneo a costituire una situazione di soggezione di un fondo all’altro, a causa della reciproca possibilità di affaccio da entrambi i fondi confinanti” (così Cass. n. 6927/2015, v. anche Cass. n. 820/2000 e Cass. n. 6407/1994) ‘ .
A seguito di rituale riassunzione , la Corte d’appello di Bari accolse l’originaria domanda, con sentenza n. 1132 depositata il 12 luglio 2023, dichiarando l’inesistenza della servitù di veduta e condannando la COGNOME ed il COGNOME al ripristino dello stato dei luoghi.
Il giudice officiato del rinvio affermò che, in conseguenza della sopraelevazione di un camminamento in funzione di muro divisorio, con la creazione di un piano di calpestio, sarebbe stata portata a termine un’opera utilizzabile per l’affaccio, a distanza illegale, pur essendo impregiudicata la possibilità delle parti di concordare un’appropriata soluzio ne alternativa.
Contro la predetta sentenza ricorrono per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME sulla scorta di quattro motivi.
Si è costituito con controricorso NOME COGNOME.
In prossimità dell’adunanza camerale, entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Attraverso la prima censura, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 900, 901, 905, 949, 2697 c.c. e 384 c. 2 c.p.c. – Contraddittorietà della motivazione Inesistenza della servitù di veduta.
Affermano che la Corte territoriale sarebbe incorsa in errore per aver illegittimamente ritenuto che il ballatoio costituisse opera utilizzabile per l’affaccio . L’affermazione della sentenza che da tale ballatoio si eserciterebbe la veduta grazie all’altezza del muro divisorio (95,5 cm), tale da permettere l’affaccio in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza, sarebbe stata in contrasto con il principio di diritto espresso nella fase rescindente, riguardante l’impossibilità di esercitare una servitù di veduta attraverso il muro divisorio, e, per altro verso, si sarebbe posta in contrasto con il costante orientamento di questa Suprema Corte, secondo cui le opere non funzionalmente e principalmente volte all’esercizio della veduta in alienum , per costituire appunto vedute, avrebbero dovuto intrinsecamente, per le loro caratteristiche e conformazione, consentire un comodo affaccio in condizioni di sicurezza.
Con il secondo mezzo, la COGNOME ed il COGNOME si dolgono della violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 900 e 905 c.c. -Carenza di motivazione -Omesso esame circa un fatto decisivo per
il giudizio ex art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. in relazione all’altezza del parapetto di 95,5 cm che non permetterebbe l’affaccio in sicurezza.
Sostengono che la pronunzia impugnata avrebbe ritenuto apoditticamente e senza fornire alcuna specifica motivazione che l’altezza del muro divisorio pari a 95,5 cm. fosse tale da permettere l’affaccio in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza. La questione, oggetto di discussione tra le parti, non sarebbe stata in alcun modo esaminata dalla Corte territoriale.
Attraverso la terza doglianza, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione di legge, ex art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 1146, 1158, 1061, 1062 e 2697 c.c. nonché omesso esame circa un fatto decisivo della controversia ex art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. in relazione alla preesistente costituzione della servitù di veduta.
La sentenza avrebbe erroneamente ritenuto non costituita per destinazione del padre di famiglia ovvero per usucapione la servitù di veduta a favore della proprietà dei coniugi COGNOME in forza del preesistente stato dei luoghi, omettendo di considerare le risultanze istruttorie.
La quarta lagnanza si riferisce alla violazione di legge e falsa applicazione di legge ex art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., in relazione agli artt. 905 e 885 c.c. e 112 c.p.c.
La Corte d’appello avrebbe omesso di disporre l’esecuzione di interventi alternativi idonei all’eliminazione della servitù di veduta senza ricorrere alla soppressione del ballatoio, ripristinando lo status quo ante. La pronuncia non avrebbe considerato il dettato di cui all’art. 885 c.c. che legittima il comproprietario ad innalzare il muro comune, intervento che nella specie impedirebbe qualsiasi affaccio. La motivazione di tale rigetto si porrebbe peraltro in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c.
RITENUTO CHE
appare necessario, ai fini della decisione, acquisire il fascicolo d’ufficio contenente la C.T.U. ed i relativi allegati planimetrici e fotografici;
P. Q. M.
Manda alla Cancelleria di richiedere il fascicolo d’ufficio dei gradi di merito contenente la C.T.U. ed i relativi allegati planimetrici e fotografici e rinvia a nuovo ruolo.
Si comunichi
Così deciso in Roma il 23 gennaio 2025