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Servitù di passaggio: quando il sentiero non basta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25898/2024, ha chiarito i requisiti per l’acquisto di una servitù di passaggio per usucapione. Ha stabilito che la semplice esistenza di un percorso su un fondo altrui non è sufficiente. È necessario un ‘quid pluris’, ovvero la presenza di opere visibili e permanenti che dimostrino in modo inequivocabile la destinazione del percorso all’esercizio della servitù. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva erroneamente ritenuto sufficiente la presenza di un tracciato utilizzato per decenni, senza accertare questo elemento essenziale. La Cassazione ha quindi annullato la sentenza, rinviando la causa per un nuovo esame.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Servitù di Passaggio: la Cassazione Spiega Perché un Semplice Sentiero non è Sufficiente

L’acquisto di una servitù di passaggio per usucapione è un tema complesso che spesso genera contenziosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 25898/2024) ha ribadito un principio fondamentale: la semplice esistenza di un sentiero o di un percorso su un fondo altrui, anche se utilizzato per decenni, non è di per sé sufficiente a far nascere il diritto. È indispensabile la presenza di opere visibili e permanenti che ne dimostrino la specifica funzione: il cosiddetto ‘quid pluris’.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di alcuni proprietari di veder riconosciuto, tramite usucapione, il diritto di passare sul fondo di una vicina. Essi sostenevano di aver utilizzato un percorso su quel terreno sin dal 1964 per accedere alla loro proprietà. Il Tribunale di primo grado aveva dato loro ragione, e la decisione era stata confermata dalla Corte d’Appello.

Secondo la Corte d’Appello, la lunga durata dell’utilizzo del passaggio e la sua successiva asfaltatura a metà degli anni ’80 erano prove sufficienti per riconoscere l’avvenuta usucapione della servitù di passaggio, escludendo che si trattasse di un mero atto di tolleranza da parte della proprietaria del fondo.

La proprietaria del fondo servente, tuttavia, non si è arresa e ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che i giudici di merito non avessero correttamente applicato i principi relativi all’apparenza della servitù, un requisito essenziale per l’usucapione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Concetto di ‘Apparenza’

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ribaltando la decisione precedente. Il punto cruciale della motivazione risiede nell’interpretazione dell’art. 1061 del Codice Civile, che consente l’acquisto per usucapione solo delle servitù ‘apparenti’.

Il Requisito dell’Apparenza: Non Basta un Semplice Percorso

Una servitù è ‘apparente’ quando esistono opere visibili e permanenti destinate al suo esercizio. Queste opere devono manifestare in modo non equivoco l’esistenza di un peso imposto su un fondo a vantaggio di un altro.

La Cassazione ha chiarito che non basta l’esistenza di una strada o di un sentiero. È necessario un ‘quid pluris’, ovvero un elemento aggiuntivo che dimostri che quelle opere sono state realizzate al preciso scopo di dare accesso al fondo dominante attraverso il fondo servente. Il percorso deve rivelare la sua specifica destinazione all’esercizio della servitù di passaggio.

L’Errore della Corte d’Appello

I giudici di legittimità hanno rilevato che la Corte d’Appello si è limitata a constatare l’esistenza di un ‘percorso idoneo’, senza però accertare se questo fosse ‘obiettivamente e specificamente destinato all’esercizio di una servitù’. In altre parole, non è stato verificato se il tracciato fosse semplicemente una via di transito naturale o il risultato di un’opera creata appositamente per gravare in modo stabile sul fondo vicino.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che, per l’acquisto di una servitù di passaggio per usucapione, è essenziale che le opere visibili rendano manifesto che non si tratta di un’attività compiuta in via precaria o per mera tolleranza, ma di un preciso onere a carattere stabile. La Corte d’Appello, concentrandosi solo sulla materialità del percorso e sulla sua lunga utilizzazione, ha omesso l’indagine fondamentale sull’esistenza di quel ‘quid pluris’ che avrebbe dimostrato l’univoca destinazione del tracciato all’esercizio della servitù. La sentenza impugnata è stata quindi cassata, e la causa rinviata alla Corte d’Appello per un nuovo esame che tenga conto di questo principio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza è un importante monito per chi intende far valere un diritto di passaggio per usucapione. Non è sufficiente dimostrare di aver attraversato per anni il terreno del vicino. È necessario provare che esistono opere stabili e visibili (come un ponte, un cancello, un percorso costruito con specifici accorgimenti) che testimonino in modo inequivocabile la volontà di asservire quel terreno al proprio. In assenza di tale prova, l’utilizzo del passaggio, per quanto prolungato, può essere sempre considerato come frutto della mera cortesia e tolleranza del proprietario, e non come l’esercizio di un vero e proprio diritto.

Un sentiero utilizzato per molti anni sul terreno di un vicino è sufficiente per ottenere una servitù di passaggio per usucapione?
No, secondo la Corte di Cassazione, la sola esistenza di un percorso, anche se utilizzato per un lungo periodo, non è di per sé sufficiente. È necessario un elemento ulteriore.

Cosa si intende per ‘quid pluris’ nel contesto di una servitù di passaggio?
Il ‘quid pluris’ è la prova dell’esistenza di opere visibili e permanenti (come un sentiero lastricato, un ponticello, un cancello) che dimostrino in modo certo e inequivocabile che il percorso è stato realizzato specificamente per asservire un fondo a vantaggio di un altro, e non per altre ragioni.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha annullato la sentenza della Corte d’Appello perché non aveva accertato la presenza di questo ‘quid pluris’. Ha rinviato la causa allo stesso giudice affinché valuti nuovamente i fatti applicando il corretto principio di diritto, verificando cioè se le opere presenti sul fondo rivelassero oggettivamente la loro destinazione all’esercizio della servitù.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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