Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11126 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11126 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22470/2019 R.G. proposto da: COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO. D, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME
– controricorrenti – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI TORINO n. 90/2019, depositata il 15/01/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano innanzi al Tribunale di Verbania il vicino NOME COGNOME, chiedendo di accertare l’avvenuto acquisto per usucapione della servitù di passaggio pedonale e carraio a favore del loro fondo e a carico dei mappali di proprietà del convenuto, nel tratto già destinato a sedime viario; in subordine, chiedevano la costituzione di servitù coattiva di passaggio pedonale e carraio, ex artt. 1051, 1052 cod. civ., con conseguente condanna del convenuto alla consegna della chiave o di altro dispositivo per l’apertura della sbarra posizionata alla confluenza del strada privata con la strada provinciale della Valle Anzasca.
Il Tribunale di Verbania accoglieva la domanda subordinata, costituendo a favore del fondo di proprietà COGNOME servitù coattiva di passaggio pedonale e carraio ex art. 1052 cod. civ., a carico dei fondi di proprietà del convenuto.
Il COGNOME impugnava la suddetta sentenza innanzi alla Corte d’Appello di Torino, che rigettava il gravame confermando integralmente la sentenza emessa dal Tribunale di Verbania.
A sostegno della sua decisione, la Corte torinese così argomentava:
deve ritenersi corretta l’interpretazione data dal Tribunale alla pronuncia della Corte costituzionale del 29.04.1999, n. 167, che tutelava specificamente la posizione di soggetti diversamente abili dichiarando l’illegittimità dell’art. 1052 cod. civ. nella parte in cui non tipizzava la possibilità di costituire una servitù coattiva di passaggio anche in favore di soggetti con difficoltà di deambulazione. Secondo la Corte territoriale, non sussiste alcuna fondata ragione per non estendere la portata dell’art. 1052 cod. civ. anche in àmbiti diversi da
quello esaminato dalla Consulta, ma ugualmente connotati dalla centralità della persona, anche alla luce dell’orientamento della Corte di legittimità sulla questione;
il fondo di proprietà degli appellati non può ritenersi intercluso, in quanto ha accesso solo pedonale alla via pubblica; tuttavia, aderendo a quanto affermato dalla CTU disposta in primo grado, la realizzazione di un accesso carraio, diverso e alternativo rispetto alla strada privata costruita dal COGNOME, comporterebbe un eccessivo dispendio di risorse economiche, considerato il notevole dislivello del fondo rispetto alla strada pubblica, il valore della proprietà COGNOME, nonché il fatto che la strada privata fosse ubicata per 1/3 sul suolo di proprietà degli appellati.
Contro l a sentenza della Corte d’Appello di Torino ricorre per cassazione il COGNOME con due motivi.
Resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME
A séguito della proposta del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, il ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis cod. proc. civ.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, osserva la Corte che il consigliere autore della proposta ex art. 380 bis non è incompatibile nella composizione del Collegio giudicante (cfr. Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024).
Sempre in via preliminare, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancanza di specialità della procura, sollevata dai controricorrenti (pp. 9-10 del controricorso).
Questa Corte ha avuto modo di chiarire che ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale in capo al difensore iscritto nell’apposito albo, è
essenziale che la procura sia conferita in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e comunque successiva alla data di pubblicazione della sentenza oggetto dell’impugnazione (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 21938 del 2018). Nel caso di specie, la procura reca la data del 22.06.2019, successiva alla data di pubblicazione della sentenza impugnata (15.01.2019) e anteriore alla data di notificazione del ricorso (13.07.2019).
Inoltre, il requisito della specialità della procura, di cui agli artt. 365 e 83, comma 3, c.p.c., non richiede la contestualità del relativo conferimento rispetto alla redazione dell’atto a cui accede, essendo a tal fine necessario soltanto che essa sia congiunta, materialmente o mediante strumenti informatici, al ricorso (Cass. Sez. U, Sentenza n. 2075 del 19/01/2024, Rv. 669833 – 01): onde è inammissibile il ricorso solo qualora il mandato contenga espressioni incompatibili con la proposizione dell’impugnazione o riferibili ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali.
