Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31387 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31387 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 19487/2023 proposto da:
COMUNE DI TORINO (C.F.: CODICE_FISCALE, con sede in Torino, Palazzo di Città, in persona del Sindaco e legale rappresentante p.t. NOME COGNOME rappresentato e difeso, come da procura redatta su foglio separato del quale è estratta copia informatica per immagine allegata al messaggio di posta elettronica certificata di notifica del ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE), presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO INDIRIZZO (indirizzi di posta elettronica certificata: EMAIL e EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO;
-ricorrente –
contro
Condominio INDIRIZZO –INDIRIZZO di Torino, sito in Torino, INDIRIZZO
Cosap – Opposizione ingiunzione pagamento
Invorio INDIRIZZO –INDIRIZZO (C.F.: 97664520018), in persona dell’Amministratore pro tempore Geom. NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Santena (TO), alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME ( C.F.: CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende in forza di procura speciale da intendersi rilasciata in calce al controricors o ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 83 , comma 3, c.p.c. (indirizzo pec: EMAILpec.ordineavvocatitorino.it);
– controricorrente –
-avverso la sentenza 604/2023 emessa dalla Corte di Appello di Torino il 16/06/2023 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
Con atto di citazione in appello notificato in data 20.01.2021 il Comune di Torino impugnava la sentenza del Tribunale di Torino n. 4571/2020 pubblicata il 15.12.2020 e notificata in data 21.12.2020, che aveva accolto l’opposizione all’ingiunzione di pagamento n. GH201700000007 per occupazione di suolo pubblico (COSAP) per gli anni dal 2008 al 2013 proposta dal Condominio di INDIRIZZOINDIRIZZO di Torino, annullando l’ingi unzione medesima.
L’adìta Corte d’appello rigettava l’appello, evidenziando, per quanto qui ancora rileva, che a) in caso di cessione di area al demanio comunale sulla quale il privato cedente continui di fatto a fruire di spazi e opere, si verifica il presupposto del ca none, in quanto si realizza la limitazione dell’uso pubblico, irrilevante essendo la priorità temporale della occupazione dell’area rispetto alla sua acquisizione al demanio pubblico; infatti in tale ipotesi il protrarsi della occupazione, dopo l’acquisizi one alla mano pubblica, integra pacificamente il presupposto dell’applicazione del canone, a meno che l’occupazione stessa non sia accompagnata da un altro titolo che la sottragga alla relativa pretesa; b) le griglie di aerazione di cui si discuteva, specificamente descritte in sede di richiesta di concessione edilizia, si dovevano ritenere già presupposte nell’ambito della Convenzione PEC, che prevedeva già la realizzazione di piani sotterranei con le correlate necessità
di garantire per essi adeguate prese d’aria, e che richiedeva comunque interventi anch’essi oggetto della successiva concessione edilizia per la sistemazione delle aree, in parte appunto interessate dalle griglie, sulle quali la servitù di uso pubblico avrebbe dovuto essere esercitata; c) si doveva pertanto ritenere che, nel caso di specie, la servitù di uso pubblico, sorta nel contesto della Convenzione PEC stipulata nel maggio 2003 e resa possibile dall’intervento edificatorio approvato sulla sua base con il rilascio della concessione edilizia del giugno 2003, fosse riferita alle aree interessate sulle quali le sei griglie sopra descritte erano già incidenti; d) da ciò derivava che nel caso di specie le griglie non avevano determinato un uso più intenso dei sedimi interessati, asserviti ad uso pubblico, da parte dei proprietari rispetto alla collettività, perché al momento della destinazione effettiva dei sedimi stessi all’uso pubblico, in conseguenza della Convenzione PEC e della concessione edilizia seguita ad essa, le griglie già c’erano; e) l’uso da parte della collettività era pertanto sorto legittimamente con la limitazione descritta.
3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Torino sulla base di un unico motivo. Il Condominio di INDIRIZZOINDIRIZZO di Torino ha resistito con controricorso.
Con proposta di definizione agevolata il consigliere delegato riteneva inammissibile il ricorso. Avverso tale proposta ha formulato opposizione il Comune.
