Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13393 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13393 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35893/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME DI COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 544/2019 depositata il 18/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Salerno che, in accoglimento della domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME di Castelpetroso, aveva accertato l’illegittimità della chiusura di un cancello posto sul tratto di strada, sul quale era esercitata dalle controparti una servitù di passaggio, condannandola a ripristinare lo status quo ante .
L’adita Corte d’Appello di Salerno rigettava il gravame, con sentenza n. 544 del 18 aprile 2019.
In particolare, secondo la Corte territoriale, l’istruzione probatoria aveva dimostrato che, fino al novembre 2003 (epoca dell’apposizione del lucchetto), l’esercizio della servitù da parte degli originari attori si era esplicato senza soluzione di continuità, anche con l’uso di autoveicoli, sicché avrebbero dovuto reputarsi sussistenti i requisiti per l’accoglimento della domanda.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi. NOME COGNOME di Castelpetroso ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti, con memoria ex art. 378 c.p.c. depositata in prossimità dell’udienza, hanno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Mediante il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., RAGIONE_SOCIALE deduce l’omesso esame circa tre fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, ossia il possesso del fondo in capo alla stessa ricorrente e la consuetudine ultradecennale circa la chiusura con lucchetto del cancello nei periodi invernali e di interruzione dell’attività alberghiera, la tolleranza ex art. 1144 c.c. e le autorizzazioni di volta in volta concesse alle controparti, unicamente per lo scarico di materiali e bagagli ed, infine, la mancanza di prova di un diritto di servitù carrale in capo agli attori.
La doglianza è inammissibile.
1.a. Ricorre nella specie l’ipotesi di «doppia conforme», ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. La relativa declaratoria è imposta non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Sez. 2, n. 7724 del 9 marzo 2022; Sez. 6-3, n. 15777 del 17 maggio 2022; Sez. L, n. 24395 del 3 novembre 2020).
1.b. In ogni caso, la riforma dell’art. 360 n. 5 c.p.c. ha introdotto un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369,
secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U., n. 8053 del 7 aprile 2014; Sez. 2, n. 27415 del 29 ottobre 2018).
Quanto dedotto nel composito motivo non risponde al suddetto canone.
Il secondo motivo assume la violazione degli artt. 1168 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., giacché sarebbe mancato l’adempimento dell’onere probatorio in capo agli attori, circa l’esercizio del possesso.
Il rilievo è inammissibile.
2.a. In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Sez. U., n. 23745 del 28 ottobre 2020; Sez. 5, n. 18998 del 6 luglio 2021).
Nella specie, il motivo non si confronta con l’ampia motivazione della Corte d’appello circa le analitiche deposizioni degli informatori e dei testi.
Mediante la terza lagnanza, la società ricorrente denuncia violazione di legge e nullità della sentenza e del procedimento, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 345 comma 3° c.p.c. e 54 comma 1° lett. b) del D.L. n. 83/2012, convertito in legge n. 134/2012. Afferma che il fondo su cui le controparti sostenevano di aver esercitato il possesso, apparteneva in comproprietà ad una pluralità di soggetti, ai quali avrebbe dovuto essere esteso il contraddittorio.
Il mezzo d’impugnazione è inammissibile.
3.a. A prescindere dal fatto che la ricorrente omette di indicare specificamente quali sarebbero i proprietari frontisti della strada sulla quale viene esercitato il diritto di servitù, in ogni caso l’ actio confessoria di una servitù di passaggio che attraversa più fondi, avendo lo scopo di accertare l’esistenza del rapporto di servitù contestato, deve essere proposta solo nei confronti del proprietario del fondo aggravato che contesti l’esistenza della servitù, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei proprietari degli altri fondi che non contestino la servitù e non pongano impedimento al suo esercizio (Sez. 2, n. 13818 del 22 maggio 2019).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di lite, come liquidate in dispositivo.
Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.
La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione civile, dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali a favore di NOME COGNOME di Castelpetroso, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 6.000 (seimila) per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.
Così deciso in Roma il 13 marzo 2024, nella camera di consiglio