D’altra parte, è una regola generale quella per cui le norme processuali devono essere interpretate in modo da favorire, per quanto possibile, che si pervenga ad una decisione di merito, mentre gli esiti abortivi del processo costituiscono un’ipotesi residuale (v. Cass. Sez. U, Sentenza n. 27199 del 16/11/2017). Viene inoltre valorizzato il principio di conservazione degli atti processuali (cfr. SSUU n 36057/2022 e 2075/2024).
1.1. Tanto precisato, si procede a scrutinare i motivi di ricorso.
Con il primo motivo si deduce violazione di legge in relazione agli artt. 1051 e 1052 c.c., illegittima declaratoria di interclusione anche solo parziale del fondo ai sensi degli artt. 1051 e 1052 c.c., errata interpretazione ed applicazione della sentenza della Corte costituzionale nr. 167 del 1999. Illegittima ed errata applicazione degli
artt. 2 e 3 Cost. rispetto all’art . 42 Cost. Difetto e contraddittorietà della motivazione della sentenza di secondo grado. Il ricorrente lamenta la errata applicazione degli artt. 1051 e 1052 in relazione alla insussistenza della interclusione del fondo e alla non dispendiosità dei lavori per la nuova viabilità carraia. In aggiunta, il ricorrente lamenta la non corretta applicazione dei principi derivanti dalla sentenza della Corte Costituzionale in merito alla lettura estensiva della disciplina ex artt. 1051 e 1052 c.c., norme applicate anche ad un diritto alla viabilità generalmente inteso, inclusivo di quello del privato proprietario del fondo dominante, andando oltre il testo dell’art. 1052 c.c. nonché oltre quanto deciso dalla sentenza della Corte costituzionale, che si riferisce esclusivamente alla tutela delle persone invalide con perduranti e concrete situazioni di incapacità deambulatorie rispetto alla loro abitazione. In merito a tale interpretazione, il ricorrente lamenta, infine, anche la carenza e la contraddittorietà della motivazione.
3. Con il secondo motivo si deduce l’illegittima declaratoria di interclusione del fondo in violazione artt. 1051 e 1052 c.c., contraddittorietà della motivazione in relazione a sentenza non pronunciabile, comunque pronunciata sulla base di CTU contraddittoria e carente. Il ricorrente censura la statuizione in merito alla interclusione del fondo, che a suo avviso non sussiste, essendo presenti due accessi pedonali nonché la possibilità, nient’affatto gravosa, per i coniugi COGNOME, di costruire un passaggio carrabile, considerando il non eccessivo dislivello tra il terreno carrabile e la via pubblica, come rilevato dal CTP. Del resto, la CTU ha un contenuto contraddittorio e discrezionale, non supportato da computi metrici (per evidenziare l’aumento di valore di mercato dell’immobile Borri, ove fosse stato creato un passaggio carrabile sulla pubblica via); né indica i criteri utilizzati per attribuire un (così basso) valore di mercato alla casa dei
COGNOME Infine, il ricorrente lamenta che la richiesta di chiarimenti alla CTU non è stata a suo tempo accolta dal giudice di prime cure.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente per evidente connessione logica, e sono entrambi privi di fondamento.
E’ necessario chiarire che la Corte territoriale, confermando il convincimento del giudice di prime cure a sua volta fondato sulle risultanze della CTU, ha ribadito che il fondo dei signori COGNOME non può considerarsi intercluso, godendo di un passaggio pedonale: pertanto, alla fattispecie in esame è stato applicato l’art. 1052 cod. civ. che, nel suo primo comma, così recita: «(Passaggio coattivo a favore di fondo non intercluso).
Le disposizioni dell’articolo precedente si possono applicare anche se il proprietario del fondo ha un accesso alla via pubblica, ma questo è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non può essere ampliato».