In prossimità dell’adunanza camerale il resistente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che
Con l’unico motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 825, 1032 e 1058 e ss. c.c. e 115 e 116 c.p.c. 825 c.c. e del d.lgs. n. 446/1997, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5), c.p.c., per aver la Corte d’appello ritenuto che la servitù di uso pubblico non fosse sorta con la stipula della convenzione urbanistica, ma solo all’esito della costruzione delle griglie avvenuta in forza della concessione edilizia, e che la servitù di uso pubblico fosse sorta già con la limitazione costituita dalle
griglie di areazione, e per non aver considerato che, anche ammesso che la servitù fosse sorta già con il presupposto della esistenza delle griglie di areazione, il fatto era comunque ininfluente in quanto l’unico elemento dirimente era costituito dall’uti lizzo che da quel bene trae il privato.
1.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato, sebbene sulla base di argomentazioni differenti rispetto a quelle esplicitate con la proposta di definizione agevolata.
Le Sezioni Unite di questa Corte, ponendo fine ad un contrasto che era insorto in senso alla Terza Sezione civile, ha stabilito che, in tema di ricorso per cassazione, il requisito della specialità della procura, di cui agli artt. 365 e 83, comma 3, c.p.c., non richiede la contestualità del relativo conferimento rispetto alla redazione dell’atto a cui accede, essendo a tal fine necessario soltanto che essa sia congiunta, materialmente o mediante strumenti informatici, al ricorso e che il conferimento non sia antecedente alla pubblicazione del provvedimento da impugnare e non sia successivo alla notificazione del ricorso stesso (Cass., Sez. U, Sentenza n. 2075 del 19/01/2024).
Da ciò deriva che non può più condividersi il diverso orientamento, fino ad allora prevalente e posto alla base della proposta ex art. 380-bis c.p.c., secondo cui è necessario che l’autenticazione da parte del procuratore sia contestuale all’atto a cui la procura si riferisce.
1.2. Passando al merito della controversia, va in primo luogo rilevato che il ricorrente non attinge, se non in parte, la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata.
Invero, la Corte d’appello di Torino non ha affermato, come invece sostenuto dal ricorrente, che la servitù di uso pubblico in favore del Comune sarebbe sorta in forza dello svolgersi di una fattispecie a formazione progressiva, individuata, nel caso di specie, nella Convenzione Urbanistica, quale atto prodromico, e di poi nella concessione edilizia, quale atto di natura specificativa del tipo di intervento [cfr. pag. 8 del ricorso: <>]; ma ha ritenuto (pag. 14 della sentenza) che <>. Ne deriva che del tutto inconferente è il richiamo operato, nella rubrica dell’unico motivo, all’asserita violazione e falsa applicazione degli artt. 825, 1032 e 1058 e ss. c.c. in tema di modalità di costituzione delle servitù.
A ben vedere, i giudici di secondo grado altro non hanno fatto che applicare il principio giurisprudenziale (Cass. nn. 9868/2006 e 18037/2009), richiamato a pagina 11 della sentenza d’appello, secondo cui <> (la sottolineatura è dello scrivente).
Solo in quest’ottica la CTR ha valorizzato la stretta connessione tra la Convenzione pec e la di poco successiva concessione edilizia, evidenziando (pag. 13 della sentenza) che <>.
Del resto, nel caso in esame, la proprietà delle aree su cui insistono le griglie per cui vi è causa è rimasta incontestabilmente in capo al Condominio resistente, essendo state le stesse assoggettate ad uso pubblico con la Convenzione del 19/05/2003, la quale prevedeva espressamente, all’art. 6, che ‘le aree vengono assoggettate ad uso pubblico libere da vincoli, diritti reali e obbligatori di terzi, pignoramenti, oneri, e pesi di qualsiasi genere, …. salvo quelli derivanti dalla presente Convenzione’.
1.3. La valutazione espressa dalla Corte d’appello, essendo congrua sul piano logico e corretta dal punto di vista giuridico, non è suscettibile di essere sottoposta a vaglio critico. Del resto, da un lato, la denuncia di un vizio motivazionale, che pur il Comune ha formulato, sarebbe preclusa dalla circostanza che si è in presenza di una cd. doppia conforme (né, d’altra parte, il ricorrente ha dedotto che le decisioni dei due gradi di merito fossero
fondate su differenti ragioni in fatto) e, dall’altro lato, l’ente pubblico non ha indicato il fatto storico il cui esame sarebbe stato omesso, richiesto nell’attuale formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita di essere accolto.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
La circostanza che la decisione finale si è fondata su ragioni giuridiche diverse rispetto a quelle poste alla base della proposta di definizione agevolata giustifica la mancata irrogazione delle sanzioni pecuniaria per lite temeraria di cui al terzo e al quarto comma dell’art. 96 c.p.c.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 3.000,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 3.12.2024.