Il rinvio all’art. 1051 cod. civ., che consente la pronuncia giudiziale costitutiva di servitù coattiva qualora non si possa garantire al fondo dominante un adeguato e sufficiente passaggio alla via pubblica «senza eccessivo dispendio o disagio», ha consentito alla Corte territoriale di confermare la costituzione della servitù a favore del fondo COGNOME, giustificata dal fatto che: il fondo dominante si trovi ad un’altezza notevole rispetto alla strada pubblica, con un dispendio di danaro sproporzionato (quantificato dal CTU in 40.000,00 euro) anche in rapporto al valore dell’immobile (€. 120.000,00); la strada privata è già stata realizzata dal COGNOME e per giunta sul terreno per 1/3 di proprietà COGNOME. Risulta, quindi, soddisfatta quell’ utilitas che giustifica la costituzione di un diritto di passaggio in tutte le ipotesi in cui il vantaggio conseguibile coattivamente dal fondo dominante risulti inferiore al sacrificio imposto a quello servente.
4.1. Tanto basta ad escludere la contraddittorietà della motivazione, comunque affidata ad un paradigma censorio non più in vigore.
4.2. Neanche è ravvisabile alcuna violazione di legge.
In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (per tutte: Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 02). Censurando detto convincimento, anche sulla base delle critiche alle risultanze della CTU, il ricorrente contesta la valutazione in punto di fatto condotta dalla Corte di Appello in relazione alla natura dei fondi, e contrappone, alla ricostruzione del fatto e delle prove prescelto dal giudice di merito, una lettura alternativa del compendio istruttorio, inammissibile in questa sede ( ex multis , di recente: Cass. sez. 2, n. 19717 del 17.06.2022; Cass. Sez. 2, n. 21127 dell’08.08.2019).
4.3. Quanto all’interpretazione ed applicazione della sentenza della Corte cost. n. 167 del 1999, questa Corte ha avuto modo di affermare reiteratamente che l’art. 1052 cod. civ. può essere invocato al fine della costituzione di una servitù coattiva di passo carraio, in favore di un fondo non intercluso, non solo per esigenze dell’agricoltura o dell’industria, ma anche a tutela di esigenze abitative, da chiunque invocabili, emergendo, dopo la pronuncia della Corte costituzionale citata, un mutamento di prospettiva secondo il quale l’istituto della servitù di passaggio non è più limitato ad una visuale dominicale e
produttivistica, ma è proiettato in una dimensione dei valori della persona, di cui agli art. 2 e 3 Cost., che permea di sé anche lo statuto dei beni ed i rapporti patrimoniali in generale. Nell’equilibrata applicazione dell’istituto, peraltro, la domanda, proposta a norma della ricordata disposizione, può essere accolta a condizione che il passaggio imposto non comporti un sacrificio, per il fondo servente, maggiore del beneficio per quello dominante, con possibilità di derogare al limite imposto dall’art. 1051, ultimo comma, cod. civ. (che esonera da servitù case, cortili, giardini ed aie) solo previa accorta ponderazione degli interessi e con adeguato impiego dello strumento dell’indennità, previsto dall’art. 1053 cod. civ. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14103 del 03/08/2012, Rv. 623564 -01; conf.: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 7643 del 2024; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9697 del 12.04.2023; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8817 del 10/04/2018, Rv. 648015 -02, richiamata nella sentenza impugnata).
Nella pronuncia gravata, sulla scorta di un accertamento in fatto, si fa espresso riferimento alla presenza di un’abitazione (v. sentenza p. 9 e 5, ove si richiama la descrizione del primo giudice), a sostegno dell’intento di estendere la portata applicativa dell’art. 1052 cod. civ. in ambiti ugualmente connotati dalla centralità della persona umana, garantendo la tutela di esigenze abitative tutelate dalla Costituzione (v. sentenza p. 10, 2° capoverso).
5. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese sono liquidate in dispositivo secondo soccombenza.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità
alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento delle ulteriori somme ex art. 96, commi 3 e 4 cod. proc. civ., sempre come liquidate in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. in favore della Cassa delle Ammende: Cass. S.U. n. 27195/2023).
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 5.000,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%;
condanna altresì parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3 cod. proc. civ. , al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di €. 5.000,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art. 96, comma 4 cod. proc. civ. – al pagamento della somma di €. 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda